Monthly Archives: Maggio 2020

Giorgetto Giugiaro, il più grande car designer della storia

title

Il più grande car designer della storia? Giorgetto Giugiaro senza ombra di dubbio. Lo stilista piemontese ha realizzato autentici capolavori su quattro ruote e a differenza di molti blasonati colleghi non si è limitato a farlo nel segmento delle sportive (più facili da disegnare rispetto alle auto “normali”).

Scopriamo insieme la storia di Giorgetto Giugiaro: il ragazzo prodigio del design automobilistico diventato leggenda.

Giorgetto Giugiaro: la biografia

Giorgetto Giugiaro nasce il 7 agosto 1938 a Garessio, in provincia di Cuneo, da una famiglia di artisti. A soli 14 anni si trasferisce a Torino per studiare (arte di giorno e disegno tecnico la sera) e tre anni più tardi, dopo aver mostrato al direttore tecnico della Fiat Dante Giacosa dei lavori di fine anno scolastico, viene assunto dalla Casa piemontese.

Giorgetto è un giovane ambizioso ma in un’azienda grande come la Fiat è impossibile fare carriera rapidamente: nel 1959 lascia quindi il colosso piemontese per ricoprire il ruolo di responsabile dello stile presso la carrozzeria Bertone.

title

Gli anni in Bertone

Nei cinque anni trascorsi alla Bertone il giovane Giugiaro realizza sportive caratterizzate da linee moderne, eleganti e pulite: nel 1960 vede la luce l’Alfa Romeo 2000 Sprint, nel 1962 tocca all’Alfa Romeo 2600 Sprint e alla Simca Coupé 1000 mentre l’anno successivo è la volta della Iso Grifo.

Gli ultimi due progetti portano sul cofano il marchio Fiat: la 850 Spider del 1965 e la Dino Coupé del 1967.

Gli anni in Ghia

Nel 1965 Giorgetto Giugiaro diventa direttore del centro stile Ghia e sviluppa progetti che anticipano le tendenze di design degli anni ‘70. Qualche esempio? Le coupé De Tomaso Mangusta e Maserati Ghibli e l’ammiraglia Iso Rivolta Fidia (primo lavoro importante di Giugiaro su un’auto dotata di porte posteriori), tutte mostrate nel 1967.

title

La Italdesign

Giorgetto si mette in proprio a soli 29 anni e crea la Ital Styling, società che diventerà nel 1968 la Italdesign (fondata insieme ad Aldo Mantovani). Un’azienda innovativa con un approccio globale all’automotive: non solo carrozzeria, non solo design ma progetti completi di ingegnerizzazione.

I primi lavori per Italdesign arrivano grazie all’Alfa Romeo (l’Alfasud del 1971 può essere considerata la prima delle tante auto “tradizionali” realizzate dallo stilista di Garessio) e alla Maserati con la Bora (1971) e la Merak (1972).

title

Le auto “normali”

Negli anni ‘70 molte Case automobilistiche si rivolgono alla Italdesign e a Giorgetto Giugiaro: sua è la prima Volkswagen Passat del 1973.

La collaborazione con la Casa di Wolfsburg prosegue nel 1974 con due modelli di successo che cambiano le sorti dell’azienda tedesca (in quel momento in crisi): la Scirocco e, soprattutto, la Golf. Nello stesso anno Giorgetto Giugiaro disegna l’Alfa Romeo Alfetta GT, una sintesi di emozione e ragione (praticità) che racchiude le due anime stilistiche del designer piemontese.

La Hyundai Pony del 1975 contribuisce a far conoscere nel mondo la Casa coreana mentre l’anno seguente vengono svelate l’Alfa Romeo Alfasud Sprint, la spigolosissima Lotus Esprit e l’originale Suzuki Cervo con le feritoie laterali posteriori riprese dall’attuale Ignis.

title

Sempre più in alto

I lavori di Giorgetto Giugiaro sono sempre più richiesti e nel 1978 (anno del lancio della seconda serie dell’Audi 80) Italdesign si occupa di assemblare – oltre che di disegnare – la BMW M1.

Risalgono invece al 1979 la Lancia Delta (Auto dell’Anno 1980 nonché regina dei rally), la terza generazione della Maserati Quattroporte e la Volkswagen Jetta.

title

Fiat e non solo

La collaborazione tra Italdesign e il Gruppo Fiat iniziata nella metà degli anni ‘70 con la Lancia Delta prosegue per tutta la prima metà degli anni ‘80 con modelli che contribuiscono ad aumentare le vendite del colosso torinese: la mitica Fiat Panda del 1980, la Lancia Prisma del 1982, la Fiat Uno del 1983, la Lancia Thema del 1984 e la Fiat Croma del 1985.

