Monthly Archives: Maggio 2019
BMW M5 Edition 35: compleanno esclusivo per l’ultra berlina di Monaco
La mitica berlina sportiva bavarese, la BMW M5, inizia a invecchiare. Compie 35 anni e per celebrare il suo avvento nel segmento delle sportive comode, la Casa di Monaco le dedica una versione speciale, limitata, denominata Edition 35. Ne saranno prodotte solo 350 unità, la cui esclusività sarà data da rifiniture esterne e interne inedite e dal motore più potente della gamma.
Segni di riconoscimento
Esteticamente la nuova BMW M5 Edition 35 – che si basa sull’ultima generazione della BMW Serie 5 – si riconosce per i diversi dettagli elaborati dalla divisione per le personalizzazioni BMW Individiual. La carrozzeria è verniciata in Frozen Dark Grey a contrasto con i cerchi in lega da 20 pollici e dettagli in Graphite Grey che lasciano a vista i freni BMW M in carboceramica e le pinze in nero lucido. Come optional le pinze potranno sfoggiare anche la colorazione dorata ancora più sgargiante.
Dentro: tra lusso e sportività
Lusso, comfort e sportività caratterizzano anche l’abitacolo ella BMW M5 Edition 35 con i sedili multifunzione BMW Individual Merino rivestiti in pelle nera con dettagli in beige a contrasto. I battitacco, la console centrale e il pannello degli strumenti sono invece rivestiti in carbonio con una finitura dorata. In diversi angoli dell’abitacolo si trovano inoltre zone illuminate che mettono in evidenza il numero dell’esemplare della serie limitata.
Come base meccanica di partenza è stato preso il noto V8 BMW M TwinPower Turbo (lo stesso della M5 Competition) da 625 CV e 750 Nm di coppia, abbinato alla trasmissione automatica ad otto rapporti al sistema di trazione integrale M xDrive, che permette alla M5 Edition 35 di scattare da 0 a 100 km/h in 3,3 secondi.
Anteprime
BMW M5 Competition 2018
Performance ancora più elevate per l’ammiraglia sportiva bavarese
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MotoGP 2019, Le Mans: gli orari tv su Sky e TV8
Archiviato il round di Jerez, la MotoGP 2019 torna in pista in Francia, sul circuito di Le Mans per il quinto appuntamento in calendario.
Sale l’attesa in questa prima giornata di prove libere che in qualche modo potrebbe già raccontarci quali sono gli equilibri in pista e gli eventuali favoriti in vista della gara di domenica pomeriggio. I riflettori sono ovviamente puntati tutti su Marc Marquez, di base favorito su tutti i circuiti della MotoGP.
Ma sarà interessante capire come si presenteranno all’appuntamento le Yamaha di Rossi e Vinales e le Ducati di Petrucci e Dovizioso, oltre alla Suzuki di Rins. Come di consueto la quinta tappa della MotoGP sarà trasmessa in chiaro su Sky Sport MotoGP e in differita su TV8.
Gli orari in pista e in TV
Venerdì 17 maggio
08:55 FP1 Moto3
09:50 FP1 MotoGP
10:50 FP1 Moto2
13:05 FP2 Moto3
14:00 FP2 MotoGP
15:00 FP2 Moto2
Sabato 18 maggio
08:55 FP3 Moto3
09:50 FP3 MotoGP
10:50 FP3 Moto2
12:30 QP Moto3
13:30 FP4 MotoGP
14:05 QP MotoGP
15:00 QP Moto2
Domenica 19 maggio
08:40 WUP Moto3, Moto2 e MotoGP
11:00 Gara Moto3 (11.45 su TV8)
12:20 Gara Moto2 (13.05 su TV8)
14:00 Gara MotoGP (14.45 su TV8)
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Ferrari 812 Superfast
La Ferrari 812 Superfast – nata nel 2017 – è la Rossa stradale più potente di sempre: la supercar di Maranello a trazione posteriore – dotata di un motore V12 da 800 CV – impiega meno di 3 secondi per accelerare da 0 a 100 km/h.
