Come funzionano i sensori di pressione delle gomme

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TPMS, Tire Pressure Monitoring System: è il sistema di monitoraggio della pressione degli pneumatici dell’auto. Un dispositivo che funziona in maniera costante e continua e rileva appunto il livello di gonfiaggio delle gomme. Non è tutto: è in grado di avvisare il conducente nel caso in cui uno (o più) pneumatico è sgonfio. Si tratta di un sistema molto utile per garantire la sicurezza dei viaggi in auto, che può essere eccellente anche per risparmiare carburante (viaggiare con le gomme sottopressione infatti aumenta i consumi). Vediamo tutto quello che bisogna sapere a riguardo.

Sensori di pressione: come funzionano

Innanzitutto si tratta di un dispositivo che è obbligatorio su tutte le auto di nuova generazione, a partire dal mese di novembre del 2014. Si tratta nello specifico di particolari sensori capaci di captare la pressione di ogni pneumatico singolarmente, in maniera del tutto indipendente. Non dimentichiamo che la pressione di gonfiaggio delle gomme dell’auto è di fondamentale importanza, e deve sempre essere al livello corretto: da questa infatti dipendono l’attrito e l’aderenza delle gomme stesse al manto stradale (e quindi la sicurezza a bordo).

Le tipologie di sensori

Ci sono due tipi differenti di TPMS:

  • il primo si basa sull’hardware dell’Abs/Esp e utilizza i dati forniti dai sensori di rotazione delle ruote: possiamo definire questo sistema indiretto. Rileva la rotazione di ogni ruota e determina quindi indirettamente la pressione delle gomme, grazie al software di gestione apposito. Il suo funzionamento è molto semplice, nel momento in cui cambia la pressione di gonfiaggio della gomma, varia leggermente anche il suo diametro, la circonferenza di rotolamento e quindi sono differenti i giri che fa la ruota per percorrere la stessa distanza. Il sistema confronta i dati che provengono da tutte le ruote, e quindi è in grado di capire se una delle stesse è sgonfia. Il sensore cosa fa in questo caso? Manda semplicemente un avviso al conducente, non indica il valore effettivo di pressione degli pneumatici. Una volta sostituita o gonfiata la gomma, poi, è necessaria la ricalibrazione;
  • l’altro prevede un sensore nello stesso pneumatico, integrato nella valvola di ogni ruota. I dati alla strumentazione attraverso un sistema a radiofrequenza. In questo modo, il guidatore può conoscere il valore esatto della pressione delle quattro gomme, direttamente sul display del quadro strumenti o del sistema multimediale, con benefici in termini di precisione e prontezza di segnalazione di eventuali perdite di pressione. Il sistema di rilevamento in questo caso è diretto e garantisce un valore più preciso.

I dispositivi funzionano a batteria di piccole dimensioni, che in genere dura circa 10 anni e che non può essere ricaricata: alla fine della sua “vita” deve essere eventualmente sostituita.

Sensori di pressione degli pneumatici: quali sono i vantaggi del sistema

Come abbiamo detto in apertura, è molto importante avere sempre sotto controllo il livello di pressione delle gomme dell’auto: ne va della sicurezza in viaggio, ma anche del risparmio di carburante (da non sottovalutare, visti i costi della benzina di questi tempi). Il sistema di monitoraggio avvisa il conducente dell’auto quando una ruota è sgonfia, ed è molto comodo perché, soprattutto nelle prime fasi, non è facile notare il problema per l’automobilista.

E infine, l’altro grande vantaggio è appunto legato ai consumi, come appena sottolineato. Un veicolo che viaggia con la pressione delle gomme errata può consumare anche tra il 5% e il 15% in più di carburante, oltre a provocare un’usura irregolare del battistrada, che quindi porta a dover sostituire le gomme prima (e spendere di più).

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Audi urbansphere concept: foto e dati

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Audi ha svelato le foto e i dati della urbansphere concept: l’ultimo prototipo della Casa di Ingolstadt è un salotto elettrico su quattro ruote a guida autonoma livello 4 ispirato alle esigenze delle città cinesi. Un’anticipazione concreta del futuro della mobilità “premium”.

Audi urbansphere concept: le dimensioni

L’Audi urbansphere concept è lunga 5,51 metri, larga 2,01 metri e alta 1,78 metri. Il passo di 3,40 metri ha permesso ai tecnici del brand dei quattro anelli di ricavare un abitacolo immenso e accogliente ricco di soluzioni che migliorano la vita degli occupanti.

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Audi urbansphere concept: il design

Lo stile dell’Audi urbansphere concept riprende elementi tipici della Casa di Ingolstadt rivisti in chiave moderna: la calandra singleframe, ad esempio, può essere usata per comunicare agli altri automobilisti informazioni relative alla sicurezza mentre i cerchi da 24″ a sei doppie razze omaggiano il prototipo Avus del 1991.

