Monthly Archives: Agosto 2021
Come si leggono le certificazioni dell’abbigliamento da moto?
Oggi per legge tutti i capi di abbigliamento tecnico per i motociclisti devono essere considerati Dispositivi di Protezione Individuali, questo significa che qualsiasi capo specifico che viene indossato dai motociclisti, una volta prodotto, deve essere testato per ottenere la certificazione secondo la norma EN17092.
Abbigliamento moto: i capi certificati
A partire dal mese di aprile 2019, secondo la normativa appena indicata, tutti i produttori di capi di abbigliamento tecnico per moto hanno l’obbligo di distribuire ai rivenditori solo ed esclusivamente prodotti certificati. Tutto quello che era ancora in magazzino (e non certificato) poteva essere venduto e smaltito per i due anni successivi.
Questo è il motivo per cui tutti i designer, i tecnici e i progettisti che si occupano della progettazione e della realizzazione dei capi in oggetto hanno lavorato sodo in modo da poter adeguare i vari materiali scelti per la produzione dell’abbigliamento per motociclisti e per poter rispettare i requisiti richiesti e imposti dagli Enti Certificatori. Non è stato sicuramente un percorso semplice, ma sicuramente doveroso. Tante le difficoltà, le nozioni tecniche da imparare e le competenze acquisite dagli esperti del settore, per poter continuare a produrre Dispositivi di Protezione Individuali che rispettino la normativa in vigore. Fondamentale anche continuare a mantenere (se non alzare di livello) gli standard di qualità e sicurezza dei prodotti.
L’etichetta di certificazione per l’abbigliamento da moto
I capi di abbigliamento tecnico per motociclisti oggi (come anche i caschi omologati), se certificati, possiedono un’etichetta ufficiale che dichiara che l’Ente Certificatore riconosciuto in Europa ha svolto i test previsti per la valutazione delle caratteristiche di vestibilità e chimico/tecniche dei capi.
Oltretutto vengono testate anche le capacità di resistenza dei materiali e dei prodotti specifici all’abrasione e all’impatto, in modo da poter determinare il grado di protezione per chi indossa questi vestiti.
Le classi di certificazione dei capi d’abbigliamento per motociclisti
Sono previste 5 differenti classi di certificazione a livello europeo, che variano in base a quella che è la destinazione d’uso del capo; sono le seguenti:
- AAA: per capi che possono essere utilizzati a livello professionale, che hanno protezioni certificate inserite obbligatoriamente, sia per la resistenza all’impatto che per l’abrasione;
- AA: indicano una protezione eccellente, non per uso professionale, ma ottimale sia in caso di impatto che di abrasione, le protezioni certificate sono inserite obbligatoriamente;
- A: alta protezione, con protezioni certificate;
- B: questa categoria di capi proteggono solo in caso di abrasione, senza protezioni certificate;
- C: capi protettivi solo da impatto, possono contenere protezioni certificate.
Grazie a questa classificazione, l’utente può scegliere i capi d’abbigliamento che fanno al caso suo, considerando l’utilizzo che fa della sua moto e anche la tipologia di due ruote su cui viaggia, per quanto tempo e dove. Insomma, ogni capo viene studiato per esigenze specifiche.
Come vengono stabilite le certificazioni
Vi sono differenti parametri utili per la valutazione delle certificazioni, che rendono poi l’abbigliamento stesso più o meno adatto a determinate tipologie di utilizzo.
Le norme del nuovo standard CEE EN 17092 vengono stabilite da un Regolamento Europeo, e quindi vengono applicate in tutti gli Stati membri della Comunità Europea. La certificazione deve essere effettuata da un laboratorio europeo e può essere apposta anche su dei capi di abbigliamento che non vengono prodotti direttamente in Europa ma in altri Paesi che si trovano al di fuori dell’UE.
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Quali sono le pratiche auto da avviare dopo un cambio residenza?
Quando si cambia casa e anche residenza, come è ovvio, tutti i documenti devono essere aggiornati con il nuovo indirizzo. È importante aggiornare anche quelli relativi alla propria auto o qualsiasi altro veicolo di proprietà e quindi, in particolare, il certificato di proprietà o foglio complementare e la carta di circolazione del mezzo. Per farlo è necessario rivolgersi agli uffici del proprio Comune di residenza, il servizio è gratuito.
Quali documenti bisogna presentare?
Per la variazione di residenza sui documenti auto è necessario presentare quanto segue:
- la carta d’identità o altro documento di riconoscimento:
- gli estremi della patente;
- gli estremi delle targhe del veicolo interessato;
- il modulo per fare la richiesta, che si trova presso gli uffici stessi del Comune. Questo deve essere poi conservato in parte insieme a tutti i documenti necessari per la circolazione, per eventuali controlli stradali da parte delle Forze dell’Ordine. Non serve più solo dal momento in cui viene consegnato il tagliando di aggiornamento della carta di circolazione (che arriva per posta).
Comunicazione del cambio di residenza
È il Comune stesso a dare comunicazione del cambio di residenza all’ufficio provinciale della Motorizzazione Civile (UMC). Questo provvede all’aggiornamento dell’Archivio Nazionale dei Veicoli e trasmette i dati della nuova residenza in via telematica al PRA, che di conseguenza aggiorna il suo archivio (Pubblico Registro Automobilistico).