Ferrari 812 Superfast: gli esterni
Il design della Ferrari 812 Superfast riprende le forme dell’antenata F12berlinetta aggiungendo più “muscoli”. Il tutto con valori di coefficienti aerodinamici che segnano un deciso passo in avanti.
Ferrari 812 Superfast: gli interni
Gli interni della Ferrari 812 Superfast sono più “puliti” e più sportivi di quelli della F12berlinetta. La plancia – ispirata a quella della LaFerrari – si basa su una struttura orizzontale passante da parte a parte che ingloba le bocchette d’aerazione.
Ferrari 812 Superfast: il motore
Il motore della Ferrari 812 Superfast è un V12 aspirato:
- un 6.5 V12 da 800 CV
Ferrari 812 Superfast: il prezzo
Motore a benzina
- Ferrari 812 Superfast 300.308 euro
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Porsche Macan 2.0 245 CV: addio diesel, benvenuto “DUEMILA”
È vero, il diesel era un motore a noi molto caro: bassi consumi, prezzo più basso del carburante, ma è anche vero che che un motore benzina, su una Porsche, fa sempre un’altra figura.
Ed è così che sulla nuova Porsche Macan debutta un 2.0 quattro cilindri turbo da 245 CV, il che significa che la potenza è sotto la soglia del superbollo. Il cambio automatico (con convertitore di coppia) a otto rapporti è di serie, ma la dotazione non è per niente ricca (manche anche il cruise control) quindi il prezzo s’impenna inevitabilmente.
Ma una Porsche è una Porsche, e la Macan ha appeal da vendere anche quando è spenta. Non sono convinto della barra a LED unita al posteriore, che va tanto di moda, ma di notte conferisce all’auto un aspetto molto da navicella spaziale.
SCHEDA TECNICA
Dimensioni | 460 – 192 – 162 (cm) |
Potenza | 245 CV a 6.000 giri |
Coppia | 370 Nm a 2.000 giri |
Trasmissione | 8 marce automatica, trazone integrale |
0-100 km/h | 6,7 |
Velocità massima | 225 km/h |
Bagagliaio | 500 – 1500 litri |
Consumi | 8,1 l/100 km |
Peso | 1870 kg |
Prezzo | da 62.000 euro |
I primi chilometri con la Macan
Gli interni della nuova Porsche Macan sono più moderni, ma non futuristici, e molto simili a quelli della Panamera. Un grande schermo “cinema size” da 10,9 pollici ruba la scena, mentre i quadranti del cruscotto sono analogici, per non dire classici, eccetto quello destro che ospita uno schermo tondo da 4,8 pollici che si trasforma in quello che volete, anche in mappa del navigatore.
La qualità degli interni è totale, ci si sente coccolati e i comandi sono intuitivi e alla portata di mano. Sembra anche un’auto più piccola di quanto sia in realtà, e questo vale anche da fuori. Ma questo senso di intimità aiuta a sentirsi l’auto addosso come una tuta da ginnastica.
In città la porsche Macan si rivela comoda, ben insonorizzata e agile. Merito anche del motore 2.0 quattro cilindri di derivazione Volkswagen Audi: è elastico e vibra poco, più piacevole del vecchio diesel, senza dubbio. Manca però un po’ di schiena, e questo si avverte soprattutto nella ripresa. Non sto dicendo che è un motore sottodimensionato, ma certo non stupisce per verve e spinta.
Il cambio automatico a 8 rapporti è veloce e dolce quanto basta, non slitta in modo fastidioso e segue il vostro pensiero. Difficile da criticare.