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Audi urbansphere concept: la regina del comfort

L’Audi urbansphere concept punta tutto sul comfort ed è stata progettata (dagli studi di design di Pechino della Casa teutonica) partendo dall’abitacolo: interni hi-tech spaziosi illuminati da ampie superfici vetrate e ricchi di materiali pregiati.

Gli occupanti sono coccolati dalle sospensioni pneumatiche e da un sistema di guida autonoma livello 4 che ha consentito agli ingegneri dei quattro anelli di rimuovere il volante, il pedale e gli schermi e di trasformare gli interni in uno spazio interattivo mobile. Una lounge su quattro ruote che può diventare un centro benessere (c’è pure un rilevatore di stress) o un ufficio mobile a seconda delle esigenze: il modo più comodo per trascorrere le ore nel traffico urbano.

 

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Audi urbansphere concept: la tecnica

L’Audi urbansphere concept è un prototipo elettricotrazione integrale sviluppato sullo stesso pianale PPE già visto sulla A6 e-tron concept spinto da due motori elettrici (quello anteriore disattivabile per migliorare l’efficienza) in grado di generare una potenza totale di 401 CV e una coppia di 690 Nm.

La batteria da oltre 120 kW garantisce un’autonomia superiore a 750 km e può essere ricaricata a 270 kW: in parole povere ci vogliono 10 minuti per guadagnare oltre 300 km e meno di 25 minuti per passare dal 5 all’80%.

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SUV giapponesi: l’elenco completo per marca (con i prezzi)

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Le SUV giapponesi sono sempre molto richieste in Italia: un tempo andavano di moda le fuoristrada nipponiche dure e pure, rimpiazzate dalle prime SUV come la Toyota RAV4 e da crossover versatili come la Nissan Qashqai.

Oggi le Sport Utility del Sol Levante più amate dagli italiani sono quelle ibride, mezzi in grado di gestire senza problemi i blocchi del traffico grazie alla tecnologia a doppia alimentazione full, plug-in o mild.

Di seguito troverete l’elenco completo di tutte le SUV giapponesi in vendita da noi (con i prezzi): tante proposte a trazione anterioreintegrale per tutti i gusti e tutte le tasche.

SUV giapponesi: l’elenco completo per marca (con i prezzi)

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SUV Honda

  • HR-V da 31.300 euro
  • CR-V da 37.350 euro

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SUV Lexus

  • UX da 39.800 euro
  • NX da 60.000 euro
  • RX da 76.000 euro
  • UX 300e da 57.000 euro

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SUV Mazda

  • CX-3 da 23.150 euro
  • CX-30 da 25.950 euro
  • CX-5 da 34.200 euro
  • MX-30 da 34.900 euro

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SUV Mitsubishi

  • Eclipse Cross da 45.350 euro

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SUV Nissan

  • Juke da 22.200 euro
  • Qashqai da 26.550 euro
  • X-Trail da 28.755 euro

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SUV Subaru

  • XV da 25.800 euro
  • Forester da 37.750 euro
  • Outback da 44.000 euro

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SUV Suzuki

  • Ignis da 17.500 euro
  • Vitara da 24.400 euro
  • S-Cross da 28.890 euro
  • Across da 56.900 euro

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SUV Toyota

  • Yaris Cross da 26.650 euro
  • C-HR da 30.900 euro
  • RAV4 da 37.000 euro
  • Land Cruiser 3 porte da 49.600 euro
  • Land Cruiser 5 porte da 73.600 euro
  • Highlander da 52.200 euro

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Come si sfoderano correttamente i sedili di un’auto

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Sfoderare i sedili dell’auto non è un’operazione difficile, anzi. Ma la prima cosa da sapere è senza dubbio come smontarli, questa è la parte più difficoltosa. Ogni auto ha dei sistemi di aggancio differenti, che variano appunto da modello a modello, ed è per questo motivo che non è facile fornire una guida generale sull’argomento.

Il consiglio che ci sentiamo di dare a chiunque è quello di consultare il manuale della propria vettura prima di iniziare a smontare i sedili. Nel caso in cui non ne abbiate uno, dovete sapere che online si trova la versione web per tutti. Le Case automobilistiche infatti la lasciano disponibile per tutti con download gratuito.

Smontaggio dei sedili dell’auto: come procedere

Nella maggior parte dei casi è fondamentale avere una leva di montaggio apposita per procedere con quest’operazione. Si tratta di un utensile che deve essere infilato tra il telaio del sedile e il rivestimento stesso e che serve per aprire i naselli di arresto e quindi dare la possibilità di rimuovere la fodera e l’imbottitura. Infatti, senza divaricare i naselli, non si riesce a sfoderare alcun sedile: non si riuscirebbero a staccare né il rivestimento del telaio né l’imbottitura.