Un periodo ricco di soddisfazioni per Giorgetto Giugiaro: nel 1980 si cimenta con i camion (Scania Serie 2), nel 1981 disegna la DeLorean (resa celebre qualche anno dopo dalla saga cinematografica di Ritorno al futuro) e nello stesso anno scorpora le attività di design industriale non legate all’auto. Nasce Giugiaro Design. Due anni più tardi realizza un nuovo formato di pasta per la Voiello (le Marille) e nel 1984 disegna la Saab 9000 e la Seat Ibiza.

Nella seconda metà degli anni ‘80 Giorgetto Giugiaro inizia a collaborare con la Renault (sue la 21 del 1986 e la 19 del 1988) e nel 1987 disegna il famosissimo telefono Sirio della SIP.

title

Gli anni ‘90

Giugiaro inizia a proporre forme tondeggianti già nel 1991 con la Lexus GS anticipando l’evoluzione del car design nell’ultimo decennio del XX secolo e nello stesso anno progetta il camion Iveco Eurocargo.

Due anni dopo vedono la luce la Fiat Punto (Auto dell’Anno 1995), la seconda serie del Fiat Ducato e il treno (Pendolino) ETR 460 mentre risale al 1996 il debutto del noto autobus Iveco CityClass.

Nel 1997 inizia una lunga e fruttuosa collaborazione tra Italdesign e la Casa coreana Daewoo. Il modello più celebre frutto di questo accordo – la citycar Matiz del 1998 – ha uno stile simile a quello della concept Italdesign Lucciola presentata al Salone di Ginevra 1993: una vettura proposta inizialmente alla Fiat per rimpiazzare la Cinquecento ma bocciata dai vertici della Casa torinese per via degli elevati costi di produzione. I coreani approvano invece il progetto, aggiungendo le porte posteriori per incrementare la praticità.

Sempre nel 1998 Giorgetto Giugiaro disegna la Maserati 3200 GT e l’anno successivo viene nominato Car designer del secolo e Cavaliere del lavoro.

Il XXI secolo

Il terzo millennio per Italdesign e Giorgetto Giugiaro si apre con la presentazione di due capolavori di stile su quattro ruote: la Maserati Coupé (restyling della 3200 GT con una zona posteriore meno originale ma più equilibrata) e la variante scoperta Spyder.

Una collaborazione con il Gruppo Fiat che continua per tutta la prima parte degli anni Duemila con il restyling dell’Alfa Romeo 156 nel 2003, un poker di novità nel 2005 (Alfa Romeo Brera e Fiat Grande Punto, Croma e Sedici) e l’Alfa Romeo 159 del 2006.

Volkswagen e GFG Style

Nel 2010 Giorgetto Giugiaro cede il 90,1% della Italdesign al gruppo Volkswagen e nello stesso anno vede la luce la sua ultima auto di serie importante: la terza serie della Ssangyong Korando.

Il designer piemontese cede il resto del pacchetto azionario alla multinazionale di Wolfsburg nel 2015, anno in cui fonda insieme al figlio Fabrizio una nuova società: la GFG Style.

L’articolo Giorgetto Giugiaro, il più grande car designer della storia proviene da Icon Wheels.

Fonte:

Battistrada dello pneumatico, tutti i profili e cosa cambia tra loro

title

Gli pneumatici dell’auto presentano battistrada con disegni differenti, in particolare di che cosa si tratta? Il battistrada è la parte della gomma che entra direttamente in contatto con il fondo stradale. In commercio oggi c’è una grande varietà di profili e disegni. Sono tutti differenti tra loro perché ognuno soddisfa una determinata esigenza, ad esempio un disegno migliora maneggevolezza e aderenza dell’auto in determinate condizioni di guida e così via.

Battistrada dello pneumatico: di cosa si tratta

Il battistrada delle gomme dell’auto è costituito da quattro parti differenti:

  • scanalature, canali profondi che corrono lateralmente attorno allo pneumatico e lungo la circonferenza;
  • nervature, sezione rialzata del battistrada, a sua volta composta da tasselli;
  • tasselli, segmenti di gomma rialzati che toccano direttamente il manto stradale;
  • lamelle, piccole e sottili fessure nei tasselli.

Tutti questi elementi possono essere disposti in un profilo esclusivo per differenziare le prestazioni della gomma, tenendo conto della maneggevolezza, della trazione, dell’usura e del rumore, aspetti molto importanti. Grazie a questa versatilità, i produttori di pneumatici hanno la possibilità di realizzare battistrada in base alle specifiche esigenze di guida, come ad esempio la maneggevolezza su fondi asciutti, la trazione su ghiaccio e neve, la resistenza all’aquaplaning e la frenata sul bagnato.

Esistono comunque moltissimi profili differenti di battistrada oggi in commercio, ne possiamo però distinguere tre categorie.

