WorldSBK, Román Ramos: “Tornare nel Motomondiale? No, grazie!”

Román RamosRomán Ramos

Credits: Kawasaki Go Eleven

Da buon pilota, a Román Ramos il coraggio non manca.

L’anno scorso, durante le prove del venerdì nel round di Imola, si era fratturato il primo metacarpo della mano sinistra.

Episodio irrilevante, per lui: “Avrei gareggiato il giorno dopo senza problemi. Invece ho dovuto aspettare altre due tappe per tornare in pista” racconta lo spagnolo.

Vincitore nel 2013 del campionato casalingo di Moto2 e di quello europeo Supersport, il rider nato in Cantabria nel 1991 è alla terza stagione nella WorldSBK, felice di correre sull’unica moto del team Kawasaki Go Eleven.

“In sella niente mi ferma e anche nella vita quotidiana esito raramente, sono molto determinato e deciso. Una delle poche volte in cui ho avuto dubbi? Nel 2014. Correvo nel Mondiale di Moto2 e mi era persino passato per la testa di mollare tutto” ricorda.

Come mai eri arrivato a questa idea?

“Alla stagione di debutto nel Motomondiale, dal 2010 avevo participato a qualche Gran Premio come wild card, non avrei potuto cominciare peggio: con una moto non competitiva, per niente competitiva, ero molto stanco mentalmente e gli stimoli erano pari a zero. Stavo vivendo un incubo e non sapevo come uscirne”.

Poi cos’è successo?

“Con una certa sorpresa, mi ha contattato la mia squadra attuale. Io non conoscevo molto il campionato e non sapevo come mi sarei trovato nella WorldSBK, ma è bastato poco per capire che il mio posto era qui: con la squadra vado d’accordo, gli altri rider sono persone semplici e simpatiche, l’organizzazione è eccezionale e nel paddock mi sento a casa. Acettare la proposta è stata la scelta migliore che potessi fare”.

A proposito di casa, sei spesso in giro: cosa ti manca di più?

“La famiglia, tra cui la mia fidanzata Marta, che lavora in un bar e raramente mi segue in circuito, e il nostro husky Max, mio inseparabile compagno di allenamento”.

Quando hai un attimo libero, come lo passi?

“Di certo mon sul divano: non guardo la tv, non gioco ai videogame, preferisco stare all’aria aperta. Soprattutto in bici, la mia grande passione insieme alla moto. Se non fossi un pilota, probabilmente sarei un ciclista e il 20 maggio mi metterò alla prova con una gara durissima, ma splendida, alla quale ho partecipato nel 2011. Poi non ho più avuto l’occasione perché cadeva sempre in un weekend di gara: 165 km in mountain bike, oltre 10 mila iscritti, spero di migliorare il risultato di 6 anni fa, anche se non me l’ero cavata male, mi ero piazzato centottantacinquesimo”.

A metà campionato, qual è il tuo obiettivo del 2017?

“Arrivare nei primi dieci in ogni gara. Per riuscirsci, devo migliorare in qualifica: sulla ZX-10RR parto troppo carico e divento nervoso, con il risultato che finisco nelle retrovie. Iin gara va meglio, invece: resto concentrato e tengo un passo soddisfacente”.

Il sogno che vorresti realizzare?

“Niente di originale: laurearmi campione del mondo”.

Della MotoGp, come qualsiasi pilota?

“No, delle derivate. Non credo di tornare nel Motomondiale, di quell’esperienza non mi è piaciuto niente; è stata deludente sotto tutti i punti di vista”.

Dal 2013 hai sempre fatto parte di una scuderia italiana: un nostro pregio e un difetto?

“Mettete l’anima e il cuore in tutto. I ragazzi di questo team sono davvero speciali, si prendono cura di me in ogni momento. Il difetto? Sietei dei ritardatari cronici! Se qualcuno mi dice che arriva tra 10 minuti, significa che devo aspettare minimo mezz’ora. Ne vale la pena, però, perché la vostra compagnia mi solleva lo spirito. Stando con voi ho anche imparato l’italiano, ormai è la mia seconda lingua senza aver preso nemmeno una lezione, e a cucinare il risotto. Adesso è arrivato il momento di chiedere a Nicoletta, cuoca dell’hospitality, di insegnarmi qualche altra ricetta”.

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Le foto più belle del round della Superbike 2016 di Imola

Alcuni scatti del primo round italiano del mondiale delle derivate di serie

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