Ugo Gobbato, il padre dell’industria italiana

Ugo Gobbato può essere considerato il padre dell’industria automobilistica italiana: oltre ad aver risollevato l’Alfa Romeo negli anni ’30 ha gestito i primi passi degli stabilimenti del Lingotto e di Pomigliano d’Arco. Scopriamo insieme la storia dell’uomo che Enzo Ferrari considerava suo maestro.Ugo Gobbato: la biografiaUgo Gobbato nasce il 16 luglio 1888 a Volpago del Montello (Treviso): da giovane lavora come operaio presso un’azienda idroelettrica di Treviso e consegue a Vicenza il diploma di perito elettromeccanico e filotessitore. Nel primo decennio del XX secolo emigra in Germania, viene impiegato come progettista e nel 1909 si laurea in ingegneria meccanica e in ingegneria elettrotecnica al Politecnico di Zwickau.Il ritorno in ItaliaTornato in Italia per il servizio militare, entra nella Brigata Specialisti (sezione tecnica del Servizio Aeronautico) dove segue la manutenzione degli aerei e terminato il servizio di leva viene assunto come progettista e capo officina alla Petrò di Milano (azienda in cui si occupa di presse idrauliche ad alta pressione).Le guerreNel 1911 Ugo Gobbato viene richiamato alle armi in seguito alla campagna di Libia e nel campo di aviazione di Cascina Malpensa si occupa di organizzare i magazzini di smistamento per il fronte. L’anno seguente, tornato “civile”, viene nominato direttore del reparto produttivo piccoli motori industriali presso la Ercole Marelli di Sesto San Giovanni.In occasione della Prima Guerra Mondiale Gobbato torna nuovamente ad indossare la divisa: prima come organizzatore dei corsi di istruzione tecnica per la Compagnia Automobilisti e successivamente come ufficiale al Genio Minatori. A luglio chiede di essere inviato in prima linea nelle trincee del Carso e riceve la Croce di guerra al valor militare.Il 1916 è l’anno in cui Ugo Gobbato viene trasferito a Padova per seguire un corso come ufficiale, poco dopo viene incaricato di dirigere il deposito milanese di motori e aeroplani e, in seguito, di supervisionare la realizzazione di uno stabilimento di aerei a Firenze. Nel 1918 nasce il primogenito Pierugo (che diventerà direttore generale Ferrari e Lancia e si occuperà in prima persona del progetto della mitica Stratos).La FiatUna volta terminata la Prima Guerra Mondiale Gobbato viene assunto dalla Fiat per riconvertire gli impianti dalla produzione bellica a quella civile e fa parte di un ristretto numero di ingegneri che viene inviato negli USA a studiare la catena di montaggio della Ford. Nel 1922 viene nominato direttore dello stabilimento del Lingotto e accorpa le varie officine della Casa piemontese sparse per Torino in un unico luogo.Il ruolo di Ugo Gobbato in azienda è fondamentale: crea la Scuola Apprendisti e dal 1928 tiene corsi di organizzazione industriale. Nel 1929 lascia la direzione del Lingotto e viene inviato in Germania, a Neckarsulm, per la riorganizzazione dello stabilimento NSU, l’anno seguente va in Spagna per realizzare un’industria automobilistica locale e nel 1931 si occupa in Unione Sovietica (a Mosca) della costruzione della fabbrica di cuscinetti a sfera RIV.L’Alfa RomeoDopo i due anni nell’URSS Gobbato torna in Italia e riceve l’incarico dall’IRI e da Benito Mussolini di rimettere in sesto l’Alfa Romeo, all’epoca in crisi profonda. In pochi anni risolleva la Casa lombarda grazie anche alla produzione di motori aeronautici.Nel 1938 Ugo Gobbato, in seguito alla decisione del Biscione di decentrare la produzione “avio”, apre la fabbrica di Pomigliano d’Arco (Napoli), destinata alla realizzazione di motori per aerei. In questa fabbrica, quattro anni più tardi, vengono realizzati su licenza anche propulsori aeronautici Daimler Benz.Gli ultimi anniDopo l’8 settembre 1943 Gobbato resta direttore generale dell’Alfa Romeo: non tanto per collaborazionismo quanto piuttosto per evitare lo “scippo” da parte dei tedeschi di materiali e di operai.Dopo la Liberazione il CLN esautora Ugo Gobbato da qualsiasi incarico e lo sottopone ad un processo in un Tribunale del Popolo allestito in azienda. Viene assolto, nuovamente processato il 27 aprile e nuovamente assolto da tutte le accuse di collaborazionismo. Il 28 aprile 1945 mentre torna a casa a Milano viene ucciso da tre uomini armati: l’unico responsabile identificato – l’operaio Antonio Mutti (uno dei due testimoni dell’accusa), insoddisfatto del verdetto – non sconterà mai un giorno di galera in quanto il suo delitto (determinato da motivi politici) viene dichiarato estinto dall’amnistia del 1959.

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