Come si fa a pulire un’auto dopo il car wrapping?
Prima di parlare della pulizia di un’auto ‘wrappata’, spieghiamo che cosa si intende con il termine wrapping. Si tratta del rivestimento totale o parziale dell’auto con pellicole adesive di altissima qualità. L’applicazione viene eseguita da esperti del settore, necessita di estrema precisione, il vantaggio è che (al contrario della normale verniciatura) la pellicola è più economica e soprattutto intercambiabile, ogni volta che si desidera dare un nuovo aspetto alla propria macchina.
Si tratta di un trattamento che in genere viene garantito per 2 anni per quanto riguarda pieghe e grinze e fino a 5 anni per la brillantezza del colore. La pellicola utilizzata per il wrapping dell’auto è resistente ad ogni temperatura e non ha bisogno di una grande manutenzione. Attenzione: può essere rimossa in qualsiasi momento, senza lasciare alcune segno e residuo sulla verniciatura originale della carrozzeria.
Wrapping auto: come si applica
Gli esperti del settore applicano la pellicola per il wrapping auto con tecniche di precisione, per un lavoro ottimale, senza bolle e pieghe. Per l’applicazione i tempi sono molto brevi, in genere il lavoro viene portato a termine in due giorni, a seconda della tipologia di auto.
In genere la pellicola è in grado di camuffare graffi e abrasioni, si fa il possibile anche per nascondere ammaccature e segni profondi, ma è sicuramente più complicato.
E come viene rimossa la pellicola di wrapping? La tecnica utilizzata è la stessa dell’applicazione, ovvero quella del calore; si può usare (anche autonomamente) un phon a caldo. Attenzione a non aiutarsi mai con strumenti affilati e taglienti, il rischio è quello di graffiare la macchina.
Lavaggio auto wrappata: come funziona
Non ci sono particolari tecniche da seguire per il lavaggio di una vettura trattata con la pellicola per il wrapping. L’auto si lava normalmente, con acqua e detergente apposito e con una spugna. Ci sono solo alcune accortezze da tenere presenti:
- non usare le lance a pressione oppure fare attenzione a non puntare il getto dell’acqua troppo vicino;
- non usare prodotti sgrassanti sulla pellicola;
- si può lavare la macchina coi rulli, tenendo presente che potrebbero graffiare leggermente la pellicola (come anche la normale vernice auto).
Wrapping su auto riverniciata: cosa bisogna sapere
È possibile applicare la pellicola per il wrapping anche su vetture riverniciate, è importante però aspettare almeno 6 mesi dall’ultimo trattamento. Si rischia altrimenti che la pellicola abbia meno presa e che il risultato sia meno omogeneo rispetto a quello che invece possiamo vedere su una vernice che è già essiccata da anni.
Ci sono delle parti in plastica dell’auto, come anche i paraurti, che possono essere non verniciate e dalla superficie più rugosa. In questo caso non è possibile applicare la pellicola per il wrapping, perché l’aderenza risulta ridotta.
I costi del trattamento di wrapping per l’auto
In genere il prezzo del wrapping è più conveniente rispetto alla tradizionale verniciatura della carrozzeria dell’auto. Sulle pellicole è possibile anche creare delle stampe personalizzate, disegni e effetti particolari, come l’effetto carbonio o lucido e altri che con la vernice non si possono realizzare.
Ora che abbiamo spiegato le informazioni basilari del wrapping, l’ultima cosa che devi sapere è che non rovina in alcun modo la carrozzeria dell’auto e la vernice originali. Vengono usate infatti delle pellicole professionali, studiate proprio per essere applicate senza rovinare i materiali sottostanti e senza lasciare alcun residuo di colla e alone.
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Come si raddrizzano i cerchi in lega dell’auto?
Una domanda frequente per gli automobilisti? Se i cerchi in lega si possono riparare, una volta danneggiati, e soprattutto se eventualmente è possibile farlo anche in autonomia o se serve in ogni caso l’intervento di un professionista. I cerchi in lega sono molto apprezzati sia per la loro leggerezza che per la resistenza, grazie alla particolare lega metallica in alluminio di cui sono costituiti.
Si tratta di elementi particolari che vengono scelti nell’allestimento specifico per la propria auto da coloro che vogliono donare un aspetto più elegante o più sportivo (a seconda del modello) alla propria vettura. Componenti che migliorano l’estetica dell’auto ma che ovviamente, visto il loro costo, necessitano di accortezze e di una maggiore attenzione rispetto ai normali cerchioni in dotazione.
Anche prestando il massimo della cura, ovviamente con il passare del tempo anche i cerchi in lega, come ogni elemento auto, vanno incontro a usura e danneggiamenti di più elevata o scarsa entità. Una cosa da sapere è che purtroppo non è sempre possibile raddrizzarli, ci sono anche casi in cui l’entità del danno è troppo alta e quindi la riparazione (soprattutto autonoma) non è fattibile. Vediamo quello che bisogna sapere a riguardo.
Cerchi in lega: come raddrizzarli autonomamente
I cerchi rovinati e ammaccati peggiorano quella che è l’immagine esterna della vettura, l’alluminio comunque è un materiale abbastanza semplice da trattare, se il danno al cerchio non è troppo esteso e si possiede una buona manualità, è facile sistemarlo da soli.
Nel caso in cui invece le ammaccature sono molto grandi e profonde o addirittura il cerchio è piegato, allora diventa più difficoltoso sistemarlo ed è anche bene tenere presente che durante il trattamento l’alluminio si può indebolire fino a rompersi.