Per le auto che hanno i sedili anteriori rivestiti di fodere divise in due parti, è necessario procedere prima rimuovendo la fodera della parte inferiore, ovvero quella che troviamo sulla zona in cui ci sediamo (dove poggiamo il sedere). In seguito è possibile andare a sfoderare anche la parte alta del sedile, quella dove – quando siamo seduti – appoggiamo la schiena. Attenzione: prima di iniziare con questa tipologia di interventi, qualsiasi sia l’auto in vostro possesso, alzate il sedile al massimo. Solo in questo modo riuscirete a facilitare il vostro lavoro, avendo più spazio per tutte le fasi di smontaggio e montaggio.

Nella porzione parallela alla portiera, quella che si trova all’estremità del sedile, in genere trovate due viti. È necessario svitarle e rimuovere la plastica, eliminano i ganci neri. Procedere poi con la parte opposta del sedile, cercando le viti nella parte parallela al freno a mano: anche queste vanno svitate, tolte e poi vanno rimossi anche gli attacchi in plastica, come prima.

Come sfoderare il sedile

È solo a questo punto, quando avete tolto le parti in plastica, che si può togliere la fodera della zona margine del sedile. Non provate invece a rimuoverla totalmente, perché di fronte ai pedali c’è un’altra plastica che bisogna prima eliminare – servendosi di un cacciavite – andando a rimuovere i ganci neri, come fatto in precedenza per le plastiche ai lati.

Come si sfodera? Innanzitutto va tolta la gomma piuma, poi si può sfoderare tutta la parte inferiore del sedile e poi quella dello schienale. Quest’ultima è più facile da sfoderare, prima bisogna togliere il poggia testa, poi anche la plastica nera che si trova al margine inferiore dello schienale e che vediamo solo una volta tolte gomma piuma e fodera. Va eliminata la parte in plastica nera dietro lo schienale e alzare man mano la fodera, partendo dal retro. Si tratta di un’operazione utile se si vuole cambiare l’aspetto interno della propria auto, usando delle fodere differenti oppure lavando e rimettendo quelle originali.

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Come e quando va fatta la revisione del cambio automatico

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Il meccanico si occupa della revisione del cambio automatico dell’auto, che serve per conservare oppure per ripristinare l’ottima funzionalità del sistema, un elemento assolutamente necessario per il funzionamento del proprio veicolo. Vediamo tutto quello che bisogna sapere a riguardo.

Come funziona il cambio automatico dell’auto

Innanzitutto si tratta di un sistema – come dice il nome stesso – di trasmissione automatica dell’auto, che in genere è composto da un attuatore, una serie di rotismi epicicloidali e un convertitore di coppia. È proprio quest’ultimo elemento che, in parole semplici, sostituisce la frizione comune sul cambio manuale, e tramette la potenza tra il motore e il cambio in modo variabile, modificando regime di rotazione e coppia.

A che cosa serve la revisione del cambio automatico?

L’obiettivo è andare a controllare la funzionalità corretta di questi elementi. Si tratta di un intervento che viene effettuato durante i controlli di manutenzione ordinaria del veicolo oppure se il cambio presenta dei segnali di malfunzionamento, e l’automobilista decide di intervenire per poter ripristinare l’efficacia originale del sistema di trasmissione automatica.

Quali sono i vantaggi del cambio automatico

Il primo obiettivo per cui è stato creato il cambio automatico è rendere la guida più confortevole. Il conducente al volante non deve far altro che proseguire con le mani sul volante e il piede su acceleratore e freno, senza dover selezionare, inserire e cambiare le marce e senza dover spingere col piede sulla frizione ad ogni cambiata.

Il più grande beneficio si avverte nel traffico urbano, nelle strade congestionate: quando si è in coda, è molto comodo non doversi preoccupare delle marce. Le continue fermate e ripartenze infatti stressano molto i guidatori al volante dei veicoli provvisti del classico cambio manuale.

Attenzione: nonostante questo agio, ci sono automobilisti che non sarebbero mai disposti a rinunciare al piacere di guida con cambio manuale.

Quali sono i punti di forza del cambio automatico:

  • migliora la fluidità nella trasmissione della potenza, diminuendo i tempi “morti” tra un rapporto e l’altro, tipici del cambio manuale;
  • i tipici “strappi” determinati dall’uso dei comandi e della leva del cambio spariscono quasi totalmente con la trasmissione automatica;
  • rende l’automobilista più rilassato alla guida;
  • può contribuire a diminuire il consumo di carburante, l’elettronica di controllo infatti può scegliere man mano di usare il motore ai regimi più adatti, inserendo sempre la marcia più alta.

