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F1 GP Monaco 2001: l’ultima vittoria di Schumacher a Monte Carlo
Il GP di Monaco del 2001 è stato l’ultimo Gran Premio di F1 vinto da Michael Schumacher a Monte Carlo. Scopriamo insieme la storia di questa corsa, una gara che ha visto anche l’ultima pole position di David Coulthard e il primo podio della Jaguar.
F1 – GP Monaco 2001: la storia dell’ultima vittoria di Schumacher a Monte Carlo
Giovedì 24 maggio 2001
Durante le prove libere del GP di Monaco 2001 due team esagerano più degli altri nel proporre soluzioni aerodinamiche originali: la Arrows piazza una gigantesca ala sul muso mentre la Jordan mette uno spoiler davanti al guidatore (una specie di Halo ante litteram). Entrambe le proposte vengono vietate in qualifica e in gara.
Sabato 26 maggio 2001
Coulthard disputa le qualifiche della vita con la McLaren e ottiene l’ultima pole position della sua carriera davanti a Schumacher (Ferrari) e al finlandese Mika Häkkinen (McLaren).
Domenica 27 maggio 2001
Nonostante la pole position ottenuta il giorno prima Coulthard è costretto a partire dal fondo dopo che la sua McLaren rimane ferma in griglia durante il giro di ricognizione. All’ottavo giro si ritrova 18° dietro a Enrique Bernoldi (Arrows) e riesce a superare il pilota brasiliano solo nella 42° tornata compromettendo così la propria gara.
Schumacher conquista la testa della corsa e la mantiene fino alla bandiera a scacchi (se si escludono due giri con il compagno brasiliano Rubens Barrichello – secondo al traguardo – davanti a tutti per motivi di pit-stop). Decisamente più intensa la lotta per la terza piazza: Häkkinen (secondo fino al 13° giro) è costretto al ritiro per un problema alle sospensioni e al 57° giro il tedesco Ralf Schumacher (terzo fino a quel momento con la Williams) regala l’ultimo gradino del podio al britannico Eddie Irvine (Jaguar) a causa di un problema al motore. Si tratta del primo piazzamento in “top 3” della storia per il team inglese.
Il successo di Michael Schumacher nel GP di Monaco 2001 arriva in un periodo felicissimo per la Ferrari ma bisognerà aspettare sedici anni (Sebastian Vettel nel 2017) per vedere un’altra monoposto del Cavallino trionfare nel Principato.
La classifica del GP di Monaco 2001
Michael Schumacher (Ferrari) | 1h47:22.561 |
Rubens Barrichello (Ferrari) | + 0,4 s |
Eddie Irvine (Jaguar) | + 30,7 s |
Jacques Villeneuve (BAR) | + 32,5 s |
David Coulthard (McLaren) | + 1 giro |
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Seat Leon Cupra VS Volkswagen Golf GTI TCR: Icon Wheels FACEOFF
La Seat Leon Cupra e la Volkswagen Golf TCR hanno davvero tantissimo in comune: stesso telaio, stesso motore, stesso cambio. Entrambe fanno parte della schiera di sportive compatte a trazione anteriore, e con circa 300 CV e 5 porte sono pratiche e velocissime.
Vediamo il confronto dei dati delle due hot hatches nel nostro FACE-OFF.
In breve
Volkswagen Golf GTI TCR
Potenza | 290 CV |
Coppia | 380 Nm |
Peso | 1410 kg |
Prezzo | 39.900 euro |
Seat Leon Cupra
Potenza | 290 CV |
Coppia | 380 Nm |
Peso | 1431 kg |
Prezzo | 37.400 |
Dimensioni
La Volkswagen Golf GTI TCR è la più compatta e la più alta delle due, anche se di poco. Con 427 cm di lunghezza, 148 di altezza e 179 di larghezza è rispettivamente 1 cm più corta, 3 più stretta e 4 più alta della Seat Leon Cupra.
Anche il passo è leggermente più corto: 262 cm contro i 264 di quello della Seat Leon Cupra.
Con 1410 kg di peso, poi, la tedesca risulta più leggera di 21 kg rispetto alla cugina spagnola.
Il bagagliaio di 380 litri, invece, risulta identico per entrambe.
Insomma la Volkswagen risulta più compatta e più leggera, con un passo più corto che le conferisce maggiore agilità.
Potenza
Il motore che pulsa sotto il cofano di queste due auto è il medesimo quattro cilindri 2984 cc turbo TSI da 290 CV. La potenza però viene erogata a 5.400 giri nel caso della Spagnola e a 4.700 giri nel caso della tedesca. La coppia di 380 Nm, invece, viene erogata da entrambe a 1.900 giri.
Entrambe poi utilizzano una trasmissione doppia frizione a 7 rapporti.
