Porsche Carrera Cup Italia: il racconto dall’abitacolo della GT3

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Arrivo verso le nove e mezza, la mattina di venerdì. All’Autodromo di Vallelunga fa sempre caldo, anche a settembre. Il sole si riflette sulle carrozzerie delle auto e l’unica idea di freschezza proviene dall’odore di asfalto umido che si asciuga dal temporaletto della notte prima. La mia Porsche GT3 Cup numero settanta mi aspetta sotto la tenda del Team Dinamic Motorsport. È bellissima con quella colorazione azzurra, bianca e rossa, ed è una livrea dedicata ai settant’anni di Porsche.

Le prove libere cominciano alle 14,30 ma le ore passano come minuti. Comincio a provare tuta, sedile, cinture, tutte le regolazioni del caso. Mi metto a mio agio. La pista la conosco, ci ho già corso, la macchina l’ho provata (per qualche giro ad Imola), quindi non dovrei avere grosse sorprese, oggi. Ma anche se sono solo un ospite, chiaramente voglio fare bene, e ad aiutarmi in questo c’è Fabrizio Gollin, pilota dall’eccezionale esperienza e bravissimo coach. Una persona empatica, in grado di trasmettere tranquillità e di incanalare tutta la concentrazione nella giusta direzione. Ha sofferto e gioito insieme a me, come se si trattasse della finale del campionato del mondo, come se fosse in macchina con me. Ma prima di cominciare il racconto del mio weekend di gara, vi presento la signorina N.70.


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PUROSANGUE

La Porsche GT3 Cup N.70 appartiene alla categoria Silver Cup, quindi non compete per il primo posto assoluto. Il motivo è semplice: deriva dalla Porsche GT3 991 Mk1, quindi monta un 6 cilindri boxter 3.8 litri anziché il 4.0 litri delle nuove vetture. In pratica: prende circa 2-2,5 secondi al giro rispetto alle vetture che competono per l’assoluto. Per motivi di affidabilità il motore della 911 GT3 cup è meno potente e ha un limitatore di giri posto più in basso rispetto alla versione stradale. Il flat six della GT3 Cup così produce 460 CV a 7.500 giri/min (contro i 475 CV a 8.500 giri/min), ma considerando che il peso è di appena 1.200 kg (quasi 230 kg in meno rispetto alla versione stradale), va comunque molto, ma molto più forte. La Cup mantiene una posizione di guida piuttosto naturale, lontana da quella da “formula” delle versioni GT3R e RSR. Dentro ovviamente è stata spogliata di tutto, dietro spunta un’ala grande come un campo da calcio, mentre “sotto” rimane lo stesso schema di sospensioni della vettura stradale (McPherson all’anteriore e multilink al posteriore), ma con la possibilità di regolare camber, convergenza, altezza e angolo di incidenza. I cerchi da 18” (la stradale monta i 20”) calzano pneumatici Michelin slick da 27/65 all’anteriore e 31/71 al posteriore.
Il cambio sequenziale da corsa, gli enormi dischi in acciaio (il sistema ha anche l’ABS regolabile in 11 livelli) completano il pacchetto. Accendiamo i motori.

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“Si può franare “alla morte” ma la GT3 rimane ferma e composta, anche nelle scalate più cattive”

PORSCHE MOTORSPORT

Secco, spregiudicato, minaccioso: il suono del flat six ai bassi regimi è uno spettacolo, quando si spalanca il gas è commovente. Anche se mancano quei mille giri all’appello, l’allungo del 3,8 litri da corsa dà i brividi. Il secondo rumore che pervade l’abitacolo è quello della trasmissione. Il sibilo del cambio da corsa e lo sferragliamento del differenziale sono così forti da sovrastare quasi il suono del motore; ad ogni scalata vi sembra quasi di vedere l’ingranaggio del cambio che casca da un rapporto all’altro.

Sto affrontando la mia ora di prove libere (c’è solo una sessione), e cerco di aumentare la velocità per gradi, spingendo sempre di più, giro dopo giro. La Porsche GT3 Cup assomiglia parecchio alla versione stradale: il sedere grosso e pesante fa sì che la trazione in uscita di curva sia immensa. Si può pestare sull’acceleratore con violenza anche in prima e in seconda marcia senza troppe preoccupazioni, almeno finché la gomma è fresca. Nelle curve veloci la Cup trasmette ancora più sicurezza della vettura stradale: l’alettone posteriore è così grande che potete cavare il gas in quinta prima del famoso “curvone” di Velleunga e ottenere un trasferimento di carico davvero minimo, e il sederone rimane incollato a terra.