Dinamica di guida
Tra le curve la nuova Porsche Macan si dimostra composta, agile e sincera come la sua versione precedente. Sembra quasi di guidare una compatta sportiva. Sul fronte comfort migliora leggermente, soprattutto a livello di sospensioni, ora ancora più gentili sulle buche. Con il PDCC (il sistema di sospensioni semi-attive, optional sulla nostra vettura) all’occorrenza diventano più tese e garantiscono un controllo perfetto dell’auto. Insomma, l’anima Porsche viene fuori, e lo sterzo collegato e ben “pesato” (soprattutto in velocità) la rendono anche una vettura divertente nella guida sportiva. Peccato che il motore sia un po’ sottotono rispetto al telaio. Ha un buon allungo, ma decisamente poca coppia e spinta ai medi.
Il cambio, poi, scala marcia da solo anche in modalità manuale (con il kick down, ovvero quando si preme a fondo l’acceleratore fino al “click”), persino nel settaggio più sportivo Sport+. Si tratterebbe di un dettaglio trascurabile per gran parte delle auto, ma non per una Porsche.
La nuova Porsche Macan quindi si rivela come sempre una fantastica auto da vivere e da guidare. Il motore 2.0 litri benzina da 245 CV ha dei pregi: è silenzioso, lineare, progressivo, è anche capace di bassi consumi (14 km/l sono alla portata); insomma è ottimo per chi non ha pretese sportive. Ma per i clienti che amano le Porsche anche per la guida (e per le prestazioni), è meglio optare – almeno – per la versione S.
Cosa dice di te
Sei attento allo status, ma il piacere di guida è ancora più importante. Però la sportiva pura ti costa troppe rinunce, la versatilità è tra le tue priorità
Quanto mi costa
La Porsche Cayenne 2.0 da 245 parte da poco più di 61.000. euro, ma con gli optional è facile fare impennare il prezzo: il nostro esemplare sfiora i 100.000 euro.
Le concorrenti
In “casa” c’è l’Audi Q5, con cui condivide il pianale, mentre la BMW X3, Mercedes GLC e la Jaguar E-Pace sono le altre due concorrenti più dirette. Volendo, scendendo di prezzo, c’ anche l’Alfa Romeo Stelvio Veloce.
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DS3 Crossback, prime impressioni della SUV compatta
Design estroverso, personalizzazione estrema e tanta tecnologia in soli 4,12 metri: la DS3 Crossback è un’auto fuori dal coro, con una forte personalità, e con qualità da vera auto premium. È la prima SUV compatta della Casa francese, seconda auto “completamente DS” dopo la DS7 Crossback. Un’auto che rompe gli schemi e che offre qualcosa di diverso a chi non vuole la solita tedesca.
Che sia una DS “pura” lo si capisce subito: il suo stile sarà anche barocco e marcatamente francese, ma dice qualcosa di nuovo e senza dubbio si fa notare.
La DS3 Crossback è più scolpita, arzigogolata; offre tantissime combinazioni di tinte di carrozzeria, tetto e cerchi in lega.
La calandra enorme costellata definita da LED e spigoli si fa notare, così come la fiancata scavata “a rombo” che si congiunge poi al montante posteriore. Un po’ meno originale il posteriore, con due fari dal taglio un po’ già visto uniti da una linea cromata orizzontale che va tanto di moda.
Anche la piattaforma CMP è completamente nuova e servirà da base per le future DS e versioni – anche ibride e elettriche – del Brand.
Interni e tecnologia
L’abitacolo della DS3 Crossback è sicuramente d’impatto. Sedili e pellami sono di qualità eccelsa, così come alcune plastiche morbide e la parte superiore della plancia. Si può scegliere tra vero cuoio, Alcantara, pelli pregiate e sedili con la trama incrociata “a cinturino d’orologio”.
C’è qualche plastica più “durina” nella parte bassa delle portiere e dell’abitacolo; ma è poca roba: è il design che ruba la scena. Il tema dei rombi e ridondante, sia nella grafica del cruscotto, sia sulla plancia (dove ospitano anche i tasti soft touch). È un po’ confusionario all’inizio e ci vuole un po’ per prendere confidenza con i comandi. Detto questo, il design è certamente originale e si percepisce la cura per il dettaglio.
