Monthly Archives: Aprile 2018
Suzuki Swift Sport
La Suzuki Swift Sport è la versione sportiva della piccola giapponese. Con 140 cv di potenza e 975 kg di peso, la Swift Sport scatta da 0 a 100 km/h in 8,1 secondi e raggiunge una velocità massima di 210 km/h. I prezzi partono da 21.190 euro.
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Leon Camier, l’intervista: “Il mio piano futuro? Aiutare i giovani piloti”
Credits: Red Bull Honda World Superbike Team
A pochi giorni dallo scontro con Lorenzo Savadori e Jordi Torres nel round di Aragón, dove ha rimediato la frattura di tre costole posteriori, una lesione al torace e una contusione ai polmoni, Leon Camier è costretto al riposo, ma pensa a rientrare in pista al più presto.
“La CBR1000RR Fireblade SP2 è in continuo miglioramento e sarà sempre più competitiva” spiega il pilota inglese, classe 1986, alla prima stagione nel Red Bull Honda Super Bike Team.
Il rider, vincitore della British Supersport nel 2005 e dela British Superbike nel 2009, è convinto “di avere a disposizione la moto con cui fare il salto di qualità per festeggiare il suo decimo Mondiale delle derivate“. Noi lo abbiamo intervistato.
Qual è il tuo obiettivo, quest’anno?
“Vincere almeno una gara. È un sogno che può diventare realtà: al podio credo che manchi pochissimo, ormai”.
Quanto?
“Questione di dettagli. La moto non è molto diversa da quella del 2017, eppure il progresso è notevole”.
A cosa ti riferisci in particolare?
“Adesso l’anteriore è eccellente, come l’entrata in curva e la frenata. L’intero pacchetto è buono, insomma, anche se dobbiamo mettere a punto la gestione delle gomme, perché a fine gara sono conciate davvero male, la potenza e l’elettronica. Abbiamo appena installato centralina Magneti Marelli, che diventerà obbligatoria per tutte le scuderie dal 2019, e serve macinare chilometri per sfruttarne le potenzialità”.
Quando arriverà il podio?
“Presto, mi auguro. Quando avremo un briciolo di fortuna in più. Bisogna avere pazienza e continuare a lavorare duro, passo dopo passo”.
In WorldSBK non hai ancora ottenuto grandi risultati: se dovessi scegliere tra il titolo e unesperienza nella MotoGP?
“Diventare campione qui, senza dubbio. La classe regina è la massima aspirazione per qualsiasi pilota, ma senza un prototipo in grado di lottare con i migliori non ha senso trasferirmi. In più, il campionato delle derivate ha raggiunto un livello mai visto visto pirima: la lotta in pista è sempre aperta, con dieci piloti che hanno l’opportunità di salire sul podio a ogni gara”.
Merito del nuovo regolamento?
“Sì, approvo la scelta di modificarlo: le novità contribuiscono a regalare grande spettacolo agli appassionati”.
Scommetteresti su Rea che vince il quarto Mondiale consecutivo?
“Adesso no. La Kawasaki è fortissima, ma con la limitazione dei giri motore fatica a dominare. Comunque resta il fatto che Johnny sia un fuoriclasse, la Ninja ZX-10R vada come un fulmine o e insieme formino una coppia stellare”.
Su chi punteresti, allora?
“La moto da battere è la Ducati: Chaz Davies ha talento da vendere, Marco Melandri ha iniziato la stagione alla grande ed entrambi sfrutteranno al meglio la Panigale”.
Il tuo avversario principale?
“Se escludo le due scuderie sopra, la Yamaha di Alex Lowes e Michael van der Mark: la R1 èsolida e tiene benissimo il ritmo fino alla bandiera a scacchi”.
L’altro Aleix Espargaró (il titolo l’ha scelto lui)
È stato il rider catalano dell’Aprilia Racing Team Gresini a scegliere il titolo della sua intervista. Perché non parla solo di moto, tra una splendida novità (che lo aspetta a giugno), gli italiani (con cui lavora da sempre) e il fratello (rivale in pista)
Di infortuni te ne sono capitati diversi, in tanti anni di carriera: non è difficile tornare in sella?