Paradossalmente, quella curva fa molta più paura con una vettura da 200 CV con poco carico aerodinamico. Il muso della vettura da corsa è più saldo al terreno, ma è pur sempre leggero, quindi l’approccio alla guida non cambia. Bisogna cercare di frenare “profondi” fin dentro la curva, cercando di tenere l’anteriore carico. Una volta arrivati alla corda, bisogna usare tanto sterzo, spigolare la curva e liberare l’auto il prima possibile raddrizzando il volante e infierendo sul pedale destro. Tutto queste accade molto velocemente, e la vera difficoltà del guidare la Cup sta nello spostare i propri limiti ancora più in alto. Accelerare prima, portare in curva più velocità, frenare tardi, molto tardi. L’ABS è regolabile in 11 posizioni, dove l’undicesima è quella più vicina “all’OFF”: bisogna pestare con tanta forza sul pedale del freno, ma la facilità con cui si limano grosse fette di velocità è scioccante. Si può franare “alla morte” ma la GT3 rimane ferma e composta, anche nelle scalate più cattive.
Un’ora di prove libere è andata: sono ad un decimo dal primo delle vetture Silver, a 3,5 secondi dal primo delle vetture 4.0. Posso ritenermi soddisfatto.

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“Si può franare “alla morte” ma la GT3 rimane ferma e composta, anche nelle scalate più cattive”

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“Assimilare informazioni, sensazioni, capire dove migliorare, studiare: tutto questo, nel motorsport, è quasi più importante di saper schiacciare l’acceleratore”

CORSE E METODO

La raccolta dei dati è fondamentale per un pilota. Assimilare informazioni, sensazioni, capire dove migliorare, studiare: tutto questo, nel motorsport, è quasi più importante di saper schiacciare l’acceleratore. Fabrizio Gollin e Bruno (l’ingegnere di pista con la “I”maiuscola) mi hanno formato e teleguidato durante tutto il weekend. La telemetria racconta che tendo a fare ancora qualche traiettoria da “trazione anteriore”, ma per il resto ci siamo. Quando si è ad un decimo dal primo tempo è questione di dettagli, ma i dettagli da correggere sono i più importanti, e spesso anche i più difficili.
Raccogliere tutte le energie, tutta la concentrazione in tre giri: questa è la qualifica. Tre tentativi, dopodiché la gomma nuova perde quel vantaggio, e il tempo buono non esce più. Non è un grande sforzo fisico (non se paragonato alle libere o alla gara), ma mentalmente lo è.
La gomma nelle corse è la chiave di tutto. Bisogna scaldarla bene nel primo giro di preparazione alla qualifica, stando attenti a non rovinare la carcassa. Accelerare e frenare forte, in modo che il disco scaldi il cerchio, e il cerchio scaldi la gomma. Seghettare leggermente il volante in percorrenza, in modo da scaldare la mescola facendo “sfregare” i polimeri. È affascinante.
Parto. Buonino il primo giro, anche il secondo. La gomma nuova abbassa i tempi di circa un secondo al giro, così stacco un 1,37,06 e un 1,37,03. Ho ritmo, sono caldo, e tento un giro al limite. La gomma nuova mi permette di dare gas con ancora più violenza, così finisco per guidare un po’ troppo cattivo, con qualche rischio, ma il cronometro mi da ragione: 1,37,00. Sono primo di Classe, a 2,5 secondi dal miglior tempo dei 4.0!

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“Assimilare informazioni, sensazioni, capire dove migliorare, studiare: tutto questo, nel motorsport, è quasi più importante di saper schiacciare l’acceleratore”


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SEMAFORI SPENTI

Ma una pole position non è una vittoria (anche se per me un po’ sì). Ogni weekend di gara del Porsche Carrera Cup prevede due manches, e dopo 4 ore dalla qualifica c’è la prima.
Devo dire la verità, non sono mai stato tanto tranquillo prima di una gara. La macchina mi piace, mi è amica. Vallelunga non è certo la mia pista preferita, ma sento ormai una certa intimità anche con lei. Sono sereno. I tempi sono buoni, io sono in forma e il sole picchia sulla fronte.
Scaldiamo le gomme e ci disponiamo sulla griglia di partenza. Se c’è una cosa che non sono bravo a fare è la partenza: stacco male la frizione e vengo passato dal secondo di classe 3.8; ma quello davanti a me (l’ultimo delle vetture 4.0) parte ancora peggio, così dopo il curvone me lo metto dietro.