Battistrada dello pneumatico: profilo simmetrico

Il profilo simmetrico è quello più comune, adatto per pneumatici per auto, ma non per le alte prestazioni. Le gomme che hanno questa tipologia di disegno del battistrada, presentano nervature continue o tasselli indipendenti su tutta la superficie, le due metà della gomma stessa presentano lo stesso profilo; questi pneumatici garantiscono:

  • alta stabilità direzionale;
  • guida fluida;
  • bassa resistenza al rotolamento.

Si tratta di gomme efficienti dal punto di vista dei consumi e sono durature nel tempo. Si adattano meno di altri alle mutevoli condizioni della strada, quindi sono perfette sul fondo asciutto, ma meno efficaci sul bagnato.

Battistrada dello pneumatico: profilo direzionale

Altra tipologia di disegno, quello direzionale presenta delle scanalature laterali che si incontrano al centro del battistrada. Le scanalature a V sono perfette per contrastare il fenomeno dell’aquaplaning, spostano l’acqua in modo più efficiente attraverso il profilo del battistrada. Garantiscono anche una maggiore trazione, che permette un’ottima maneggevolezza su neve o fango.

Questa tipologia di pneumatici garantisce:

  • alta protezione contro l’aquaplaning;
  • maneggevolezza su neve e fango;
  • ottima tenuta di strada ad alta velocità.

Battistrada dello pneumatico: profilo asimmetrico

Le gomme con profilo asimmetrico presentano due disegni separati del battistrada, uno sulla metà interna e l’altro su quella esterna. I due disegni hanno caratteristiche differenti e assolvono anche compiti diversi, la parte interna quello di spostare l’acqua e proteggere dall’aquaplaning, quella esterna ha tasselli rigidi per assicurare più rigidità laterale. Queste gomme quindi garantiscono un’aderenza elevata in curva e sull’asciutto, e meno rumore interno. Le caratteristiche principali di questa tipologia di disegno del battistrada sono:

  • stabilità in curva;
  • alta maneggevolezza;
  • buona aderenza sul bagnato.

Fate attenzione a non usare mai profili del battistrada differenti, quindi quando comprate le gomme prendetele tutte della stessa dimensione, dello stesso tipo e anche della stessa marca. Altra cosa da tenere presente quando si cambiano gli pneumatici e che gli esperti consigliano vivamente: è sempre più sicuro sostituire la coppia e non solo la gomma danneggiata.

L’articolo Battistrada dello pneumatico, tutti i profili e cosa cambia tra loro proviene da Icon Wheels.

Fonte:

Alfa Romeo Stelvio Quadrifoglio MY2020: qualcosa è cambiato

title

Mancava solo la Quadrifoglio all’appello: ora la gamma Alfa Romeo Stelvio MY2020 lanciata lo scorso novembre è completa.

L’ultima evoluzione della versione sportiva della SUV media del Biscione presenta alcune modifiche relative all’infotainment e al design mentre il possente motore V6 da 510 CV è rimasto invariato. Scopriamo insieme cosa è cambiato.

Alfa Romeo Stelvio Quadrifoglio MY2020: cosa è cambiato all’esterno

Nuovi gruppi ottici posteriori a LED con lente brunita, un’inedita finitura nera lucida per il trilobo anteriore e i badge posteriori e cerchi in lega da 21”: sono queste le novità estetiche principali dell’Alfa Romeo Stelvio Quadrifoglio MY2020. Ultima – ma non meno importante – la vernice Verde Montreal, disponibile esclusivamente sulla versione più “cattiva” della SUV media lombarda.

title

Alfa Romeo Stelvio Quadrifoglio MY2020: le novità negli interni

L’abitacolo dell’Alfa Romeo Stelvio Quadrifoglio MY2020 si distingue da quello della serie precedente per il nuovo design della consolle centrale che offre più spazio per gli oggetti, per l’inedito volante e per la leva del cambio in pelle rivista.

title

Alfa Romeo Stelvio Quadrifoglio MY2020: più sicurezza

L’Alfa Romeo Stelvio Quadrifoglio MY2020 presenta una dotazione di ADAS più ricca. Qualche esempio? Lane Keeping Assist (mantenimento di corsia), Active Blind Spot Assist (monitoraggio dell’angolo cieco con mantenimento di corsia), cruise control adattivo, riconoscimento segnali stradali con Intelligent Speed Control (sistema che propone al conducente l’adeguamento della velocità a quella rilevata dal sistema), Traffic Jam Assist e Highway Assist (guida semi-autonoma in condizioni di traffico intenso e in autostrada) e rilevamento stanchezza conducente.

title

Alfa Romeo Stelvio Quadrifoglio MY2020: le novità dell’infotainment

Il nuovo sistema di infotainment dell’Alfa Romeo Stelvio Quadrifoglio MY2020 prevede un touchscreen centrale da 8,8” dotato di servizi connessi, di un’interfaccia ridisegnata e delle Performance Pages (schermate dedicate che consentono di visualizzare in tempo reale le temperature dei principali organi meccanici, la distribuzione di coppia, la pressione dei turbo e la potenza utilizzata e cronometri per misurare le prestazioni).