Anche nel caso in cui il cerchio non dovesse rompersi, l’area sistemata risulta comunque più debole e potrebbe piegarsi nuovamente al primo impatto, più o meno violento. Vediamo quali operazioni svolgere, tenendo comunque presente che la sistemazione è solo temporanea:
- togliere la gomma e segnare con un pennarello la zona del cerchio da raddrizzare;
- scaldare l’area da aggiustare con un phon (servirebbe quello da carrozziere), l’alluminio scaldato infatti si piega in maniera più semplice, facendo meno forza;
- usare una pinza e una piastra metallica per raddrizzare il cerchio quando è ancora caldo. La piastra deve essere posizionata sulla parte esterna del cerchio, andando a far presa con la pinza sulla zona ammaccata;
- tenere la pinza e spingere verso il basso per far leva e raddrizzare il cerchio.
Cosa succede se però i danni ai cerchi in lega sono troppo gravi e quindi le ammaccature sono profonde o addirittura siamo davanti all’ovalizzazione del cerchio? L’unica soluzione in questi casi è assolutamente rivolgersi ad un esperto del settore, che raddrizza i cerchi con strumenti e tecniche professionali. Non sempre quindi si può procedere autonomamente alla riparazione.
Quando costa la riparazione professionale dei cerchi in lega?
Rivolgersi ad un professionista significa ovviamente pagare il prezzo del suo lavoro. In particolare in questo caso i costi variano in base a fattori differenti, quali il tipo di danno e la sua entità, il grado di usura, la qualità dei cerchi. In genere un professionista potrebbe chiedere dai ai 120 euro per raddrizzare i cerchi, dai 60 ai 150 invece per la sola verniciatura a polvere e per entrambi i lavori dai 90 ai 160 euro circa.
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Ruggiti a Ginevra
Per addetti ai lavori e appassionati del mondo automotive Ginevra ha un solo sinonimo: Salone dell’auto. La città svizzera che a ogni sorgere del sole gode della maestosa vista del Monte Bianco, è orfana da due anni di uno tra gli eventi motoristici più famosi al mondo causa pandemia, ma a fine luglio è stata l’occasione per tornare a parlare di motori (e che motori!), ancora una volta oste perfetta per mettere alla prova, in patria e sulle sinuose Alpi francesi, due regine della strada: McLaren GT e McLaren 720S, quest’ultima nelle due versione coupé e spider.
L’accoglienza meteo purtroppo non è stata delle migliori… una fitta nebbia sulle altitudini maggiori e la pioggia incessante lungo gran parte del percorso sono state inseparabili compagne di viaggio, ma poco male: divertimento e adrenalina non sono mancati, insieme alla sensazione di essere comunque padroni dell’asfalto, e degli sguardi altrui – la mia McLaren GT Lantana Purple mi ha fatto sentire un po’ come Penelope Pitstop, l’affascinante e biondissima saetta ne La corsa più pazza del mondo –, e a un pizzico di ansia da prestazione nell’avere tra le mani oggetti da oltre 200.000 euro mentre fuori c’è un tempo da lupi.
In una estate elvetica confondibile con l’autunno, l’unica garanzia sono state loro, le supercar inglesi, pronte a regalarci sensazioni di guida ai massimi livelli, senza trascurare comfort e lusso, elegantemente sfacciato, declinati secondo il DNA del marchio, che in ogni sua produzione richiama a sé un design dedito al futuro, allo sviluppo e all’integrazione delle più sofisticate tecnologie; così come materiali della più alta qualità, una esclusività superiore e la capacità di trasmettere quella sensazione particolare, dopo appena pochi chilometri, di assoluta confidenza, dove le performance esaltanti non escludono un utilizzo quotidiano, in grande stile, si capisce, capace di garantire altresì una versatilità suprema.
Nel corso di una breve tregua dal maltempo, al volante di questa Gran Turismo moderna pensata per essere potente ma altrettanto accogliente, mi sono goduta una fantastica discesa a valle da un (suppongo) rinomato passo alpino. Non me ne vogliate se non ho preso appunti sul luogo, ma gli occhi erano tutti per la freccia del navigatore a indicarmi le curve, poiché la nebbia arrivava fino al mio naso e la strada non era visibile, figuriamoci i cartelli.
Sedotta da una guida coinvolgente e diligente, tanto implacabile quanto semplice, e ormai a mio agio nel domare il motore M840T V8 biturbo da 3.994cc – 620 CV e una coppia massima di 630 Nm – il verdetto a conclusione della prima giornata di prova è stato più che entusiasmante: l’estetica estrema e futuristica, l’armonia delle forme esterne plasmata dalla fibra di carbonio, l’eleganza nei dettagli degli interni accompagnata da una strumentistica minimal e rincuorante – del resto, cosa serve per essere felici oltre a un volante privo di pulsanti, un cambio a sette rapporti seamless (SGG) e tre modalità di crociera, comfort, sport e pista – e, su tutto, una meccanica olimpica, con una velocità massima di 326 km/h e un balzo da 0 a 100 in 3.2 secondi.
Nella seconda giornata di prova targata McLaren l’asticella si è persino alzata, quando a darmi il buongiorno è stato il ruggito della 720S coupé. Esaltata dal display del guidatore che si ritrae all’occorrenza se non si vogliono avere distrazioni, pensato principalmente per la guida su pista, e con addosso quel feeling un po’ anni ‘80 alla Michael Knight che parla alla sua KITT, ho risvegliato i 16 iniettori del V8 – qui il picco è a 341 km/h e la coppia arriva a 770 Nm – e con una zampata mi sono immersa di nuovo alla ricerca del (mio) limite, persino più a mio agio rispetto al giorno precedente.