Per legge veniva rilasciato un tagliando adesivo con riportata la nuova residenza, da applicare sulla carta di circolazione o sul Documento Unico di Circolazione e di Proprietà, ma oggi sono state introdotte delle modifiche all’articolo 94 del Codice della Strada, che hanno eliminato l’utilizzo di questo adesivo, sostituito dalla sola registrazione della variazione di residenza nell’Archivio Nazionale dei Veicoli (ANV).
Ogni cittadino ha la possibilità di cercare e scaricare dal Portale dell’Automobilista un’attestazione che riporta tutti i dati inerenti la nuova residenza registrati nell’ANV, che può esibire in caso sia necessario.
Cambio residenza in poche semplici mosse
Ricordiamo che quando si cambia residenza, è necessario darne comunicazione all’Ufficio Anagrafe entro 20 giorni dal trasferimento. Nei 2 giorni lavorativi successivi alla presentazione delle dichiarazioni, questo ufficio si occupa di effettuare le iscrizioni anagrafiche. L’ACI riassume i passaggi per l’aggiornamento dei documenti auto in questo modo:
- prima di tutto presso il Comune, come abbiamo già detto il servizio è gratuito;
- poi la ‘palla’ passa alla Motorizzazione, il Comune comunica infatti a questo ufficio l’avvenuto cambio di residenza. È la Motorizzazione Civile a inviare a casa dell’interessato (al nuovo indirizzo comunicato) il tagliando adesivo e ad inviare al PRA la comunicazione di cambio residenza;
- il PRA infine ha il compito di aggiornare il proprio archivio. Sul certificato di proprietà cartaceo (CdP) o sul foglio complementare apparirà quindi ancora il vecchio indirizzo, ma chiaramente i documenti continuano a restare comunque validi, senza dover espletare alcuna pratica presso il PRA.
I costi dell’aggiornamento di residenza sui documenti auto
In termini di costi si parla di 13,50 euro di emolumenti ACI. L’utente deve inoltre pagare un’imposta di bollo da 32 euro valida per la registrazione al PRA, che diventano 48 euro se si utilizza il modello NP3C come nota di presentazione.
Attenzione: è possibile anche rivolgersi ad uno studio di consulenza (le note agenzie di pratiche auto) oppure a una delegazione dell’Automobile Club, se non si vuole fare tutto autonomamente. Chiaramente in questo caso, oltre ai soliti costi previsti per legge, è necessario anche pagare la tariffa del servizio di intermediazione (che non è fissa, essendo nel mercato libero).
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Ivan Hirst: il salvatore della Volkswagen
Senza Ivan Hirst la Volkswagen oggi, semplicemente, non esisterebbe: scopriamo insieme la storia dell’ufficiale dell’esercito britannico che alla fine della Seconda Guerra Mondiale scommise sul successo del Maggiolino (e vinse).
Ivan Hirst: la biografia
Ivan Hirst nasce a Saddleworth (Regno Unito) l’1 marzo 1916 in una famiglia specializzata in orologi e componenti ottici: a 18 anni inizia a frequentare corsi di addestramento dell’esercito riservati a studenti universitari e dopo aver conseguito la laurea in ingegneria ottica apre un’officina specializzata nella riparazione di strumenti di questo settore.
Nel 1937 diventa tenente e due anni più tardi viene promosso a capitano.
La Seconda Guerra Mondiale
L’1 settembre 1939 – in seguito all’invasione tedesca della Polonia – Francia e Gran Bretagna dichiarano guerra alla Germania e il giorno seguente Ivan Hirst viene chiamato alle armi, spedito nel nord della Francia, promosso nel grado di maggiore e messo al comando di un battaglione. Coinvolto nella campagna di Francia, viene evacuato dal continente per via dell’avanzata nazista.
Degradato a capitano nel 1941 e spedito in un deposito di rifiuti, Ivan fa domanda per entrare nel Royal Army Ordinance Corps come specialista di mirini per fucili ma trova invece posto come ingegnere in un’officina specializzata nella riparazione di carri armati.
Nel 1942 Ivan Hirst entra nella neonata REME (Royal Electrical and Mechanical Engineers), reparto di manutenzione dell’equipaggiamento bellico, e l’anno seguente torna a ricoprire il grado di maggiore, sempre nel campo della riparazione dei carri armati.
Hirst torna per la seconda volta in Francia nel 1944 in occasione dello sbarco in Normandia e l’anno successivo gestisce una fabbrica in Belgio facendosi notare per l’efficienza sul lavoro: 25 mezzi riparati ogni settimana e lavoratori impiegati simultaneamente su 100 veicoli. Inizia qui il rapporto di Ivan con il mondo industriale.
Dopo la guerra
Al termine del conflitto la REME viene incaricata di supervisionare la produzione dei più importanti stabilimenti tedeschi nella zona britannica e prende possesso della fabbrica Volkswagen di Wolfsburg, occupata fino a poco tempo prima dagli statunitensi.