Prestazioni
Grazie al peso inferiore la Volkswagen Golf GTI TCR scatta da 0 a 100 km/h in 5,6 secondi, mentre la Seat Leon Cupra ne impiega 6 netti. La velocità massima è limitata a 250 km/h elettronicamente per entrambe.
La Seat, però, nonostante il peso maggiore, riesce a consumare meno della Volkswagen: nel misto il consumo medio della spagnola è di 6,5 l/100 km, mentre la tedesca ne fa 6,7.
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Jaguar XE SV Project 8 Touring: 15 unità per la versione più umana
La nuova Jaguar XE SV Project 8 Touring è la nuova versione della sportiva del Giaguaro, apparentemente più discreta dell’originale, con la quale condivide gran parte della denominazione. Ne saranno prodotte solo 15 unità, ognuna delle quali monterà il già noto V8 da 5.0 litri e 600 CV che spinge anche la SV Project 8 standard.
La Jaguar XE SV Project 8 era stata svelata un paio di anni fa, e ancora oggi rimane una delle sportive di Casa Jaguar più radicali mai create. Ora arriva la sua alter ego più ‘umana’. Si fa per dire, visto che il powertrain le garantisce una coppia massima di 700 Nm e un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 3,7 secondi, con una velocità di punta di 300 km/h (limitata elettronicamente). La XE SV Project 8 su cui si basa abbassa il tempo sullo sprint 0-100 a 3,2 secondi e raggiunge i 322 km/h.
Archivio
Jaguar XE 2015
Il primo video ufficiale della nuova Jaguar XE, la berlina di segmento D che andrà a posizionarsi in basso alla gamma inglese come entry level del marchio
Come anticipato, della nuova Jaguar XE SV Project 8 Touring ne saranno prodotti soltanto 15 esemplari, la cui produzione sarà affidata al dipartimento dei progetti speciali della firma britannica. Rispetto alla Project 8 originale, si nota l’eliminazione dell’alettone posteriore, visto che in questo caso la berlina inglese, nonostante la sua potenza e le sue prestazioni è pensata più che altro per l’uso stradale. E così al posto dell’appendice è stato montato uno spoiler molto più discreto.
Un’altra delle peculiarità della Project 8 Touring riguarda la carrozzeria, che può essere verniciata con tre nuove colorazioni. Oltre all blu Velocità sarà infatti proposta anche con l’arancione Valencia e il grigio Corris.
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Lotus: tutti i modelli in listino
Poche auto fatto battere il cuore quanto una Lotus. Leggere, ridotte all’osso, esotiche ed elegantemente british. Il fondatore dell’azienda, Colin Chapman, ha costruito le sue auto intorno al concetto “less is more”. Più un’auto è leggera, migliore sarà la tenuta di strada, la maneggevolezza, e di conseguenza milgiori le prestazioni.
Dal 1952 ad oggi le Lotus sono cambiate, ma la filosofia rimane la stessa: dalla Lotus Seven, alla Elan, per finire con le ultime e potenti Exige V6 e le più “comode” Evora.
Vediamo insieme quali sono gli attuali modelli Lotus in listino.
Lotus Elise
La Lotus Elise è forse l’auto più iconica del brand e che meglio rappresenta la sua filosofia. Scomoda, compatta (è larga 1,7 metri e lunga 3,8), ma soprattutto leggera come una piuma (pesa meno di 900 kg) e priva di ogni orpello superfluo.
La seduta è rasoterra, non c’è servosterzo, e scordatevi i beni di lusso: l’Elise è fatta per essere guidata.
La trazione è posteriore, mentre il cambio è un manuale a 6 rapporti. Tutti i motore sono 1,8 litri – montati centralmente – con potenze ce vanno dai 220 Cv ai 245 Cv della versione Cup. Grazie al peso leggero, lo scatto da 0 a 100 km/h avviene in soli 4,6 secondi, che diventano 4,3 per la versione più potente.
Prezzo da 54.200 euro
Potenza | 220 CV |
Coppia | 250 Nm |
Lotus Exige S e S Roadster
Tempo fa la Lotus Exige era solo una Elise più estrema e con più alettoni, oggi è tutt’altra bestia. Sempre leggera, sempre a motore centrale, ma con delle spalle più larghe e un motore più grosso.
Dietro i sedili, infatti, pulsa un V6 3,5 litri da 350 CV (410 e 460 CV nel caso delle versioni Sport e Sport Cup). Il peso della Exige non è certo come quello della Elise, ma con poco più di 1000 kg all’attivo non si può certo dire pesante. Lo scatto da 0 a 100 km/h avviene in 4,0 secondi, che diventano 3,3 per la versione Sport Cup. Per renderle giustizia, portatela in pista.
Prezzo da 81.820 euro
Potenza | 351 CV |
Coppia | 400 Nm |
Lotus Evora
L’Evora è la “sportiva comoda” secondo Lotus, nonché rivale della Porsche Cayman. La struttura rimane simile a quella delle sorelline: motore centrale, trazione posteriore e peso contenuto; ma a differenza delle altre due, la Evora vanta interni più curati e due posti striminziti per i passeggeri posteriori.