Questo capolavoro di ingegneria avanzata, bellissima e custode di una performance mozzafiato, mi ha fatto sognare ancora per qualche ora, prima di tornare con i piedi per terra. Ma non sarà facile scordarsi di una simile eccellenza, con il suo design pornografico, il look morbido e scultoreo, e capace di evocare al contempo una spaventosa potenza e destrezza.
Ciliegina sulla torta di una due giorni a tutto gas è stata la possibilità di ammirare da vicino la nuova McLaren 765LT, nuovo capitolo di una storia di successo come quella delle ‘Longtail’ del marchio di Woking, cominciata negli anni ‘90 con la McLaren F1 GTR.
Bella da togliere il fiato, Sua Maestà dell’aerodinamica – per la cronaca, i 765 esemplari sono già tutti sold out – è tutta un superlativo: più leggera, più potente, e con più elevati livelli di performance sia su strada che in pista. Qui, il V8 4.0 biturbo M840T della 720S raggiunge le vette più inesplorate, grazie a 765 CV e 800 Nm, per schizzare da 0 a 100 in 2.8 secondi e, se avete il coraggio, da 0 a 300 in 18.
E a proposito di coraggio e di vette irraggiungibili… Il mondo McLaren non finisce di stupirmi, quando, prima di dirigermi verso un molto più modesto e flemmatico mezzo di trasporto, il treno che mi riporterà a casa, ripenso ad altri due oggetti del desiderio che ho avuto la fortuna di ammirare da vicino in questa occasione: la McLaren Speedtrail, creazione più veloce di sempre del costruttore inglese, e l’acme di tutti i custodi dell’arte del tempo, l’orologio RM 40-01 Automatic Tourbillon McLaren Speedtail, realizzato in collaborazione con la maison svizzera Richard Miller.
La prima, con la sua postazione di guida centrale e solitaria, permette di godere appieno dell’estasi data dai 1,070CV e da una coppia massima di 1,150 Nm, frutto del propulsore ibrido M840TQ, che le ha permesso di raggiungere i 403 km/h.
Il secondo, per natura rispetta con rigore lo scorrere dei secondi, ma è altrettanto al limite sotto ogni altro punto di vista, oltre che fedele alla sua omonima fonte di ispirazione e ai 106 esemplari prodotti, numero rispettato anche in questo caso: dalla precisione nei dettagli, la ricercatezza nel design, fino al prezzo, che sfiora il milione di euro, tutto è incredibilmente ambizioso.
Cullandomi nel ricordo del mio test drive esclusivo, mi godo la vista del lago di Ginevra che si allontana alle mie spalle, e sul quale nel frattempo è tornato (sigh) a splendere il sole.
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Marc Gené, oltre la TV
Marc Gené oggi è un apprezzato commentatore TV ma come pilota si è tolto parecchie soddisfazioni: collaudatore Ferrari F1 nonché primo spagnolo capace di vincere la 24 Ore di Le Mans. Scopriamo insieme la storia del driver iberico.
Marc Gené: la storia
Marc Gené nasce il 29 marzo 1974 a Sabadell (Spagna): appassionato di motori fin da bambino, inizia a farsi conoscere a livello nazionale conquistando numerosi successi con i kart, a 19 anni debutta con le monoposto in Formula Ford e nel 1994 passa al campionato britannico di F3.
Le prime vittorie
Il primo successo importante per il pilota spagnolo arriva nel 1996 con la conquista della serie italiana Superformula mentre risale al 1998 il trionfo nella prima edizione del campionato Open Fortuna by Nissan.
Il debutto in F1 con Minardi
Marc Gené debutta in F1 con la Minardi nel Mondiale 1999: più veloce del nostro Luca Badoer e del francese Stéphane Sarrazin, porta a casa il primo punto iridato in carriera grazie a un sesto posto nel GP d’Europa.
La seconda stagione nel Circus non è altrettanto soddisfacente: zero punti, un ottavo posto in Australia e risultati complessivamente migliori di quelli del compagno argentino Gastón Mazzacane.
Gli anni in Williams
Nel 2001 Marc Gené viene chiamato dalla Williams per ricoprire il ruolo di test driver e due anni più tardi ha l’opportunità di tornare a correre in Formula 1 sostituendo l’infortunato Ralf Schumacher nel GP d’Italia. Un’opportunità sfruttata alla grande: arriva quinto (miglior piazzamento in carriera nella massima serie del motorsport) ma fa peggio del compagno colombiano Juan Pablo Montoya (secondo).
L’anno seguente disputa altri due Gran Premi di F1 in Francia e in Gran Bretagna sempre al posto di Ralf Schumacher: una decima piazza come miglior risultato ma anche prestazioni inferiori a quelle di Montoya. A fine anno il driver iberico si trasferisce alla Ferrari per ricoprire il ruolo di collaudatore.
L’endurance
Marc Gené inizia a cimentarsi nell’endurance nel 2006 e nel 2007 viene chiamato da Peugeot per correre la 24 Ore di Le Mans. Nello stesso anno il pilota iberico inizia a collaborare come commentatore tecnico F1 per la TV italiana e quella spagnola.
Nel 2008 arriva secondo nella più famosa corsa di durata del mondo e l’anno successivo porta a casa la vittoria con la Peugeot 908 insieme all’australiano David Brabham e all’austriaco Alexander Wurz.