Ivan Hirst si candida per andare a lavorare lì grazie anche alla sua conoscenza dei mezzi militari tedeschi, arriva nell’agosto del 1945 e trova una situazione disastrata. Lo stabilimento è l’unico impianto automobilistico tedesco funzionante – nonostante i bombardamenti solo l’8% dei macchinari e il 30% degli edifici è stato distrutto – ma nessuno, salvo Ivan e i lavoratori tedeschi, ha interesse a utilizzare l’impianto per produrre mezzi a quattro ruote. I vertici britannici hanno infatti già in mente di utilizzare quel complesso come sede di tre officine – una per la riparazione dei veicoli britannici, una per i motori e una per i pezzi di ricambio – e di venderlo in seguito.
Hirst – molto apprezzato dalla popolazione di Wolfsburg per i suoi modi garbati lontani anni luce dall’atteggiamento da “occupanti” degli altri soldati inglesi – riesce a far cambiare idea ai superiori grazie anche all’arrivo alla REME del colonnello Michael McEvoy, responsabile di tutte le officine della zona britannica. McEvoy, appassionato di motori nonché grande conoscitore della Germania (prima della guerra ha vissuto a Stoccarda e ha lavorato nientepopodimeno che nel reparto corse Mercedes), si rende conto dell’importanza di avere auto nuove a disposizione dell’esercito e riesce a ottenere dal governo un ordine di 40.000 auto, 500 veicoli commerciali e 700 rimorchi. Tutto da consegnare entro il mese di luglio del 1946.
Il Maggolino
L’auto è, naturalmente, la Volkswagen Maggiolino: una compatta svelata al Salone di Berlino del 1939 con il nome KdF-Wagen (Kraft durch Freude, “Forza attraverso la gioia” in tedesco, è l’associazione ricreativa del partito nazista) caratterizzata da un design aerodinamico, da un motore posteriore boxer 1.0 a quattro cilindri da 23,5 CV raffreddato ad aria e dal lunotto posteriore separato in due parti. Avrebbe dovuto essere la vettura di massa degli automobilisti tedeschi negli anni ‘40 se non ci fosse stata di mezzo la Seconda Guerra Mondiale: invece la sua base fu usata durante il conflitto per realizzare mezzi militari destinati alla Wehrmacht (la Kübelwagen e la variante anfibia Schwimmwagen).
Ivan Hirst – che crede fin da subito nelle potenzialità della vettura – si trasforma da amministratore a manager: le prime “auto del popolo” (Volkswagen) lasciano la linea di produzione poco dopo Natale 1945 e alla fine dell’anno si arriva a 55 veicoli prodotti. Dal 1946 si procede al ritmo di 1.000 auto al mese, ma non di più a causa della scarsità di materie prime e di lavoratori.
Gli ultimi anni in Volkswagen
Nel 1947 Volkswagen inizia a esportare il Maggiolino e l’1 gennaio del 1948 Heinrich Nordhoff viene chiamato a ricoprire il ruolo di amministratore delegato dello stabilimento di Wolfsburg. Ivan Hirst lascia ufficialmente l’azienda nell’agosto del 1949.
Dopo la Volkswagen
Ivan resta in Germania e si trasferisce a Kiel per ricoprire il ruolo di direttore per lo Schleswig-Holstein delle industrie meccaniche e delle acciaierie. L’anno seguente si sposta a Solingen per svolgere la stessa mansione in un’altra zona ma poco dopo si sposta ad Amburgo.
Addio (a malincuore) alla Germania
Nel 1955 la Germania Ovest diventa pienamente sovrana e l’alta commissione alleata (creata sei anni prima da Francia, Regno Unito e USA per supervisionare il Paese) non è più necessaria.
Ivan Hirst vorrebbe rimanere, chiede di poter rientrare in Volkswagen ma trova l’opposizione di Nordhoff e si ritrova quindi costretto a tornare nel Regno Unito.
Gli ultimi anni
Dopo svariati mesi trascorsi alla ricerca di un lavoro nel suo Paese natale Hirst trova un posto a Parigi presso l’OECE (Organizzazione per la cooperazione economica europea) prima come consulente e in seguito come traduttore tecnico. Nel 1960 l’OECE diventa OCSE.
La figura di Hirst viene nuovamente apprezzata in Volkswagen dopo la scomparsa nel 1968 di Nordhoff – che durante la sua gestione di Wolfsburg aveva costantemente sminuito l’importanza di Ivan nello sviluppo dell’azienda – ma è ormai troppo tardi per tornare.
Ivan Hirst va in pensione nel 1976 e scompare a Marsden (Regno Unito) il 10 marzo 2000.
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Rc Auto, polizza eventi socio-politici: a che cosa serve?
Parliamo dell’Rc Auto, l’assicurazione obbligatoria per circolare con la propria vettura in Italia, e in particolare oggi il focus è dedicato ad una polizza specifica, quella denominata ‘eventi socio-politici’, che forse non tutti conoscono alla perfezione.
Si tratta di una speciale copertura che vale per danni provocati in maniera volontaria da terzi in seguito a scioperi, sommosse popolari, manifestazioni violente, atti terroristici, tumulti. In genere questa polizza viene venduta da parte della compagnia assicurativa insieme alla ‘atti vandalici’, si tratta infatti di due coperture speciali che assicurano l’utente in caso di azioni che sono legate al fenomeno del vandalismo (per eventi generici oppure legati a avvenimenti socio-politici).
