AMG Performance Day: a Monza con AMG e la Pagani Huayra BC
Circuito di Monza, AMG Performance Day 50 Anniversary: un insieme di parole che suona molto bene. È domenica mattina, l’asfalto è ancora bagnato dalla pioggia notturna ma c’è una luce calda, autunnale. Mi piace il parco di Monza, quasi più del circuito. Il tipico suono della natura (foglie, uccellini e altri animali che non riconosco o che non voglio riconoscere) è squarciato da un urlo soldo e metallico. È senza dubbio un ignorantissimo V8 AMG.
Il 50 Anniversary di AMG è l’equivalente di una grande festa di paese, ma più rumorosa e senza il vino. C’è tanto da fare: ci sono sono hot laps, test drive, giri in pista da passeggero, una parata gigantesca e decine di auto in esposizione. Credo che sia la festa tedesca più bella dopo l’Oktober Fest.
Ci sono Mercedes AMG sparse a macchia d’olio: nei paddock, nei parcheggi, nell’area test. E soprattutto in pista. Giusto, la pista.
Non perdo tempo a spendo il mio primo turno di guida su una Mercedes C 63 AMG Station. Conosco bene i ragazzi della AMG Driving Accademy, quindi con Riccardo al mio fianco mi sento più tranquillo (oltre che libero di fare). Presto però mi accorgo che la pista è ancora bagnata e nel curvone veloce dopo la prima variante (che sull’asciutto si fa tranquillamente in pieno) mi trovo a dover correggere un sovrasterzo per colpa di un rivolo d’acqua. E in quella curva non si va proprio piano.
La station firmata AMG ha a disposizione 510 CV e 700 mostruosi Nm di coppia sprigionati dal suo V8 4,0 litri biturbo, messi a terra dalle solo ruote posteriori. Non è esattamente l’auto più amichevole da guidare sul bagnato, ma è maledettamente divertente. Se spostate la rotella su “Dynamic” potete uscite dalle curve con un lieve sovrasterzo – che dovete comunque correggere voi – e inserire l’auto in curva con più facilità grazie alle sospensioni più rigide.
Solo in uscita dalla prima variante (e anche un po’ dalla seconda) le ruote slittano nel tentativo di mettere giù la cavalleria, ma nel complesso sono sorpreso a quanta trazione ha questa familiare da più di 500 CV. Certo, quando la si forza in ingresso di curva emergono i kg di troppo, e vi ricorda che, dopo tutto, è una station wagon con tanti litri nel bagagliaio e mille comfort.
CONTINUO CON L’AMG GT
Il turno successivo è sulla AMG GT, una AMG nata per essere una AMG. La GT standard è meno potente della C63 AMG (ha “solo” 462 CV), ma è più leggera, più bassa e digerisce meglio i maltrattamenti. Quindi non perdo tempo e la bistratto. Dopo aver appreso che il curvone dopo la prima variante NON può essere fatto in pieno se la pista è umida, mi concentro sul resto. La AMG GT dimostra subito di avere uno sterzo più veloce, un assetto più piatto e una frenata più robusta rispetto alla station. Mi stupirei del contrario.
È davvero stabile e reattiva e vi rende tutto molto facile. Il V8 invade l’abitacolo con quel suo suono rude e mascolino, ma la spinta non è da capogiro. Un po’ perché sono appena sceso dalla più potente C63, ma anche perché il telaio della AMG GT è così valido che fa sembrare quel V8 da 462 CV un po’ sottodimensionato, in pista. E probabilmente lo è, visto che la versione GT-R gestisce senza problemi più di 600 CV. Però è comunque gratificante, precisa e dannatamente divertente. Sarà dura fare di meglio oggi, o forse no?