Revisione fai da te: come fare

C’è chi pensa di poter fare la revisione del cambio automatico autonomamente, senza l’aiuto di un professionista. In genere, a meno che non si è esperti, il consiglio è quello di evitare e affidarsi a un’officina specializzata, visto che le trasmissioni automatiche fanno parte di un mondo abbastanza complesso e le tipologie di cambi in questione sono molte.

La revisione del cambio automatico dovrebbe quindi essere sempre e solo effettuata in un’officina autorizzata, da parte di un meccanico professionista, e insieme agli altri interventi che fanno parte del check-up periodico completo del veicolo, che consente all’automobilista di verificare il corretto funzionamento di ogni parte del veicolo.

Quanto costa la revisione del cambio automatico dell’auto

È chiaro che non possiamo dare una risposta precisa per quanto riguarda il prezzo di questa tipologia di intervento, ci sono troppi fattori che concorrono alla determinazione del costo finale della revisione del cambio automatico. Tanto dipende comunque dalla tipologia di trasmissione e dal bisogno o meno di intervenire. In genere comunque i prezzi si possono aggirare tra i 200 e i 400 euro (escluso l’acquisto di eventuali pezzi di ricambio).

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Partenza in salita: tutti i consigli per evitare errori

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Partire in salita, per chi è alle prime armi, è davvero un incubo. Una delle cose più difficili da imparare quando si guida l’auto per la prima volta. È complesso durante le lezioni di guida con l’istruttore, ma anche nelle esercitazioni autonome con il foglio rosa. Si tratta di un ostacolo tra i più complicati, a cui bisogna far fronte. Vediamo alcuni consigli utili per non farsi trovare impreparati all’esame di guida e anche dopo. Ci sono infatti molte persone che faticano a partire in salita anche dopo aver conseguito la patente, si tratta di una delle manovre più difficili per tanti automobilisti.

Partenza in salita con cambio manuale

Tanti usano il freno a mano per aiutarsi e assicurarsi che l’auro resti immobile. È una tecnica che viene utilizzata in molti casi. Ma è possibile partire in salita anche senza tirare il freno a mano, usando i piedi nel modo corretto e nei tempi giusti: pedale del freno, della frizione e dell’acceleratore devono essere pigiati nel momento giusto e con la pressione corretta. All’inizio sembra difficile, ma poi diventa un vero gioco da ragazzi.

I consigli per partire in salita senza far spegnere il motore e senza alzare troppo i giri:

  • “ascoltare” la propria auto, eliminando incertezze e agitazione;
  • da fermi, immettere la prima marcia con la frizione premuta, mentre con il piede destro tenere premuto il freno;
  • sollevare quindi il piede sinistro, per far staccare la frizione;
  • in questo momento si può sentire il momento esatto in cui la marcia è pronta a entrare in azione;
  • in quell’istante passare il piede destro dal freno all’acceleratore, per dare gas e far partire l’auto senza strappi;
  • l’auto si muove in avanti e il gioco è fatto.

L’errore più comune

Molti sbagliano e fanno “pattinare” la frizione, facendo passare troppo tempo tra il punto di stacco e la partenza. Il movimento dei piedi deve essere perfettamente sincronizzato e immediato. Nel momento dello stacco bisogna mollare il freno e accelerare, rilasciando progressivamente il pedale della frizione. L’auto non dovrebbe muoversi all’indietro nemmeno di un centimetro.

Come aiutarsi con il freno a mano

Come accennato prima, è possibile anche aiutarsi con il freno a mano, sempre con auto con cambio manuale. Il freno a mano serve principalmente:

  • quando non si ha ancora confidenza con la partenza fatta con il solo pedale del freno;
  • se la pendenza della strada è importante;
  • se l’auto è molto carica.

Il meccanismo di base è praticamente lo stesso di quello descritto in precedenza, ma invece di tenere premuto il pedale del freno si tiene il freno a mano tirato. In questo modo non si deve spostare il piede destro dal freno all’acceleratore, ma si può tenere sempre posizionato sopra quest’ultimo, per una partenza più immediata e meno “sincronizzata”. In questo modo la partenza in salita risulta più agevole, con il piede destro libero. Ma è meglio imparare a partire senza aiuti.

Cambio automatico e partenza in salita

In questo caso è tutto più facile, perché le auto con cambio automatico non hanno il pedale della frizione. Basta quindi premere il pedale del freno per tenere ferma l’auto, innestare la marcia e lasciare il freno. L’auto resta ferma fino a quando non si inizia ad accelerare gradualmente. C’è anche un meccanismo di assistenza alla guida (nei modelli recenti), che aiuta certamente in salita. Si tratta dell’Hill Start Assist, o Hill Holder, che blocca automaticamente l’auto per alcuni secondi in caso di strada in salita. La macchina non scivola all’indietro e la ripartenza è un gioco da ragazzi.