Su strada
La DS3 Crossback colpisce subito per il suo comfort. Le sospensioni sono leggermente più rigide di quelle morbidissime della sorella maggiore, ma se paragonate a quelle della concorrenza, affrontano le buche come se fossero fatte di panna. Anche il comfort acustico è molto elevato, grazie anche all’ottima insonorizzazione del motore tre cilindri.
Stiamo provando la versione 1.2 PureTech da 130 CV con cambio automatico EAT8, forse la più interessante per il nostro mercato insieme alla diesel. È un motore davvero brioso: pronto nella risposta, pieno nella spinta e capace pure di allungare; tanto che i 130 Cv sembrano anche di più. Non siamo riusciti a guidare abbastanza a lungo da stilare una media di consumi precisa, ma la Casa dichiara un consumo di 5,0 l/100km nel ciclo combinato.
Il volante dal design sportivo è bello da impugnare e permette di impostare le curve con pochi gradi. Ha anche il giusto peso per essere considerato “comodo” in città ma sicuro in velocità.
Insomma la DS3 Crossback è molto piacevole da guidare: l’unico appunto riguarda la visibilità, sia anteriore (disturbata dai montanti), sia posteriore (a causa del lunotto mignon e della pinna laterale); ma i sensori risolvono ampiamente l’ultimo problema.
Prezzi e motorizzazioni
Due i motori al lancio, il benzina 1.2 PureTech da 130 e 155 CV e il 1,5 diesel BlueHDi da 100 o da 130 CV. Entro la fine dell’anno arriverà anche la versione elettrica E-Tense con una batteria da 50 kw/h in grado di garantire 320 km di autonomia. La potenza del motore elettrico è di 100 kw (136 CV) mentre con la ricarica rapida la batteria si riempie fino all’80% in 30 minuti.
La DS3 Crossback infine ha un prezzo di partenza di 26.200 euro nell’allestimento So Chic: di serie troviamo l’avviso di cambio di corsia, i cerchi da 17”, il cruscotto digitale, il sistema di lettura della segnaletica stradale, la frenata automatica d’emergenza e i sensori posteriori.
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John Marston, il fondatore della Sunbeam
Chi cerca John Marston su Google trova come primi risultati quelli relativi al protagonista del famoso videogioco “Red Dead Redemption”. Il vero John Marston, però, è stato molto di più: un imprenditore britannico capace di creare un colosso – la Sunbeam – in grado di realizzare bici, moto e auto di qualità. Scopriamo insieme la sua storia.
John Marston: la biografia
John Marston nasce il 6 maggio 1836 a Ludlow (Regno Unito) e dopo aver lavorato da ragazzo come apprendista presso una celebre azienda di Wolverhampton specializzata in laccature (la Richard Perry, Son & Co.) si mette in proprio nel 1859: acquista un’azienda del settore e fonda la John Marston Limited.
Nel 1865 si sposa con Ellen – che gli darà ben dieci figli – e sei anni più tardi acquisisce la Richard Perry.
Bici di qualità
John Marston inizia a costruire biciclette con il marchio Sunbeam nel 1877 e i suoi mezzi conquistano immediatamente il pubblico grazie all’elevata qualità costruttiva. Due anni dopo diventa sindaco di Wolverhampton (carica ricoperta fino al 1891).
Nel 1898 Marston fonda la Villiers Engineering per creare componenti di qualità per le bici (soprattutto pedali) in seguito alla carenza di fornitori nel Regno Unito.
Due e quattro ruote
John Marston comincia a costruire prototipi di auto nel 1899 e risale al 1901 la prima quattro ruote di sempre della Sunbeam.
Nel 1902 John vende la Villiers al figlio Charles, brevetta la ruota libera e concentra la produzione su questo sistema. Due anni dopo commercializza la prima auto britannica della storia dotata di un motore a sei cilindri.
Nasce la Sunbeam
La Sunbeam Motor Company – specializzata nella produzione di auto e di radiatori (tra i clienti anche Rolls-Royce) – vede ufficialmente la luce nel 1905 e impiega poco tempo a sedurre i facoltosi automobilisti del Regno Unito grazie a prodotti validi, raffinati e poco appariscenti.
