Monthly Archives: Ottobre 2018
Nuova Fiat 500 Collezione, la versione autunnale
Credits: FIAT Collezione
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Dopo la Fiat 500 Collezione arrivata la scorsa primavera, la versione speciale della piccola city car torinese si rinnova con la variante dedicata all’autunno, con nuove colorazioni per la carrozzeria e per gli interni.
Esterni
Ispirandosi al mondo fashion, la nuova Fiat 500 Collezione (autunno), disponibile nelle versioni berlina, cabrio (con capote grigia) o con tetto panoramico in vetro di serie, sfoggia una livrea bicolore Brunello con carrozzeria Bordeaux Opera e dettagli in grigio Carrara. Tra le altre caratteristiche dedicate, si riconoscerà per la cromatura sul paraurti anteriore, e il color rame per i cerchi in lega da 16 pollici.
Interni
Anche gli interni sono chiaramente ispirati al mondo della moda con tappezzerie in tessuto gessato nero e bordeaux, plancia con rifiniture in rame e tappetini Collezione. La dotazione di serie comprende anche ‘infotainment Uconnect da 7″, compatibile con Android Auto e Apple CarPlay, e l’impianto Hi-Fi Beats Audio.
Solo benzina, o Gpl
Le motorizzazioni proposte per la nuova Fiat 500 Collezione autunno, tutte Euro 6d-Temp, sono il TwinAir 0.9 litri da 85 CV o il 1.2 aspirato da 69 CVdisponibile anche con cambio robotizzato Dualogic con paddle al volante e in versione Gpl.
Fiat 500 Collezione, l’anteprima italiana a Milano
La nuova esclusiva versione negli showroom italiani a partire dal 14 aprile
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Berluti e Ferrari insieme per l’Eleganza
Con la collaborazione con Berluti nasce Ferrari Limited Edition, la collezione di calzature pensata per il gentleman driver e ispirata agli ultimi modelli di Maranello presentati al Salone di Parigi 2018: le Ferrari Monza SP1 e Monza SP2.
Ogni dettaglio ed elemento di questa edizione esclusiva, dalle forme scultoree e sinuose alle cuciture, è un richiamo alle vetture Ferrari dagli esterni inconfondibili agli interni preziosi.
I tre modelli – una slip-on, una scarpa Oxford e uno stivale Chelsea – sono percorsi da una linea rossa che evidenzia il profilo posteriore della suola e sottolinea il Cavallino Rampante.
Attingendo al suo patrimonio di innovazione tecnologica, Ferrari a progettato e sviluppato la suola nella fibra di carbonio Twill 2×2 utilizzata nelle sue vetture, che rende confortevole la calzatura in particolare durante la guida.
Ferrari a Parigi 2018
Ferrari ha schierato al Salone di Parigi 2018 la Monza (nelle varianti SP1 e SP2) e la 488 Pista Spider
Presentazione ufficiale a Parigi
La Ferrari Limited Edition è stata svelata dal Presidente di Ferrari in persona, John Elkann e dal CEO di Berluti Antoine Arnault nella boutique parigina della griffe, in rue du Faubourg Saint-Honoré, in un cocktail party che ha celebrato il doppio appuntamento della Fashion week e il Mondial de l’Auto.
La collezione disegnata daa Berluti e Ferrari sarà disponibile da inizio novembre in una selezione internazionale di negozi Berluti.
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Superbike 2018, Rea domina anche in Argentina
Non contento di un quarto titolo (consecutivo) conquistato senza battere ciglio con tre round d’anticipo, Jonathan Rea ha portato a casa anche una doppietta straordinaria in Argentina che consolida ulteriormente il suo primato nel mondiale Superbike 2018. Nel penultimo round del calendario l’iridato ha dominato incontrastato in entrambe le gare, rimarcando ancora una volta la superiorità e regalando, insieme al compagno di squadra Sykes, il titolo costruttori al suo team. Quella argentina è stata però anche la tappa che ha visto Marco Melandri portare a casa una pole position e due podi: un secondo posto in gara1 e un terzo posto in gara2. Resta però ancora da capire cosa farà il ravennate il prossimo anno, perché al momento sembra non avere ancora trovato una sella.
