La Seat di Luca De Meo: “Noi siamo un marchio del sud, e su questo puntiamo”
È decisamente a suo agio, Luca De Meo, nei panni di Presidente di SEAT.I numeri – dopotutto – sono dalla sua parte, nonostante si sia affrettato – durante la conferenza stampa per la presentazione dei risultati industriali del 2016 – a sottolineare come siano frutto di tutto il team al lavoro sul brand (“Sono in Seat da solo 15mesi…”).Ma De Meo è a suo agio in SEAT anche perché, nel brand spagnolo, ha ritrovato uno spirito affine al suo DNA italiano.”Stiamo costruendo la storia di una marca giovane, dinamica. Che guarda alle nuove tendenze come a un’opportunità, che non si spaventa del fatto che un sacco di cose cambieranno. Anzi vogliamo approfittare di questa discontinuità per proporre alla gente esattamente quello che chiede e quello che vorrebbe. Senza arroganza, ma anche senza timore di abbracciare il futuro. Siamo una marca del Sud, vogliamo essere emozionali, simpatici”.Un concetto di “Sud” che il Presidente SEAT slega dalla (innegabile) radice spagnola del brand, guardando più in là, in ottica più internazionale, europeista.”Non pensate solo alla Spagna, a Barcellona… questo discorso vale anche per l’Italia: i marchi del Sud hanno sempre, in qualsiasi settore, un certo tipo di caratteristiche. L’attenzione al design, l’emozione, il colore, l’accessibilità. Su quello noi puntiamo. L’ancoraggio a Barcellona di SEAT rimane, ed è legato al fatto che Barcellona è forse la città meglio posizionata nel mondo: è giovane, creativa, aperta, internazionale… Quindi l’associazione con il marchio sembra abbastanza naturale, funziona bene. Quando in Seat abbiamo cominciato a usare ‘Created in Barcelona’, ho notato che tutti reagivano molto bene. La sorpresa per quanto mi riguarda è che non sia stato usato prima”.Dopotutto questo per SEAT è un periodo d’oro: una line-up che funziona (la nuova Ibiza, la confermata Leon, la Ateca…), prodotti validi e maturi e una prospettiva futura ben chiara.”Quando tagli l’Europa latina dalla parte anglosassone, scopri che il Gruppo Volkswagen ha nella seconda una penetrazione molto più alta di quella che abbiamo nei mercati latini. Quindi c’è un grande potenziale: siamo a 2/3 rispetto ai risultati nel Nord Europa. E lì il compito di migliorare è nostro, principalmente di Seat. Uno dei ruoli che Seat ha nel gruppo è proprio quello di cogliere questo potenziale”.Come? Con scelte mirate e strategiche, soprattutto sui progetti futuri.”SEAT non sarà mai una ‘full liner’, una marca che avrà 50 modelli. Perché non ne abbiamo le risorse: dobbiamo fare delle scelte. Cosa che rende il mio ruolo molto più interessante… Avremmo voluto rinnovare l’Altea, per esempio. Però fra il rinnovare Altea e il produrre l’Ateca, abbiamo optato per la seconda. E secondo me è stata la decisione giusta: abbiamo centrato e centreremo la nostra gamma in segmenti in crescita, su dei tipi di carrozzerie che potremmo definire fluidi, e che permettono di spostare il cliente da una marca all’altra. Come appunto quello dei SUV”.L’obiettivo è chiaro: entrare nel cuore dei guidatori europei con un’immagine fatta di qualità, dinamismo, emozione. Con prodotti ben ragionati e che siano stilisticamente centrati (come il futuro SUV medio di Seat promette di essere). Lavorare a testa bassa e con gli occhi aperti, coscienti che c’è molto da fare.”Secondo me ci meritiamo di più di quello che abbiamo sul mercato italiano. Ce lo dobbiamo conquistare: dobbiamo convincere i clienti, i dealer, dobbiamo convincere gli operatori a investire… L’unica cosa che possiamo fare è lavorare bene, al meglio che sappiamo fare. Ma mi sembra che se si guarda alla nostra gamma di modelli, ci troviamo di fronte a prodotti molto adatti al mercato italiano. Mi sembra ci sia un feeling generale abbastanza positivo rispetto alla marca, e credo che ci prenderemo un pochino di quello che ci meritiamo sul mercato nei prossimi mesi”.
Fonte:
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.