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Esistono differenti tipologie di impianti GPL

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Partiamo innanzitutto con la definizione di GPL, che è il Gas Petrolio Liquefatto, un prodotto che può essere usato come carburante dei veicoli al posto della benzina e del diesel, che deriva dalla raffinazione del petrolio. Le vetture che funzionano con il GPL sono generalmente modelli a benzina adattati anche per funzionare con questo gas particolare, che hanno quindi un secondo serbatoio apposito. Il conducente può, in qualsiasi momento, decidere quale tipologia di carburante selezionare e utilizzare per le sue fasi di viaggio, tra benzina e GPL, appunto.

I vantaggi del GPL

Il vantaggio principale del Gas Petrolio Liquefatto è legato al prezzo. Costa infatti molto meno rispetto al diesel e alla benzina, con conseguente risparmio da parte dell’automobilista. Nei decenni passati purtroppo, a fronte di questa convenienza economica, si dovevano “pagare” però alcuni svantaggi, tra cui:

  • pochi distributori sul territorio nazionale;
  • calo nelle prestazioni molto avvertibile;
  • limitazioni dell’utilizzo (parcheggi pubblici coperti);
  • scarsità di vetture con impianto GPL già montato di fabbrica.

Oggi molti di questi disagi sono stati superati e le auto GPL si sono diffuse sempre più.

Le difficoltà economiche odierne degli italiani e i prezzi del carburante alle stelle hanno contribuito all’aumento del numero di modelli GPL immatricolati. Tanti gli automobilisti che hanno deciso di passare a questa soluzione, alcuni dei quali hanno deciso di installare un impianto GPL after market, alla propria vettura benzina già posseduta.

Le differenti tipologie di impianto GPL per auto: quale scegliere

Oggi moltissime Case automobilistiche, anzi, tutti i principali brand del settore, hanno a listino delle vetture GPL. Spesso questi modelli particolari sono offerti al cliente anche allo stesso prezzo dei veicoli a benzina. Chi vuole comprare una vettura nuova e risparmiare sui costi del carburante – quindi – ha un’ampia scelta.

Come abbiamo detto, però, è anche possibile convertire la propria auto a benzina in benzina-GPL, facendo installare un impianto GPL da professionisti del settore. Vi sono differenti tipologie di componenti e sistemi, che si adattano alle caratteristiche specifiche del motore dell’auto.

Per essere sicuri quindi di far montare il nuovo sistema in maniera ottimale, con la certezza che vengano utilizzati i componenti adeguati, è necessario rivolgersi a officine specializzate, che prima di tutto consigliano al cliente quale impianto GPL è meglio installare sulla propria vettura, e poi come inserirlo per farlo funzionare in maniera sicura e affidabile, senza superare il 2-3% di perdita prestazionale che avviene in genere in questi casi.

Perché affidarsi a un’officina specializzata

Sarebbe bene scegliere professionisti esperti del settore, che siano noti per aver eseguito già lavori su vetture della stessa tipologia di quella su cui si vuole intervenire. Questo diminuisce senza dubbio la possibilità di riscontrare dei problemi di irregolarità di funzionamento del motore, come per esempio la perdita di liquidi, la rumorosità o ancora la mancata tenuta del minimo. Per evitare queste problematiche è fondamentale che il sistema sia montato e tarato a regola d’arte.

Quanto costa la conversione dell’auto?

Il costo dell’installazione di un impianto GPL su un veicolo a benzina può andare da un minimo di 1.400 a un massimo di 2.200 euro circa, il prezzo cambia sicuramente in base al marchio scelto per l’impianto, ma anche a seconda della complessità del lavoro. Si tratta di un intervento che generalmente necessita di circa 15/16 ore di lavoro, a cui bisogna aggiungere poi taratura dell’impianto e tutte le pratiche utili per aggiornare i documenti dell’auto.

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Fiat E-Ulysse: space shuttle

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Prima di iniziare a parlare della Fiat e-Ulysse bisogna chiarire un punto importante: la multispazio elettrica torinese – gemella di Citroën ë-SpaceTourerOpel Zafira-e LifePeugeot e-TravellerToyota Proace Verso Electric – non è rivolta alle famiglie (parola che non viene mai citata, d’altronde, nel comunicato stampa ufficiale) bensì ai servizi di trasporto per hoteltaxiVIP transfer.

Uno shuttle a emissioni zero – anzi, uno “space” shuttle considerando le dimensioni esterne ingombranti (5,31 metri di lunghezza, unica taglia disponibile) e l’abitacolo immenso – in grado di entrare in qualsiasi ZTL e anche nei parcheggi sotterranei vista l’altezza inferiore a 1,90 metri. Un salotto su ruote silenzioso e comodo che punta a spostare cose  – ma soprattutto persone – nel modo più sostenibile possibile.