Superbike 2018, Argentina: i risultati
Gara1
1 Rea
2 Melandri
3 Razgatlioglu
Gara2
1 Rea
2 Fores
3 Melandri
Superbike 2018: classifica piloti
1 Rea 520
2 Davies 348
3 van der Mark 324
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BMW X7: svelato il frontale
Prossimamente la famiglia BMW darà il benvenuto ad un nuovo modello. Si tratta della X7, l’ammiraglia SUV bavarese basata sulla Serie 7 e pronta ad un probabile debutto al Salone di Los Angeles 2018 (30 novembre – 9 dicembre).
In anticipo sull’unveiling da Monaco arriva la prima immagine che svela le linee del frontale della nuova BMW X7. A primo sguardo, e dai pochi dettagli visibili, sembra che il look rimanga abbastanza fedele alle concept car viste negli ultimi mesi, come la Concept X7 Performance.
A caratterizzare il frontale della nuova X7 ci sarà la griglia frontale a doppio rene dalle dimensioni oversize, le sembianze dovrebbero ispirarsi in un certo modo alla Serie 7, da cui deriva, mentre gli interni erediteranno molte delle novità viste sulla nuova X5, con uno schema a sette posti disposti su tre file.
Basata sulla piattaforma CLAR, la nuova BMW X7 condividerà anche le motorizzazioni – comprese quelle elettrificate – con la berlina Serie 7. Sarà rivolta soprattutto al pubblico statunitense e verrà prodotta presso gli stabilimenti di Spartanburg (Carolina del Sud), dove viene prodotta anche la BMW X4.
BMW X7 iPerformance Concept
L’ammiraglia delle SUV bavaresi in anteprima al Salone di Francoforte 2017
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Fiat 500 Collezione, Autunno 2018
Dopo la Fiat 500 Collezione arrivata la scorsa primavera, la versione speciale della piccola city car torinese si rinnova con la variante dedicata all’autunno, con nuove colorazioni per la carrozzeria e per gli interni.
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CIR 2018 – Le foto più belle del Rally Due Valli
Credits: Paolo Andreucci, Anna Andreussi (Peugeot 208 T16 R5 #2, FPF Sport)
Credits: Paolo Andreucci, Anna Andreussi (Peugeot 208 T16 R5 #2, FPF Sport)
Credits: Paolo Andreucci, Anna Andreussi (Peugeot 208 T16 R5 #2, FPF Sport)
Credits: Paolo Andreucci, Anna Andreussi (Peugeot 208 T16 R5 #2, FPF)
Credits: Tommaso Ciuffi, Nicolo Gonella (Peugeot 208 R2 #32, Jolly Team)
Credits: Andrea Crugnola, Danilo Fappani (Ford Fiesta R5 #4, Gass Racing)
Credits: Andrea Crugnola, Danilo Fappani (Ford Fiesta R5 #4, Gass Racing)
Credits: Damiano De Tommaso, Michele Ferrara (Peugeot 208 R2 #30, FPF)
Credits: Damiano De Tommaso, Michele Ferrara (Peugeot 208 R2 #30, FPF)
Credits: Sersio Denaro, Ermanno Corradini (Suzuki Swift #58, Cst Sport )
Credits: Sersio Denaro, Ermanno Corradini (Suzuki Swift #58, Cst Sport )
Credits: Simone Goldoni, Flavio Garella (Suzuki Swift #76, Winner Rally Team )
Credits: Leopoldo Maestrini, Daniele Michi (Skoda Fabia R5 #14, PSG Rally)
Credits: Stefano Martinelli, Sara Baldacci (Suzuki Swift #55, GR Motorsport)
Credits: Rudy Michelini, Michele Perna (Skoda Fabia R5 #6, Movisport)