Il motore è lo stesso 3,5 litri V6 che troviamo sulla Exige, ma con potenze di 400, 416 e 440 Cv a seconda delle versioni. 0 -100 km/h da 4,2 a 3,8 secondi. Perfetta per sia per la pista che per la vita di tutti i gironi.
Prezzo da 102.120 euro
Potenza | 405 CV |
Coppia | 410 Nm |
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Jaguar F-Type Convertibile
La Jaguar F-Type Convertibile – nata nel 2013, sottoposta a un restyling nel 2017 e disponibile a trazione posteriore o integrale – è la variante spider della supercar britannica.
Jaguar F-Type Convertibile: gli esterni
La Jaguar F-Type Convertibile è una delle spider più sexy in circolazione: cofano lungo, frontale aggressivo ed elegante al tempo stesso, coda corta e una raffinata capote in tela (disponibile in quattro colori) che si apre e si chiude in 12 secondi fino a una velocità di 50 km/h.
Jaguar F-Type Convertibile: gli interni
Nell’abitacolo della Jaguar F-Type Convertibile, costruito con grande cura, troviamo la bocchetta d’aerazione centrale a scomparsa che si ritira dopo l’uso e sedili leggeri con una struttura in magnesio che occupano meno spazio e contribuiscono a ridurre il peso della vettura.
Jaguar F-Type Convertibile: i motori
La gamma motori della Jaguar F-Type Convertibile è composta da cinque unità sovralimentate a benzina:
- un 2.0 turbo benzina da 300 CV
- un 3.0 V6 a benzina con compressore volumetrico da 340 CV
- un 3.0 V6 a benzina con compressore volumetrico da 380 CV
- un 5.0 V8 a benzina con compressore volumetrico da 551 CV
- un 5.0 V8 a benzina con compressore volumetrico da 575 CV
Jaguar F-Type Convertibile: gli allestimenti
Gli allestimenti della Jaguar F-Type Convertibile sono cinque: “base”, R-Dynamic, Chequered Flag, R e SVR.
Jaguar F-Type Convertibile
La dotazione di serie della Jaguar F-Type Convertibile comprende: scarichi sportivi attivi, modalità Dynamic, frenata d’emergenza, spoiler posteriore estraibile su bagagliaio, fari allo xeno con luci a LED caratteristiche, luci di coda a LED, parabrezza anti-infrarossi, sedili Sport con rivestimenti in pelle e tessuto scamosciato, sedili elettrici anteriori a 6 regolazioni, volante in pelle a tre razze con levette di selezione marce argento (solo cambio automatico), console centrale in alluminio zigrinato, touch screen da 10” impianto audio Meridian Sound System, Navigation Pro, sensori di parcheggio anteriori e posteriori e telecamera posteriore. Le varianti da 300 CV e 340 CV hanno anche le sospensioni passive, il differenziale aperto con Torque Vectoring, i cerchi in lega da 18” e i freni anteriori da 355 mm e posteriori da 325 mm con pinze dei freni argento. Sulla versione da 380 CV troviamo invece l’Adaptive Dynamics, il differenziale a slittamento limitato con Torque Vectoring, i cerchi in lega da 19, i freni anteriori da 380 mm e posteriori da 325 mm con pinze dei freni nere e la trazione integrale (optional).
Jaguar F-Type Convertibile R-Dynamic
La Jaguar F-Type Convertibile R-Dynamic costa 4.920 euro più della “base” a parità di motore e aggiunge: scarichi sportivi attivi, Design Pack in Gloss Black, fari a LED con luci diurne caratteristiche, console centrale in alluminio Delta e soglie d’ingresso R-Dynamic. Senza dimenticare in cerchi in lega da 19” sulle versioni da 300 e 340 CV e da 20” su quelle da 380 CV.
Jaguar F-Type Convertibile Chequered Flag
La Jaguar F-Type Convertibile Chequered Flag costa 8.590 più della R-Dynamic a parità di motore e offre: Exterior Black Design Pack con minigonne laterali estese, tetto a contrasto Black, cerchi da 20” Style 6003 a 6 razze doppie con finitura Gloss Black, pinze dei freni rosse, badge anteriore e posteriore “Chequered Flag”, interni in pelle Windsor Ebony con cuciture Pimento Red o Cirrus, rivestimento del padiglione in tessuto scamosciato Ebony, sedili Performance con logo “Chequered Flag” a rilievo, cinture di sicurezza rosse, volante riscaldato con logo “Chequered Flag” e contrassegno rosso al centro in alto, tappetinio con logo “Chequered Flag” ricamato, finitura della console in alluminio Black Brushed e soglie d’ingresso in metallo illuminate a luce rossa.
