QUALIFICHE
È solo la sesta gara della mia carriera, quindi l’emozione è ancora tanta. Vallelunga è un circuito magico, ricco di storia, anche se un po’ decadente. Ma questa volta sono calmo, più calmo del solito. Libere, qualifiche e gara sono spalmati nell’arco di due giorni, con tante ore buche in mezzo. Per fortuna nei paddock c’è sempre qualcosa di bello da fare, come guardare le gare degli altri (negli ACI weekend corrono mille categorie), giocare col simulatore, bere caffè su caffè all’hospitality Seat; oppure semplicemente chiacchierare e girovagare con i propri amici.
La temperatura percepita è di 45 gradi – almeno -, quindi, per paura di svenire, bevo qualcosa come sei litri d’acqua arricchita di bustine potassio e magnesio.
La conseguenza è che appena salgo in macchina per le qualifiche sento l’impellente bisogno di andare in bagno. Ci casco ogni volta.
Quindici minuti, ecco quanto ci è concesso per stampare un bel giro (e non stampare la macchina). La mia idea di fare due giri, rientrare ai box per fare le pressioni delle gomme e poi uscire per altri due giri lanciati è buona, ma va in fumo quando rientro troppo presto (seguendo il gruppetto di auto in testa) e non trovo meccanici pronti per assistermi. Riparto al volo, buttando via preziosi minuti e potenziali giri. Mannaggia a me. Tiro qualche parolaccia nel casco e tento due giri lanciati: uno esce, l’altro meno. Decido di rientrare per abbassare queste stramaledette pressioni, ma mi avvisano che il tempo è finito e che non riesco a tentare altri giri. Sono settimo, ma con tre decimi in meno sarei potuto partire quarto o quinto. Mannaggia di nuovo.
LANCIATISSIMI
È sempre un’emozione quando il semaforo si spegne, il commentatore comincia a urlare e tutte le auto si lanciano verso la prima curva. Quando vedo le partenze alla TV, l’emozione è sempre tanta; quando sei tu però a dover partire, l’ansia lascia spazio alla concentrazione più totale. È un momento in cui mi sento molto solo, ma mi piace tantissimo.
Mentre affronto la curva Roma appaiato ad un’altra Cupra, con la fila di auto accoppiate e compattate pronte per dare gas, credo di avere il livello di attenzione di ninja.
Non sono mai stato un fulmine di riflessi, in partenza, ma stavolta ho tonnellate di magnesio dalla mia parte.
Appena sento qualcuno dare gas, pesto sul pedale dell’acceleratore con un gesto quasi paranoico: ce l’ho fatta, sono partito bene! Le Leon si aprono davanti a me a ventaglio, lasciandomi poco spazio per passare, ma riesco a trovare un buco a destra proprio mentre entriamo nel curvone.
Non ho ben idea di quanti siamo qui in mezzo, ma la sensazione è quella di essere in un rave party con gente, come in tutti in rave, molto alterata.
Mi infilo un po’ a vita persa nella curva dei Cimmini, allargando tanto in uscita per chiudere fuori gli avversari. Da qui comincio a scappare, ma ho l’ansia di finire le gomme (la gara dura ben 38 minuti + un giro), con lo svantaggio che mi devo pure difendere da un agguerritissimo Casillo. Cosa che mi fa perdere il gruppetto di testa, oltre ad un passo gara che non sono riuscito a trovare.
GARA DI RESISTENZA
La fatica comincia a rendere tutto più difficile. La Seat Leon St sta volando, ma il caldo si fa troppo insistente. Provo ad accendere la ventola, ma l’alito caldo che esce dalla bocchette mi brucia la faccia. E non sto affatto esagerando. Al quattordicesimo minuto rientro per il pit stop obbligatorio di 45 secondi: quel che si suol dire “una boccata d’aria fresca”.
Appena esco dai box, però, vengo ri-superato e perdo una posizione. Capisco solo ora la frustrazione dei piloti di F1 quando perdono tempo ai pit-stop. Ma ho un vantaggio: le gomme un po’ più fresche. Comincio a frenare il più tardi possibile e dopo meno di un giro mi infilo al tornantino con la staccata della vita. Sono ancora quinto! Vedo il mio meccanico che giro dopo giro mi incita e mi mostra il pollice alzato. Quando vedo la scritta sul traguardo “one lap” penso di morire. Sono stanco, ci sono mezzo milione di gradi e desidero una cisterna di acqua arricchita di sali.
Appena passo la bandiera a scacchi apro il finestrino e cerco col braccio di incanalare più aria possibile verso la mia faccia. Che bello!
FINE DEI GIOCHI
Sono contento? Sì. Partendo settimo in griglia era difficile fare di meglio. Ma quel che più mi rende contento è che FINALMENTE ho fatto una partenza come si deve, ho lottato, sono fuggito e sono riuscito a conservare le gomme, cosa affatto scontata. Guidare in pista è sempre bellissimo, correre con un’auto da corsa contro altri avversari è un’emozione enorme. Invidio tantissimo chi gareggia (quasi) tutti i weekend; avere l’opportunità di misurarsi con gente che corre assiduamente è fantastico.
E la Seat Leon ST Cup? Beh, la station wagon volante è incredibile. Ha le prestazioni di un’auto da corsa “vera”, ma allo stesso tempo esige uno stile di guida più docile, come vorrebbe una stradale. È una bella scuola per chi vuole cominciare a correre, ed è un grade divertimento per chi, come me, lo può fare solo ogni tanto.
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