Attenzione: per ottenere il risarcimento previsto dalla garanzia accessoria ‘eventi socio-politici’ deve essere possibile accertare le cause dei danni subiti, che oltretutto debbono assolutamente essere riconducibili a un evento sociale comprovato.
‘Eventi socio-politici’: come funziona la garanzia accessoria?
Alla Rc Auto di base è possibile, come ben sappiamo, abbinare anche altre coperture aggiuntive, come le più famose Kasko o furto e incendio. Chiaramente la sottoscrizione di ogni garanzia accessoria comporta il pagamento di un premio extra rispetto a quello del contratto ‘base’. L’entità del premio dipende da differenti fattori, tra cui:
- il valore commerciale dell’auto (o altro mezzo) assicurata;
- la città in cui risiede l’assicurato;
- la frequenza di eventi che possono causare problemi di pubblica sicurezza.
Come ottenere il rimborso del danno
L’utente deve informare l’assicurazione entro pochi giorni dal momento in cui si è verificato l’evento dannoso, per poter ottenere in risarcimento previsto. In genere il termine è stabilito direttamente dal contratto e deciso nel momento della stipula della polizza stessa. L’assicurato deve inviare la sua comunicazione con raccomandata con ricevuta di ritorno oppure via mail. Nella lettera devono essere indicati anche:
- i dati anagrafici;
- gli estremi della polizza;
- una copia allegata della denuncia rilasciata dalle autorità competenti.
L’utente assicurato può ricevere il risarcimento sia per distruzione totale dell’auto che per danni parziali. Alcune compagnie assicurative consigliano un’officina convenzionata al proprio cliente, dove far sistemare la vettura colpita dai vandali e presso la quale l’esperto stima i danni e il costo della riparazione.
Altre compagnie invece hanno un proprio perito assicurativo che si occupa della stima dei danni. Ricevono la perizia e stanziano l’importo della riparazione al cliente, che può rivolgersi al suo meccanico di fiducia.
Il massimale della garanzia ‘eventi socio-politici’
Spieghiamo innanzitutto di che cosa si tratta: il massimale è il limite entro il quale la garanzia copre il danno del mezzo, al di spora del quale l’assicurazione non rimborsa.
Attenzione: in caso di distruzione totale dell’auto, il valore massimo che l’assicurazione risarcisce corrisponde al valore commerciale del veicolo stesso.
Franchigie e scoperti
Anche nel caso di questa garanzia accessoria è prevista una franchigia, ovvero un valore minimo entro il quale la garanzia non interviene. Lo scoperto invece è una percentuale del danno che resta a carico del cliente.
Polizza ‘eventi socio-politici’: casi di esclusione
La polizza non copre in caso di:
- atti vandalici generici;
- rottura cristalli;
- danni per responsabilità dell’assicurato.
L’assicurazione in questi casi non rimborsa il suo cliente, a meno che non via sia una copertura apposita decisa in sede di contratto. Parliamo ad esempio della rottura di vetri e cristalli, che viene risarcita se nell’Rc Auto è stata inserita anche la polizza cristalli, e così via.
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Honda e: una rivoluzione per il mondo delle vetture a uso urbano
Icon Wheels per Honda
Honda e, la nostra prova su strada della city car 100% elettrica
Design innovativo che strizza l’occhio al passato, ma allo stesso tempo futuristico e molto all’avanguardia. Connettività avanzata di livello superiore. E soprattutto green. Ecco il biglietto da visita della nuova Honda e: city car 100% elettrica della Casa giapponese, pronta a rivoluzionare il mondo delle vetture per l’uso urbano.
Honda e è solo elettrica: si tratta della prima vettura di Honda a essere stata costruita sulla piattaforma EV, dedicata alla progettazione e costruzione di auto totalmente a zero emissioni. Ha un motore da 154 CV e, la versione top di gamma del nostro esemplare in prova, scatta da 0 a 100 Km/h in 8,3 secondi, raggiungendo la velocità massima di 145 Km/h.
Ad alimentare il motore ci pensa un pacco batterie agli ioni di litio da 35,5 kWh, per un’autonomia complessiva di 222 Km, secondo il ciclo di omologazione WLTP. Si ricarica in modo estremamente semplice e intuitivo: la porta di ricarica si trova al centro del cofano e lo sportello (in vetro) si può attivare o tramite telecomando oppure tramite la app My Honda+. Per ricaricarla si può utilizzare una normale presa di corrente domestica, oppure tramite le colonnine super fast, dove addirittura l’80% della ricarica della batteria avviene in soli 31 minuti!
Honda e è nata per stupire: rompe i canoni con qualsiasi altra city car elettrica sul mercato e non vuole certo passare inosservata. Ha un design innovativo, originale che strizza l’occhio al passato reinterpretandolo in chiave moderna. Una city car degna di un cartone animato manga, dallo stile sbarazzino che però ha una serie di novità da far girare la testa.
A cominciare dall’assenza degli specchietti retrovisori: al loro posto gli ingegneri della Casa giapponese hanno disposto due telecamere che riproducono all’interno le immagini provenienti dalla strada. Ci si abitua subito, quasi da non riuscire più farne a meno. E poi le maniglie anteriori a scomparsa che appaiono solo quando il conducente si avvicina, o attraverso la app, e i vetri senza bordo… Altri elementi distintivi della piccola Honda e.