Jaguar F-Type Convertibile R
La dotazione di serie della Jaguar F-Type Convertibile R comprende: trazione integrale, freni anteriori da 380 mm e posteriori da 376 mm con pinze dei freni rosse, differenziale attivo a controllo elettronico con Torque Vectoring, modalità Configurable Dynamics, cerchi in lega da 20”, pedali in metallo lucidato, interni in pelle Windsor, sedili R Performance, sedili elettrici anteriori a 12 regolazioni con funzione memoria, volante in pelle a tre razze con logo R e levette di selezione marce Silver, console centrale in alluminio Linear Vee con logo R, illuminazione interna d’ambiente configurabile e deflettore.
Jaguar F-Type Convertibile SVR
La Jaguar F-Type Convertibile SVR offre in più rispetto alla R: terminali di scarico leggeri in titanio e Inconel, cerchi in lega forgiati da 20” aerodinamica riprogettata, spoiler posteriore aerodinamico in fibra di carbonio, sedili SVR Performance, rivestimento del padiglione in tessuto scamosciato, volante in pelle riscaldabile con logo SVR e levette di selezione marce in alluminio e console centrale in alluminio Dark Brushed con logo SVR.
Jaguar F-Type Convertibile: gli optional
La dotazione di serie della Jaguar F-Type Convertibile andrebbe a nostro avviso arricchita con il Blind Spot Monitor con monitoraggio posteriore del traffico (461 euro). Sulle versioni “base” e R-Dynamic aggiungeremmo i retrovisori riscaldabili e ripiegabili elettricamente (240 euro, ci vorrebbero anche sulla Chequered Flag) e la vernice metallizzata (1.155 euro). La tinta metallizzata starebbe bene anche sulla R insieme al Park Assist (306 euro, consigliato anche su Chequered Flag e SVR).
Jaguar F-Type Convertibile: i prezzi
Motori a benzina
- Jaguar F-Type Convertibile 2.0 71.630 euro
- Jaguar F-Type Convertibile 2.0 R-Dynamic 76.550 euro
- Jaguar F-Type Convertibile 2.0 Chequered Flag 85.140 euro
- Jaguar F-Type Convertibile 3.0 V6 80.860 euro
- Jaguar F-Type Convertibile 3.0 V6 R-Dynamic 85.780 euro
- Jaguar F-Type Convertibile 3.0 V6 aut. 83.420 euro
- Jaguar F-Type Convertibile 3.0 V6 aut. R-Dynamic 88.340 euro
- Jaguar F-Type Convertibile 3.0 V6 aut. Chequered Flag 96.930 euro
- Jaguar F-Type Convertibile 3.0 V6 380 CV 95.410 euro
- Jaguar F-Type Convertibile 3.0 V6 380 CV R-Dynamic 100.340 euro
- Jaguar F-Type Convertibile 3.0 V6 380 CV aut. 97.980 euro
- Jaguar F-Type Convertibile 3.0 V6 380 CV aut. R-Dynamic 102.900 euro
- Jaguar F-Type Convertibile 3.0 V6 380 CV aut. Chequered Flag 110.080 euro
- Jaguar F-Type Convertibile 3.0 V6 380 CV AWD 104.130 euro
- Jaguar F-Type Convertibile 3.0 V6 380 CV AWD R-Dynamic 109.050 euro
- Jaguar F-Type Convertibile 3.0 V6 380 CV AWD Chequered Flag 116.230 euro
- Jaguar F-Type Convertibile R 132.120 euro
- Jaguar F-Type Convertibile SVR 155.700 euro
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Edoardo Bianchi: non solo bici
Edoardo Bianchi – fondatore della Bianchi (la più antica fabbrica di biciclette ancora in attività) – è noto soprattutto per i suoi mezzi a due ruote dotati di pedali (capaci di vincere, tra le altre cose, 12 Giri d’Italia, 3 Tour de France e 5 Mondiali su strada).
Non tutti sanno, però, che questo geniale imprenditore (e inventore) milanese – capace di costruire un impero partendo dal nulla – si è cimentato anche con le moto e con le auto: scopriamo insieme la sua storia.
Edoardo Bianchi: la storia
Edoardo Bianchi nasce il 17 luglio 1865 a Milano. A sette anni entra al Martinitt (istituzione del capoluogo lombardo dedicata all’accoglienza degli orfani) e lì impara i rudimenti della meccanica.
Nasce la Bianchi
Nel 1885 – a soli 20 anni – Edoardo Bianchi fonda l’azienda che ancora oggi porta il suo nome e inizia a produrre biciclette “safety”, più facili da condurre rispetto ai bicicli grazie al diametro della ruota anteriore ridotto, alla catena e ai pedali posizionati più in basso.
Tre anni più tardi realizza la prima bici dotata di gomme pneumatiche e nel 1895 costruisce una bicicletta da donna per la Regina Margherita di Savoia dopo essere stato invitato a corte alla Villa Reale di Monza.