Per i primi cinque o sei giri viaggiamo in tre: ho più ritmo di quello davanti a me, ma non trovo il punto dove passarlo. Quello dietro di me, invece, ha più motore (25 CV e 200 cc in più sono tanti), ma in staccata riesco sempre a tenerlo a bada, anche se i suoi attacchi cominciano a infastidirmi.

A circa metà gara (che dura 25 minuti più un giro) decido che è ora di attaccare con più decisione. Provo a prendere alcuni metri, e ci riesco, ma, per farlo, stresso troppo le gomme posteriori, che cominciano a perdere irrimediabilmente grip. Dopo due giri di sovrasterzi e correzioni, alla curva dei Cimini do gas troppo presto e con troppa irruenza (la telemetria più tardi mi segnerà un botta di 70% con 9 metri d’anticipo). Risultato? Mi giro, come uno stupido. L’auto si spegne, perdo una posizione, riesco a riaccenderla e riparto. Maledizione. Riesco comunque a riprendere quello davanti a me e passarlo, e arrivo secondo tra le tre vetture Silver Cup. Mi sono divertito? Tantissimo, ma ho anche tanto amaro in bocca. Sono abituato ad avere una gomma che in gara “regge” fino alla fine, ma con 460 CV, dovevo stare più cauto e morbido con il piede destro.

Domenica mi sveglio agitato, ma non troppo preoccupato. La gara è a mezzogiorno e il mio coach Fabrizio mi ricorda che oggi le cose saranno molto più facili. È una scena che ho già visto e una fatica che ho già fatto. Parto meglio questa volta, ma parto secondo (sia parte nell’ordine di arrivo di gara uno). Mi metto all’inseguimento del primo (sempre di classe 3,8 litri, ovviamente), ma cerco di guidare in modo più morbido. I giri passano, ma la distanza tra me e il primo rimane la stessa. Ogni volta che provo a forzare, la macchina mi avvisa che non c’è più gomma, e credo che sia la stessa cosa per lui davanti a me. Gestisco meglio la gomma, ma non riesco a prenderlo, così taglio il traguardo per secondo anche oggi.

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“Il motore che urla, la trasmissione brusca, la trazione infinita, la frenata che vi fa scoppiare i capillari dei bulbi oculari”

IT’S RACING

“Il bello delle corse è che può succedere di tutto”. Già, lo dico sempre, ed è vero. Ma il bello è anche andare più forte di tutti. Ma forse pretendere di vincere con un’auto mai vista prima è un po’ ottimistico; anche se dopo la pole position e il giro veloce (sia in gara uno che in gara due) un po’ ci speravo. Ma a mente fredda, oggi, mi rendo conto che è stato un weekend di gara eccezionale. Un’esperienza immersiva, intensa. Lo è ogni weekend di gara, ma la 911 GT3 Cup N.70 emana un’aura davvero speciale, carica di storia, di tradizione, ma soprattutto è un oggetto di puro godimento. Il motore che urla, la trasmissione brusca, la trazione infinita, la frenata che vi fa scoppiare i capillari dei bulbi oculari: è pura gioia. Il Porsche Carrera Cup, poi, è un campionato che vi fa assaggiare il vero motorsport. In questi tre giorni ho conosciuto i ragazzi dello Scholarship Program, giovani e affamati di velocità. Tutti seri, concentrati, come dei veri professionisti. Ragazzi ambiziosi e con un piede davvero pesante. Sono stato molto fortunato a essere seguito da persone con un’esperienza mostruosa (Bruno e Fabrizio), che mi hanno aiutato a tirare fuori il meglio dalla macchina, ma anche da me stesso. Perché alla fine le macchina sono oggetti fantastici, ma non vanno da nessuna parte senza le persone.

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“Il motore che urla, la trasmissione brusca, la trazione infinita, la frenata che vi fa scoppiare i capillari dei bulbi oculari”

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