Una vera e propria “rivoluzionaria” racchiusa in poco meno di quattro metri che stupisce non solo all’esterno, ma anche una volta saliti a bordo. Qui la filosofia “human centred” di Honda si fa ancora più evidente. La qualità percepita nell’abitacolo, che, peraltro, è semplice ma elegantemente moderno, è decisamente alta, resa ancor più appagante, alla vista, dai tessuti mélange, con inserti in effetto legno che rendono l’atmosfera simile a quella di un accogliente salotto, o di un moderno living.
Si preme il tasto “start” e si è proiettati in un’altra dimensione. Innanzitutto ci si sente isolati dal caos circostante e poi la nostra attenzione viene subito catturata dalla plancia a tutta ampiezza e totalmente digitale che conta 5 schermi hd. Esattamente di fronte al volante, c’è il display digitale del contachilometri, dove possiamo leggere in modo chiaro tutte le informazioni sullo stato dell’auto, come ad esempio la potenza, lo stato di ricarica, la modalità di guida. Il conducente può addirittura personalizzare la quantità e il layout degli ADAS. E a tal proposito non mancano, come da tradizione Honda, dotazioni di sicurezza di ultima generazione, fra le quali, solo per citarne alcune: il cruise control adattivo, il sistema di frenata a riduzione d’impatto, il monitoraggio dell’angolo cieco, il sistema di riconoscimento della segnaletica stradale e il sistema di monitoraggio del traffico in manovra.
Un’ultima curiosità: sappiate che durante la fase di ricarica o in sosta, attraverso l’hotspot wi-fi si può accedere alle funzioni sugli schermi My Room. E in un attimo, sarà un po’ come sentirsi… al drive in!
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MotoGP 2021 – GP Stiria al Red Bull Ring: gli orari TV su Sky, DAZN e TV8
Il GP di Stiria al Red Bull Ring – decima tappa della MotoGP 2021 – sarà trasmesso in diretta su Sky e DAZN e in differita su TV8 (di seguito troverete gli orari TV).
Nella gara di domenica vedremo due graditi ritorni: lo spagnolo Dani Pedrosa (wild-card in sella alla KTM) e il britannico Cal Crutchlow, chiamato dalla Yamaha per rimpiazzare l’infortunato Franco Morbidelli.
MotoGP 2021 – GP Stiria: cosa aspettarsi
Il Red Bull Ring – sede del GP di Stiria a Spielberg – è un circuito molto veloce che premia le moto più potenti ma la pioggia prevista per domenica potrebbe scombussolare la corsa.
L’edizione dello scorso anno del Gran Premio di Stiria è stata vinta da Miguel Oliveira e tutto lascia intendere che anche quest’anno il centauro portoghese e la KTM reciteranno il ruolo di favoriti. Di seguito troverete il calendario del GP di Stiria, gli orari TV su Sky, DAZN e TV8 e il nostro pronostico.
MotoGP 2021 – Red Bull Ring, il calendario e gli orari TV su Sky, DAZN e TV8
Venerdì 6 agosto 2021
09:00-09:40 | Moto3 – Prove libere 1 (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
09:55-10:40 | MotoGP – Prove libere 1 (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
10:55-11:35 | Moto2 – Prove libere 1 (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
13:15-13:55 | Moto3 – Prove libere 2 (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
14:10-14:55 | MotoGP – Prove libere 2 (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
15:10-15:50 | Moto2 – Prove libere 2 (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
Sabato 7 agosto 2021
09:00-09:40 | Moto3 – Prove libere 3 (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
09:55-10:40 | MotoGP – Prove libere 3 (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
10:55-11:35 | Moto2 – Prove libere 3 (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
12:35-13:15 | Moto3 – Qualifiche (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
13:30-14:00 | MotoGP – Prove libere 4 (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
14:10-14:50 | MotoGP – Qualifiche (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
15:10-15:50 | Moto2 – Qualifiche (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
Domenica 8 agosto 2021
08:40-09:00 | Moto3 – Warm-up (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
09:10-09:30 | Moto2 – Warm-up (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
09:40-10:00 | MotoGP – Warm-up (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN) |
11:00 | Moto3 – Gara (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN, differita alle 16:30 su TV8) |
12:20 | Moto2 – Gara (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN, differita alle 17:45 su TV8) |
14:00 | MotoGP – Gara (diretta su Sky Sport MotoGP e DAZN, differita alle 19:30 su TV8) |
MotoGP – I numeri del GP di Stiria
LUNGHEZZA CIRCUITO | 4,3 km |
GIRI | 28 |
RECORD IN PROVA | Pol Espargaró (KTM) – 1’23”580 – 2020 |
RECORD IN GARA | Pol Espargaró (KTM) – 1’23”877 – 2020 |
MotoGP – Il pronostico del GP di Stiria 2021
1° Miguel Oliveira (KTM)
Miguel Oliveira è in uno stato di forma impressionante: una vittoria e tre podi totali negli ultimi quattro appuntamenti della MotoGP 2021.