Nel 1912 la Sunbeam entra in Borsa e inizia a produrre moto (mai amate da John Marston) e motori aeronautici mentre due anni più tardi una vettura della Casa inglese – guidata dal britannico Kenelm Lee Guinness – si aggiudica il prestigioso Tourist Trophy.
Gli ultimi anni
Durante la Prima Guerra Mondiale la Sunbeam si concentra sui veicoli commerciali, sulle ambulanze e sugli aerei.
John Marston va in pensione nel 1916 e il 7 marzo 1918 perde il terzo figlio Roland (destinato a prendere il suo posto nell’azienda di famiglia). Il giorno dopo anche John scompare a Colwyn Bay (Regno Unito).
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McLaren GT 2020: supercar con bagagliaio da station wagon
“Ridefinire il segmento delle Grand Tourer”, questo è l’obiettivo della nuova McLaren GT 2019, l’ultima supersportiva inglese svelata oggi con le prime fotografie e informazioni ufficiali.
Esteticamente il DNA proveniente da Woking è innegabile, visto che sfoggia i caratteristici fari a forma di boomerang e gli affilati gruppi ottici posteriori con tecnologia LED. L’accento sportivo lo danno le grandi prese d’aria laterali, così come i passaruota di grandi dimensioni e il generoso diffusore posteriore. La vista laterale è quella propria di una suspersportiva, bassa e lunga (misura 4.683 mm di lunghezza, con 2.675 mm di passo, 2.095 mm di larghezza e soli 1.213 mm d’altezza) e la base è la nuova monoscocca MonoCell II-T, la cui ’T’ sta per touring.
Rispetto alle altre supercar della famiglia d’Oltremanica la McLaren GT 2019 è infatti dotata di una struttura posteriore in carbonio in cui trova posto un abbondante bagagliaio da 420 litri, al quale vanno sommati i 150 litri del vanio anteriore, per un totale di 570 litri di capacità di carico, come una station wagon insomma. Il peso supera di poco la tonnellata e mezzo: 1.530 kg.
Sotto pelle la nuova McLaren GT 2019 monta il noto V8 da 4.0 litri che eroga 628 CV di potenza massima e 630 Nm di coppia tra i 5.500 e i 6.500 giri. Abbinato a questo propulsore c’è la trasmissione automatica a doppia frizione e sette rapporti. Grazie a questa accoppiata la McLaren GT è capace di scattare da 0 a 100 km/h in 3,2 secondi.
E inoltre, visto che il 95% della coppia è disponibile tra i 3.000 e i 7.250 giri, promette grandi riprese, con qualsiasi marcia ingranata. La sospensione della McLAren GT si basa su una versione aggiornata della tecnologia Optima Control Theory della 720S, con sensori in grado di leggere la strada e regolare gli ammortizzatori in appena due millisecondi. Inoltre il guidatore potrà scegliere tra tre diverse modalità di guida: Comfort, Sport e Track.
La McLaren GT prenderà il testimone della 570GT e si posizionerà nei listini di Woking come proposta più versatile. In Italia è già ordinabile con prezzi a partire da 203.000 euro.
Anteprime
McLaren Grand Tourer: la GT per tutti i giorni
Svelate le prime foto della silhouette (camuffata) della gran turismo di Woking fuori dagli schemi
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Audi A4 restyling: le foto e i dati
A quattro anni dal lancio l’Audi A4 ha beneficiato di un restyling che ha portato tante modifiche estetiche e tecniche.
Qui troverete le foto e i dati dell’ultima evoluzione della quinta generazione della berlina più amata dagli italiani, un modello – disponibile come sempre a trazione anteriore o integrale e nelle varianti quattro porte, station wagon Avant e allroad – che arriverà nelle nostre concessionarie nel terzo trimestre 2019.