Nel nostro primo contatto abbiamo avuto modo di guidare la Fiat e-Ulysse più elegante (e costosa) del listino: la Lounge. Scopriamo insieme i suoi pregidifetti.

Fiat E-Ulysse: autonomia, batteria e ricarica

La batteria da 75 kWh della Fiat e-Ulysse garantisce un’autonomia di 330 km: sulla base dell’andamento della carica nel corso del nostro test (effettuato adottando uno stile di guida normale e usando spesso la modalità Eco) possiamo ipotizzare percorrenze reali di circa 250 km con un “pieno” di energia.

Per quanto riguarda la ricarica in corrente alternata ci vogliono 47 ore a 1,8 kW, 11 ore a 7,4 kW e 7 ore e mezza a 11 kW (On Board Charger optional a 600 euro) mentre per quella in corrente continua a 100 kW sono sufficienti 45 minuti per portare gli accumulatori da 0 all’80%.

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Fiat E-Ulysse: il motore

La Fiat E-Ulysse ospita sotto il cofano un motore elettrico:

  • un motore elettrico da 136 CV

Questo propulsore – già visto su molte auto del gruppo Stellantis (Citroën ë-C4, DS 3 Crossback E-Tense, Opel Corsa-e e Mokka-e e Peugeot e-208 e e-2008) – riesce a muovere senza problemi anche un veicolo ingombrante come la multispazio piemontese. In modalità Eco o Normal sembra un po’ strozzato ma basta spostare il manettino su Sport per ricevere in cambio una spinta interessante.

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Fiat E-Ulysse: prestazioni e piacere di guida

La Fiat E-Ulysse è una vettura che nasce per essere caricata: di persone, di valigie e di elettroni. Il divertimento non è il suo mestiere: mentre le “gemelle” franco/giapponesi sono offerte anche in versioni più corte la torinese è disponibile esclusivamente nella mastodontica variante Long.

Oltre 5,30 metri di lunghezza, 7 posti configurabili in 16 posizioni diverse (otto sedili e 12 configurazioni per l’allestimento “base” più economico), un assetto quasi automobilistico – la base è quella del furgone Scudo – che garantisce al guidatore e ai passeggeri un buon livello di comfort ma anche un peso considerevole (più di 2,3 tonnellate a vuoto) unito a uno sterzo poco sensibile e a un comportamento stradale più rassicurante che divertente: è questa, in sintesi, la multispazio elettrica piemontese.

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Fiat E-Ulysse: spazio e finiture

Si presenta bene la Fiat E-Ulysse nell’allestimento Lounge protagonista del nostro primo contatto: fuori (finestrini posteriori extraoscurati per la privacy dei VIP) e dentro. La plancia è realizzata in plastica rigida (però assemblata con cura) ed è impossibile non notare i sedili anteriori elettrici, riscaldati e massaggianti e il climatizzatore automatico trizona. Senza dimenticare alcune parti in pelle e in alluminio spazzolato che regalano un tocco di eleganza e il tetto panoramico in vetro (due pannelli da 40 cm x 1 metro) che illumina l’abitacolo.

Gli interni sono accoglienti – sette posti (2+2+3) spaziosi e un dispositivo per la sanificazione di bordo che elimina la maggior parte dei batteri che penetrano nell’abitacolo – e il bagagliaio soddisfa quasi tutte le esigenze: fino a 3.600 litri e la possibilità di caricare oggetti lunghi fino a tre metri e mezzo.

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Fiat E-Ulysse: il design

Le forme della E-Ulysse sono identiche a quelle delle sorelle Citroën, Opel, Peugeot e Toyota. L’elemento stilistico distintivo – la mascherina frontale – è impreziosito da un lettering Fiat simile a quello della Tipo ma più vistoso per via delle dimensioni maggiori. Nella coda e sul volante troviamo invece il tradizionale logo con sfondo rosso.

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Fiat E-Ulysse: prezzo e dotazione

La Fiat E-Ulysse Lounge protagonista del nostro primo contatto ha un prezzo alto (66.500 euro) ma in linea con quello delle rivali e una dotazione di serie che comprende:

Tech

  • Radio a colori touch screen da 7″ Apple Car Play Android (4HP + 4 speakers) + 1 USB + 2 prese 12v e sistema di navigazione
  • Head-up display su cruscotto guidatore
  • Fast charge 100 kW
  • Cavo di ricarica mode 3 e mode 2

ADAS

  • Sensori di parcheggio con retrocamera

Comfort

  • Configurazione 2+2+3 con tavolo
  • Porte laterali con apertura automatica (piede)
  • Portellone con lunotto apribile
  • Sedili scorrevoli con pavimento in moquette e tappetini
  • Clima automatico 3 zone con autonomia su unità postewriore
  • Visibility pack (sensori crepuscolari, tergicristalli automatici, proiettori autoregolanti)
  • Specchietto per area passeggeri
  • Tavolino ripiegabile su prima fila
  • Tendine parasole laterali su seconda fila
  • Cappelliera e rete ferma bagagli