Credits: Simone Rivia, Luca Guglielmetti (Suzuki Swift #56, Versilia Rally Team)
Credits: Luca Rossetti, Eleonora Mori (Hyundai i20 R5 #10)
Credits: Umberto Scandola, Guido D Amore (Skoda Fabia R5 #1, Daytona Race)
Credits: Umberto Scandola, Guido D Amore (Skoda Fabia R5 #1, Daytona Race)
Credits: Umberto Scandola, Guido D Amore (Skoda Fabia R5 #1, Daytona Race)
Credits: Umberto Scandola, Guido D Amore (Skoda Fabia R5 #1, Daytona Race)
Credits: Umberto Scandola, Guido Damore (Skoda Fabia R5 #1 Daytona Race)
Credits: Umberto Scandola, Guido Damore (Skoda Fabia R5 #1 Daytona Race)
Credits: Umberto Scandola, Guido Damore (Skoda Fabia R5 #1 Daytona Race),
Credits: Umberto Scandola, Guido Damore (Skoda Fabia R5 #1 Daytona Race)
Credits: Umberto Scandola, Guido D Amore (Skoda Fabia R5 #1, Daytona Race)
Credits: Rachele Somaschini, Chiara Lombardii (Citroen DS3 R3T #27, RS Team)
Credits: Stefano Strabello, Davide Bianchi (Peugeot 208 R2 #36, Destra4)
Il Rally Due Valli è stato vinto – come lo scorso anno – da Luca Rossetti (questa volta al volante di una Hyundai i20) e Paolo Andreucci (3°) – come lo scorso anno – si è laureato campione italiano (per l’undicesima volta) con la Peugeot 208.
Qui troverete una gallery con le foto più belle dell’ultima tappa del CIR 2018, una gara che ha visto Andrea Crugnola conquistare la seconda posizione con la Ford Fiesta.
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CIR 2018 – Rossetti (Hyundai) vince il Rally Due Valli, Andreucci (Peugeot) campione italiano
Credits: Paolo Andreucci, Anna Andreussi (Peugeot 208 T16 R5 #2, FPF)
Credits: Tommaso Ciuffi, Nicolo Gonella (Peugeot 208 R2 #32, Jolly Team)
Credits: Andrea Crugnola, Danilo Fappani (Ford Fiesta R5 #4, Gass Racing)
Credits: Damiano De Tommaso, Michele Ferrara (Peugeot 208 R2 #30, FPF)
Credits: Sergio Denaro, Ermanno Corradini (Suzuki Swift #58, CST Sport)
Credits: Simone Goldoni, Flavio Garella (Suzuki Swift #76, Winners Rally Team)
Credits: Stefano Martinelli, Sara Baldacci (Suzuki Swift #55, GR Motorsport)
Credits: Simone Rivia, Luca Guglielmetti (Suzuki Swift #56, ASD Versilia)
Credits: Luca Rossetti, Eleonora Mori (Hyundai i20 R5 #10)
Credits: Andrea Scalzotto, Fabio Andrian (Suzuki Swift #57, Funny Team)
Credits: Umberto Scandola, Guido D Amore (Skoda Fabia R5 #1, Daytona Race)
Luca Rossetti ha conquistato il Rally Due Valli al volante della Hyundai i20 mentre Paolo Andreucci (3° al traguardo con la Peugeot 208) si è aggiudicato il CIR 2018 laureandosi campione italiano per l’undicesima volta.
L’ultima prova stagionale – caratterizzata da quattro piloti ancora in lizza per lo “scudetto” – ha visto il ritiro prematuro di Campedelli (problemi meccanici) e Scandola (quinto) rallentato da pneumatici poco performanti e da qualche noia alla vettura. Ottima, invece, la prestazione di Andrea Crugnola: il secondo posto ottenuto con la Ford Fiesta gli ha permesso di conquistare la terza piazza nel CIR 2018 e il titolo di campione italiano rally asfalto (serie dedicata a piloti e squadre assolutamente private).