Il campione iberico continua a brillare nelle gare endurance: nel 2010 si aggiudica la 12 Ore di Sebring con Wurz e il britannico Anthony Davidson, due anni più tardi passa all’Audi e nella prima edizione del Mondiale WEC conquista la 6 Ore di Spa con i francesi Romain Dumas e Loïc Duval.
Nel 2013 Marc Gené arriva terzo a Le Mans e nel 2014 (ultimo anno di attività come pilota) taglia il traguardo in seconda posizione.
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Come si leggono le certificazioni dell’abbigliamento da moto?
Oggi per legge tutti i capi di abbigliamento tecnico per i motociclisti devono essere considerati Dispositivi di Protezione Individuali, questo significa che qualsiasi capo specifico che viene indossato dai motociclisti, una volta prodotto, deve essere testato per ottenere la certificazione secondo la norma EN17092.
Abbigliamento moto: i capi certificati
A partire dal mese di aprile 2019, secondo la normativa appena indicata, tutti i produttori di capi di abbigliamento tecnico per moto hanno l’obbligo di distribuire ai rivenditori solo ed esclusivamente prodotti certificati. Tutto quello che era ancora in magazzino (e non certificato) poteva essere venduto e smaltito per i due anni successivi.
Questo è il motivo per cui tutti i designer, i tecnici e i progettisti che si occupano della progettazione e della realizzazione dei capi in oggetto hanno lavorato sodo in modo da poter adeguare i vari materiali scelti per la produzione dell’abbigliamento per motociclisti e per poter rispettare i requisiti richiesti e imposti dagli Enti Certificatori. Non è stato sicuramente un percorso semplice, ma sicuramente doveroso. Tante le difficoltà, le nozioni tecniche da imparare e le competenze acquisite dagli esperti del settore, per poter continuare a produrre Dispositivi di Protezione Individuali che rispettino la normativa in vigore. Fondamentale anche continuare a mantenere (se non alzare di livello) gli standard di qualità e sicurezza dei prodotti.
L’etichetta di certificazione per l’abbigliamento da moto
I capi di abbigliamento tecnico per motociclisti oggi (come anche i caschi omologati), se certificati, possiedono un’etichetta ufficiale che dichiara che l’Ente Certificatore riconosciuto in Europa ha svolto i test previsti per la valutazione delle caratteristiche di vestibilità e chimico/tecniche dei capi.
Oltretutto vengono testate anche le capacità di resistenza dei materiali e dei prodotti specifici all’abrasione e all’impatto, in modo da poter determinare il grado di protezione per chi indossa questi vestiti.
Le classi di certificazione dei capi d’abbigliamento per motociclisti
Sono previste 5 differenti classi di certificazione a livello europeo, che variano in base a quella che è la destinazione d’uso del capo; sono le seguenti:
- AAA: per capi che possono essere utilizzati a livello professionale, che hanno protezioni certificate inserite obbligatoriamente, sia per la resistenza all’impatto che per l’abrasione;
- AA: indicano una protezione eccellente, non per uso professionale, ma ottimale sia in caso di impatto che di abrasione, le protezioni certificate sono inserite obbligatoriamente;
- A: alta protezione, con protezioni certificate;
- B: questa categoria di capi proteggono solo in caso di abrasione, senza protezioni certificate;
- C: capi protettivi solo da impatto, possono contenere protezioni certificate.
Grazie a questa classificazione, l’utente può scegliere i capi d’abbigliamento che fanno al caso suo, considerando l’utilizzo che fa della sua moto e anche la tipologia di due ruote su cui viaggia, per quanto tempo e dove. Insomma, ogni capo viene studiato per esigenze specifiche.
Come vengono stabilite le certificazioni
Vi sono differenti parametri utili per la valutazione delle certificazioni, che rendono poi l’abbigliamento stesso più o meno adatto a determinate tipologie di utilizzo.
Le norme del nuovo standard CEE EN 17092 vengono stabilite da un Regolamento Europeo, e quindi vengono applicate in tutti gli Stati membri della Comunità Europea. La certificazione deve essere effettuata da un laboratorio europeo e può essere apposta anche su dei capi di abbigliamento che non vengono prodotti direttamente in Europa ma in altri Paesi che si trovano al di fuori dell’UE.
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Quali sono le pratiche auto da avviare dopo un cambio residenza?
Quando si cambia casa e anche residenza, come è ovvio, tutti i documenti devono essere aggiornati con il nuovo indirizzo. È importante aggiornare anche quelli relativi alla propria auto o qualsiasi altro veicolo di proprietà e quindi, in particolare, il certificato di proprietà o foglio complementare e la carta di circolazione del mezzo. Per farlo è necessario rivolgersi agli uffici del proprio Comune di residenza, il servizio è gratuito.
Quali documenti bisogna presentare?
Per la variazione di residenza sui documenti auto è necessario presentare quanto segue:
- la carta d’identità o altro documento di riconoscimento:
- gli estremi della patente;
- gli estremi delle targhe del veicolo interessato;
- il modulo per fare la richiesta, che si trova presso gli uffici stessi del Comune. Questo deve essere poi conservato in parte insieme a tutti i documenti necessari per la circolazione, per eventuali controlli stradali da parte delle Forze dell’Ordine. Non serve più solo dal momento in cui viene consegnato il tagliando di aggiornamento della carta di circolazione (che arriva per posta).
Comunicazione del cambio di residenza
È il Comune stesso a dare comunicazione del cambio di residenza all’ufficio provinciale della Motorizzazione Civile (UMC). Questo provvede all’aggiornamento dell’Archivio Nazionale dei Veicoli e trasmette i dati della nuova residenza in via telematica al PRA, che di conseguenza aggiorna il suo archivio (Pubblico Registro Automobilistico).
