Guida e cultura

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Mi ricordo quando il mio amico austriaco venne a trovarmi in Italia, in macchina. Era alquanto teso mentre guidava in autostrada: “in Italy you drive like crazy”, mi diceva. Come non essere d’accordo. Se per noi è normale sfanalare (io di solito vengo solo sfanalato), passare da una corsia all’altra senza o con poco preavviso (mannaggia alle frecce) o fare segni poco eleganti a chi parte in ritardo al semaforo, può non esserlo per automobilisti di altri paesi. Per fortuna che il mio amico non è mai stato a Palermo. Ma c’è di peggio: in Russia, guidare per strada, è come giocare alla roulette…Russa. Esci per andare a far la spesa e non sai se verrai tamponato, preso a martellate, superato da un carro armato o da un tizio che cavalca uno struzzo. E giuro, che su Youtube, ho visto tutto questo.
La guida fa davvero parte della storia e della cultura di un paese. Basta pensare ai finlandesi, che impiegano anni per prendere la patente di guida, devono imparare a guidare di traverso, veloce, piano, su sterrato, sulla neve. E non per niente la Finlandia sforna più piloti che renne.
E poi ci sono gli indiani: sono talmente tanti e le regole della strada sono talmente ignorate che avventurarsi per strada con mucche, tuc tuc e mezzi improvvisati, sembra far parte di un diabolico piano del controllo demografico.

Ma senza scomodare popoli spericolati, prendiamo per esempio i giapponesi: un popolo che guida macchine cubiche alte e strette, e non solo perché il bollo lo pagano per i cm cubi occupati dal mezzo, ma anche perché abitano in loculi quadrati e stretti. Anche i loro “valori” di qualità di un’auto sono differenti dai nostri. Se per noi la qualità percepita si misura in materiali morbidi e pannelli finti in alluminio molto credibili, loro la misurano in silenziosità e in indicatori con grafica da Playstation. Questo quello che dicono le ricerche di mercato.
E poi ci sono loro, gli americani. Un popolo che ha fatto del braccio teso sul volante, degli ammortizzatori molli e del V8 uno stile di vita. Certo, hanno strade lunghe e dritte, la benzina costa poco e non hanno la minima idea di cosa voglia dire tenere il volante alle “nove e un quarto” per affrontare una tortuosa stradina di montagna.
Come recita l’abusatissimo detto: “il mondo è bello perché è vario”, quello delle auto idem con patate. Ma in tutto ciò, devo ammettere, una domanda mi sorge spontanea. Come diavolo guidano gli austriaci?

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