title

Alfa Romeo Stelvio Quadrifoglio MY2020: il motore

Il motore dell’Alfa Romeo Stelvio Quadrifoglio Model Year 2020 è sempre lo stesso 2.9 V6 biturbo benzina da 510 CV e 600 Nm di coppia.

title

Alfa Romeo Stelvio Quadrifoglio MY2020: gli optional

Tra gli optional più interessanti disponibili sull’Alfa Romeo Stelvio Quadrifoglio MY20 segnaliamo le cinture di sicurezza rosse o verdi e lo scarico Akrapovič dual mode in titanio con codini in carbonio caratterizzato da una timbrica più ricercata. Più avanti arriverà anche un rivestimento in pelle traforata per i sedili sportivi elettrici ad alto contenimento.

Da non sottovalutare – infine – la Quadrifoglio Accessories Line di Mopar che comprende, tra le altre cose, un kit di fanali posteriori bruniti e alcune componenti in carbonio come la griglia anteriore con inserto “V”, le calotte degli specchi e lo spoiler posteriore.

L’articolo Alfa Romeo Stelvio Quadrifoglio MY2020: qualcosa è cambiato proviene da Icon Wheels.

Fonte:

Holden, la storia

title

La Holden rappresenta per l’Australia quello che Fiat rappresenta per l’Italia: un marchio che ha motorizzato un Paese e che ha gradualmente perso quote di mercato a causa dell’aumento della concorrenza. La differenza tra le due Case automobilistiche è che il brand torinese da noi è ancora saldamente in testa alla classifica delle immatricolazioni mentre la Holden – di proprietà General Motors – ha perso questo primato quasi vent’anni fa e nel 2021 cesserà di esistere. Scopriamo insieme la storia del glorioso marchio oceanico e del suo graduale declino.

Holden: la storia

La Holden muove i primi passi nel lontano 1856 quando il britannico James Alexander Holden, emigrato quattro anni prima in Australia, fonda nella città di Adelaide un’azienda specializzata nella realizzazione di sellerie e carrozze: la J.A. Holden & Co.. La società cambia nome in Holden & Frost nel 1885 dopo l’alleanza con l’uomo d’affari di origini tedesche H. A. Frost.

Passione per le auto

Nel 1905 Edward Holden, nipote di James Alexander, inizia a lavorare nell’azienda di famiglia: appassionato di automobili, decide tre anni dopo di puntare sulla riparazione di mezzi a motore.

Il 1913 è l’anno in cui inizia la produzione di carrozzerie per sidecar mentre nel 1917 è la volta delle carrozzerie per automobili. Due anni più tardi Henry James Holden, figlio di James Alexander e padre di Edward, fonda la carrozzeria Holden’s Motor Body Builders.

I ruggenti anni ‘20

La Holden cresce sempre di più negli anni ‘20 del XX secolo: nella prima parte del decennio costruisce carrozzerie per numerose Case automobilistiche (tra cui la Ford) e nel 1924 diventa fornitore esclusivo General Motors.

Holden continua a creare carrozzerie per GM anche quando, nel 1926, il colosso statunitense decide di aprire stabilimenti in Australia ma la crisi del 1929 cambia tutto…

title

Da carrozziere a costruttore

Nel 1931 la Holden in crisi viene acquistata dalla General Motors e prosegue l’attività di sviluppo carrozzerie fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale: nel 1939 la produzione viene riconvertita a fini bellici.

Dopo il conflitto GM pensa di creare un’auto prodotta in Australia rivolta a clienti australiani e realizza nel 1948 la Holden 48-215: componentistica General Motors, un design antiquato derivato da progetti di fine anni ‘30 scartati da Chevrolet e – sotto il cofano – un motore 2.2 a sei cilindri in linea. La vettura – disponibile nelle varianti berlina e ute, due porte con cassone tipo pick-up – conquista il pubblico. La Holden diventa ufficialmente una Casa automobilistica.

title

Il boom degli anni ‘50

Le Holden dominano il mercato australiano grazie a una serie di vetture realizzate appositamente per quelle latitudini: la FJ del 1953 (anno in cui iniziano le esportazioni in Nuova Zelanda) porta al debutto la variante furgone mentre risale al 1956 (quando le Holden cominciano a essere vendute anche nel sud-est asiatico) il lancio della FE, disponibile anche station wagon.

Nel 1957 le vetture Holden arrivano anche in alcuni mercati africani ma il grosso dei ricavi arriva sempre dall’Australia: nel 1958 un’auto su due venduta nel Paese oceanico è una Holden.

title

Arriva la Ford

Il debutto della Ford Falcon nel 1960 mette fine al dominio Holden in Australia: le vendite calano e non aiuta la presenza in listino di una rivale poco riuscita (la FB, caratterizzata da vistose pinne posteriori di moda qualche anno prima).