Non solo bici
Edoardo Bianchi espande la propria attività nel 1899 e inizia a produrre moto e auto di lusso. I primi modelli a quattro ruote della Casa lombarda conquistano molti clienti facoltosi, sedotti soprattutto da alcune “chicche” comprese nel prezzo (un cassettino degli attrezzi, un corso di guida della durata di un paio di giorni e – soprattutto – un servizio di riparazione a domicilio).
Risale allo stesso anno la prima vittoria sportiva di una bici Bianchi: merito di Gian Ferdinando Tomaselli, primo al Grand Prix de La Ville di Parigi.
Innovazioni di inizio secolo
Il XX secolo della Bianchi si apre con due innovazioni importanti realizzate da Edoardo: la trasmissione a cardano (lanciata nel 1901) e i freni anteriori (1913).
L’azienda milanese è sempre più grande – nel 1914 produce 45.000 bici, 1.500 moto e 1.000 auto – ma è costretta a concentrarsi sulle forniture militari in seguito allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Degna di nota l’antesignana della mountain-bike ideata nel 1915 e affidata ai Bersaglieri dell’Esercito Regio: gomme pneumatiche di grande sezione, telaio pieghevole e sospensioni su entrambe le ruote.
Meno lusso
Nel primo dopoguerra il mercato automobilistico italiano è in profonda crisi e questo porta Edoardo Bianchi a concentrarsi sulle moto e su auto meno costose.
Una scelta azzeccata per quanto riguarda le due ruote (merito anche delle vittorie sportive: nel 1925 un certo Tazio Nuvolari in sella a una Bianchi si laurea campione europeo nella classe 350), molto meno riuscita nel settore auto: con la S9 del 1934 si chiude l’avventura della Casa lombarda.
Bici in primo piano
Nella seconda metà degli anni ’30 Edoardo Bianchi decide di concentrarsi soprattutto sulle bici: nel 1935 la produzione arriva a oltre 70.000 esemplari e cinque anni più tardi un giovane ciclista di nome Fausto Coppi porta a casa il Giro d’Italia in sella a una Bianchi. Senza dimenticare il record dell’ora del 1942.
Durante la Seconda Guerra Mondiale la Bianchi riesce a risollevarsi dalla crisi grazie alle commesse militari (autocarri, soprattutto) ma la situazione peggiora al termine del conflitto, anche per via della morte di Edoardo (scomparso il 3 luglio 1946 a Varese dopo un incidente stradale).
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BMW M8 Competition Coupé e Cabrio: il top del top
La BMW Serie 8 riceve in gamma le sue due proposte più radicali: la BMW M8 Competition Coupé e la BMW M8 Competition Cabrio, a cui si unirà prossimamente la M8 Gran Coupé. In entrambi i casi sotto al cofano trova posto il motore V8 da 4,4 litri M TwinPower Turbo, in grado di erogare fino a 625 CV di potenza (+ 25 CV rispetto alla BMW M8 standard) e una coppia massima di 750 Nm. Abbinata a questa unità c’è la trasmissione M Steptronic a 8 rapporti, mentre il sistema di trazione integrale è lo stesso della BMW M5, con 3 modalità d guida: 4WD, 4WD Sport e 2WD (trazione posteriore).
In quanto ad accelerazione, la BMW M8 Competition Coupé raggiunge i 100 km/h in 3,2 secondi, mentre la variante decappottabile impiega solo 1 decimo di secondo in più. La velocità massima, in entrambi i casi è limitata elettronicamente a 250 km/h, salvo il caso del pacchetto M Driver che eleva la velocità di punta a 305 km/h.
Esteticamente le differenze tra la M8 Competitoon Coupé e Cabrio rispetto alla M8 convenzionale sono abbastanza evidenti. Il frontale è più aggressivo, sia per le sue linee che per la presenza di prese d’aria più grandi, mentre al posteriore la fa da protagonista l’alettone in carbonio e il sistema di scarico con 4 terminali, il cui sound è regolabile grazie al sistema M Sound Control.
All’interno tanto la M8 Competition Coupé quanto la Cabrio, offrono nuovi sedili, pulsanti speciali, stemmi M8 personalizzati e alcune grafiche del quadro strumenti e del sistema di infotainment elaborate apposta per questa versione. Il bagagliaio offre 420 litri di carico per la versione Coupé e 350 litri per la Cabrio. Altra novità interessante è la possibilità di scegliere tra le diverse modalità di guida: Road, Sport e Track.
Per quanto riguarda il reparto high-tech, le BMW M8 Competition avranno in dotazione il quadro strumenti digitale, da 12,3 pollici BMW Live Cockpit Professional con schermo da 10,25 pollici e il BMW Intelligent Personal Assist che risponde a comandi vocali con linguaggio naturale.