Audi A4 restyling: le modifiche al design
Facile distinguere esteticamente un’Audi A4 restyling dall’antenata: calandra single frame più ampia, prese d’aria più grandi, fari a LED di serie su tutta la gamma (Matrix LED optional), inedite linee orizzontali che sottolineano l’impronta a terra della vettura, linea di spalla ribassata e profili muscolosi in corrispondenza dei passaruota.
Per quanto riguarda gli interni segnaliamo la sparizione della manopola collocata alla base della console: le sue funzioni sono ora gestite dall’ampio display MMI touch TFT ad alta risoluzione da 10,1”. La ricerca MMI è basata sull’immissione di testo libero e i comandi vocali riconoscono le espressioni di uso comune.
Audi A4 restyling: i motori
La gamma motori dell’Audi A4 restyling sarà composta al lancio da sei unità turbo Euro 6d-Temp: tre 2.0 mild-hybrid 12 Volt benzina da 150, 190 e 245 CV e tre diesel TDI (due 2.0 da 190 e 231 CV e un 3.0 V6 mild-hybrid 48 Volt da 347 CV). Più avanti vedremo altri due 2.0 turbodiesel mild-hybrid 12 Volt da 136 e 163 CV.
Audi A4 restyling: la S4 TDI
Per la prima volta nella storia l’Audi S4 sarà diesel: la variante più sportiva (in attesa della RS4) della A4 restyling ospita sotto il cofano un motore 3.0 V6 sovralimentato a gasolio mild-hybrid 48 Volt (dotato di un compressore ad azionamento elettrico abbinato al turbocompressore a gas di scarico) in grado di generare una potenza di 347 CV e una coppia di 700 Nm.
Le prestazioni? Da sportiva DOC: 250 km/h di velocità massima e 4,8 secondi per accelerare da 0 a 100 chilometri orari.
Audi A4 restyling: la allroad
L’Audi A4 allroad restyling può vantare la trazione integrale, 3,5 cm in più di altezza libera dal suolo rispetto alla station wagon Avant da cui deriva, protezioni sottoscocca, modanature ai passaruota e carreggiate ampliate (0,6 cm all’avantreno e 1,1 cm al retrotreno).
Audi A4 restyling: l’infotainment
La nuova piattaforma modulare di infotainment MIB3 interagisce con la Communication Box e raggruppa tutte le funzioni relative alla connettività (telefonia, Audi Connect) e l’hotspot WLAN. Tra i moduli hardware optional troviamo l’Audi phone box e il Sound System di Bang & Olufsen con suono tridimensionale nella zona anteriore.
Tre le strumentazioni disponibili sull’Audi A4 restyling: due sistemi semi-analogici e – in abbinamento all’MMI Plus – l’Audi Virtual Cockpit completamente digitale.
Grazie alle function on demand i clienti dell’Audi A4 restyling potranno comprare alcune funzioni di infotainment anche dopo l’acquisto della vettura e provarle per qualche tempo.
Audi A4 restyling: gli ADAS
I sistemi di assistenza alla guida presenti sull’Audi A4 restyling sono raggruppati nei pacchetti Tour, City e Assistenza per il parcheggio. Nel pacchetto Tour troviamo ad esempio il cruise control adattivo con funzione stop&go che in abbinamento al predictive efficiency assistant (che attinge alle indicazioni Car-to-X, ai dati della navigazione e ai segnali stradali) frena e accelera la vettura in modo predittivo anche senza un’auto davanti.
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Mini JCW Clubman e Countryman 2019
Le nuove Mini JCW Countryman e Mini JCW Clubman si presentano come i modelli più potenti della storia della marca, grazie a un motore da 2.0 litri che, dopo diversi upgrade, eleva la sua potenza a 306 CV. La sportività che evoca la sigla JCW – John Cooper Works – ritorna quindi ad appassionare i fan del brand anglo-tedesco con l’arrivo di queste due new entry.