La Casa australiana corre ai ripari lanciando molte novità ma i risultati arrivano solo nella seconda metà del decennio: nel 1966 vengono introdotte le cinture di sicurezza anteriori su tutta la gamma, nel 1967 entra in listino la compatta Torana, nel 1968 è la volta della HK (che porta al debutto la versione coupé Monaro e motori V8 Chevrolet) mentre nel 1969 esordiscono il primo motore V8 firmato Holden (sulla HT) e unità a sei cilindri sulla Torana.

title

Gli anni ‘70 e ‘80

L’auto più importante (nonché più venduta) della storia Holden – la Commodore – vede la luce nel 1978: la prima serie è una specie di Opel Rekord con un cofano più grande derivato da quello della Senator per accogliere motori a sei cilindri e V8.

Nei primi anni ‘80 la Casa australiana inizia a perdere quote di mercato a favore della Ford e dei marchi giapponesi e la scelta strategica di rimarchiare vetture nipponiche appartenenti alla galassia GM (e non solo) non aiuta: nel 1981 debutta la prima Holden a trazione integrale (la Jackaroo, una Isuzu Trooper con un altro brand sul cofano), nel 1984 arriva la Holden Astra (gemella della Nissan Pulsar nata da un accordo con la Casa del Sol Levante e identica nelle forme anche all’Alfa Romeo Arna) mentre nel 1985 tocca alla piccola Barina (nient’altro che una Suzuki Swift leggermente rivista nel look).

Una svolta d’ immagine arriva nel 1987 con la creazione della divisione HSV (Holden Special Vehicles) dedicata alle vetture sportive ma due anni più tardi viene siglata un’altra partnership con Toyota per la commercializzazione in Australia di versioni rebrandizzate di modelli della Casa giapponese come ad esempio la Corolla (chiamata Holden Nova).

title

Il rilancio degli anni ‘90

La Holden si risolleva negli anni ‘90 grazie al lancio di numerosi modelli realizzati in “autonomia”. Nel 1996 termina l’accordo con Toyota e la Casa australiana si concentra sulla vendita di vetture General Motors rimarchiate. Qualche esempio? Le Opel Astra, Vectra e Corsa (ribattezzata Barina) e alcune Chevrolet in commercio negli USA.

title

Il declino e la fine

La Holden entra in crisi con il nuovo millennio e nel 2003 – dopo decenni di supremazia – perde il primo posto nella classifica delle immatricolazioni in Australia.

La strategia del rilancio è fallimentare: per ridurre i costi si decide di abbandonare Opel e di puntare sulle più economiche Daewoo e Chevrolet abbassando la qualità: la Barina del 2005 non è più derivata dalla Corsa ma dalla Daewoo Kalos, nel 2006 viene rimarchiata la Chevrolet Captiva, nel 2007 la variante rebrandizzata della Chevrolet Epica rimpiazza la Vectra e nel 2008 tocca alla Cruze, versione rivista della berlina del Cravattino.

I vertici GM si rendono conto dell’errore e nel 2015 tornano a usare Opel come brand di riferimento per Holden ma è troppo tardi. Nel 2017 General Motors vende la Casa tedesca al gruppo PSA e chiude tutti gli stabilimenti Holden in Australia, a febbraio 2020 il colosso statunitense annuncia la cessazione delle attività del glorioso marchio australiano dal 2021.

L’articolo Holden, la storia proviene da Icon Wheels.

Fonte:

Telepass europeo, tutti gli Stati in cui è valido e come funziona

title

Il Telepass europeo permette di viaggiare sulle autostrade di alcuni Paesi d’Europa senza dover fare la fila al casello e usando lo stesso dispositivo che viene adoperato per pagare il pedaggio in Italia. Ma quando lo possiamo usare? Vediamo insieme i casi.

Telepass europeo: dove posso utilizzarlo

La società Telepass, per dare la possibilità agli utenti di usare il dispositivo anche in altri Paesi, ha dovuto chiaramente fare degli accordi con le società di gestione delle autostrade all’estero. I Paesi che hanno aderito al momento sono Italia, Francia, Spagna e Portogallo, dove quindi si può usare un unico apparecchio per pagare il pedaggio.

Il Telepass europeo è valido sia per i privati che per i professionisti che lavorano per società di autotrasporti. Oltre ad avere così sempre la possibilità di non fare code ai caselli, con questo strumento è possibile anche accedere e pagare i parcheggi e le aree aeroportuali.

Quanto costa il Telepass europeo

Se già usi il Telepass in Italia, sai che si tratta di un dispositivo che viene fornito agli utenti e che deve essere posizionato in auto, dove previsto per il corretto funzionamento. Il Telepass non viene acquistato, ma viene ceduto in uso dalla società e quindi per il suo utilizzo deve essere pagato un canone mensile fisso, che cambia a seconda della tipologia di “abbonamento” scelto.