Per legge veniva rilasciato un tagliando adesivo con riportata la nuova residenza, da applicare sulla carta di circolazione o sul Documento Unico di Circolazione e di Proprietà, ma oggi sono state introdotte delle modifiche all’articolo 94 del Codice della Strada, che hanno eliminato l’utilizzo di questo adesivo, sostituito dalla sola registrazione della variazione di residenza nell’Archivio Nazionale dei Veicoli (ANV).
Ogni cittadino ha la possibilità di cercare e scaricare dal Portale dell’Automobilista un’attestazione che riporta tutti i dati inerenti la nuova residenza registrati nell’ANV, che può esibire in caso sia necessario.
Cambio residenza in poche semplici mosse
Ricordiamo che quando si cambia residenza, è necessario darne comunicazione all’Ufficio Anagrafe entro 20 giorni dal trasferimento. Nei 2 giorni lavorativi successivi alla presentazione delle dichiarazioni, questo ufficio si occupa di effettuare le iscrizioni anagrafiche. L’ACI riassume i passaggi per l’aggiornamento dei documenti auto in questo modo:
- prima di tutto presso il Comune, come abbiamo già detto il servizio è gratuito;
- poi la ‘palla’ passa alla Motorizzazione, il Comune comunica infatti a questo ufficio l’avvenuto cambio di residenza. È la Motorizzazione Civile a inviare a casa dell’interessato (al nuovo indirizzo comunicato) il tagliando adesivo e ad inviare al PRA la comunicazione di cambio residenza;
- il PRA infine ha il compito di aggiornare il proprio archivio. Sul certificato di proprietà cartaceo (CdP) o sul foglio complementare apparirà quindi ancora il vecchio indirizzo, ma chiaramente i documenti continuano a restare comunque validi, senza dover espletare alcuna pratica presso il PRA.
I costi dell’aggiornamento di residenza sui documenti auto
In termini di costi si parla di 13,50 euro di emolumenti ACI. L’utente deve inoltre pagare un’imposta di bollo da 32 euro valida per la registrazione al PRA, che diventano 48 euro se si utilizza il modello NP3C come nota di presentazione.
Attenzione: è possibile anche rivolgersi ad uno studio di consulenza (le note agenzie di pratiche auto) oppure a una delegazione dell’Automobile Club, se non si vuole fare tutto autonomamente. Chiaramente in questo caso, oltre ai soliti costi previsti per legge, è necessario anche pagare la tariffa del servizio di intermediazione (che non è fissa, essendo nel mercato libero).
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Ivan Hirst: il salvatore della Volkswagen
Senza Ivan Hirst la Volkswagen oggi, semplicemente, non esisterebbe: scopriamo insieme la storia dell’ufficiale dell’esercito britannico che alla fine della Seconda Guerra Mondiale scommise sul successo del Maggiolino (e vinse).
Ivan Hirst: la biografia
Ivan Hirst nasce a Saddleworth (Regno Unito) l’1 marzo 1916 in una famiglia specializzata in orologi e componenti ottici: a 18 anni inizia a frequentare corsi di addestramento dell’esercito riservati a studenti universitari e dopo aver conseguito la laurea in ingegneria ottica apre un’officina specializzata nella riparazione di strumenti di questo settore.
Nel 1937 diventa tenente e due anni più tardi viene promosso a capitano.
La Seconda Guerra Mondiale
L’1 settembre 1939 – in seguito all’invasione tedesca della Polonia – Francia e Gran Bretagna dichiarano guerra alla Germania e il giorno seguente Ivan Hirst viene chiamato alle armi, spedito nel nord della Francia, promosso nel grado di maggiore e messo al comando di un battaglione. Coinvolto nella campagna di Francia, viene evacuato dal continente per via dell’avanzata nazista.
Degradato a capitano nel 1941 e spedito in un deposito di rifiuti, Ivan fa domanda per entrare nel Royal Army Ordinance Corps come specialista di mirini per fucili ma trova invece posto come ingegnere in un’officina specializzata nella riparazione di carri armati.
Nel 1942 Ivan Hirst entra nella neonata REME (Royal Electrical and Mechanical Engineers), reparto di manutenzione dell’equipaggiamento bellico, e l’anno seguente torna a ricoprire il grado di maggiore, sempre nel campo della riparazione dei carri armati.
Hirst torna per la seconda volta in Francia nel 1944 in occasione dello sbarco in Normandia e l’anno successivo gestisce una fabbrica in Belgio facendosi notare per l’efficienza sul lavoro: 25 mezzi riparati ogni settimana e lavoratori impiegati simultaneamente su 100 veicoli. Inizia qui il rapporto di Ivan con il mondo industriale.
Dopo la guerra
Al termine del conflitto la REME viene incaricata di supervisionare la produzione dei più importanti stabilimenti tedeschi nella zona britannica e prende possesso della fabbrica Volkswagen di Wolfsburg, occupata fino a poco tempo prima dagli statunitensi.
Ivan Hirst si candida per andare a lavorare lì grazie anche alla sua conoscenza dei mezzi militari tedeschi, arriva nell’agosto del 1945 e trova una situazione disastrata. Lo stabilimento è l’unico impianto automobilistico tedesco funzionante – nonostante i bombardamenti solo l’8% dei macchinari e il 30% degli edifici è stato distrutto – ma nessuno, salvo Ivan e i lavoratori tedeschi, ha interesse a utilizzare l’impianto per produrre mezzi a quattro ruote. I vertici britannici hanno infatti già in mente di utilizzare quel complesso come sede di tre officine – una per la riparazione dei veicoli britannici, una per i motori e una per i pezzi di ricambio – e di venderlo in seguito.
