Max Mosley: molti meriti e poche colpe

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Max Mosley – scomparso ieri – è stato ricordato in molti modi: come figlio del più importante fascista britannico, come un “dittatore” della F1 (definizione di Luca Cordero di Montezemolo) e come protagonista di un’orgia che ha messo fine alla sua carriera nel motorsport.

Il dirigente inglese, però, è stato anche molto altro: scopriamo insieme la storia di un uomo che ha fatto crescere economicamente la Formula 1 e che ha contribuito a rendere più sicure le monoposto e le auto di tutti i giorni.

Max Mosley: la storia

Max Mosley nasce il 13 aprile 1940 a Londra (Regno Unito). Il padre – Oswald Mosley – è un noto esponente politico di estrema destra: fondatore dell’Unione Britannica dei Fascisti (partito attivo prima della Seconda Guerra Mondiale) e, dopo il conflitto, dello Union Movement.

Dopo aver conseguito la laurea in fisica a Oxford nel 1961 Max studia legge alla Gray’s Inn, diventa barrister nel 1964 e si specializza nei processi relativi ai brevetti e ai marchi registrati.

Mosley pilota

Negli anni ‘60 Max Mosley scopre il mondo del motorsport e alla fine del decennio si cimenta come pilota senza brillare particolarmente.

Nel 1968, ad esempio, prende parte ad alcuni GP del campionato europeo di F2 e dopo aver assistito in prima persona a tre decessi nell’arco di quattro mesi (tra cui quello del britannico Jim Clark in Germania il 7 aprile) si rende conto della necessità di aumentare la sicurezza nelle corse automobilistiche.

La March

Max Mosley capisce anche di non avere un futuro come pilota e nel 1969 fonda la scuderia March insieme a Alan Reed, Graham Coaker e Robin Herd (la M di March sta proprio per Mosley) occupandosi della parte commerciale del team.

La squadra debutta in F1 nel 1970 e disputa la sua migliore stagione di sempre conquistando il terzo posto nel Mondiale Costruttori e vincendo un GP alla seconda apparizione grazie a Jackie Stewart, primo in Spagna al volante di una monoposto affidata al team privato Tyrrell.

L’anno seguente lo svedese Ronnie Peterson si laurea vicecampione del mondo alla sua seconda stagione nel Circus grazie a una notevole quantità di podi (tra cui quattro secondi posti: Monaco, Gran Bretagna, Italia e Canada) e nel 1972 porta a casa solo una seconda piazza in Germania. Il britannico James Hunt debutta in Formula 1 proprio con la March nel 1973 e arriva secondo negli USA.

Un periodo ricco di soddisfazioni per Max Mosley, tra i fondatori nel 1974 della FOCA (Formula One Constructors’ Association), associazione che difende gli interessi delle scuderie inglesi e di quelle private non legate alle Case automobilistiche.

La March intanto porta a casa il secondo successo della sua storia (con il nostro Vittorio Brambilla primo in Austria nel 1975) e l’ultimo (Peterson Monza 1976). Al termine della stagione 1977 Max lascia il team inglese per lavorare a tempo pieno per la FOCA.

La guerra FISA-FOCA

La guerra con la FISA – Féderation Internationale du Sport Automobile, l’ente che all’epoca si occupa della gestione degli eventi sportivi della FIA (Féderation Internationale de l’Automobile) – scoppia alla fine degli anni ‘70 quando Bernie Ecclestone diventa amministratore delegato della FOCA.

Dopo numerosi scontri il 5 marzo 1981 viene siglato il patto della Concordia (rinnovato nel 1987) che lascia alla FOCA la possibilità di sviluppare gli affari legati alle corse gestendo ad esempio le trattative per i diritti TV.

Nel 1989 Max Mosley crea insieme all’ingegnere britannico Nick Wirth la Simtek, azienda specializzata in consulenze ingegneristiche in ambito motorsport, ma cede le sue quote due anni più tardi.

Prima la FISA e poi la FIA

L’ottimo lavoro della FOCA porta molti soldi a tutte le scuderie di F1, comprese quelle legate alla FISA, e per questo motivo Max Mosley viene nominato presidente della Federazione Internazionale dello Sport Automobile al posto del “nemico” francese Jean-Marie Balestre.

Due anni dopo Mosley viene eletto presidente della FIA e cambia radicalmente la federazione affidandole anche la responsabilità del motorsport (cancellando in questo modo la FISA).

Sicurezza in F1 e non solo

La morte di Roland Ratzenberger e Ayrton Senna a Imola nel GP di San Marino 1994 cambia radicalmente il mondo della F1.

Mosley si reca ai funerali del pilota austriaco anziché a quelli del campione brasiliano per omaggiare il driver meno noto tra i due, istituisce la FIA Expert Advisory Safety Committee (comitato di sorveglianza sulla sicurezza) e nomina presidente il britannico Sid Watkins, medico ufficiale del Circus dal 1978. Una scelta importante che porterà ad avere una Formula 1 senza decessi per 20 anni.

Ma non è tutto: nel 1996 la FIA contribuisce alla creazione dei protocolli di sicurezza Euro NCAP, ancora oggi fondamentali per valutare il livello di protezione delle automobili in commercio.

L’alleanza con Ecclestone

In qualità di presidente FIA Max Mosley rafforza l’alleanza con Bernie Ecclestone estendendo i diritti commerciali della F1 alla sua Formula One Administration (controllata dalla FOM, Formula One Management) prima dal 1995 al 2009 e poi fino al 2110 (non è un errore di stampa) in cambio di un pagamento annuale da parte dell’imprenditore inglese.

Tra le altre iniziative controverse segnaliamo la proroga del divieto di sponsorizzazione da parte dell’industria del tabacco (ottenuta per lasciare ai team il tempo di trovare altre fonti di guadagno), entrato in vigore nel 2007 anziché alla fine degli anni ‘90.

Lo scandalo

Nel 2008 il tabloid britannico News of the World pubblica un video che ritrae Max Mosley tra i protagonisti di un’orgia.

Il presidente della FIA decide di non ricandidarsi nel 2009 per il quinto mandato ma vince la causa contro il giornale inglese che aveva parlato di una “festa” a tema nazista (una delle partecipanti aveva un’uniforme militare generica) e contro Google relativa alla diffusione di spezzoni del filmato e di fotogrammi.

Max Mosley scompare il 23 maggio 2021.

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