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Glossario della guida sportiva: la posizione di guida
I film americani non sono mai stati buoni insegnanti: “piloti” che guidano con un braccio lungo sul volante, mentre l’altro che armeggia con il cambio. Non è una posizione di guida da imitare, è uno scempio.
La posizione di guida giusta, non solo nella guida sportiva, è importantissima. Quando si corre in pista o si va forte, è fondamentale.
Personalmente, spendo svariati minuti ogni volta che salgo su una nuova macchina per trovare la seduta giusta, e non riesco a “correre” finché non mi sento a mio agio.
Questo perché le braccia si devono muovere libere di muoversi, senza sforzo; devo raggiungere i pedali con la giusta flessione delle game, e soprattutto devo essere ben saldo con fianchi e spalle.
Solo così mi sento in una situazione di controllo.
Ma andiamo per gradi.
Lo schienale è il primo elemento da regolare: dev’essere abbastanza dritto e piuttosto vicino (ma non troppo) al volante, in modo da lasciarvi le gambe flesse quanto basta per poter sfruttare tutto l’affondo dei pedali senza farvi venire i crampi.
Il volante poi dev’essere regolato di conseguenza, abbastanza alto da consentirvi un’impugnatura “nove e un quarto” naturale sul volante, e abbastanza vicino da permettervi di muovere le braccia liberamente senza mai tenderle anche quando c’è bisogno di sterzare parecchio.
Le braccia tese, infatti, non consentono un perfetto controllo del volante e bisogna applicare più forza per sterzare.
Insomma, la posizione di guida corretta è il punto di partenza della guida sportiva: senza una giusta posizione non si possono utilizzare i comandi dell’auto al loro meglio e quindi avere la situazione sotto controllo.
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Mondiale F1 2019, GP Canada a Montréal: gli orari TV su Sky e TV8
Il GP del Canada a Montréal – settima tappa del Mondiale F1 2019 – sarà trasmesso in diretta su Sky e in differita su TV8 (di seguito troverete gli orari TV).
Su un tracciato abbastanza favorevole alle Ferrari le Mercedes faranno di tutto per ottenere la settima vittoria nelle prime sette prove stagionali.
F1 2019 – GP Canada: cosa aspettarsi
Il circuito di Montréal – sede del GP del Canada – è un tracciato veloce adatto al motore della Ferrari (ma non agli pneumatici, molto sollecitati in frenata e in uscita di curva): una pista che penalizza le vetture che consumano molta benzina.
Partire bene qui è molto importante visto che negli ultimi sei anni solo Daniel Ricciardo nel 2014 è stato capace di trionfare a Montréal senza scattare dalla pole position. Di seguito troverete il calendario del Gran Premio di Formula 1, gli orari TV su Sky e TV8 e il nostro pronostico.
F1 2019 – Montréal, il calendario e gli orari TV su Sky e TV8
Venerdì 7 giugno 2019
16:00-17:30 | Prove libere 1 (diretta su Sky Sport F1) |
20:00-21:30 | Prove libere 2 (diretta su Sky Sport F1) |
Sabato 8 giugno 2019
17:00-18:00 | Prove libere 3 (diretta su Sky Sport F1) |
20:00-21:00 | Qualifiche (diretta su Sky Sport F1, differita alle 21:30 su TV8) |
Domenica 9 giugno 2019
20:10 | Gara (diretta su Sky Sport F1, differita alle 21:30 su TV8) |
F1 – I numeri del GP del Canada
LUNGHEZZA CIRCUITO | 4.361 m |
GIRI | 70 |
RECORD IN PROVA | Sebastian Vettel (Ferrari SF71H) – 1’10″764 – 2018 |
RECORD IN GARA | Rubens Barrichello (Ferrari F2004) – 1’13″622 – 2004 |
RECORD DISTANZA | Michael Schumacher (Ferrari F2004) – 1h28’24″803 – 2004 |
F1 – Il pronostico del GP del Canada 2019
1° Lewis Hamilton (Mercedes)
Secondo i bookmaker Lewis Hamilton vincerà il GP del Canada e anche secondo noi. Il leader del Mondiale F1 2019 ama molto Montréal: sei vittorie, sette podi totali, sei pole position e sempre in “top 5” in qualifica.
Il pilota britannico della Mercedes è reduce da quattro successi e due secondi posti nelle prime sei corse dell’anno e secondo noi domenica consoliderà il primato iridato.
2° Valtteri Bottas (Mercedes)
Valtteri Bottas non ha mai vinto in Canada ma da quattro anni sale regolarmente sul podio di Montréal.
Il driver finlandese ha iniziato il Mondiale F1 2019 alla grande con due vittorie e sei podi nei primi sei appuntamenti stagionali e ha buone possibilità di proseguire questa striscia.
3° Sebastian Vettel (Ferrari)
I precedenti di Sebastian Vettel nel GP del Canada? Molto positivi: due vittorie (l’ultima lo scorso anno), quattro pole position e cinque podi totali.