Hirst – molto apprezzato dalla popolazione di Wolfsburg per i suoi modi garbati lontani anni luce dall’atteggiamento da “occupanti” degli altri soldati inglesi – riesce a far cambiare idea ai superiori grazie anche all’arrivo alla REME del colonnello Michael McEvoy, responsabile di tutte le officine della zona britannica. McEvoy, appassionato di motori nonché grande conoscitore della Germania (prima della guerra ha vissuto a Stoccarda e ha lavorato nientepopodimeno che nel reparto corse Mercedes), si rende conto dell’importanza di avere auto nuove a disposizione dell’esercito e riesce a ottenere dal governo un ordine di 40.000 auto, 500 veicoli commerciali e 700 rimorchi. Tutto da consegnare entro il mese di luglio del 1946.
Il Maggolino
L’auto è, naturalmente, la Volkswagen Maggiolino: una compatta svelata al Salone di Berlino del 1939 con il nome KdF-Wagen (Kraft durch Freude, “Forza attraverso la gioia” in tedesco, è l’associazione ricreativa del partito nazista) caratterizzata da un design aerodinamico, da un motore posteriore boxer 1.0 a quattro cilindri da 23,5 CV raffreddato ad aria e dal lunotto posteriore separato in due parti. Avrebbe dovuto essere la vettura di massa degli automobilisti tedeschi negli anni ‘40 se non ci fosse stata di mezzo la Seconda Guerra Mondiale: invece la sua base fu usata durante il conflitto per realizzare mezzi militari destinati alla Wehrmacht (la Kübelwagen e la variante anfibia Schwimmwagen).
Ivan Hirst – che crede fin da subito nelle potenzialità della vettura – si trasforma da amministratore a manager: le prime “auto del popolo” (Volkswagen) lasciano la linea di produzione poco dopo Natale 1945 e alla fine dell’anno si arriva a 55 veicoli prodotti. Dal 1946 si procede al ritmo di 1.000 auto al mese, ma non di più a causa della scarsità di materie prime e di lavoratori.
Gli ultimi anni in Volkswagen
Nel 1947 Volkswagen inizia a esportare il Maggiolino e l’1 gennaio del 1948 Heinrich Nordhoff viene chiamato a ricoprire il ruolo di amministratore delegato dello stabilimento di Wolfsburg. Ivan Hirst lascia ufficialmente l’azienda nell’agosto del 1949.
Dopo la Volkswagen
Ivan resta in Germania e si trasferisce a Kiel per ricoprire il ruolo di direttore per lo Schleswig-Holstein delle industrie meccaniche e delle acciaierie. L’anno seguente si sposta a Solingen per svolgere la stessa mansione in un’altra zona ma poco dopo si sposta ad Amburgo.
Addio (a malincuore) alla Germania
Nel 1955 la Germania Ovest diventa pienamente sovrana e l’alta commissione alleata (creata sei anni prima da Francia, Regno Unito e USA per supervisionare il Paese) non è più necessaria.
Ivan Hirst vorrebbe rimanere, chiede di poter rientrare in Volkswagen ma trova l’opposizione di Nordhoff e si ritrova quindi costretto a tornare nel Regno Unito.
Gli ultimi anni
Dopo svariati mesi trascorsi alla ricerca di un lavoro nel suo Paese natale Hirst trova un posto a Parigi presso l’OECE (Organizzazione per la cooperazione economica europea) prima come consulente e in seguito come traduttore tecnico. Nel 1960 l’OECE diventa OCSE.
La figura di Hirst viene nuovamente apprezzata in Volkswagen dopo la scomparsa nel 1968 di Nordhoff – che durante la sua gestione di Wolfsburg aveva costantemente sminuito l’importanza di Ivan nello sviluppo dell’azienda – ma è ormai troppo tardi per tornare.
Ivan Hirst va in pensione nel 1976 e scompare a Marsden (Regno Unito) il 10 marzo 2000.
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Rc Auto, polizza eventi socio-politici: a che cosa serve?
Parliamo dell’Rc Auto, l’assicurazione obbligatoria per circolare con la propria vettura in Italia, e in particolare oggi il focus è dedicato ad una polizza specifica, quella denominata ‘eventi socio-politici’, che forse non tutti conoscono alla perfezione.
Si tratta di una speciale copertura che vale per danni provocati in maniera volontaria da terzi in seguito a scioperi, sommosse popolari, manifestazioni violente, atti terroristici, tumulti. In genere questa polizza viene venduta da parte della compagnia assicurativa insieme alla ‘atti vandalici’, si tratta infatti di due coperture speciali che assicurano l’utente in caso di azioni che sono legate al fenomeno del vandalismo (per eventi generici oppure legati a avvenimenti socio-politici).
Attenzione: per ottenere il risarcimento previsto dalla garanzia accessoria ‘eventi socio-politici’ deve essere possibile accertare le cause dei danni subiti, che oltretutto debbono assolutamente essere riconducibili a un evento sociale comprovato.
‘Eventi socio-politici’: come funziona la garanzia accessoria?