Il Telepass è collegato alla targa dell’auto e ad un conto corrente, quando avviene quindi il passaggio al varco autostradale, viene registrata la targa e viene addebitato il pedaggio autostradale sulla carta di credito o appunto sul conto corrente dell’utente.

Anche il Telepass europeo funziona praticamente in questo modo, si paga una quota iniziale per l’attivazione e poi un canone di abbonamento, ovviamente si aggiungono le tariffe dei pedaggi. I costi nel dettaglio sono i seguenti:

  • abbonamento mensile aggiuntivo per l’Europa: 2.40 euro;
  • costo di attivazione: 6.00 euro;
  • pedaggio: in base alla tariffa del Paese di riferimento e alla società di gestione autostradale.

L’abbonamento funziona in maniera differente in base al Paese che attraversi, quindi si deve continuare a pagare quello che normalmente viene versato in Italia e poi a seconda del Paese attraversato vengono aggiunti 2.40 euro al mese per Stato.

Facciamo chiarezza: il canone di 2.40 euro viene pagato quindi ogni volta che si passa un varco autostradale di un Paese diverso dall’Italia. Nel momento che si passa dall’Italia alla Francia si paga il canone e vale un mese. Se poi si attraversa la Francia e si entra in Spagna, allora si pagano altri 2.40 euro che valgono sempre un mese. Questo abbonamento “europeo” si versa solo nei mesi in cui si attraversano i varchi esteri. Nei mesi in cui non ci si reca in alcun Paese al di fuori dell’Italia, allora non viene addebitata alcuna cifra ulteriore, se non il canone base e i pedaggi per le autostrade italiane; l’abbonamento quindi si paga se e solo quando si usa.

Il Portogallo è un caso particolare e gestisce le proprie autostrade in un modo del tutto autonomo e singolare; per quanto riguarda il Telepass europeo la condizione in questo Stato è favorevole, infatti viene considerato facente parte della Penisola Iberica insieme alla Spagna, quando si passa quindi il confine spagnolo per entrare in Portogallo non si paga nulla, non vengono addebitati i 2.40 euro di abbonamento Telepass europeo previsto negli altri Paesi.

L’articolo Telepass europeo, tutti gli Stati in cui è valido e come funziona proviene da Icon Wheels.

Fonte:

Come avviare l’auto con i cavi

title

Avviare un’automobile con i cavi è l’unica soluzione per riportare in vita una batteria scarica se non si ha un caricabatterie a portata di mano. Di seguito vi mostreremo nel dettaglio tutte le procedure da effettuare per compiere questa operazione nella massima sicurezza.

Come avviare l’auto con i cavi

Per prima cosa bisogna trovare un’altra automobile disposta a “fornire” energia e assicurarsi che la sua batteria abbia la stessa tensione nominale della vostra (solitamente 12V). Nel caso in cui la vostra vettura sia diesel – dotata quindi di una corrente di spunto (il picco massimo che può raggiungere per un breve periodo) più elevata rispetto a quella di un mezzo a benzina – è consigliabile rivolgersi ad un veicolo “donatore” a gasolio in modo da incrementare le possibilità di riuscita dell’operazione.

  • Posizionare le due automobili (che non devono toccarsi) in modo da avvicinare il più possibile i due vani motore e indossare se possibile un’adeguata protezione per gli occhi. Spegnere il propulsore della vettura funzionante, aprire i cofani di entrambi i mezzi , verificare che le batterie non siano danneggiate (in caso contrario sospendere la procedura) e disattivare tutti i dispositivi elettrici eventualmente accesi (radio, luci, sbrinatore e tergicristalli assorbono tensione utile).
  • Prendere i due cavi (uno rosso e uno nero, se possibile non troppo sottili).
  • Collegare la prima pinza rossa al polo positivo della batteria scarica.
  • Collegare la seconda pinza rossa al polo positivo della batteria carica.
  • Collegare la prima pinza nera al polo negativo della batteria carica.
  • Collegare la seconda pinza nera al blocco motore del veicolo in panne o a qualsiasi parte metallica (preferibilmente non verniciata) lontana dalla batteria.
  • Avviare il motore dell’auto “di soccorso” e farlo girare al minimo per circa cinque minuti.
  • Avviare il motore della vettura in panne e tenerlo acceso.
  • Rimuovere la pinza nera collegata all’auto in panne.
  • Rimuovere la pinza nera collegata all’auto “sana”.
  • Rimuovere la pinza rossa collegata all’auto “sana”.
  • Rimuovere la pinza rossa collegata al veicolo in panne.
  • Per evitare che il problema si riproponga assicurarsi di mantenere il motore acceso per almeno 20-30 minuti: al minimo o in movimento.

L’articolo Come avviare l’auto con i cavi proviene da Icon Wheels.