Kit carrozzeria bicolore, come da tradizione
Esteticamente non presentano molte sorprese, nel senso che entrambe sfoggiano un kit carrozzeria più aggressivo rispetto alle versioni convenzionali, con la livrea verniciata con una doppia colorazione che ne esalta le forme più muscolose. Le nuova Mini JCW Countryman e Mini JCW Clubman adottano anche nuovi cerchi in lega e una griglia frontale ridisegnata.
Il design racing fa da protagonista anche all’interno delle due versioni JCW che montano entrambe un touch screen da 6,5 pollici per il sistema multimediale Radio Mini Visual Boost, con accesso a Mini Connected. Nel caso del sistema Mini Connected Navigation lo schermo è invece da 8,8 pollici.
Oltre 300 CV per il 2.0 Twin Turbo
Sotto al cofano è dove si nasconde però la caratteristica più importante delle nuove Mini JCW Countryman e Mini JCW Clubman: il 2.0 Twin Turbo aggiornato per rientrare nella normativa sulle emissioni Euro 6d-Temp. Questo però non ha impedito un notevole incremento di potenza per il quattro cilindri che raggiunge su queste versioni il tetto di 306 CV e 450 Nm di coppia massima. In entrambi i casi il propulsore è abbinato al cambio automatico Steptronic ad otto rapporti e al sistema di trazione integrale ALL4.
Prestazioni
L’upgrade meccanico consente alla Mini JCW Clubman di scattare da 0 a 100 km/h in 4,9 secondi, mentre la sua velocità di punta si attesta sui 250 km/h, con consumi medi dichiarati di 7,1 – 7,4l/100 km ed emissioni comprese etra i 161 e 169g di Co2 per chilometro.
Nel caso della Mini JCW Countryman lo sprint da 0 a 100 viene coperto in 5,1 secondi, mentre la velocità massima è la stessa della Clubman JCW. In questo caso i consumi sono invece leggermente migliori: 6,9 -7,3l/100 km con emissioni tra i 156 e 166g di CO2 per chilometro
Telaio modificato
Anche il telaio, infine, è stato adattato ai nuovi standard di potenza con sospensioni e ammortizzatori con una nuova taratura specifica e freni potenziati. Tra le novità risalta anche il sistema Mini Driving Modes che offre diverse modalità di guida per adattare il comportamento delle JCW alle necessità di ogni momento.
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Smart, la storia
Credits: smart EQ fortwo edition nightsky; smart EQ fortwo Cabrio edition nightsky; smart EQ forfour edition nightsky;smart EQ fortwo edition nightsky (Stromverbrauch kombiniert: 13,0 – 12,9 kWh/100 km; CO2-Emissionen kombiniert: 0 g/km), smart EQ fortwo Cabrio edition nightsky (Stromverbrauch kombiniert: 13,1 – 13,0 kWh/100 km; CO2-Emissionen kombiniert: 0 g/km), smart EQ forfour edition nightsky (Stromverbrauch kombiniert: 13,2 – 13,1 kWh/100 km; CO2-Emissionen kombiniert: 0 g/km)*
smart EQ fortwo edition nightsky; smart EQ fortwo Cabrio edition nightsky; smart EQ forfour edition nightsky;smart EQ fortwo edition nightsky (combined power consumption: 13,0 – 12,9 kWh/100 km; combined CO2-emissions: 0 g/km), smart EQ fortwo Cabrio edition nightsky (combined power consumption: 13,1 – 13,0 kWh/100 km; combined CO2-emissions: 0 g/km), smart EQ forfour edition nightsky (combined power consumption: 13,2 – 13,1 kWh/100 km; combined CO2-emissions: 0 g/km)*
La maggior parte delle persone associa il marchio Smart a un solo modello: la fortwo. Nel corso della sua breve storia la Casa tedesca ha realizzato anche altre vetture, non sempre ottenendo successi. Scopriamo insieme l’evoluzione del brand.
Smart: la storia
La storia della Smart inizia intorno alla fine degli anni ’80 quando il fondatore della Swatch Nicolas Hayek decide di riproporre in campo automobilistico la filosofia dei suoi orologi.