Quest’anno, però, non sembra in grado di contrastare la supremazia Mercedes: ha chiuso sempre in “top 5” tutte le gare del Mondiale F1 2019 ma il primo posto manca ormai da troppo tempo (oltre nove mesi).
Da tenere d’occhio: Max Verstappen (Red Bull)
Anche Max Verstappen, come Vettel, ha mostrato una grande continuità nelle prime sei prove del Mondiale F1 2019 con sei piazzamenti in “top 5”.
Il pilota olandese, però, non ama particolarmente i tracciati veloci come quello di Montréal: l’unico risultato rilevante ottenuto nel GP del Canada è il terzo posto dello scorso anno.
La squadra da seguire: Mercedes
Tre vittorie e sei anni di seguito con almeno una monoposto sul podio: è questo il palmarès della Mercedes nel GP del Canada.
Il Mondiale F1 2019 delle frecce d’argento è iniziato alla grandissima (sei vittorie su sei e sempre due auto sul podio) e proseguirà molto probabilmente allo stesso modo.
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McLaren, la storia
Per raccontare la storia della McLaren bisogna necessariamente partire dalla scuderia di F1, fondata all’inizio degli anni ’60 da un giovane pilota 26enne e diventata la seconda più vincente (per numero di GP) del Circus dietro solo alla Ferrari.
La McLaren, però, è molto di più della Formula 1: la Casa britannica ha infatti vinto in quasi tutte le categorie del motorsport e negli ultimi 25 anni ha realizzato capolavori di serie. Scopriamo insieme la storia di questo marchio.
McLaren: la storia
La McLaren nasce ufficialmente nel 1963 come scuderia grazie al giovane pilota (26 anni) neozelandese Bruce McLaren. Il team debutta in F1 nel 1966 – con una monoposto guidata da Bruce – con un ritiro a Monte Carlo e conquista i primi punti grazie a un sesto posto in Gran Bretagna.
Le prime vittorie: F1 e Can-Am
La McLaren inizia a farsi notare nelle corse grazie ai cinque successi consecutivi nel campionato Can-Am tra il 1967 e il 1971 (due con Bruce, due con il neozelandese Denny Hulme e uno con lo statunitense Peter Revson) mentre le prime soddisfazioni in F1 arrivano nel 1968: primo podio (Bruce secondo in Spagna), prima vittoria (sempre con Bruce in Belgio) e altri due successi con Hulme in Italia e in Canada.
I successi e la tragedia
Nel 1969 Hulme conquista il GP del Messico e la McLaren realizza la sua prima auto stradale: la M6GT, derivata dalla M6A dominatrice due anni prima del campionato Can-Am e dotata di un motore 5.7 V8 Chevrolet.
La vettura viene realizzata in un solo esemplare e il progetto di costruirne 250 si interrompe in seguito alla morte di Bruce McLaren, scomparso il 2 giugno 1970 sul circuito di Goodwood (Regno Unito) durante un test.
La risalita
La McLaren torna a vincere in F1 nel 1972 grazie a Hulme (primo in Sudafrica) e nello stesso anno lo statunitense Mark Donohue si aggiudica la 500 Miglia di Indianapolis. Altre tre vittorie nel Circus arrivano nel 1973 grazie a Revson (Gran Bretagna e Canada) e a Hulme (Svezia).
I primi Mondiali
Il 1974 è l’anno in cui la McLaren si aggiudica per la prima volta il Mondiale F1: il brasiliano Emerson Fittipaldi si laurea campione del mondo tra i piloti con tre successi (Brasile, Belgio e Canada) e Hulme contribuisce al primo titolo Costruttori vincendo in Argentina. Nello stesso anno arriva anche il secondo trionfo a Indianapolis grazie allo statunitense Johnny Rutherford (che bissa il successo nel 1976).
Il britannico James Hunt conquista il Mondiale F1 1976 (una stagione raccontata nel film “Rush”) grazie a sei vittorie: Spagna, Francia, Germania, Olanda, Canada e USA Est.
Arriva Ron Dennis
La svolta per la McLaren arriva nel 1981 con l’ingresso di Ron Dennis come team principal: nasce la MP4/1 – la prima monoposto di F1 di sempre con telaio in fibra di carbonio – e la scuderia torna a vincere dopo quattro anni di digiuno grazie al britannico John Watson primo in Gran Bretagna.
Lauda e Prost
Nel 1982 viene ingaggiato l’austriaco Niki Lauda (due GP vinti – USA Ovest e Gran Bretagna – che si aggiungono ai due conquistati da Watson: Belgio e USA Est). Watson sale sul gradino più alto del podio anche nel GP degli USA Est nel 1983.