CIR 2018 – La classifica del Rally Due Valli
1 Luca Rossetti (Hyundai i20) 1h46:06.6
2 Andrea Crugnola (Ford Fiesta) + 28.5
3 Paolo Andreucci (Peugeot 208) + 46.0
4 Elwis Chentre (Skoda Fabia) + 1:02.4
5 Umberto Scandola (Skoda Fabia) + 1:06.2
La classifica del CIR 2018
1 PAOLO ANDREUCCI (PEUGEOT) 72 PUNTI
2 UMBERTO SCANDOLA (SKODA) 66,5 PUNTI
3 ANDREA CRUGNOLA (FORD) 63 PUNTI
4 SIMONE CAMPEDELLI (FORD) 52 PUNTI
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Chaz Davies, l’intervista: “Voglio vincere il Mondiale con la V4”
Credits: Dario Aio
Al penultimo round della campionato e con il secondo posto in classifica quasi certo, Chaz Davies pensa già al 2019. Per il rider gallese, 31 anni, sarà la sesta stagione sulla “rossa” di Borgo Panigale, ma la decisione di rimanere nella scuderia Aruba.it Racing Ducati non è stata immediata.
Il campione della World Supersport (nel 2011) ha chiesto garanzie di successo alla casa costruttrice emiliana, che l’anno prossimo metterà in pista l’attesissima Panigale V4, sua prima derivata a 4 cilindri, e il rinnovo del contratto è stato firmato soltanto a fine agosto.
“L’anno prossimo avrò un doppio compito: sviluppare una moto che non ha mai assaggiato la pista e, contemporaneamente, guidarla. Il lavoro, da parte mia, del team e di tutta la factory, sarà molto impegnativo e servirà pazienza.
Dovremo dare fondo alle nostre forze ed essere positivi, perché partiremo da zero, ma sono sicuro che il pacchetto sarà perfetto. Io sono pronto alla sfida: voglio vincere il Mondiale e so che posso lottare per il titolo” spiega.
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Il campionato sta per finire: qual è il suo bilancio?
“Il piazzamento non è male, ma lascia un po’ di amaro in bocca, considerato il potenziale della moto. Parlo senza rimorsi o rimpianti: tutti noi nel box abbiamo dato il massimo, però sono mancati alcuni tasselli del puzzle e, di conseguenza, qualche primo posto. C’è da aggiungere che ogni gara è una battaglia durissima e Rea e la Kawasaki sono davvero difficili da battere: ci proveremo da febbraio”.
Il nuovo regolamento ha creato qualche problema alla “rossa”?
“No, la limitazione ai giri del motore a 800 giri al minuto è stata minima. Non abbiamo avuto difficoltà nella velocità e anche al setp-up non ha causato danni particolari.
La Panigale R è meravigliosa, amo guidarla, è un’esperienza speciale, anzi unica, ma adesso ripartiamo da zero. Anche la V4 ha potenzialità enormi e non vedo l’ora di provarla, al WDW ho perso l’occasione perché ero infortunato. Devo aspettare i primi test ad Aragón il 14 e 15 novembre”.
Dopo tanto tempo in mezzo a italiani, tra Aprilia e Ducati, nel nostro Paese si sente un po’ a casa?
“Sì. Adoro l’Italia e gli italiani, capisco la lingua e me la cavo abbastanza a parlare. E dal vostro Paese ho preso un sacco di abitudini”.
Per esempio?
“L’espresso ormai è un rito e ad Andorra, dove abito, ho una macchina del caffè che ho comprato a Milano. Anche la macedonia è d’obbligo. Altro che fruit salad: è da non so quanto tempo che uso solo il termine italiano”.