Alla Rc Auto di base è possibile, come ben sappiamo, abbinare anche altre coperture aggiuntive, come le più famose Kasko o furto e incendio. Chiaramente la sottoscrizione di ogni garanzia accessoria comporta il pagamento di un premio extra rispetto a quello del contratto ‘base’. L’entità del premio dipende da differenti fattori, tra cui:
- il valore commerciale dell’auto (o altro mezzo) assicurata;
- la città in cui risiede l’assicurato;
- la frequenza di eventi che possono causare problemi di pubblica sicurezza.
Come ottenere il rimborso del danno
L’utente deve informare l’assicurazione entro pochi giorni dal momento in cui si è verificato l’evento dannoso, per poter ottenere in risarcimento previsto. In genere il termine è stabilito direttamente dal contratto e deciso nel momento della stipula della polizza stessa. L’assicurato deve inviare la sua comunicazione con raccomandata con ricevuta di ritorno oppure via mail. Nella lettera devono essere indicati anche:
- i dati anagrafici;
- gli estremi della polizza;
- una copia allegata della denuncia rilasciata dalle autorità competenti.
L’utente assicurato può ricevere il risarcimento sia per distruzione totale dell’auto che per danni parziali. Alcune compagnie assicurative consigliano un’officina convenzionata al proprio cliente, dove far sistemare la vettura colpita dai vandali e presso la quale l’esperto stima i danni e il costo della riparazione.
Altre compagnie invece hanno un proprio perito assicurativo che si occupa della stima dei danni. Ricevono la perizia e stanziano l’importo della riparazione al cliente, che può rivolgersi al suo meccanico di fiducia.
Il massimale della garanzia ‘eventi socio-politici’
Spieghiamo innanzitutto di che cosa si tratta: il massimale è il limite entro il quale la garanzia copre il danno del mezzo, al di spora del quale l’assicurazione non rimborsa.
Attenzione: in caso di distruzione totale dell’auto, il valore massimo che l’assicurazione risarcisce corrisponde al valore commerciale del veicolo stesso.
Franchigie e scoperti
Anche nel caso di questa garanzia accessoria è prevista una franchigia, ovvero un valore minimo entro il quale la garanzia non interviene. Lo scoperto invece è una percentuale del danno che resta a carico del cliente.
Polizza ‘eventi socio-politici’: casi di esclusione
La polizza non copre in caso di:
- atti vandalici generici;
- rottura cristalli;
- danni per responsabilità dell’assicurato.
L’assicurazione in questi casi non rimborsa il suo cliente, a meno che non via sia una copertura apposita decisa in sede di contratto. Parliamo ad esempio della rottura di vetri e cristalli, che viene risarcita se nell’Rc Auto è stata inserita anche la polizza cristalli, e così via.
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Honda e: una rivoluzione per il mondo delle vetture a uso urbano
Icon Wheels per Honda
Honda e, la nostra prova su strada della city car 100% elettrica
Design innovativo che strizza l’occhio al passato, ma allo stesso tempo futuristico e molto all’avanguardia. Connettività avanzata di livello superiore. E soprattutto green. Ecco il biglietto da visita della nuova Honda e: city car 100% elettrica della Casa giapponese, pronta a rivoluzionare il mondo delle vetture per l’uso urbano.
Honda e è solo elettrica: si tratta della prima vettura di Honda a essere stata costruita sulla piattaforma EV, dedicata alla progettazione e costruzione di auto totalmente a zero emissioni. Ha un motore da 154 CV e, la versione top di gamma del nostro esemplare in prova, scatta da 0 a 100 Km/h in 8,3 secondi, raggiungendo la velocità massima di 145 Km/h.
Ad alimentare il motore ci pensa un pacco batterie agli ioni di litio da 35,5 kWh, per un’autonomia complessiva di 222 Km, secondo il ciclo di omologazione WLTP. Si ricarica in modo estremamente semplice e intuitivo: la porta di ricarica si trova al centro del cofano e lo sportello (in vetro) si può attivare o tramite telecomando oppure tramite la app My Honda+. Per ricaricarla si può utilizzare una normale presa di corrente domestica, oppure tramite le colonnine super fast, dove addirittura l’80% della ricarica della batteria avviene in soli 31 minuti!
Honda e è nata per stupire: rompe i canoni con qualsiasi altra city car elettrica sul mercato e non vuole certo passare inosservata. Ha un design innovativo, originale che strizza l’occhio al passato reinterpretandolo in chiave moderna. Una city car degna di un cartone animato manga, dallo stile sbarazzino che però ha una serie di novità da far girare la testa.
A cominciare dall’assenza degli specchietti retrovisori: al loro posto gli ingegneri della Casa giapponese hanno disposto due telecamere che riproducono all’interno le immagini provenienti dalla strada. Ci si abitua subito, quasi da non riuscire più farne a meno. E poi le maniglie anteriori a scomparsa che appaiono solo quando il conducente si avvicina, o attraverso la app, e i vetri senza bordo… Altri elementi distintivi della piccola Honda e.
Una vera e propria “rivoluzionaria” racchiusa in poco meno di quattro metri che stupisce non solo all’esterno, ma anche una volta saliti a bordo. Qui la filosofia “human centred” di Honda si fa ancora più evidente. La qualità percepita nell’abitacolo, che, peraltro, è semplice ma elegantemente moderno, è decisamente alta, resa ancor più appagante, alla vista, dai tessuti mélange, con inserti in effetto legno che rendono l’atmosfera simile a quella di un accogliente salotto, o di un moderno living.