Il pilota portoghese si è aggiudicato lo scorso anno il GP di Stiria e a nostro avviso ha tutte le carte in regola per ripetersi.
2° Fabio Quartararo (Yamaha)
Fabio Quartararo al Red Bull Ring cercherà più che altro di mantenere il primato iridato.
Il centauro francese – 13° lo scorso anno nel GP di Stiria – ha portato a casa due successi e quattro podi complessivi negli ultimi cinque appuntamenti della MotoGP 2021.
3° Jack Miller (Ducati)
Jack Miller ha bisogno di tornare sul podio dopo oltre due mesi di digiuno e secondo noi ci riuscirà.
Lo scorso anno in Stiria il centauro australiano ha tagliato il traguardo in seconda posizione.
Da tenere d’occhio: Johann Zarco (Ducati)
Anche Johann Zarco non conquista un piazzamento in “top 3” da due Gran Premi.
Il suo precedente nel GP di Stiria 2020? Un 14° posto tutt’altro che memorabile.
La moto da seguire: Ducati
La Ducati ha un disperato bisogno di tornare sul gradino più alto del podio: l’ultimo successo della Casa di Borgo Panigale nella MotoGP 2021 risale infatti a quasi tre mesi fa.
Lo scorso anno le “Rosse” riuscirono a conquistare nel Gran Premio di Stiria il secondo posto grazie a Miller.
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A cosa serve il kit di gonfiaggio per le gomme?
Il kit di emergenza per le gomme è uno strumento proposto negli ultimi anni, soprattutto perché sulle vetture di nuova generazione spesso la ruota di scorta e il ruotino non fanno parte dell’equipaggiamento di serie, come invece avveniva in passato sulla maggior parte delle auto.
Si tratta di un kit molto utile nel caso in cui si fori malauguratamente una gomma, è chiaro che l’entità del danno non deve essere estesa, in quel caso infatti lo pneumatico deve senza dubbio essere sostituito ed è necessario chiamare l’assistenza stradale. Ma torniamo al kit di emergenza per le gomme, vediamo di cosa si tratta e come si usa.
Cosa contiene il kit di gonfiaggio gomme?
Si tratta di uno strumento che viene inserito oggi di serie su molte auto moderne, al posto della ruota di scorta o del ruotino. È molto più leggero e meno ingombrante e soprattutto è facile da usare anche per i meno esperti. Per chi volesse acquistarlo, è possibile trovarlo in vendita anche singolarmente nei negozi di ricambi auto, costa poco ed è molto utile per le piccole forature delle gomme, senza dover cambiare pneumatico o fermarsi per montare la ruota di scorta.
In genere il kit è composto da una valigetta che contiene:
- una bomboletta con liquido sigillante pressurizzato che diventa schiuma;
- un piccolo compressore alimentato da un adattatore a 12 volt (che bisogna collegare alla presa accendisigari).
Come funziona? Il compressore deve essere collegato alla bomboletta, lo spray è in grado di riparare piccole forature e riportare lo pneumatico in pressione.
Kit di riparazione pneumatici: quando è utile?
Il kit per il gonfiaggio delle gomme è molto utile in caso di fori e tagli di piccola entità, è poco ingombrante e leggero, pratico da usare per chiunque. Permette di evitare di dover usare il crick e altri attrezzi sicuramente più grandi e pesanti e di dover cambiare gomma in mezzo alla strada, in caso di foratura (spesso non si è in grado di farlo e si deve chiamare l’assistenza stradale o farsi aiutare da qualcuno). Grazie al kit è possibile sistemare lo pneumatico temporaneamente, in poco tempo e senza fatica, per raggiungere il centro assistenza più vicino.
Una cosa importante da ricordare è che il kit serve solo in caso di forature che non compromettono tutto il copertone. Se la gomma presenta squarci evidenti e irregolari deve essere sostituita.
Kit gonfiaggio gomme auto: come si usa?
Se state guidando la vostra auto e vi accorgete che l’andatura è compromessa e la gomma inizia a perdere pressione, allora dovete fermarvi appena trovate una zona lontana dal traffico e più protetta possibile. Attenzione: prima di scendere dall’auto indossate sempre il giubbino catarifrangente, posizionate poi il triangolo di segnalazione ad almeno 50 metri dalla vettura.
In genere il kit si trova nel baule, sotto il tappetino. All’interno c’è il manuale di istruzioni per un corretto utilizzo. Il procedimento è il seguente:
- collegare la bomboletta al compressore (attaccato alla presa elettrica dell’auto);
- la macchina deve rimanere accesa;
- inserire l’estremità della cannula della bomboletta sulla valvola della gomma forata;
- accendere il compressore e attendere circa 10-15 minuti;
- nel libretto di istruzioni è indicata la pressione della gomma da raggiungere;
- spegnere il compressore e rimuovere la cannella dalla valvola;
- richiudere la valvola e scollegare il cavo elettrico.
Una volta terminato il procedimento, si consiglia di attendere alcuni minuti prima di ripartire con l’auto e di percorrere i primi 5 chilometri senza superare la velocità di 60-70 km/h, controllando la pressione della gomma. Se tutto rimane intatto, allora è possibile recarsi presso il più vicino gommista per la sostituzione.
