Ana Carrasco: “Essere una donna in gara? Una missione quasi impossibile”
Credits: Dario Aio
Nel 2017, a Portimão, Ana Carrasco è entrata nella storia come prima donna a vincere una gara di un Mondiale di velocità, di lei aveva parlato persino il New York Times.
Domenica, sulla stessa pista portoghese, la pilota spagnola del DS Junior Team Kawasaki potrebbe conquistare il secondo record: essere la prima ad aggiudicarsi un Mondiale, quello della Supersport 300.
Classe 1997, occhi dolci e poche parole, Ana ha il talento e la grinta per compiere l’impresa, con tutto il tifo dalla sua parte.
Come ha iniziato ad andare in moto?
“Ho ereditato la passione da mio padre; è meccanico e lavorava nei box, con il campione José David de Gea, per esempio. Sono salita in sella a 3 anni, al posto di mia sorella maggiore”.
Cioè?
“Aveva ricevuto una minimoto in regalo, però non la usava mai: l’ho provata io ed è diventata subito il mio gioco preferito”.
Da gioco, la moto si è trasformata in lavoro.
“A 5 anni ho cominciato a gareggiare e a 10 mi sono piazzata seconda nel Campionato 70cc di Madrid e dell’Andalusia. Ho capito che sarebbe stato questo il mio destino a 14 anni ma, per sicurezza, continuo a studiare.
Frequento il secondo anno di Giurisprudenza all’Università di Sant’Antonio di Murcia, io sono originaria di Cehegín, una sessantina di chilometri dalla capitale della Regione autonoma”.
Poi ha partecipato al Motomondiale in Moto3, all’Europeo di Moto2 e l’anno scorso è passata alla World Supersport 300.
“La vittoria è arrivata al terzultimo round, ma è valsa la pena attendere. Io ero al settimo cielo e sono impazziti tutti: da quella domenica pomeriggio ho trascorso una settimana intera al telefono o in viaggio per rilasciare interviste”.
L”accompagna qualcuno in giro per circuiti?
“Nessuno. A casa c’è bisogno di papà: abito con lui, sorella e fratello minore, che va ancora a scuola. Però non è un problema per me, sono abituata: in gara sono sola”.
Ha amicizie nel paddock?
“La verità? No, i rapporti con i piloti sono buoni, ma non così stretti”.
Gli avversari le fanno i complimenti?
“Quando vado più forte di loro, sì”.
Non storcono mai il naso?
“Non ne ho idea, perché non ci faccio caso. Sono concentrata solo su me stessa, mi interessa il mio risultato”.
Lei è l’unica rider donna del campionato. Crede di avere incontrato più ostacoli, rispetto ai ragazzi?
“Le difficoltà ci sono per tutti. Per una donna, ancora di più: trovare una moto competitiva e una squadra che punti su una ragazza è una missione quasi impossibile”.
Qual è il suo punto forte?
“La velocità. E la dedizione totale: se non dai l’anima, i risultati non arrivano”.
Ha a disposizione un giro in pista con un pilota: chi sceglie?
“Valentino Rossi, il migliore di tutti i tempi. Però non mi dispiacerebbe trovarmi a fianco nemmeno Casey Stoner o Marc Maquez, altri due fenomeni”.
Per una pizza chi inviterebbe, invece?
“Valentino, ovviamente. O Marc? Anzi, entrambi, uscirei in tre: se si incontrassero fuori dal circuito e lontano dalle polemiche, sono sicura che l’atmosfera tornerebbe serena”.
Se dovesse esprimere il sogno della vita?
“Vincere il Mondiale in questa categoria e salire di livello, Con l’obiettivo di mettere in bacheca i successivi. La moto ha priorità assoluta ”.
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