Lauda diventa campione del mondo F1 nel 1984 con cinque vittorie (Sudafrica, Francia, Gran Bretagna, Austria e Italia) con mezzo punto di vantaggio sul compagno francese Alain Prost (sette volte primo: Brasile, San Marino, Monte Carlo, Germania, Olanda, Europa e Portogallo). I due regalano alla McLaren, dopo dieci anni, il titolo Costruttori.
Nel 1985 arriva un’altra doppietta iridata, questa volta con Prost che si laurea campione del mondo con cinque successi (Brasile, Monte Carlo, Gran Bretagna, Austria e Italia) e con Lauda vincitore in Olanda mentre l’anno seguente Prost è ancora una volta campione iridato con quattro trionfi (San Marino, Monte Carlo, Austria e Australia).
Gli anni d’oro
Tra il 1988 e il 1991 la McLaren domina il Mondiale F1 con otto Mondiali (quattro Piloti e quattro Costruttori). Nel 1988 la scuderia inglese ottiene 15 successi in 16 gare – otto con il campione del mondo, il brasiliano Ayrton Senna (San Marino, Canada, USA, Gran Bretagna, Germania, Ungheria, Belgio e Giappone) e sette con Prost (Brasile, Monte Carlo, Messico, Francia, Portogallo, Spagna e Australia) – mentre l’anno successivo si deve “accontentare” di dieci vittorie: quattro con l’iridato Prost (USA, Francia, Gran Bretagna e Italia) e sei con Senna (San Marino, Monte Carlo, Messico, Germania, Belgio e Spagna).
Nel 1990 Senna bissa il titolo iridato (vincitore di sei Gran Premi: USA, Monte Carlo, Canada, Germania, Belgio e Italia) e si ripete nel 1991 con sette successi (USA, Brasile, San Marino, Monte Carlo, Ungheria, Belgio e Australia, più il trionfo dell’austriaco Gerhard Berger in Giappone).
La McLaren F1
Nel 1992 nasce la McLaren F1, la vettura stradale più famosa di sempre della Casa britannica ma soprattutto una delle auto più evolute del XX secolo. Sviluppata da Gordon Murray (13 Mondiali Formula 1 come progettista per Brabham e Williams) e prodotta in 106 esemplari (di cui 72 destinati a uso stradale), è la prima automobile di sempre con scocca in fibra di carbonio.
Motore 6.1 V12 aspirato di origine BMW da 627 CV (680 per le versioni LM), abitacolo con tre sedili (e quello centrale destinato al guidatore) e tre bagagliai (uno anteriore e due laterali ricavati nella zona davanti alle ruote posteriori): queste le caratteristiche principali della supercar inglese, capace di aggiudicarsi nel 1995 (con la variante GTR guidata dal francese Yannick Dalmas, dal finlandese JJ Lehto e dal giapponese Masanori Sekiya) nientepopodimeno che la 24 Ore di Le Mans.
L’era Häkkinen
La McLaren torna a vincere dei GP nel 1997 dopo quattro anni di digiuno grazie al britannico David Coulthard (primo in Australia e in Italia) e al finlandese Mika Häkkinen (Europa). Il driver scandinavo si laurea campione del mondo l’anno seguente con otto successi (Australia, Brasile, Spagna, Monte Carlo, Austria, Germania, Lussemburgo e Giappone) e regala alla scuderia britannica l’ultimo titolo Costruttori della sua storia grazie anche alla prima piazza rimediata da Coulthard a San Marino.
Häkkinen porta a casa anche il Mondiale 1999 salendo sul gradino più alto del podio in cinque occasioni: Brasile, Spagna, Canada, Ungheria e Giappone.
L’ultimo Mondiale
Il terzo millennio della McLaren si apre con lo sviluppo della supercar Mercedes SLR, lanciata nel 2003. Risale invece al 2008 l’ultimo Mondiale F1 conquistato dal team britannico: merito dell’inglese Lewis Hamilton, campione del mondo Piloti con cinque vittorie (Australia, Monte Carlo, Gran Bretagna, Germania e Cina). L’anno seguente Ron Dennis lascia il Circus per concentrarsi sulle auto di serie.
Le auto di serie
Gli anni ’10 del XX secolo vedono la McLaren impegnata più nella produzione di serie che in F1 (l’ultimo GP vinto risale al 2012 con il britannico Jenson Button in Brasile).
Nel 2011 vede la luce la MP4-12C (la prima McLaren stradale di sempre progettata, disegnata e costruita in casa) dotata di un motore 3.8 V8 biturbo da 600 CV mentre risale al 2013 il lancio della P1, una supercar ibrida con tecnologia derivata dalla Formula 1 prodotta in 375 esemplari e in grado di generare una potenza totale di 916 CV.
L’ultima sportiva di rilievo realizzata dal brand inglese è la Senna del 2018: destinata agli amanti del piacere di guida e prodotta in 500 esemplari, monta un motore 4.0 V8 biturbo da 800 CV.
L’articolo McLaren, la storia proviene da Icon Wheels.