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Bugatti Type 57 Galibier (1934), l’ultima a quattro porte (per ora)
L’ultima Bugatti a quattro porte della storia (per ora) è la Type 57 Galibier: la variante “berlina” della Type 57 – una delle auto più vincenti (due 24 Ore di Le Mans conquistate nel 1937 e nel 1939) ed esclusive (la Atalante e la Atlantic vi diranno certamente qualcosa) d’anteguerra – è una raffinata ammiraglia francese costruita dal 1934 al 1939 in soli 65 esemplari. Oggi è introvabile, tre anni fa una prima serie – quella a nostro avviso più riuscita – è stata venduta a Retromobile a Parigi a meno di 245.000 euro.
Bugatti Type 57 Galibier (1934): le caratteristiche principali
La Galibier – variante più versatile della Type 57 (l’ultima vera Bugatti secondo gli appassionati del leggendario marchio transalpino) – vede la luce nel 1934 e si distingue dalle altre versioni per le quattro porte, per l’assenza del montante centrale e per le portiere posteriori ad apertura controvento apribili soltanto dall’interno. Una berlinona elegante e briosa penalizzata da un cambio (un manuale a 4 marce) non eccezionale e da alcuni problemi di affidabilità.
Una vettura che ha vissuto interamente e intensamente il declino della Casa d’Oltralpe. Nel 1936 gli operai della fabbrica di Molsheim entrano in sciopero e occupano lo stabilimento mentre l’anno seguente è la volta della seconda serie: motore più silenzioso, telaio rinforzato, interni rivisti e un design esterno più moderno. Senza dimenticare l’introduzione del compressore e del montante centrale: sulla “seconda generazione” troviamo porte anteriori ad apertura controvento e portiere posteriori “normali” apribili da fuori.
Nel 1938 nasce la terza e ultima serie della Type 57 Galibier ma la fine della Bugatti è vicina. L’11 agosto 1939 Jean Bugatti, figlio di Ettore ed erede designato, muore a soli 30 anni mentre sta testando su una strada chiusa la vettura vincitrice a Le Mans: perde il controllo nel tentativo di evitare un ciclista ubriaco entrato nel percorso passando attraverso un buco nella recinzione. L’anno successivo i nazisti occupano la Francia e obbligano Ettore Bugatti a vendere l’impianto di Molsheim alla metà del valore all’imprenditore tedesco Hans Trimmel (che userà la fabbrica per costruire i mezzi anfibi Schwimmwagen).
Bugatti Type 57 Galibier (1934): la tecnica
La Bugatti Type 57 Galibier ospita sotto il cofano un motore 3.3 a otto cilindri in linea da 135 CV, affiancato nel 1937 (in concomitanza con il lancio della seconda serie) da una variante dotata di compressore in grado di generare 160 cavalli.
Bugatti Type 57 Galibier (1934): le quotazioni
Non fatevi ingannare dalle quotazioni della Bugatti Type 57 Galibier che parlano di cifre che si aggirano intorno ai 600.000 euro. Le auto d’anteguerra non “tirano” più come un tempo, come dimostra la prima serie venduta tre anni fa a Retromobile a meno di 245.000 euro.
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Come si riconosce un casco omologato?
Un argomento molto interessante quello che riguarda il casco per la moto, soprattutto durante la stagione estiva ormai inoltrata, durante la quale i viaggi su due ruote sono molto più frequenti per gli appassionati e anche per i neofiti. Una cosa fondamentale da sapere è che il casco della moto deve essere sempre omologato. Vediamo quindi dove trovare la certificazione, come leggerla e quali sono in particolare le caratteristiche dei caschi omologati.
Attenzione: non comprare mai e nemmeno indossare un casco senza l’etichetta omologativa; in caso di urto o incidente potrebbe davvero essere molto pericoloso e inutile dal punto di vista della sicurezza, non proteggendo in maniera adeguata la testa di chi lo indossa.
La nuova omologazione dei caschi per la moto
A partire dal primo gennaio di quest’anno è entrata in vigore una nuova omologazione per i caschi della moto, denominata 22-06, esattamente 18 anni dopo la precedente versione. I caschi, in questo lasso di tempo non proprio brevissimo, sono cambiati molto, per questo motivo era assolutamente necessario aggiornare l’omologazione.
Oggi parliamo quindi di nuovo standard ECE 22-06 e di nuovi test che servono per attestare la sicurezza e la qualità di un casco. Con l’aumento dei requisiti sono chiaramente aumentati anche i test necessari per l’omologazione; in effetti oggi i punti d’impatto sono ben 12 in più rispetto ai 5 della versione precedente.
L’etichetta di omologazione
Un elemento fondamentale per verificare che il casco che si ha intenzione di comprare sia realmente omologato e quindi a norma è l’etichetta. Contiene molte informazioni utili sulla fabbricazione del casco stesso e in genere viene cucita sul cinturino. La legge vieta l’acquisto di caschi senza etichetta omologativa.