“No: senza moto non potrei vivere e l’istinto mi spinge a riprovarci appena le condizioni fisiche me lo consentono. Io non mollo anche perché so di meritare di più di quanto abbia conquistato e avere cambiato scuderia è stato come prendere una boccata d’aria fresca”.
Hai progetti a lungo termine?
“Se la motivazione e il ‘manico’ ci sono, sarebbe sbagliato ritirarmi presto: basta guardare Valentino Rossi, 39 anni, e Shane Byrne, 41, che duella ancora come un leone nella British Superbike”.
E ancora più in là nel tempo?
“Mi piacerebbe aiutare i giovani piloti oppure chi arriva nella WorldSBK. Al mio debutto non avevo riferimenti nell’ambiente, ho dovuto imparare tutto da solo: il ruolo di guida mi stimolerebbe molto ed essere utile ai giovani, trasferire le competenze che ho acquisito, mi gratificherebbe tantissimo”.
A proposito di esordio: ti viene in mente un episodio particolare?
“Il coraggio dei miei genitori: nel 2003 non trovavo sponsor per correre nella 125 del Motomondiale. Servivano 100 mila sterline e papà e mamma hanno venduto la nostra casa nel Kent per permettermi di gareggiare”.
Un ricordo recente, invece?
“Nicky. Hayden, naturalmente. Quando sono in sella sono focalizzato sulla prestazione, ma nel box spesso e anche in questi giorni di sosta forzata penso a lui: l’anno scorso guidava la mia moto e tra un mese sarà passato un anno dalla sua scomparsa”.
Che tipo era il “Kentucky Kid”?
“Un ragazzo meraviglioso: in gamba, umile, sempre pronto a congratularsi o a scusarsi. Considero Nicky un eroe dello sport ed è una fonte di ispirazione: si è impegnato anima e corpo in questo team e io faccio altrettanto anche per ringraziarlo e portare avanti il suo lavoro. È stato un onore, oltre che un piacere, dividere con lui la griglia di partenza”.
Intervista a Nicky Hayden: “Campione del mondo in MotoGP e WorldSBK? Sarò il primo”
Il campione del mondo della MotoGP rivela il sogno di conquistare il titolo anche nelle derivate (e di mettere su famiglia)
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McLaren 570S, i pacchetti Design Edition per la Spider
McLaren amplia la gamma delle Sport Series e propone i nuovi pacchetti Design Editions, creati esclusivamente per la 570S Spider.
5 versioni
Le Design Editions che entreranno in listino saranno 5, ognuna con caratteristiche personalizziate, dettagli che contraddistinguono l’abitacolo e livree di colori differenti in Silica White, Storm Grey, Vermillion Red, Onyx Black e Vega Blue, abbinati a uno schema di colore per gli interni ripreso dalla gamma By McLaren Designer. Le combinazioni cromatiche riguarderanno anche i cerchi, le pinze dei freni e il tetto rigido elettrico.
Il prezzo dei pacchetti delle Design Editions variano tra i €10,460 and €13,830 che si aggiungono al prezzo di base di €214,450 della 570S Spider per il mercato italiano.
La Design Edition 4
Nella Gallery in apertura è esposta la Design Edition 4 con carrozzeria in Onyx Black, le pinze dei freni in McLaren Orange con i loghi McLaren stampati in nero. Gli interni sfoggiano Carbon Black Alcantara, pelle in nappa McLaren Orange, sedili perforati in pelle nappa in McLaren Orange con le cuciture a contrasto con il volante in tinta e le rifiniture in pelle delle prensiline marchiate McLaren.
McLaren 570S Spider: la supercar britannica si spoglia
La McLaren 570S Spider – variante scoperta della supercar britannica – pesa solo 46 kg più della Coupé e va forte uguale.
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Nissan GT-R, la belva nipponica compie 10 anni, e ora si trova a prezzi allettanti
Mi sembra ieri quando ho provato la Nissan GT-R sul circuito di Monza. Purtroppo era il 2008, io ero poco più di un ragazzino, e la Nissan GT-R sembrava l’invenzione più grande del secolo dopo l’i-Pod.
E lo era davvero. Le riviste specializzate la decantavano come la migliore auto sportiva del momento, se non del decennio: era (lo è ancora) in grado di mettere in ombra supercar molto più costose di lei, con la metà della fatica e nonostante il 40% del peso in più.
Curvava, accelerava e frenava come nessun’altra auto dotata di quattro posti e un bagagliaio.
La prima versione, quella del 2008, dichiarava 485 CV, erogati dal suo 3,7 V6 biturbo. Guarda caso, la stessa potenza della Porsche 911 Turbo dell’epoca, rivale diretta. Infatti Nissan, con la GT-R, annientò la rivale sul tempo sul giro al Nürburgring, millantando (ovviamente) la propria superiorità su tutti i giornali, siti, media e social media. I CV della Nissan, in realtà, erano molti di più: diversi tester, stupiti dalle incredibili prestazioni della GT-R, testarono l’auto al banco e scoprirono che coppia e potenza erano ben superiori rispetto a quanto dichiarato dalla Casa. Poco male: è sempre un piacere scoprire di avere della potenza extra da non pagare nel bollo.
CAVALCANDO GODZILLA
Ma veniamo al sodo. Come fa la Nissan GT-R, dall’alto dei suoi 1700 kg, a piegare le leggi della fisica? La trazione integrale è la principale artefice di questa magia. I differenziali sono così stretti e legati che in manovra l’auto risulta rognosa quanto una machina da corsa. Il doppio albero di trasmissione fa si che l’auto si comporti come una trazione posteriore finché non perde grip, a quel punto il secondo albero trasferisce la coppia alle ruote anteriori. Poi c’è il cambio doppia frizione a 6 rapporti: fulmineo, puntuale, in perfetta sintonia con la trazione integrale e con il motore.
Ed eccoci al cuore: se il 3,8 boxer della Porsche Turbo è una temporale, il 3,7 V6 Nissan è un uragano. Spinge sempre, per tutto l’arco dei giri, con tale furia e costanza che verrebbe da pensare che, anche con 20 rapporti del cambio, la GT-R continuerebbe ad incollare il vostro collo al sedile all’infinito. Sembra molto più potente di quello che è, ma soprattutto non viene sprecato nemmeno un CV o Nm. Trasmissione, motore e trazione collaborano alla perfezione sotto la supervisione di abilissimi cervelli digitali, e il risultato è fenomenale.
Lanciata su una qualsiasi strada, la GT-R è imbattibile. Non sembra un’auto pesante, in quasi nessuna circostanza. Solo quando cercate di fare la staccata della vita, allora vi accorgerete che non state cercando di fermare un peso piuma. Ma per il resto del tempo la GT-R vi sembrerà una Golf R steroidata. È pazzesca, oggi come ieri.
PREZZI
La Nissan GT-R nel 2008 costava quanto una BMW M3, poco meno di 80.000 euro. Tra gli annunci dell’usato ci sono esemplari che partono da 45.000 euro e che arrivano fino a 60-65.000 euro. Prezzi davvero bassi per l’auto che è (e per le prestazioni di cui è capace); naturalmente bisogna tener conto dei costi di gestione alti, che includono: tagliandi, benzina, superbollo e consumo di gomme. Detto questo, non c’è niente a questo prezzo in grado di regalarvi emozioni simili, e se siete alla ricerca della vostra prima supercar, sapete dove cercare.
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Michele Alboreto, mito italiano
Credits: 20010425-BOLOGNA-SPR:MORTO MICHELE ALBORETO.
GIORGIO BENVENUTI/ANSA
Credits: 20010425-BOLOGNA-SPR:MORTO MICHELE ALBORETO.
GIORGIO BENVENUTI/ANSA
Credits: 20010425-BOLOGNA-SPR:MORTO MICHELE ALBORETO. Ottobre 1983 il giorno del suo arrivo alla Ferrari a Maranello.
GIORGIO BENVENUTI/ANSA
Michele Alboreto non ha mai vinto un Mondiale di F1 ma è stato uno dei più grandi piloti italiani di sempre. Scopriamo insieme la storia del driver lombardo, vincitore – tra le altre cose – della 24 Ore di Le Mans e scomparso prematuramente nel 2001.
Michele Alboreto: la storia
Michele Alboreto nasce il 23 dicembre 1956 a Milano (Italia) e inizia a correre piuttosto tardi visto che il suo debutto nel motorsport – in Formula Monza – risale al 1976.
Nel 1978 sale di categoria (Formula Italia e F3) e inizia a farsi conoscere nell’ambiente l’anno successivo quando diventa vicecampione italiano F3 dietro a Piercarlo Ghinzani e davanti a Mauro Baldi.
Salto di qualità
Nello stesso anno Michele Alboreto si cimenta nel campionato europeo F3 e si aggiudica il prestigioso titolo continentale nel 1980 davanti al belga Thierry Boutsen e al nostro Corrado Fabi. In quell’anno ottiene anche un terzo posto nel campionato italiano F3 e viene chiamato dalla Lancia per correre il Mondiale Sportprototipi con la Beta Montecarlo.
Il debutto in F1
Alboreto debutta in F1 nel 1981 con la Tyrrell: zero punti, un nono posto in Olanda come miglior piazzamento e risultati complessivamente peggiori di quelli del compagno statunitense Eddie Cheever. Decisamente migliore la stagione endurance, culminata con la vittoria – in coppia con il nostro Riccardo Patrese – della 6 Ore di Watkins Glen.
Le prime soddisfazioni
Le prime soddisfazioni in F1 per Michele Alboreto arrivano nel Mondiale 1982: più rapido dello svedese Slim Borgudd e del britannico Brian Henton, ottiene i primi punti in carriera (Brasile, 4°), il primo podio (San Marino, 3°) e la prima vittoria (a Las Vegas).
Sono ben tre, invece, i successi ottenuti da Alboreto nel Mondiale Sportprototipi con la Lancia LC1: la 6 Ore di Silverstone con Patrese, la 1000 km del Nürburgring con Patrese e Teo Fabi e la 1000 km del Mugello con Ghinzani.
Nel 1983 Michele Alboreto – all’ultima stagione con la Tyrrell – risulta più rapido del compagno statunitense Danny Sullivan e regala al team inglese l’ultimo successo di sempre (a Detroit).
Gli anni in Ferrari
Alboreto passa alla Ferrari nel 1984 e si fa subito notare: più rapido del coéquipier francese René Arnoux, porta a casa una vittoria (Belgio) e quattro podi.
La migliore annata di sempre di Michele Alboreto – il 1985 – vede il pilota lombardo iniziare la stagione alla grande con due vittorie (Canada e Germania, le ultime in carriera) e otto podi nei primi 10 GP stagionali. Più rapido di Arnoux e dello svedese Stefan Johansson perde il Mondiale a causa di problemi di affidabilità nelle ultime gare.
La stella di Alboreto inizia a spegnersi negli ultimi tre anni in Ferrari: nel 1986 è più lento di Johansson (e ottiene un solo podio: 2° in Austria), nel 1987 è meno performante (tre podi e un secondo posto in Australia come miglior piazzamento) rispetto al nuovo compagno (l’austriaco Gerhard Berger) e nel 1988 si ripete con tre podi e una seconda piazza in Italia.
Tyrrell e Lola
Michele Alboreto torna alla Tyrrell nel 1989, disputa i primi sei GP del Mondiale facendo meglio del compagno britannico Jonathan Palmer e porta a casa addirittura un terzo posto in Messico (ultimo podio in carriera).
In seguito a screzi con il fondatore del team – Ken Tyrrell – Alboreto cambia scuderia e passa alla Lola con cui corre gli ultimi otto Gran Premi stagionali: zero punti e prestazioni peggiori di quelle del francese Philippe Alliot.
Arrows e Footwork
Il 1990 è l’anno in cui Michele Alboreto trova un sedile alla Arrows: meglio del tedesco Bernd Schneider ma più lento del nostro Alex Caffi. L’anno seguente la Arrows cambia nome in Footwork e Alboreto – penalizzato da numerose noie meccaniche – si ritrova ancora una volta dietro Caffi ma facendo meglio di Johansson.
Nel 1992 la situazione migliora: più rapido del nuovo compagno giapponese Aguri Suzuki, riesce a portare a casa due quinti posti in Spagna e a San Marino.
Lola e Minardi
Michele Alboreto passa alla Lola nel 1993 ma delude (il compagno Luca Badoer è più convincente) e il trasferimento alla Minardi l’anno successivo non migliora le cose: conquista un sesto posto a Monte Carlo (ultima gara a punti) ma complessivamente è più lento di Pierluigi Martini.
Dopo la F1
Alboreto, una volta lasciata la F1, passa alla categoria turismo nel 1995 con l’Alfa Romeo e al volante della 155 corre nel campionato ITC e nella serie tedesca DTM.
Le Mans e Sebring
Nel 1996 Michele Alboreto torna nel mondo dell’endurance e nel 1997 si aggiudica la 24 Ore di Le Mans – alla guida di una TWR Porsche – con un equipaggio composto da Johansson e dal danese Tom Kristensen.
Alboreto si trasferisce all’Audi nel 1998 e due anni più tardi arriva terzo a Le Mans insieme al tedesco Christian Abt e al nostro Dindo Capello. Il duo italiano si aggiudica – con il prototipo R8 – nel 2001 la 12 Ore di Sebring con il francese Laurent Aïello.
La morte
Michele Alboreto perde la vita il 25 aprile 2001 a Klettwitz (Germania) sul circuito del Lausitzring a causa della foratura di uno pneumatico durante il test dell’auto da corsa Audi R8. La stessa pista protagonista – meno di cinque mesi più tardi – dell’incidente di Alex Zanardi nel quale il pilota emiliano perderà le gambe.
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Design Week 2018: al Fuorisalone Hyundai porta Kite e Kona Electric
Cosa c’è di più in tema con la Milano Design Week di un concept costruito in collaborazione con lo IED di Milano?
È quello che deve aver pensato – correttamente – Hyundai, che al Fuorisalone 2018 ha presentato la Hyundai KITE, concept di dune buggy realizzato dagli studenti del master in Trasportation Design dell’Istituto Europeo di Design, su supervisione del Centro Stile Europeo del marchio.
Nessuna portiera, nessun tetto e neppure i finestrini: il KITE è un esercizio di stile che parte da dune buggy a due posti si trasforma in moto d’acqua monoposto. Una sfida – ci ha raccontato il designer Hyundai Nicola Danza – che i ragazzi dello IED hanno affrontato con entusiasmo, velocità e preparazione, stupendo per professionalità.
La Hyundai KITE è elettrica, andando così ad abbracciare il tema che il marchio coreano ha presentato alla Design Week 2018, in uno spazio/installazione chiamato “Energy Zone by Hyundai”.
Insieme alla KITE, Hyundai ha portato a Milano – in anteprima nazionale – anche la Kona. In versione Electric, ovviamente.
Già vista al Salone di Ginevra, la Hyundai Kona Electric fa il suo debutto italiano confermando il suo posizionamento come primo B-SUV 100% elettrico a esordire in Europa.
Con un motore in grado di sviluppare 204CV, e raggiungere uno 0-100 in 7,6 secondi, la Kona Electric promette una autonomia di 482 Km.
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Jaguar XE e XF 300 Sport: l’allestimento sportivo
La gamma XE e XF di Jaguar si estende. La Casa del Giaguaro presenta i nuovi allestimenti 300 Sport, dedicati a chi cerca nelle berline inglesi performance e sportività.
300 CV, per la XF anche Diesel
Per la nuova Jaguar XE 300 Sport è prevista la meccanica 2.0 turbo a benzina della famiglia Ingenium, con 300 CV di potenza. Lo stesso motore sarà proposto anche per le XF e XF Sportbrake 300 Sport, che però offriranno in listino anche la scelta del diesel TDV6 3.0, sempre da 300 CV.
Segni di riconoscimento
La carrozzeria di entrambe le versioni si distingue dal resto della gamma, oltre che per i loghi dedicati, anche per il numero limitato di colori: Yulong White, Indus Silver, Santorini Black e Caldera Red (Solo per la XE). Per tutti sono previste le rifiniture a contrasto in Dark Satin Grey per gli specchietti retrovisori, la griglia frontale e lo spoiler posteriore. I cerchi in tinta Satin Terchnical Grey vengono proposti nelle misure da 19 o 20 pollici.
E per finire l’abitacolo delle versioni 300 Sport delle Jaguar XE e XF sfoggia cuciture a contrasto in giallo per il volante, i sedili e i pannelli delle portiere, oltre che per i loghi dedicati sui poggiatesta e sui battitacco.
Jaguar XE SV Project 8: la più veloce di sempre
La Casa inglese svela le fotografie e i dati ufficiali della più sportiva di sempre della gamma
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Design Week 2018: Fiat presenta al pubblico la 500 Collezione
Ha fatto il suo debutto presso il grande pubblico italiano (e non solo) la Fiat 500 Collezione, dopo l’arrivo nei concessionari Fiat del Bel Paese.
E per farlo ha scelto la cornice della Milano Design Week, in quel Fuorisalone che attrae nel capoluogo lombardo frotte di turisti dall’Italia e dal mondo.
La piccola city car chic di casa Fiat si è fatta vedere in una nuova edizione speciale nelle suite del Magna Pars di Milano, inaugurando un tour che porterà la 500 Collezione nelle più importanti capitali europee (arriveranno anche Londra, Parigi, Madrid e Berlino).
Fiat 500 Collezione: ispirata al mondo della moda
Andando a riprendere un connubio molto caro al mondo automotive, oggigiorno, la Fiat 500 Collezione strizza l’occhio alla fashion industry.
“Solo un’icona può fotografare un’icona”, dicono in Fiat nello spot che potete vedere qui sotto: una pubblicità che gioca tutto sul concetto di cult, di sfilata, con immagini che sembrano accostare la 500 Collezione al mondo delle influencer.
La nuova edizione speciale della 500 sarà disponibile all’acquisto sia in versione “classica” che in quella cabrio (perfetta per questa primavera che pare sia finalmente esplosa). A caratterizzarla saranno:
- All’esterno cromature specifiche sul paraurti anteriore, sul cofano e sulle coperture degli specchietti retrovisori. Oltre ovviamente al logo “Collezione”, in Italiano anche per i mercati esteri, che spiccherà sul posteriore.
- All’interno i sedili bicolore, con seduta grigia parte superiore in avorio, e i tappetini arricchiti con il logo Collezione (a ricamo).
Nuove le colorazioni, ispirate – secondo Fiat – alla bella stagione: il bicolore “Primavera” (bianco e grigio) e quello “Acquamarina” (bianco e verde) e la tinta unita Avorio Taormina. Queste si affiancano alle già presenti Bianco Gelato e Blu dipinto di Blu.
Fiat 500 Collezione: lo spot
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Nuova Lexus ES 2018: la settima generazione
In anticipo sull’anteprima mondiale che avverrà al Salone di Pechino 2018 (dal 25 aprile al 4 maggio) la nuova Lexus ES – la settima generazione – si lascia intravedere in un primo videoteaser rilasciato dal brand premium giapponese.
Nuova piattaforma modulare
E’ uno dei modelli veterani della gamma statunitense e, dopo il restyling del 2015, la nuova Lexus ES 2018 si rinnova adottando la nuova piattaforma modulare globale TNGA.
Nonostante la prima immagine e il video rilasciati da Lexus, le informazioni sulla nuova ES sono ancora scarse e, per quanto riguarda la meccanica, tra i possibili motori candidati che troveranno posto sotto al cofano c’è anche un V6 abbinato al nuovo cambio automatico a otto rapporti, oltre alla possibilità di richiedere la trazione integrale.
Arriva anche in Europa
La Lexus ES non ha mai sconfinato oltre il mercato nordamericano ma, secondo le dichiarazioni di Lexus dovrebbe farlo con questa nuova versione, che da noi potrebbe sostituire l’attuale GS.
“La nuova Lexus ES trasformerà radicalmente il concetto di comfort per i clienti di auto di lusso, in tutto il mondo”.
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Il bello delle macchine da corsa
Sono sempre stato un’amante della velocità, in ogni sua forma. Quella con le ruote è la mia forma preferita, e le auto sportive sono hanno sempre rappresentato i miei sogni (neanche troppo) nascosti. Anche se le ruspe e i tagliaerba sono perversioni della mia infanzia che sto cercando di valicare.
Ma c’è un oggetto a quattro ruote che non ho mai realmente desiderato, almeno fino a qualche anno fa, ed è la macchina da corsa. A dire il vero, credo sia un problema comune a chi non ne ha mai provata una. Questo perché l’auto sportiva stradale, non importa che sia una Ferrari o una Peugeot 106 Rally, la puoi ammirare per strada, la puoi utilizzare per andare a fare la spesa, la puoi guidare nel traffico. È anche oggettivamente più aggraziata, più umana, più avvicinabile; e oltre ad essere veloce, rimane comunque un mezzo di trasporto.
L’auto da corsa, invece, è uno strumento pensato per un solo scopo: correre veloce. È più antiestetica e sgraziata, la sua forma è stabilita dalla funzionalità, e non c’è modo di guidarla piano. Ma quando lanciate un’auto da corsa in pista, all’improvviso l’auto stradale diventa improvvisamente noiosa.
Poco tempo fa mi è capitato di convivere per una settimana con una Porsche 911 GT3, l’ho guidata sia su strada che in pista. È un’auto pazzesca: velocissima, sfruttabile, assolutamente coinvolgente e anche una gioia per le pupille. Difficile chiedere di meglio da un’auto sportiva.
Ma quando, qualche giorno dopo, mi sono calato nell’abitacolo della 911 GT3 Cup – la versione da competizione – la mia teoria sulle auto da corsa è divenuta ancora più solida. Non è solo più veloce, più rumorosa, più eccitante: l’auto da corsa è soprattutto più immediata. Calza come un guanto e vi permette di concentrarvi di più sulla pista e meno sulla macchina, un aspetto fondamentale quando si cerca la prestazione. In parole povere: l’auto stradale non fa esattamente quello che volete voi, bisogna scendere a compromessi; l’auto da corsa, invece, obbedisce ai vostri imput come estrema velocità e obbedienza. Le frenata è l’azione che preferisco: il pedale duro e modulabile (non c’è servo freno) è capace di rallentare l’auto con un’efficacia disumana, tanto che il limite vero lo dovrà superare il vostro (povero) cervello, non certo l’auto. E poi è anche costante: frenate dieci volte nello stesso punto allo stesso modo e lei non sbaglierà di un centimetro; se qualcosa è andato storto, probabilmente avrete sbagliato voi.
L’auto da corsa è una droga a tutti gli effetti, e una volta che ne avrete guidata una non vorrete più provare altro. Quindi, vi do un umile consiglio, girateci alla larga.
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