L’inaspettato gran finale è un giro – da passeggero stavolta – sulla Pagani Huayra BC. Cosa ci fa all AMG Performance Day una Pagani? Beh, il suo V12 biturbo 6,0 litri è firmato AMG. La BC non è una semplice Huayra, anzi, il tetto è l’unica parte della carrozzeria che ha in comune con le altre sorelle. È più leggera del 25% rispetto ad una Huayra standard, quindi pesa solo 1.218 kg. Per darvi un’idea: la Ferrari LaFerrari pesa 1.350 kg, la McLaren P1 1.450 kg e la Porsche 918 Spyder 1.640 kg. Il motore della BC poi eroga circa 800 Cv a 6.200 giri, mentre la coppia massima è di 1000 Nm (!) a 4.000 giri.
Ma la cosa bella è che a guidare è Andre Palma, pilota GT e collaudatore Pagani che ha cresciuto questa creatura fin dalla sua nascita. Uno che GUIDA.
Mentre mi calo nel sedile destro rimango sbalordito dalla quantità di carbonio, dai materiali iper-costosi e dal numero smisurato di dettagli. Ma quello che più mi colpisce è la luminosità dell’abitacolo. Se non fosse per le cinture a quattro punti e per l’evidente bassezza da terra, sembrerebbe di essere a bordo di una Fiat Multipla, tant’è arioso questo cockpit.
I pochi metri che separano i paddock dalla pit-lane sono emozionanti. Era da tempo che non mi sentivo così bambino. È vero che senza il volante tra le mani l’auto “si sente” meno, ma il fatto che non debba concentrarmi sulla guida mi permette di aguzzare gli altri sensi e concentrarmi su altre cose. La Huayra si muove leggera come un piuma, ma si percepisce anche coesa e rigida come una vite stretta fino alla morte.
Usciamo dalla corsia box e finalmente arriva il momento tanto atteso: l’accelerazione. Monza è un circuito che annienta ogni senso di velocità, ma la Huayra BC sembra una maledetta palla di cannone. C’è un ché di spiazzante però nel su V12 biturbo: la coppia è mostruosa, ma quando pensi che il meglio debba ancora arrivare interviene il limitatore a strangolare tutto. Sembra quasi che gli ingegneri Pagani abbiano infilato per sbaglio nella Huayra il motore diesel di un tir. Anche perché il rumore è tutto un fischio, uno sbuffo; di note dolci o ululati non ne sentirete. Probabilmente la BC su strada è più sfruttabile e ancora più impressionante, ma in pista finireste per desiderare altri 2.000 giri da sfruttare.
Il vero shock arriva quando cominciano le curve. Non ho mai visto, e ci tengo a sottolineare MAI, un’auto stradale imboccare una curva a questa velocità. Il suo modo di lanciarsi verso la corda, il grip che generano le ruote anteriori: sono caratteristiche che appartengono solo alle auto da corsa, con gomme slick, per di più. La Huayra aggredisce il cordolo interno come un missile teleguidato. Piatta, composta, naturale. Andrea lavora molto con lo sterzo, ma non sta cercando di tenere a bada un mostro, lo sta semplicemente lanciando in curva come un “gokartone”. Anche la trazione è sorprendente. In uscita le gomme pattinano un minimo, ma Palma la tiene a bada con una sola rapida (ma neanche troppo) correzione; proprio come fareste con una Mazda MX-5 in uscita da un tornante in seconda. E poi c’è la frenata. Su qualsiasi supercar di questo livello la frenata non è una cosa che vi lascia indifferenti, ma la Huayra rallenta molto, molto velocemente. Non è tanto il bite iniziale a stupirmi, quanto la seconda parte della frenata, quella che “vi porta” alla curva. La testa mi dice che quei metri rimasti non bastano per far fermare l’auto, e già mi immagino due milioni di euro (e spiccioli) che volano sui panettoni della Roggia. Ma la Hauyra BC si ferma, senza inerzia, e becca il punto di corda.
Questa è un’esperienza che conserverò con cura, sperando magari un giorno di poter essere io alla guida.
Che dire. Una domenica non qualunque.
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