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A proposito di tempo: tra 10 anni come si immagina?
“Ne avrò 41 e dubito di essere ancora nel paddock; nonostante sia felice di avere trasformato la mia passione più grande in un lavoro”.
Perché? Biaggi si è ritirato proprio a 41 anni e Bayliss corre ancora.
“Campioni longevi come loro hanno cominciato a competere da teenager; io ho iniziato a 6 anni e dubito di reggere questi ritmi e questi livelli così a lungo. Mai dire mai, però.
Di sicuro non appenderò il casco al chiodo: magari diventerò un tester o magari viaggerò e basta. L’idea di spostarmi su due ruote mi dà subito l’idea di grande avventura. La prima meta che sceglierei? Il Sud America, senza dubbio”.
Sul suo profilo Twitter ha scritto: “cacciatore di divertimento”: cosa le piace fare nel tempo libero?
“Girare il mondo e il mio mestiere aiuta. Spesso approfitto delle trasferte per concedermi con mia moglie qualche giorno di vacanza”.
Un viaggio che non dimenticherà?
“Quello di due anni fa in Nord America. Siamo partiti una settimana prima del round a Laguna Seca e da Los Angeles abbiamo raggiunto il Sequoia National Park, in Sierra Nevada, poi siamo stati nella Death Valley e abbiamo concluso a Las Vegas. Di solito gli spostamenti in auto sono noiosissimi, invece anche quei momenti ci hanno regalato emozioni incredibili”.
Ha mai pensato di fare altro nella vita?
“Sì. Quando ero ragazzino, mia mamma mi ripeteva di considerare l’ipotesi che non sarei diventato un professionista. Non ho mai trovato un’alternativa, a parte continuare a gestire la pista di go-kart dei miei genitori, a Presteigne. Per fortuna mi è andata bene in sella”.
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Porsche 935: la regina del Gruppo 5
La Porsche 935 ha dominato le gare endurance alla fine degli anni ’70 portando a casa un mare di vittorie grazie soprattutto ai team privati. Scopriamo insieme la storia della Gruppo 5 di Zuffenhausen, una vettura – riproposta recentemente in chiave moderna – capace di regalare alla Casa tedesca quattro Mondiali consecutivi tra il 1976 e il 1979.
Porsche 935: la storia
La Porsche 935 vede la luce nel 1976: nata come variante da corsa della 911, inizialmente non è altro che un’evoluzione della Carrera RSR dotata di un motore 2.850 cc boxer turbo a sei cilindri.
Debutto e doppietta
La sportiva teutonica debutta in gara il 21 marzo 1976 alla 6 Ore del Mugello e porta a casa subito una doppietta grazie al primo posto del tedesco Jochen Mass e del belga Jacky Ickx e alla seconda piazza del francese Bob Wollek e del tedesco Hans Heyer. La coppia Ickx/Mass trionfa anche alla 6 Ore di Vallelunga.
L’addio ai fari tondi e l’esordio a Le Mans
Il 30 maggio 1976 alla 1000 km del Nürburgring i tecnici Porsche eliminano per ragioni aerodinamiche i fari tondi della 911 dalla 935 regalando alla vettura il particolare frontale che l’ha resa celebre nel mondo. Risale invece al 13 giugno il debutto alla 24 Ore di Le Mans: quarto posto per l’equipaggio composto dal tedesco Rolf Stommelen e dal liechtensteiniano Manfred Schurti. La stagione si chiude il 4 settembre con il trionfo di Ickx e Mass alla 6 Ore di Digione e la conquista del titolo iridato.
1977
Nel 1977 la Porsche 935 – modificata nell’aerodinamica e nella tecnica (introduzione del doppio turbo) conquista un altro Mondiale e sale sul gradino più alto del podio in tantissime gare. Qualche esempio? Stommelen/Schurti primi alla 6 Ore del Mugello, Mass/Ickx davanti a tutti alla 6 Ore di Silverstone e l’australiano Tim Schenken, l’olandese Toine Hezemans e Stommelen primi alla 1000 km del Nürburgring.