L’etichetta deve assolutamente contenere delle informazioni obbligatorie, non vi è un ordine preciso in cui debbono essere scritte, ma è importante che appaiano tutte:
- deve innanzitutto esserci la lettera E, che indica l’omologazione europea e quindi dà la possibilità di utilizzare il casco in tutti i Paesi UE;
- dopo la lettera E c’è un numero che indica il Paese in cui è stata realizzata l’omologazione;
- poi c’è un codice numerico, che inizia in genere con 03, 04, 05 o 06 (la più recente) e indica la versione dell’omologazione ECE, e che continua con il numero di omologazione;
- appare in seguito una lettera, che indica la tipologia di casco e il grado di protezione;
- infine troviamo il numero di matricola o di produzione del casco.
L’omologazione precedente ECE 22-05
Oggi parliamo di omologazione 22-06, prima della quale veniva considerata invece la 22-05, concessa ai caschi solo ed esclusivamente se veniva soddisfatta totalmente la normativa vigente e quindi i caschi stessi venivano considerati sicuri per essere utilizzati in tutto il territorio dell’Unione Europea. I 5 punti di impatto dell’incudine sul casco considerati dalla 22-05 erano la parte frontale, la sommità, il retro, la parte laterale e la mentoniera.
Casco non omologato: le multe
Nel caso in cui si viaggia sulla propria moto con un casco non omologato, allora si rischiano conseguenze dal punto di vista della legge anche molto gravi. Prima di tutto la multa da un minimo di 83 fino a un massimo di 333 euro. Viene sequestrato e confiscato il casco e infine la moto viene sottoposta a fermo amministrativo per 60 giorni. Si rischia anche la decurtazione dei punti dalla patente.
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Codice della Strada: come si posizionano i veicoli su carreggiata?
Oggi affrontiamo un altro argomento trattato nel nostro Codice della Strada, in particolare all’articolo 143, che riguarda la “Posizione dei veicoli sulla carreggiata”. Vediamo quali sono le disposizioni di legge.
Dove devono circolare i veicoli sulla carreggiata
Innanzitutto il Codice obbliga i veicoli a circolare sulla parte destra della carreggiata e in prossimità del margine destro della stessa, anche se la strada è libera, non fa alcuna differenza. Animali e mezzi senza motore devono essere anch’essi tenuti il più vicino possibile al margine destro della carreggiata.
Lo stesso vale anche per gli altri veicoli quando si incrociano o percorrono una curva o un raccordo convesso, a meno che si tratti di strade composte da due carreggiate separate oppure di una carreggiata con almeno due corsie per ogni senso di marcia o una carreggiata a senso unico di circolazione.
E se la strada è divisa in due carreggiate separate? Anche in questo caso si deve percorrere sempre quella di destra. Se è divisa in tre carreggiate, allora ogni veicolo è obbligato a percorrere quella di destra o quella centrale, a meno che non vi sia una diversa segnalazione.
Se si percorre una carreggiata a due o più corsie per senso di marcia, allora ogni veicolo è obbligato per legge a occupare e percorrere la corsia più libera a destra. È importante sapere infatti che la corsia o le corsie di sinistra sono riservate al sorpasso. Tutto ovviamente salvo differenti segnalazioni.
Cosa succede nei centri abitati?
Per quanto riguarda le strade che si trovano all’interno di centri abitati, a meno che non vi sia differente segnalazione, allora se la carreggiata è a due o più corsie per senso di marcia, anche in questo caso è necessario occupare la corsia libera più a destra, ricordando sempre che le corsie di sinistra sono quelle dedicate alle manovre di sorpasso.
Quale carreggiata bisogna impegnare?
In qualunque condizione di traffico i conducenti hanno la possibilità di percorrere la corsia che ritengono più opportuna, a seconda della direzione che devono prendere all’intersezione successiva più vicina. Non è concesso peraltro il cambiamento di corsia, a meno che non sia necessario per predisporsi a svoltare a destra o a sinistra oppure per fermarsi, in conformità delle norme che regolano queste manovre.
Sempre secondo l’articolo 143 del Codice delle Strada, in presenza di binari tramviari a raso, i veicoli possono procedere anche sui binari ma è necessario prestare molta attenzione al fine di non ostacolare o rallentare il percorso dei tram. Nelle strade con doppi binari tramviari a raso su un lato della carreggiata, auto e altri mezzi possono marciare a sinistra della zona interessata dai binari, ma rimanendo sempre nella parte di carreggiata relativa al loro senso di circolazione.
Se la fermata dei tram o dei filobus è affiancata anche dall’isola salvagente a destra dell’asse della strada, allora tutti i veicoli che circolano, in genere, a meno che non vi siano altre segnalazioni, possono passare sia a destra che a sinistra del salvagente; è ovviamente obbligatorio restare nella parte di carreggiata relativa al loro senso di circolazione e fare attenzione a non essere di ostacolo al movimento dei viaggiatori.
Sanzioni previste per chi circola contromano
Il rischio di multe è elevato:
- i veicoli che circolano contromano sono soggetti alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma che va da un minimo di 167 a un massimo di 665 euro;
- chi circola contromano presso curve, raccordi convessi o altre situazioni di limitata visibilità, rischia la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 327 a 1.308 euro e la sospensione della patente da uno a tre mesi (nei casi di recidiva la sospensione va da due a sei mesi;
- chi non rispetta le altre disposizioni dell’articolo 143 in oggetto rischia una multa da 42 a 173 euro.
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