Style

  • Rifiniture in pelle e decorazioni in alluminio spazzolato
  • Sedili anteriori elettrici, riscaldati e massaggianti in pelle
  • Climatizzatore automatico a tripla zona con unità posteriore indipendente
  • Finestrini posteriori extra oscurati
  • Fari allo xeno
  • Tetto panoramico in vetro con illuminazione d’ambiente e tendina
  • Cerchi in lega da 17″

Tra gli optional che ci sentiamo di consigliare segnaliamo la telecamera e i sensori anteriori (250 euro), fondamentali su un mezzo così ingombrante, e l’On Board Charger da 11 kW (600 euro).

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Fiat E-Ulysse: le novità in cinque punti

  • La prima Fiat elettrica dotata di porte posteriori
  • Nuovo sistema di sanificazione dell’aria
  • Solo elettrica
  • Solo in versione Long
  • Fino a 330 km di autonomia

Scheda tecnica
Lunghezza 5,31 metri
Larghezza 1,92 metri
Altezza 1,89 metri
Velocità max 130 km/h
Capacità batteria 75 kWh
Caratteristiche motore motore elettrico, potenza massima di 136 CV
Autonomia 330 km
Prezzo 66.500 euro

Dove l’abbiamo guidata

Abbiamo guidato la Fiat E-Ulysse tra TorinoStupinigi: un percorso breve (che non ci ha permesso di analizzare nel dettaglio l’autonomia della multispazio piemontese) ma abbastanza vario nel quale siamo riusciti ad affrontare percorsi urbani, strade statali e la tangenziale. Durante il primo contatto abbiamo potuto apprezzare la silenziosità della vettura e il buon livello di comfort: come già scritto in precedenza la base tecnica condivisa con CitroënOpel, Peugeot e Toyota è una delle più “automobilistiche” nel segmento dei veicoli commerciali.

NON TUTTI SANNO CHE – La Palazzina di caccia di Stupinigi – residenza sabauda patrimonio dell’umanità Unesco – nel 1996 ha ospitato un’edizione completa del programma TV Giochi senza frontiere.

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Dove vorremmo guidarla

Avremmo voluto guidare la Fiat E-Ulysse su qualche strada in salita ricca di curve: la multispazio torinese a emissioni zero non nasce per fare le corse ma potrebbe essere acquistata come navetta da molti hotel in montagna.

Le concorrenti

Citroën ë-SpaceTourer 75 kWh XL Shine La Fiat E-Ulysse ha quattro sorelle gemelle identiche nel design e sotto la pelle meno raffinate ma con una gamma più ricca. Come la variante più costosa della multispazio elettrica del Double Chevron a 8 posti.
Opel Zafira-e Life 75 kWh Elegance L Per chi la vuole tedesca: otto posti a sedere e paraurti neri non molto eleganti.
Peugeot e-Traveller 75 kWh Long Allure Otto posti e una mascherina frontale più chic di quella Fiat.
Toyota Proace Verso Electric 75 kWh L2 Luxury Per chi la vuole giapponese: 8 posti e una garanzia più lunga.

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BMW Italia Ceccato Racing al CIGT 2022

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Saranno Timo Glock e Jens Klingmann i due piloti del team BMW Italia Ceccato Racing nel CIGT 2022: i due driver tedeschi affronteranno il Campionato Italiano GT al volante di una BMW M4 GT3.

Timo Glock: la biografia

Timo Glock – nato il 18 marzo 1982 a Lindenfels (Germania Ovest) – ha iniziato a farsi conoscere nell’ambiente del motorsport aggiudicandosi il titolo ADAC Formula Junior Cup nel 2000 e il campionato tedesco Formula BMW nel 2001.

Nel 2004 ha debuttato in F1 con la Jordan (quattro GP disputati) ma non è riuscito a rimanere nel Circus: l’anno seguente si è trasferito negli USA (miglior debuttante 2005 nella serie Champ Car) e nel 2006 ha esordito in GP2 portando a casa il titolo l’anno successivo.

Timo Glock è rientrato in F1 con la Toyota nel 2008 e in due stagioni con il team giapponese ha conquistato tre podi e un giro veloce. Nel biennio 2010/2011 ha corso con la Virgin, team che ha cambiato nome in Marussia nel 2012 (ultima stagione nella massima serie automobilistica per il pilota teutonico).

Dopo nove stagioni nel campionato turismo tedesco DTM Glock prenderà parte al campionato italiano Gran Turismo con la BMW M4 GT3.