Il primo podio a Le Mans arriva grazie al terzo posto del francese Claude Ballot-Léna e dello statunitense Peter Gregg mentre Ickx e Mass trionfano anche alle 6 Ore di Watkins Glen e Brands Hatch. Nel mese di ottobre Wollek in coppia con il britannico John Fitzpatrick taglia per primo il traguardo alla 6 Ore di Hockenheim e il duo italiano composto da Luigi Moreschi e “Dino” prevale alla 6 Ore di Vallelunga.
La Moby Dick e il Mondiale 1978
Nel 1978 la Porsche svela la 935 più estrema: la 935/78 soprannominata “Moby Dick”. Una variante caratterizzata da un motore 3.2 con potenze fino a 850 CV e da un design ancora più aerodinamico (muso lunghissimo e coda chilometrica per incrementare la velocità nei rettilinei): un mostro che però vincerà solo una corsa (la 6 Ore di Silverstone con Ickx e Mass).
Poco male visto che ci pensano le altre 935 “minori” a conquistare le restanti gare del Mondiale: 24 Ore di Daytona con Stommelen/Hezemans/Gregg, 6 Ore del Mugello con Hezemans/Fitzpatrick/Heyer, 6 Ore di Digione con la coppia francese formata da Wollek e Henri Pescarolo (primi anche a Misano e a Vallelunga), 1000 km del Nürburgring con Hezemans, Heyer e il tedesco Klaus Ludwig e 6 Ore di Watkins Glen con Hezemans/Fitzpatrick/Gregg.
1979: l’ultimo Mondiale, l’unica Le Mans
La Porsche 935 chiude gli anni ’70 in bellezza: gli statunitensi Bob Akin, Rob McFarlin e Roy Woods salgono sul gradino più alto del podio della 12 Ore di Sebring mentre i fratelli americani Bill e Don Whittington insieme a Ludwig vincono nientepopodimeno che la 24 Ore di Le Mans.
La sportiva di Stoccarda conquista anche l’ultimo Mondiale grazie a una serie di successi: 24 Ore di Daytona con un equipaggio interamente “yankee” (Ted Field, Hurley Haywood e Danny Ongais), 6 Ore del Mugello e 1000 km del Nürburgring con Fitzpatrick/Schurti/Wollek, 6 Ore di Silverstone con Fitzpatrick/Heyer/Wollek e 6 Ore di Watkins Glen con lo stesso trio capace di dominare sulla Sarthe.
1980
L’arrivo del nuovo decennio non interrompe il dominio della Porsche 935 sulle piste di tutto il mondo: 24 Ore di Daytona conquistata da Stommelen insieme ai tedeschi Rheinhold Joest e Volkert Merl, 12 Ore di Sebring vinta da Fitzpatrick con lo statunitense Dick Barbour (primi anche alla 5 Ore di Riverside), Fitzpatrick e il britannico Brian Redman davanti a tutti alla 6 Ore di Mosport e la 1000 km di Digione conquistata da Pescarolo in coppia con il tedesco Jürgen Barth.
1981
Anche nel 1981 la Porsche 935 continua a trionfare: 24 Ore di Daytona vinta da Redman insieme agli statunitensi Bob Garretson e Bobby Rahal, 12 Ore di Sebring conquistata dagli americani Haywood, Al Holbert e Bruce Leven, 6 Ore di Sebring con Fitzpatrick e lo “yankee” Jim Busby, 1000 km di Monza con i tedeschi Edgar Dören, Jürgen Lässig e Gerhard Holup, 6 Ore di Silverstone con l’equipaggio teutonico formato da Harald Grohs, Walter Röhrl e Dieter Schornstein e il duo Grohs/Stommelen sul gradino più alto della 6 Ore di Mosport e di Road America.