Fonte:

Matford V8-F-92A (1939): l’ultima Ford-Mathis

title

La Matford V8-F-92A del 1939 è – insieme alla sorella maggiore V8-F-91A – l’ultima vettura nata dall’accordo tra Ford e la Casa francese Mathis: l’ammiraglia transalpina – introvabile e con quotazioni comprese tra 10.000 e 20.000 euro a seconda delle versioni – ha avuto una carriera brevissima (è stata prodotta per un solo anno) a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale.

Matford V8-F-92A (1939): le caratteristiche principali

La Matford V8-F-92Aammiraglia disponibile in quattro varianti di carrozzeria (berlina, cabriolet, veicolo commerciale e station wagon) e caratterizzata da uno stile americano – debutta sul mercato nel 1939 e non è altro che una versione riveduta e corretta della V8-F-82 svelata l’anno prima. Le modifiche principali riguardano l’estetica, con il cofano anteriore privo di prese d’aria laterali.

L’ultima evoluzione della 13 CV (cavalli fiscali francesi) d’oltralpe viene assemblata in meno di 500 esemplari: nel settembre del 1939 – dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale – la Matford converte la produzione in mezzi militari ma termina ufficialmente l’attività nel 1940.

Matford V8-F-92A (1939): la tecnica

La Matford V8-F-92A del 1939 è un’ammiraglia a trazione posteriore robusta ma non molto evoluta tecnicamente: sospensioni anteriori e posteriori ad assale rigido, freni meccanici e un motore 2.2 V8 Ford a valvole laterali da 60 CV abbinato a un cambio manuale a tre marce. La velocità massima? Circa 120 km/h.

Matford V8-F-92A (1939): le quotazioni

Le quotazioni della Matford V8-F92A del 1939 – introvabile – cambiano a seconda della versione: si parte da meno di 10.000 euro per la berlina e si arriva ai 20.000 euro necessari per acquistare la variante Cabriolet (l’unica interessante dal punto di vista storico).

L’articolo Matford V8-F-92A (1939): l’ultima Ford-Mathis proviene da Icon Wheels.

Fonte:

Renault e Dacia in Italia ai tempi del coronavirus: tutte le iniziative per la ripartenza

title

Renault e Dacia sono ripartite in Italia: scopriamo insieme tutte le iniziative adottate dai due marchi in questi tempi di coronavirus.

Massima sicurezza

Tutto il personale delle concessionarie è dotato di DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) e ha ricevuto una formazione specifica sui comportamenti da adottare per garantire la massima sicurezza.

Le concessionarie sono state sanificate sia nella parte vendita che in quella assistenza e presentano ora pannelli informativi e segnaletica a pavimento per indicare ai clienti i percorsi suggeriti e la distanza interpersonale per evitare assembramenti.

Promozioni

Renault Restart e Super Ripartenza Dacia: si chiamano così le nuove promozioni create per venire incontro ai clienti in questi tempi di coronavirus.

L’offerta prevede che i clienti – una volta individuata la vettura desiderata e il piano finanziario più consono alle proprie esigenze, paghino 1 euro anziché la rata risultante dal piano scelto fino a un massimo di sei rate. L’euro pagato simbolicamente dal cliente sulle rate oggetto di promozione sarà devoluto alla Protezione Civile a sostegno della battaglia contro il Covid-19.

Qualche esempio? In caso di acquisto di Renault Kadjar in 60 rate da 269 euro l’una il cliente pagherà 1 euro per 6 rate e 269 euro per le restanti 54.

Vendita privata

La modalità di vendita privata introdotta da Renault e Dacia in Italia prevede un appuntamento privato in concessionaria prenotabile attraverso la video live chat sui siti dei due brand del Gruppo e la possibilità di gestire l’intera trattativa on-line grazie alla condivisione di documenti in Rete.

L’articolo Renault e Dacia in Italia ai tempi del coronavirus: tutte le iniziative per la ripartenza proviene da Icon Wheels.

Fonte:

Revisione auto gpl: in cosa consiste, costi e tempistiche

title

La revisione dell’auto a gpl viene spesso confusa con quella delle bombole, ma non è la stessa cosa; questa deve essere effettuata dopo 4 anni dalla prima immatricolazione e poi ogni due anni, come qualsiasi altra macchina. Le bombole invece vanno solo sostituite ogni 10 anni e non serve una revisione vera e propria, ma semplicemente è necessario far cambiare le bombole stesse da uno dei professionisti autorizzati. Vediamo quindi quando deve essere effettuata la revisione delle auto a gpl, il suo costo e come controllare le bombole.