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Jens Klingmann: la biografia

Jens Klingmann – nato il 16 luglio 1990 a Heidelberg (Germania) – si è laureato nel 2007 campione tedesco Formula BMW e nello stesso anno è arrivato terzo nelle finali mondiali.

Il pilota teutonico è passato alle ruote coperte nel 2009 e ha ottenuto come risultato più importante un terzo posto nel campionato ADAC GT Masters nel 2015 e una seconda piazza alla 24 ore di Spa del 2018. Nel 2022 disputerà il CIGT con la BMW M4 GT3.

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CIGT 2022 – Il calendario

  • 24 aprile 2022 – Monza (Sprint)
  • 15 maggio 2022 – Pergusa (Endurance)
  • 5 giugno 2022 – Misano Adriatico (Sprint)
  • 17 luglio 2022 – Mugello (Endurance)
  • 4 settembre 2022 – Imola (Sprint)
  • 18 settembre 2022 – Vallelunga (Endurance)
  • 9 ottobre 2022 – Monza (Endurance)
  • 23 ottobre 2022 – Mugello (Sprint)

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Come si ipoteca un’automobile? Cosa dobbiamo sapere

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Forse non tutti ne sono a conoscenza, ma i creditori possono tutelarsi – oltre che servendosi dell’ipoteca sugli immobili – anche iscrivendo la stessa su un veicolo, e non soltanto su terreni e case come siamo abituati a sentire. Non è una possibilità che conoscono tutti, ma esiste. E a tale proposito l’ACI anni fa ha pubblicato un manuale in cui sono indicati i termini e le modalità di esercizio dell’ipoteca a tutela dei creditori.

Ipoteca sull’auto: a che cosa serve

È utile per dare una garanzia al creditore che abbia concesso un finanziamento al proprietario del mezzo. L’ipoteca crea un vincolo sulla cosa, ma questo non significa che il proprietario della vettura ipotecata non possa utilizzarla, anzi. Ne può disporre, può decidere anche di donarla e/o venderla (ovviamente l’ipoteca segue, in tal caso, il veicolo) e anche guidarla.

Come si iscrive l’ipoteca su un veicolo?

L’ipoteca sui veicoli si costituisce con annotazione al PRA. Su una stessa macchina possono anche essere iscritte più di una sola ipoteca, eventualmente si parla di ipoteca di primo grado, di secondo grado e così via. I creditori vengono man mano soddisfatti a seconda del grado dell’ipoteca.

La durata

Il periodo massimo dell’ipoteca di un veicolo è di 5 anni, ma le parti possono anche decidere per una durata minore a quella standard (mai di più). Alla scadenza resta comunque possibile per tutti rinnovare l’ipoteca per altri 5 anni.

È da ricordare che la scadenza dell’ipoteca non coincide con quella del credito, si tratta di due scadenza distinte. L’iscrizione ipotecaria dell’auto conserva il suo effetto per 5 anni dalla sua data, la sua efficacia termina se non è rinnovata prima della scadenza del termine; in ogni caso, però, il credito può anche avere anche una durata differente dai 5 anni; e quindi l’iscrizione dell’ipoteca al PRA riporta comunque una durata del finanziamento di 6 anni ma l’efficacia dell’ipoteca stessa non può durare più dei 5 canonici anni (ovviamente con possibilità di rinnovo). Questo accade anche se il credito non è estinto alla scadenza del quinquennio. Una volta passati i 5 anni quindi il credito per il finanziamento non è più assistito da ipoteca.

Le tipologie di ipoteca speciale automobilistica

Ci sono tre tipi differenti di ipoteca auto:

  • legale, a favore del venditore di un’auto, a garanzia del prezzo o della quota di prezzo pattuita, ma non ancora corrisposta nel momento in cui viene stipulato il contratto di compravendita. Questo tipo di ipoteca si costituisce anche senza il consenso del debitore, è infatti prevista dalla legge. Nel momento in cui si costituisce, bisogna allegare alla formalità il certificato di proprietà del veicolo;
  • ipoteca convenzionale o volontaria, è prevista a garanzia di un credito, che non deriva per forza dall’acquisto del mezzo stesso. Qui però serve un accordo preciso tra debitore e creditore; per questo tipo di ipoteca basta la dichiarazione unilaterale del debitore, proprietario del bene, con scrittura privata autenticata o atto notarile. È necessario presentare allo sportello il certificato di proprietà o il vecchio foglio complementare;
  • le sentenze che condannano una persona al pagamento di una somma di denaro oppure anche all’adempimento di un’altra tipologia di obbligazione o ancora al risarcimento dei danni costituiscono un titolo per iscrivere ipoteca sui beni del debitore.

Anche l’accordo raggiunto in sede di negoziazione assistita da un avvocato è titolo esecutivo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

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