Fine di un’epoca
Nel 1982 – con l’introduzione delle Gruppo C – si interrompe il dominio della Porsche 935. La coupé di Zuffenhausen continua però a togliersi qualche soddisfazione negli USA con John Paul Sr. e Jr. primi alla 24 Ore di Daytona e alla 12 Ore di Sebring.
Nel 1983 Wollek, Ballot-Léna e gli statunitensi A. J. Foyt e Preston Henn salgono sul gradino più alto del podio della 24 Ore di Daytona mentre l’anno seguente arriva l’ultimo trionfo importante – la 12 Ore di Sebring – grazie a Heyer, al colombiano Mauricio de Narváez e allo svedese Stefan Johansson.
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Audi e-tron: verso il tramonto dei motori tradizionali
La sensazione è spaesante. Come scendere dal Frecciarossa e salire su una locomotiva a vapore, passare dal silenzio e dall’alta velocità a una motrice che sbuffa e stantuffa. E non è un’esagerazione: siamo alla guida delle vetture di pre-serie, totalmente elettriche, che Audi sta iniziando a far testare al mondo dei media: la Audi e-tron (prototipo), un SUV dalle prestazioni ormai concorrenziali con le vetture ad alimentazione tradizionale.
Al termine della giornata, quando si risale sulle Audi Q5 turbodiesel – ottima macchina peraltro – e si avverte il borbottio del turbodiesel l’idea è proprio quella di un passo indietro.
Abbiamo guidato il futuro, rieccoci in un presente che, arrivato comunque all’eccellenza tecnologica, sta tramontando. Quando durerà questo tramonto? Nessuno lo sa con esattezza, ma di certo, come è sempre accaduto nella storia, le novità all’inizio stentano ad affermarsi, poi accelerano con violenza. Capitò così tra la carrozza e l’automobile o, in altro settore, tra la fotografia analogica e quella digitale. Qualcuno si ricorda le prime macchine fotografiche col sensore? Avevano prestazioni modeste, tra i due e i quattro megapixel e una resa del colore che la pellicola se le mangiava. Tempo cinque anni e il digitale si è affermato spazzando via laboratori e macchine meccaniche.
Nella mobilità – a nostro parere – siamo in un momento analogo. Le auto elettriche hanno ancora dei difetti, autonomia e prezzo, soprattutto, perché già a prestazioni fanno miracoli.
La Audi e-tron ha una potenza di 408 CV (300 kW) e una coppia immediata di 664 Nm, accelerando da zero a cento in una manciata di secondi, meno di sette: 6,7 in modalità normale, in 5,7 in modalità dinamica. E con una trazione integrale, grazie ai due motori sugli assi anteriori e posteriori, che reagisce in 30 millesimi di secondi per distribuire la coppia sulla ruota che ha più aderenza. Una velocità di attuazione sorprendente, dovuta al fatto che non ci sono frizioni o differenziali meccanici, i propulsori elettrici agiscono direttamente sulle ruote.
Inoltre, come tutti i SUV Audi, pure la e-tron ha le sospensioni pneumatiche per modificare l’altezza da terra sui terreni più impervi (fino a 76 mm in più, mentre in autostrada diminuisce di 26 mm) e un sistema di controllo della trazione, l’ESC, che vi permette di scegliere tra numerose modalità di marcia, da quella più confortevole e rispettosa dei consumi a quella più dinamica per sfruttare appieno la potenza a quella in off-road che gestisce con sapienza veloce le situazioni più estreme, dalla sabbia alla neve.