Pensa quindi a una piccola vettura dotata di due posti e di un motore ibrido e dopo aver siglato un accordo con la Volkswagen (non concretizzatosi) crea una joint-venture con la Mercedes nel 1994: il 51% delle azioni va ai tedeschi, il 49% agli svizzeri.
Il nome della vettura, Smart, è l’acronimo di Swatch Mercedes ART ma al momento della ricapitalizzazione della società alla SMH (l’attuale Swatch Group) resta solo il 19%.
Il lancio della prima generazione della citycar teutonica (nome ufficiale Smart city-coupé), inizialmente previsto per marzo 1998, viene rimandato a ottobre. Il motivo? Rimediare ai problemi di stabilità riscontrati in fase di test. Per ovviare a questi guai si procede all’abbassamento del baricentro, all’allargamento della carreggiata e all’irrigidimento delle sospensioni. Hayek non è convinto del design e – soprattutto – non approva l’assenza di propulsori a basso impatto ambientale e per questa ragione cede l’intero pacchetto azionario a Daimler.
La prima Smart
La prima Smart di sempre – la city-coupé – viene presentata ufficialmente al Salone di Parigi 1998: è lunga 2,50 metri, ha la trazione posteriore e monta motori a tre cilindri benzina e diesel montati posteriormente sotto il vano di carico.
Nel 2000 arriva la cabrio mentre nel 2002 – insieme alla crossblade (una versione particolare priva di tetto e parabrezza) – debutta il restyling. Il 2003 è l’anno dell’accordo con Brabus per la realizzazione di varianti sportive mentre risale al 2004 il cambio di nome: fortwo e fortwo cabrio.
Spider o coupé?
Nel 2003 arrivano in listino le Smart roadster e roadster coupé: una spider e una coupé basate sul pianale allungato della citycar tedesca. Sono lunghe quasi tre metri e mezzo, montano propulsori da 61 a 101 CV e vengono svelate durante il Salone di Parigi 2001.
Caratterizzate da un design originale terminano la loro (breve) carriera nel 2006: il pubblico non apprezza il prezzo elevato e la lentezza del cambio.
Una Smart a cinque porte
La prima Smart a cinque porte – la forfour – sbarca in listino nel 2004 e ci rimane fino al 2006. Assemblata in Olanda insieme alla Mitsubishi Colt, vettura a trazione anteriore con cui condivide lo stesso pianale, monta motori da 1,1 a 1,5 litri ed è penalizzata dal prezzo alto.
Solo fortwo
Nel 2007 la Smart decide di concentrarsi solo sulla fortwo e lancia la seconda generazione del suo modello più riuscito: più lunga di 20 cm (2,70 metri) rispetto a prima e sempre disponibile nelle varianti coupé e cabrio, monta motori a benzina (di origine Mitsubishi) e diesel.
Il primo (lieve) restyling arriva nel 2011 mentre due anni più tardi – in concomitanza con il secondo lifting – arriva la variante elettrica electric drive che avrebbe voluto Nicolas Hayek (scomparso tre anni prima).
La famiglia si allarga
La famiglia Smart si allarga nel 2014: oltre alla terza generazione della fortwo torna la forfour. La seconda serie della citycar tedesca a cinque porte è molto diversa dall’antenata: sviluppata in collaborazione con Renault (la base tecnica è identica a quella della terza evoluzione della Twingo), è una “tutto dietro” (motore e trazione) come la cugina a due posti secchi.
Attualmente i tre modelli Smart (fortwo coupé, fortwo cabrio e forfour) sono venduti con motori benzina, diesel ed elettrici ma dal 2020 saranno disponibili solo nella variante a emissioni zero EQ.
Da quest’anno, inoltre, il 50% di Smart appartiene ai cinesi di Geely e la quarta generazione della fortwo prevista per il 2022 sarà sviluppata insieme a questa azienda e prodotta in Cina.
Il mondo Smart
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