Si preme il tasto “start” e si è proiettati in un’altra dimensione. Innanzitutto ci si sente isolati dal caos circostante e poi la nostra attenzione viene subito catturata dalla plancia a tutta ampiezza e totalmente digitale che conta 5 schermi hd. Esattamente di fronte al volante, c’è il display digitale del contachilometri, dove possiamo leggere in modo chiaro tutte le informazioni sullo stato dell’auto, come ad esempio la potenza, lo stato di ricarica, la modalità di guida. Il conducente può addirittura personalizzare la quantità e il layout degli ADAS. E a tal proposito non mancano, come da tradizione Honda, dotazioni di sicurezza di ultima generazione, fra le quali, solo per citarne alcune: il cruise control adattivo, il sistema di frenata a riduzione d’impatto, il monitoraggio dell’angolo cieco, il sistema di riconoscimento della segnaletica stradale e il sistema di monitoraggio del traffico in manovra.
Un’ultima curiosità: sappiate che durante la fase di ricarica o in sosta, attraverso l’hotspot wi-fi si può accedere alle funzioni sugli schermi My Room. E in un attimo, sarà un po’ come sentirsi… al drive in!
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MotoGP 2021 – GP Stiria al Red Bull Ring: gli orari TV su Sky, DAZN e TV8
Il GP di Stiria al Red Bull Ring – decima tappa della MotoGP 2021 – sarà trasmesso in diretta su Sky e DAZN e in differita su TV8 (di seguito troverete gli orari TV).
Nella gara di domenica vedremo due graditi ritorni: lo spagnolo Dani Pedrosa (wild-card in sella alla KTM) e il britannico Cal Crutchlow, chiamato dalla Yamaha per rimpiazzare l’infortunato Franco Morbidelli.
MotoGP 2021 – GP Stiria: cosa aspettarsi
Il Red Bull Ring – sede del GP di Stiria a Spielberg – è un circuito molto veloce che premia le moto più potenti ma la pioggia prevista per domenica potrebbe scombussolare la corsa.
L’edizione dello scorso anno del Gran Premio di Stiria è stata vinta da Miguel Oliveira e tutto lascia intendere che anche quest’anno il centauro portoghese e la KTM reciteranno il ruolo di favoriti. Di seguito troverete il calendario del GP di Stiria, gli orari TV su Sky, DAZN e TV8 e il nostro pronostico.
MotoGP 2021 – Red Bull Ring, il calendario e gli orari TV su Sky, DAZN e TV8
Venerdì 6 agosto 2021
09:00-09:40 | Moto3 – Prove libere 1 (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
09:55-10:40 | MotoGP – Prove libere 1 (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
10:55-11:35 | Moto2 – Prove libere 1 (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
13:15-13:55 | Moto3 – Prove libere 2 (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
14:10-14:55 | MotoGP – Prove libere 2 (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
15:10-15:50 | Moto2 – Prove libere 2 (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
Sabato 7 agosto 2021
09:00-09:40 | Moto3 – Prove libere 3 (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
09:55-10:40 | MotoGP – Prove libere 3 (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
10:55-11:35 | Moto2 – Prove libere 3 (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
12:35-13:15 | Moto3 – Qualifiche (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
13:30-14:00 | MotoGP – Prove libere 4 (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
14:10-14:50 | MotoGP – Qualifiche (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
15:10-15:50 | Moto2 – Qualifiche (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
Domenica 8 agosto 2021
08:40-09:00 | Moto3 – Warm-up (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
09:10-09:30 | Moto2 – Warm-up (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
09:40-10:00 | MotoGP – Warm-up (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
11:00 | Moto3 – Gara (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN, differita alle 16:30 su TV8) |
12:20 | Moto2 – Gara (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN, differita alle 17:45 su TV8) |
14:00 | MotoGP – Gara (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN, differita alle 19:30 su TV8) |
MotoGP – I numeri del GP di Stiria
LUNGHEZZA CIRCUITO | 4,3 km |
GIRI | 28 |
RECORD IN PROVA | Pol Espargaró (KTM) – 1’23”580 – 2020 |
RECORD IN GARA | Pol Espargaró (KTM) – 1’23”877 – 2020 |
MotoGP – Il pronostico del GP di Stiria 2021
1° Miguel Oliveira (KTM)
Miguel Oliveira è in uno stato di forma impressionante: una vittoria e tre podi totali negli ultimi quattro appuntamenti della MotoGP 2021.
Il pilota portoghese si è aggiudicato lo scorso anno il GP di Stiria e a nostro avviso ha tutte le carte in regola per ripetersi.
2° Fabio Quartararo (Yamaha)
Fabio Quartararo al Red Bull Ring cercherà più che altro di mantenere il primato iridato.
Il centauro francese – 13° lo scorso anno nel GP di Stiria – ha portato a casa due successi e quattro podi complessivi negli ultimi cinque appuntamenti della MotoGP 2021.
3° Jack Miller (Ducati)
Jack Miller ha bisogno di tornare sul podio dopo oltre due mesi di digiuno e secondo noi ci riuscirà.
Lo scorso anno in Stiria il centauro australiano ha tagliato il traguardo in seconda posizione.
Da tenere d’occhio: Johann Zarco (Ducati)
Anche Johann Zarco non conquista un piazzamento in “top 3” da due Gran Premi.
Il suo precedente nel GP di Stiria 2020? Un 14° posto tutt’altro che memorabile.
La moto da seguire: Ducati
La Ducati ha un disperato bisogno di tornare sul gradino più alto del podio: l’ultimo successo della Casa di Borgo Panigale nella MotoGP 2021 risale infatti a quasi tre mesi fa.
Lo scorso anno le “Rosse” riuscirono a conquistare nel Gran Premio di Stiria il secondo posto grazie a Miller.
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