Non è un caso che, per testare le e-tron, Audi abbia scelto un luogo particolare, la sabbia e i laghi salati del deserto della Namibia, lontano dalle strade asfaltate e dalle condizioni di traffico a cui siamo ormai rassegnati e abituati. E poi, per un’altra ragione, un po’ meno tecnica e un po’ più filosofica: la e-tron non si sente, scorre nel deserto silenziosa come solo l’elettricità consente. Il silenzio nel silenzio del Namib, senza spaventare gli animali che neanche si accorgevano delle vetture che sfilavano veloci al loro fianco. Giraffe, antilopi, facoceri, volatili meravigliosi come solo da quelle parti si incontrano, neanche giravano la testa, incuranti della polvere che le Audi – unico segno di riconoscimento – sollevavano.
Il pacco batterie (700 kg tutto compreso) della e-tron è posizionato nel pianale (come in quasi tutte le vetture elettriche), con uno studio molto attento in modo che la distribuzione dei pesi sui due assi (dove ci sono i motori, lo ricordiamo) sia assolutamente ottimale, ovvero 50:50. Oltre ad abbassare il baricentro, come in una berlina, questa soluzione garantisce una dinamica di guida pressoché perfetta, altro che i SUV col motore termico che grava sull’avantreno e la coda ben più leggera.
Il telaio in acciaio che contiene il sistema ad alto voltaggio garantisce altresì una rigidità torsionale impressionante, pari al 45% in più rispetto a un SUV tradizionale. Un insieme di motivi che fanno dimenticare, alla guida, il peso pur notevole di questa macchina, 2.490 kg. La velocità massima? Autolimitata a 200 km/h.
Sulla sabbia e sul sale (dove sembra di viaggiare con sotto neve e ghiaccio) la Audi e-tron va via con una disinvoltura impressionante: in modalità auto, i sistemi di controllo dell’ESC, correggono, trattengono, modificano la spinta dei motori e anche un imbranato se la caverebbe alla grande.
Staccando l’ESC si va via di drifting, con l’auto che scivola di coda e il controsterzo obbligatorio. Ma anche qui nulla che non si possa gestire – nonostante la potenza dei motori – perché viene in soccorso l’ottimale realizzazione dei comandi e del peso sugli assi. E poi, cosa non da poco, il sistema di recupero dell’energia della e-tron, non è invasivo, ovvero non si avverte quella frenata in automatico quando si rilascia il pedale dell’acceleratore. Tanto che alla fine, quando cala la sera, il deserto si incendia dei colori del tramonto e poi la croce del sud si illumina per indicarci la direzione, il divertimento prende il sopravvento e ci si dimentica totalmente dei controlli elettronici, danzando a destra e sinistra con il SUV ubbidiente e silente ai nostri comandi.
Una specificità della e-tron è che reostati e motori sono refrigerati con un circuito da 22 litri per tenere sotto controllo gli eventuali picchi di surriscaldamento. Altre vetture elettriche non hanno sistemi di questo tipo: in Audi sostengono che è una sicurezza in più nella marcia impegnativa, a fronte di un piccolo aumento di peso.
E l’autonomia? Di certo le condizioni severe del test, compreso l’uso perenne del climatizzatore (le temperature erano sui 35 gradi e oltre di giorno, per scendere sui venti la sera), non erano le più indicate per capire quanta strada si può fare con la e-tron. Audi dichiara 400 chilometri di autonomia WLTP, con una ricaricabilità alquanto veloce: col supercharger da 150 kW/h bastano 30 minuti per avere il 80% dell’autonomia. Col wallbox in garage ci passa la notte.
E adesso l’ultima curiosità: come si ricarica un’Audi nel deserto? Son poche le colonnine nelle città europee, figuriamoci tra le palme. I tedeschi si sono portati dietro una sistema mobile, in modo da non avere problemi. E qui sta la differenza con le macchine fotografiche: le batterie di scorta il reporter se le mette in tasca e per una jeep basta un barile di gasolio attaccato dietro. Ma il futuro, come abbiamo detto, supera tutte le difficoltà. Ci farei una scommessa.
Audi e-Bike: la bici elettrica (quasi) da fantascienza
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