Revisione auto gpl, di cosa si tratta

Il meccanico che si occupa della revisione della tua auto ha il compito di controllarne lo stato di salute, qualunque sia la sua tipologia di alimentazione, e di verificare che continuino ad essere rispettate le medesime condizioni presenti al momento dell’omologazione. Le componenti analizzate durante la revisione auto sono:

  • impianto elettrico;
  • funzionamento dei freni;
  • usura degli assi pneumatici e delle sospensioni;
  • integrità del telaio e dello sterzo;
  • emissioni di scarico e del rumore regolari.

Una volta terminato il controllo da parte del meccanico, viene rilasciato il certificato di revisione, in cui il personale che ha effettuato le verifiche riporta l’esito dell’esame: se è regolare, allora è tutto a posto, se invece viene segnalato “ripetere”, significa che deve essere sistemata qualche anomalia per poter rifare in un secondo momento la revisione.

Revisione auto gpl, quanto costa

La revisione di un’auto a gpl, come per le altre tipologie di alimentazione, può essere effettuata presso una delle officine autorizzate oppure presso gli Uffici della Motorizzazione Civile, il costo varia a seconda della scelta:

  • in Motorizzazione si pagano 45 euro per il bollettino e va presentata la domanda sul modello TT2100 per prenotare la revisione;
  • in una delle officine autorizzate il costo è di circa 67 euro, che comprendono 45 euro di revisione, 9.90 euro di Iva e 10.78 euro di diritti.

Revisione delle bombole gpl, di cosa si tratta

Come abbiamo già detto, spesso gli automobilisti confondono la revisione dell’auto gpl con quella specifica delle bombole, ma non si tratta della stessa cosa. La revisione infatti deve essere effettuata ogni due anni per qualsiasi tipologia di vettura, la Legge italiana non prevede una revisione specifica delle bombole gpl installate nell’impianto, obbliga gli utenti a provvedere alla sostituzione ogni 10 anni. L’impianto dell’auto gpl infatti è già collaudato e munito di elettrovalvole che servono a garantire la sicurezza della macchina contro pericolosi ed eventuali incendi o malfunzionamenti di qualsiasi tipo.

Quindi ad esempio se l’auto a gpl con sistema di serie è stata omologata e immatricolata a gennaio 2019, allora la prima revisione deve essere fatta entro gennaio 2023, la seconda a gennaio 2025 e così via ogni due anni.

Per quanto riguarda invece la sostituzione delle bombole gpl, è bene sapere che, una volta cambiate, quelle nuove devono essere nuovamente collaudate. Se si decide di affidarsi alla Motorizzazione Civile, allora è necessario redigere la domanda sul modello apposito, il TT 2119, unendo anche la dichiarazione di installazione a norma rilasciata dal meccanico e la documentazione tecnica relativa all’impianto installato. Se invece è lo stesso Centro autorizzato che sostituisce le bombole a offrire anche il servizio di collaudo, allora chiede semplicemente una leggera maggiorazione sul costo. La sostituzione di norma può variare dai 300 ai 500 euro.

L’articolo Revisione auto gpl: in cosa consiste, costi e tempistiche proviene da Icon Wheels.

Fonte:

Volkswagen e coronavirus: prolungate di tre mesi le garanzie in scadenza

title

Volkswagen ha prolungato di tre mesi tutte le garanzie in scadenza: un’iniziativa finalizzata a ridurre i disagi dovuti alla pandemia da coronavirus.

La misura della Casa tedesca si applica a tutte le garanzie obbligatorie o alle estensioni opzionali in scadenza tra l’1 marzo e il 31 maggio 2020. Nel caso delle estensioni opzionali restano i limiti chilometrici previsti.

L’estensione di garanzia di tre mesi sulle garanzie Volkswagen in scadenza è valida per tutte le auto del marchio di Wolfsburg prodotte in Europa o per il mercato europeo.

Volkswagen: la gamma e i prezzi

  • Volkswagen up! da 13.600 euro
  • Volkswagen e-up! da 23.350 euro
  • Volkswagen Polo da 16.950 euro
  • Volkswagen Golf da 27.100 euro
  • Volkswagen e-Golf da 32.950 euro
  • Volkswagen Golf Variant da 22.950 euro
  • Volkswagen Passat da 34.000 euro
  • Volkswagen Passat Variant da 35.000 euro
  • Volkswagen Arteon da 50.900 euro
  • Volkswagen Touran da 33.500 euro
  • Volkswagen Sharan da 45.300 euro
  • Volkswagen T-Cross da 19.200 euro
  • Volkswagen T-Roc da 24.000 euro
  • Volkswagen T-Roc Cabriolet da 29.900 euro
  • Volkswagen Tiguan da 31.150 euro
  • Volkswagen Tiguan Allspace da 38.400 euro
  • Volkswagen Touareg da 61.700 euro
  • Volkswagen Caddy da 24.470 euro
  • Volkswagen Multivan da 39.720 euro

L’articolo Volkswagen e coronavirus: prolungate di tre mesi le garanzie in scadenza proviene da Icon Wheels.

Fonte: