Monthly Archives: Marzo 2018
F1 – I più grandi piloti australiani
Credits: epa04213442 (FILE) Australian Formula One legend Jack Brabham attends a statue unveiling before the Australian Formula One Grand Prix at the Albert Park circuit in Melbourne, Victoria, Australia, 17 March 2013. Brabham died 88 on 19 May 2014 at his home in Gold Coast, Queensland, Australia. EPA/JOE CASTRO AUSTRALIA AND NEW ZEALAND OUT
Credits: 17/07/80- Alan Jones a Imola. ANSA ARCHIVIO / 97368
Credits: epa05110914 Former Australian Formula One driver Mark Webber (C) watches the first round match between Lleyton Hewitt and James Duckworth, both of Australia, at the Australian Open Grand Slam tennis tournament in Melbourne, Australia, 19 January 2016. EPA/DAVID CROSLING AUSTRALIA AND NEW ZEALAND OUT
Credits: epa06345593 Australian Formula One driver Daniel Ricciardo of Red Bull Racing reacts during a press conference at Yas Marina Circuit in Abu Dhabi, United Arab Emirates, 23 November 2017. The Formula One Grand Prix of Abu Dhabi will take place on 26 November 2017. EPA/VALDRIN XHEMAJ
Pochi ma buoni: i piloti australiani in F1 sono stati solo 13 ma quattro di questi hanno vinto un GP e due sono stati addirittura capaci di conquistare il Mondiale.
Di seguito troverete la classifica completa – corredata da brevi biografie e palmarès – dei piloti di F1 più vincenti provenienti dall’Australia.
F1 – I più grandi piloti australiani
1° Jack Brabham
Nato il 2 aprile 1926 a Hurstville (Australia) e morto il 19 maggio 2014 a Gold Coast (Australia)
16 stagioni (1955-1970)
123 GP disputati
4 costruttori (Cooper, Maserati, Lotus, Brabham)
PALMARÈS: 3 Mondiali F1 (1959, 1960, 1966), 14 vittorie, 13 pole position, 12 giri veloci, 31 podi
2° Alan Jones
Nato il 2 novembre 1946 a Melbourne (Australia)
10 stagioni (1975-1981, 1983, 1985, 1986)
116 GP disputati
7 costruttori (Hesketh, Hill, Surtees, Shadow, Williams, Arrows, Lola)
PALMARÈS: Mondiale F1 (1980), 12 vittorie, 6 pole position, 13 giri veloci, 24 podi
PALMARÈS EXTRA-F1: campione Can-Am (1978), campione australiano GT (1982), 12 Ore di Bathurst (1993)
3° Mark Webber
Nato il 27 agosto 1976 a Queanbeyan (Australia)
12 stagioni (2002-2013)
215 GP disputati
4 costruttori (Minardi, Jaguar, Williams, Red Bull)
PALMARÈS: 3° nel Mondiale F1 (2010, 2011, 2013), 9 vittorie, 13 pole position, 19 giri veloci, 42 podi
PALMARÈS EXTRA-F1: Formula Ford Festival (1996), campione del mondo endurance WEC (2015)
4° Daniel Ricciardo
Nato l’1 luglio 1989 a Perth (Australia)
7 stagioni (2011-)
129 GP disputati
3 costruttori (HRT, Toro Rosso, Red Bull)
PALMARÈS: 3° nel Mondiale F1 (2014, 2016), 5 vittorie, 1 pole position, 9 giri veloci, 27 podi
PALMARÈS EXTRA-F1: campione WEC Formula Renault 2.0 (2008), campione britannico F3 (2009)
5° Tim Schenken
Nato il 26 settembre 1943 a Sydney (Australia)
5 stagioni (1970-1974)
34 GP disputati
6 costruttori (De Tomaso, Brabham, Surtees, Iso-Marlboro, Trojan, Lotus)
PALMARÈS: 14° nel Mondiale F1 (1971), 1 podio
PALMARÈS EXTRA-F1: campione britannico F3 (1968)
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Volkswagen Touareg 2018: svelata la terza generazione
Punterà soprattutto alla Cina, perché il mercato asiatico delle SUV raddoppierà nei prossimi 5 anni, almeno secondo quanto dicono gli analisti. Parliamo della nuova generazione, la terza, della Volkswagen Touareg, che si prepara a debuttare proprio in Cina, al Salone di Pechino, e della quale, intanto, sono state svelate le prime fotografie ufficiali e le prime informazioni.
Più robusta ma più leggera
Partiamo dalle dimensioni. La nuova Touareg è più robusta rispetto alla versione attuale, è lunga 488 cm e misura quasi due metri in larghezza. Però, grazie alla nuova architettura Mlb del Gruppo VAG (che condivide, tra le altre, con la Bentley Bentayga, l’Audi Q7 e la Lamborghini Urus), dimagrisce di 106 kg, non poco.
Rivoluzione interna con l’Innovision Cockpit
Esteticamente la nuova Touareg appare più solida, matura ed elegante che mai. Ma la vera rivoluzione del design, e della tecnologia, riguarda soprattutto gli interni. Il protagonista dell’abitacolo della Volkswagen Touareg 2018 è l’inedito Innovision Cockpit.
Il quadro strumenti e lo schermo sulla plancia centrale sono un tutt’uno collegato da un’ampia superficie vetrata che ricopre tutto il cruscotto senza soluzione di continuità. Il primo è formato da uno schermo digitale da 12 pollici, il secondo da un touchscreen da 15 pollici che integra tutti i comandi di bordo e del sistema di infotainment, eccetto i tasti – che rimangono fisici – per la regolazione dell’assetto e del volume della radio. Non mancano l’head-up display e il sistema Night Vision.
Anima high-tech
Ma la tecnologia si estende anche a soluzioni tecniche come l’impianto a 48V, i nuovi gruppi ottici, l’asse posteriore sterzante, le sospensioni pneumatiche e un sofisticato pacchetto off-road al quale sono dedicate ben 5 configurazioni di guida per il fuoristrada e alle quali si aggiungono altrettante modalità per la strada.
Motorizzazioni
In Italia la nuova Volkswagen Touareg verrà proposta negli allestimenti Atmosphere, Elegante, R-Line ed Executive.
Le motorizzazioni a disposizione saranno i due turbodiesel V6 da 3.0 litri declinati negli step di potenza da 231 o 286 CV e, più avanti dopo il debutto, arriverà anche il benzina 3.0 TSI da 340 CV. Spazio anche per una variante ibrida plug-in da 367 CV di potenza.
Volkswagen Touareg: i teaser della terza generazione
Il debutto ufficiale il 23 marzo in Cina
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Porsche 911 GT3 – Auto Sportive
L’unica Carrera con il motore aspirato rimasta. Banalmente si potrebbe definire così la nuova Porsche 911 GT3, ma sarebbe riduttivo. Anche descriverla come la più sportiva e pura delle 911 non sarebbe del tutto esatto, visto che lo scettro spetta alla GT3 RS. La GT3 rimane comunque la versione più corsaiola, affilata e concentrata della gamma, senza gli eccessi della RS e con un pizzico di sfruttabilità quotidiana in più.
In foto sembra solo una 911 con un alettone e una bocca più grandi, ma dal vivo i suoi muscoli e il suo assetto ribassato la rendono molto più schiacciata ed esotica. Non ha la presenza scenica di una Ferrari, ma ci va molto vicina. L’ala posteriore con le bandelle in carbonio ora è più grande e arretrata, e fornisce ancora più downforce alle alte velocità.
I tecnici Porsche affermano che la nuova GT3 raggiunge lo stesso carico aerodinamico della GT3 RS di precedente generazione: un risultato impressionante, soprattutto se vi ricordate le dimensioni di quell’alettone. L’asse posteriore sterzante è rimasto, così come i supporti del motore attivi; ma quel che più fa festeggiare i porschisti è la possibilità di ordinarla con il cambio manuale a sei rapporti (senza sovrapprezzo). Se non fa per voi, c’è sempre l’immenso PDK a sette rapporti della nostra vettura in prova.
Ma la novità più grande riguarda il motore: al posto del 3,8 litri da 475 CV, troviamo un 4,0 litri da 500 CV che gira fino al regime stratosferico di 9.000 giri. Un motore che vanta 500 giri extra rispetto a quello della precedente GT3 RS, sebbene cubatura e potenza siano le stesse.
NO FILTER
Non lo nego: la Porsche 911 GT3 è una di quelle auto su cui desideravo mettere le mani da una vita. Ho provato tutte le 911 moderne, in tutte le salse e versioni, ma la GT3 è una di quelle auto che devono essere guidate per avere un punto di riferimento, un po’ come la Mégane RS o la Mazda Mx-5. La visuale offerta dal sedile profilato con il guscio in carbonio (un goloso optional da quasi 4.000 euro) permette di ammirare un quantità di fibra di carbonio e Alcantara decisamente superiore a quelle delle altre 911. Ci sono anche il volante con l’anello rosso che funge da mirino e un tachimetro con così tante cifre da farmi pensare che si tratti di uno scherzo. Ma il vero istante in cui realizzi di essere su una 911 speciale è quando butti l’occhio sullo specchietto retrovisore e intravedi il rollbar nero dove dovrebbero esserci i sedili posteriori. Magnifico.
Quando percorri i primi metri ti accorgi che i pannelli assorbenti sono stati sacrificati sull’altare della leggerezza, e ogni granello di sabbia, sasso o mozzicone finisce per picchiettare sonoro sotto la scocca e rimbombare dentro l’abitacolo. Non c’è bisogno di andare forte per capire che l’auto è tesa, coesa, come se fosse stata avvitata con forza da una chiave inglese gigante. I primi km in autostrada sono piuttosto snervanti, ma mi servono per raccogliere le prime sensazioni. Il rumore del motore ai bassi regimi è molto civile e quasi banale, anche con lo scarico aperto (che si attiva con il pulsante). Non borbotta, non scoppietta, ringhia giusto un po’, ma in misura minore rispetto a quello della GTS. A dir la verità la GT3 è un’auto piuttosto educata e civile ad andature tranquille, davvero utilizzabile ogni giorno, ancor di più senza i sedili a guscio – che alla lunga potrebbero dare noie. Ma contengono molto bene, e per me questo vale di più.
Noto anche la mancanza dell’”anello” sul volante che permette di selezionare le diverse modalità di guida. Controlli elettronici, rigidità delle sospensioni e velocità del cambio si possono modificare premendo dei pulsanti sul tunnel centrale, la opzioni che avete sono: ESP OFF (che però mantiene il controllo della trazione), tutto disattivato (richiede molta consapevolezza), cambio PDK in Sport e sospensioni – ancora – più dure. Il fatto che non ci sia una modalità “comfort” mi piace, la GT3 – a parer mio – dev’essere sempre tesa e reattiva (sennò perché l’avreste comprata?). Ciò non toglie che avrei preferito più libertà nel settare i controlli elettronici, e poi vi spiegherò il perché.
SU STRADA
Esco dall’autostrada e mi dirigo verso il Lago d’Orta, in Piemonte, dove ci sono strade magnifiche, libere dal traffico e abbastanza lunghe e varie da mettere in difficoltà qualsiasi telaio.
Le Michelin Pilot Sport Cup 2 quando entrano in temperatura sono come colla, ma da fredde sono poco rassicuranti e, per usare un termine poco tecnico, “saponeggiano”; anche perché con la spalla da 35” (30” al posteriore) e il cerchio da 20” non sono proprio progressive quando perdono grip.
Ad andature tranquille la GT3 ha già un sapore speciale: dai fianchi e dallo sterzo arrivano una marea di informazioni e lo sferraglio del differenziale e i “clonk” sonori della trasmissione quando ingranate la prima (anche col PDK) hanno un gusto molto racing.
Non esito molto a esplorare le doti del motore.
Il sei cilindri flat six da 4,0 litri fino a 4.000 giri è piuttosto vuoto ed emette un suono pieno ma poco personale, ma se avete la pazienza di tenere giù il piede vi si apre un mondo. Dopo i 6.000 giri si ha la sensazione che qualcuno abbia acceso una miccia, e tra gli 8.000 e i 9.000 giri il suono diventa così acuto che nemmeno un violino collegato dentro il vostro orecchio potrebbe fare di meglio. Questo motore è old school: grida, sbraita. Questo motore è infinito. Non ha quella spinta violenta in grado di causarvi il mal di collo (la 911 Turbo è decisamente più scioccante in linea retta), ma è impossibile non scoppiare in una risata isterica dopo aver sbattuto contro il limitatore. Ci sono così tanti giri a disposizione che bisogna ricalibrarsi mentalmente, ed è necessario restare sopra i 6.000 per galoppare come si deve. Con questo presupposto, si entra nel vivo.
L’andatura di cui è capace la GT3 su queste strade è quasi comica, e la facilità con cui si raggiunge il limite lo è altrettanto. C’è una successione di curve medie, da percorrere in terza, con asfalto brutto e qualche dosso: la GT3 le affronta in pieno, imperturbabile, come un MIG-31 che taglia una densa nuvola grigia. È pazzesco. Il motore sale di giri dopo pochi minuti sarete assolutamente assuefatti da quel ululato acuto che abita vicino al limitatore. Ma il motore è solo uno degli elementi che rende la GT3 una…GT3.
Arrivati in curva, la grossa differenza rispetto ad una Carrera S risiede nell’anteriore. La sensazione di muso leggero che “galleggia” c’è sempre, anche se è attenuata e si manifesta ad andature molto più elevate, ma la velocità con cui l’anteriore entra in curva, con buona probabilità, è doppia. È vero che l’asse posteriore sterzante vi infila in curva quasi con prepotenza, ma è anche vero che sulla Carrera S non lo fa con così tanta rapidità. È assolutamente impressionante. In percorrenza di curva il rollio semplicemente non esiste, ma gli ammortizzatori lavorano in modo così raffinato da non far saltare l’auto come un grillo in presenza di buche, anzi: si può percorrere una strada dissestata a tavoletta con la certezza che le maxi Michelin non molleranno la presa. Questo infonde una grande sicurezza e invoglia ad osare, cosa non scontata per un’auto da 500 CV con trazione posteriore e gomme semi-racing.
Vorrei quasi dire che i tecnici Porsche abbiano cercato di rendere una 911 una “non 911”, ma mentre esco da una curva “chiusa” con un po’ di esuberanza, tutte le qualità e le carenze della Carrera mi cadono in testa come un gavettone d’acqua fredda. Pochi gradi di piede destro e il muso della 911 s’impenna e tenta di allargare, mentre il posteriore si schiaccia e trova trazione anche dove non ce n’è.
Con questo non sto dicendo che le ruote anteriori vanno per la tangente, ma, quando state spingendo davvero, la 911 vi lancia un segnale e vi ricorda esattamente dove sono posizionate le sue masse. È come se cominciasse a lottare ad ogni curva contro le leggi della fisica, uscendone vincitrice, ma non senza avere incassato un po’ di colpi. Non è un’auto intuitiva come una Ferrari 488 o una Lamborghini Huracan, va capita e dev’essere comunque guidata come vuole lei (anche se ormai digerisce molti più stili di guida), ma proprio per questo è appagante, e ogni volta che la chiuderete a chiave dopo una corsa, saprete che ci avrete messo davvero del vostro.
Un appunto sull’elettronica: avrei preferito una modalità che mi permettesse di giocare di più con il posteriore mantenendo un “paracadute elettronico”. Con l’ESP disattivato – e con il controllo di trazione su impostato su ON – l’auto è libera di muoversi e di scuotersi, ma non di disegnare virgole nere sull’asfalto, che è una delle gioie più grandi della trazione posteriore. Con “tutto staccato”, però, la GT3 vi farà sudare: non perché sia un’auto poco sincera, ma perché il posteriore ha così tanta trazione e il motore è così tagliente e reattivo nelle reazioni che il sovrasterzo potrebbe avvenire in maniera molto, ma molto rapida, e a velocità piuttosto elevate. Però c’è sempre la pista…
IN PISTA
Cervesina, chiazze di umido e 6 gradi centigradi: mi trovo al Circuito Tazio Nuvolari, e non è proprio la giornata perfetta per spremere la Porsche 911 GT3 in pista. Le gomme semi-slick non sono l’ideale con queste temperature e, sebbene l’asfalto sia drenante, di pioggia ne è venuta giù tanta, così mi ritrovo ad affrontare aree scure con poco grip in punti poco simpatici del tracciato.
Il circuito è ampio quanto serve, dispone di un rettilineo abbastanza lungo per appoggiare la quinta, di due esse per mettere alla prova il bilanciamento dell’auto e di diverse curve strette da affrontare in seconda, ideali per testare la trazione.
Viste le condizioni altalenanti dell’asfalto, decido di staccare tutti i controlli per capire quanto la GT3 sia disposta a giocare. È sorprendente quanto grip riesca a generare la GT3 con queste temperature ostili, ma è altrettanto preoccupante quando lo perde. Per fare un lungo sovrasterzo di potenza bisogna essere veloci di mano e pesanti col piede, ma soprattutto bisogna prestare attenzione quando ci si rimette dritti, perché il modo in cui le Michelin da 305/30 riacquistano grip è così brusco che rischierete di ritrovarvi nell’erba.
Quando la pista finalmente si asciuga (quasi) del tutto, provo a fare un paio di giri secchi e puliti per capire quanto la GT3 sia all’altezza della sua fama. Ne basta uno per capire che lo è.
Ha una precisione di guida assoluta, soprattutto in fase di frenata, e pretende da voi una guida altrettanto precisa. Lo sterzo vi racconta tutto e ha un peso fantastico, e soprattutto è diretto senza essere nervoso.
I dischi in acciaio – volendo ci sono i carboceramici optional – offrono un feeling e una modulabilità straordinari e il modo in cui la GT3 elimina grosse fette di velocità in così poco spazio è stupefacente. Anche quando state cercando di spaccare il pedale, l’intervento dell’ABS è discreto ed efficace e non c’è un solo istante in cui si innesca una perdita del posteriore o senti gli pneumatici anteriori da 245/35 che ti vogliono spingere fuori traiettoria.
Se su strada appare bilanciata quasi quanto un’auto con motore centrale, tra i cordoli la GT3 cala la maschera. Quando si forza il ritmo il muso comincia ad allargare, non molto, ma abbastanza per farvi capire cosa sta succedendo. Il dramma è nei cambi di direzione, come nella “esse” veloce, quando i pesi si fanno sentire e l’equilibrio diventa una questione delicata. Il motore risponde tagliente come un lama e bisogna tenere il gas puntato e costante per bilanciare l’auto. Quando lo sterzo si raddrizza, però, potete stampare l’acceleratore sul pavimento e fare affidamento sulla trazione infinita che solo un’auto con motore posteriore è in grado di offrire.
La Porsche GT3 in pista ha sempre dato del filo da torcere ad auto molto più potenti, e ora capisco il perché. Non ha una potenza mostruosa, ma ti permette di frenare così tardi e di accelerare così presto che il tempo sul giro si fa quasi da solo.
CONCLUSIONI
La nuova Porsche 911 GT3 è veloce quanto la precedente GT3 RS, ma indossa un abito più discreto e terrestre. È anche compatta e comoda a sufficienza da essere utilizzata ogni giorno senza troppi sacrifici: i dossi non la spaventano, le buche le digerisce bene e la visibilità è ottima. È quasi inutile parlare di consumi, ma andando piano si possono fare anche più di 10 km/l.
Guidarla al limite è un’esperienza intensa e estremamente appagante. Bisogna adattare il proprio stile di guida a lei: frenare tanto e forte fin dentro la curva, per tenere giù il muso, finché la strada non si apre e vi da l’opportunità di sparare le marce una dietro l’altra. E il motore sembra non finire mai. Urla così tanto che distinto verrebbe da cambiare 2.000 giri prima, ma sono proprio quegli ultimi gradi del contagiri a rendere questo motore così speciale.
DIMENSIONI |
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Peso | 1505 kg |
Lunghezza | 456 cm |
Larghezza | 185 cm |
Altezza | 127 cm |
Bagagliaio | 125 litri |
TECNICA |
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Motore | sei cilindri conrapposti, aspirato |
Cilindrata | 3996 cc |
Potenza | 500 CV a 8250 giri/min |
Coppia | 460 Nm a 6.000 giti/min |
Trasmissione | PDK 7 marce doppia frizione (manuale a 6 rapporti opzionale) |
PRESTAZIONI |
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0-100 km/h | 3,4 secondi |
Velocità massima | 318 km/h |
Consumi | 12,7 l/100 km |
PREZZO | 160.100 euro |
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Quando l’Aston Martin corse in F1
Oggi Aston Martin è presente in F1 solo come title sponsor della Red Bull (un po’ come fa Alfa Romeo con la Sauber) ma a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 tento l’avventura nel Circus come costruttore.
Scopriamo insieme la (breve e poco fortunata) storia dell’Aston Martin in F1: cinque GP e tante delusioni.
La storia dell’Aston Martin in F1
L’Aston Martin decide di entrare in F1 nella seconda metà degli anni ’50: un periodo d’oro per la Casa britannica, reduce da numerosi successi nell’endurance culminati nel 1959 con la conquista della 24 Ore di Le Mans e del Mondiale Sportprototipi.
Per l’esordio nel Circus il brand “british” realizza una monoposto interamente fatta in casa (telaio e motore Aston Martin): la DBR4. Tecnicamente superata rispetto alle rivali (colpa dei ritardi in fase di progettazione), monta un motore anteriore (anzichè posteriore/centrale) 2.5 a sei cilindri da 250 CV, è più pesante della concorrenza, meno curata aerodinamicamente (per via della presa d’aria anteriore e del parabrezza quasi verticale) e adotta il ponte posteriore de Dion quando la concorrenza può già vantare le sospensioni a quattro ruote indipendenti.
1959
L’Aston Martin debutta ufficialmente in F1 nel Mondiale 1959 in occasione del GP d’Olanda del 31 maggio: le due DBR4 affidate al britannico Roy Salvadori e allo statunitense Carroll Shelby (che il mese successivo regaleranno alla Casa inglese la prima e unica vittoria alla 24 Ore di Le Mans) sono costrette al ritiro per problemi meccanici.
La situazione migliora (ma non di molto) in Gran Bretagna e in Portogallo grazie ai due sesti posti di Salvadori (in quella stagione solo i primi cinque piloti vanno a punti).
1960
Nel Mondiale F1 1960 l’Aston Martin schiera la DBR5, nient’altro che una DBR4 profondamente rivista: più piccola, più leggera, più potente (280 CV) e con sospensioni a quattro ruote indipendenti.
La vettura viene usata per un solo GP – quello di Gran Bretagna del 16 luglio – e conquista un 11° posto con il francese Maurice Trintignant, chiamato al posto di Shelby.
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Skoda: 19 nuovi modelli entro il 2020
Skoda punta su una vasta offensiva di prodotto che, nei prossimi due anni, le permetterà di ampliare la sua offerta sul mercato. Entro il 2020, infatti, la Casa ceca avrebbe in programma di lanciare 19 modelli, con un’attenzione speciale alle elettriche, ibride e plug-in, con cui metterà le basi per una strategia che porterà il marchio ad offrire in listino dieci modelli completamente elettrici entro il 2025.
Queste informazioni, anche se non dettagliate, sono state confermate dai vertici di Skoda durante la recente conferenza annuale. La Casa di Mladá Boleslav non ha rivelato quali saranno questi 19 nuovi modelli, ma ha confermato che tra questi ci sarà la versione di produzione della Skoda Vision X Concept, il SUV di dimensioni medie – svelato al Salone di Ginevra 2018 – che arriverà il prossimo anno per completare l’offerta delle Sport Utility della firma.
Già a partire dal prossimo anno, il 2019, vedremo arrivare sul mercato i primi modelli elettrificati targati Skoda, come la Citigo elettrica e la versione ibrida plug-in della Skoda Superb. L’anno successivo Skoda presenterà la versione di produzione della Vision E Concept, un’altra elettrica basata sulla piattaforma modulare MQB.
Quest’offensiva di prodotto di Skoda è supportata da un 2017 che è valso come anno record per la storia del marchio, con 1,2 milioni di veicoli consegnati con un beneficio operativo record 1,6 miliardi di euro. Per questo Skoda ha deciso di investire, per i prossimi 5 anni, 2 miliardi di euro per l’elettromobilità e per nuovi servizi di mobilità.
Skoda Vision X: ibrida a metano
Il prototipo della Casa boema che debutterà al Salone di Ginevra
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Nuova Citroen C3: design audace
Citroën C3 riscrive i codici del mercato con il suo look fresco e carismatico, energico e moderno, dalle linee fluide che ispirano dinamismo e potenza. Si riconosce immediatamente per il design audace, enfatizzato dagli sbalzi contenuti, dal tetto flottante e dal frontale rialzato che trasmette sensazione di robustezza in cui gli Chevron, con il doppio profilo cromato, arrivano fino alle luci a LED, e sottolineano tutta l’ampiezza dell’auto.
Citroen C3 2017
Citroen svela la nuova generazione della piccola C3. La best-seller che ha venduto oltre 3,5 milioni di esemplari dal 2002 si reinventa con una nuova personalità, ispirata alla sorella maggiore C4 Cactus
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Nissan, con le batterie della Leaf illumina la città
Nissan e la sua affiliata 4R Energy Corporation hanno collaborato con la città di Namie, in Giappone, per installare nuovi lampioni stradali wireless sostenibili che saranno alimentati da una combinazione di batterie di seconda vita di Nissan LEAF e da pannelli solari.
Il progetto “The Reborn Light” (“La luce rigenerata”) prevede la fornitura ai residenti di Namie, in Giappone, di illuminazione pubblica sostenibile e autoalimentata che è stata sviluppata per prevenire i black out verificatisi in seguito al terremoto e allo tsunami dell’11 marzo 2011.
Questo programma utilizza il crescente numero di batterie di seconda vita delle auto elettriche che diventeranno disponibili con l’aumento della popolarità e della diffusione dei veicoli elettrici in tutto il mondo.
Il sistema di illuminazione per esterni creato da Nissan e 4R funziona separatamente rispetto alla rete elettrica principale, senza necessità di cavi o prese elettriche.
Un prototipo verrà testato il 26 marzo presso lo stabilimento di rigenerazione delle batterie 4R di Namie, con l’installazione completa a partire dall’anno fiscale 2018 con inizio il 1 aprile.
Nuova Nissan Leaf 2017: le prime fotografie e informazioni ufficiali
Svelata la seconda generazione dell’elettrica compatta di Yokohama.
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Dacia WOW, la serie speciale per Sandero, Dokker e Lodgy
Dopo il successo della serie speciale Brave, Dacia nel 2018 propone la serie WOW per Sandero, Dokker e Lodgy. Le Dacia sono vetture razionali, concrete, molto apprezzate dai clienti per il loro “value for mondey”; ma la serie speciale WOW non solo rende la gamma più conveniente, ma le conferisce anche un aspetto più glamour ed esclusivo. Oltre al look, la serie WOW offre un equipaggiamento ricco con pochi euro in più. Due piccioni con una fava, insomma, e la conferma di una strategia vincente, visti i risultati recenti: nel 2017 la Dacia Sandero è stata la SUV più venduta in Europa, mentre in questa prima parte del 2018 la Duster è la SUV più venduta in Italia.
MOMENTI WOW
La gamma WOW l’abbiamo vista dal vivo a Milano, all’Aero Gravity, dove abbiamo vissuto un’esperienza altrettanto wow. Chi non vorrebbe provare l’esperienza della caduta libera – senza dover per forza lanciarsi da un aereo – per una volta nella vita? Noi l’abbiamo fatto, nel più grande simulatore di caduta libera al mondo. Quattro motori da oltre 400 Cv che soffiano aria dal basso e vi permettono di galleggiare letteralmente in aria; con la supervisione, ovviamente, di esperti (addirittura campioni mondiali) di questa disciplina. Una sensazione incredibile, soprattutto quando aumenta la spinta dei motori e si decolla fino a toccare altezze che normalmente sarebbero da capogiro, ma la spinta è tale che ci si sente sicuri e “ancorati” in fluido. Divertentissimo e per niente spaventoso. Un’esperienza che può vivere chiunque, dai bambini di quattro anni agli adulti, ad un prezzo che parte dai 49 euro. L’esperienza ci è piaciuta così tanto che abbiamo già preso accordi per un corso avanzato…
Ma torniamo a Dacia, e vediamo insieme la serie speciale WOW nel dettaglio.
VANTAGGIO WOW
Come già detto, la serie speciale WOW è disponibile per Sandero, Dokker e Lodgy e rimarrà in listino per un anno: per tutte e tre le auto sono previsti una tinta Beige Bruna (che dal vivo sembra quasi dorata), dei cerchi in lega da 16” bitono SEBASTIAN, gli specchietti retrovisori neri Shiny Black e i badge “WOW”.
Anche gli interni hanno un profumo più esclusivo: volante in pelle, sedili con tema specifico e dettagli con richiami in tinta beige.
Quello che più conta, però, è l’equipaggiamento: le versioni WOW montano di serie la telecamera posteriore Radar Parking, il sistema d’infotainment Media Nav Evolution e il clima automatico.
L’equipaggiamento avrebbe un valore di 650 euro, ma il prezzo finale aumenta di soli 150 euro, garantendo così un risparmio per il cliente di 500 euro.
PREZZI
La serie speciale Dacia WOW, per quanto riguarda la Sandero, parte da 12.000 euro nella motorizzazione 0.9 TCe da 95 CV; la Dacia Lodgy WOW, invece, viene 14.450 euro con il motore 1.6 GPL da 100 CV. Infine, la Dacia Dokker 1.2 TCe WOW da 115 CV ha un prezzo di listino di 14.650 euro.
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Triumph Spirit of ’59 e il nostro test sulle modern-classic inglesi
La Bonneville, o per “gli amici” Bonnie, rappresenta per Triumph una vera e propria icona. Ha fatto la storia del marchio e ancora oggi recita un ruolo da protagonista nell’ambito della sua categoria di competenza. Nel 2018, anno in cui Triumph celebra 115 anni, la Bonneville compie 59 anni: era il 1959 quando sulla scia di un periodo socio-culturale e artistico di grande rinascita, da Hinckley usciva la prima di una lunga serie di moto che di lì in avanti avrebbero tracciato una linea indelebile nella vita del marchio inglese. Che oggi, con una produzione di circa 67.000 esemplari all’anno, è il principale produttore di motociclette del Regno Unito e conta più di 700 concessionarie nel Mondo. E guarda con grande impegno anche al futuro: entro il 2020 arriveranno 32 modelli (5 per il 2018 e 12 tra il 2019 e 2020). E dal 2019 il noto motore a tre cilindri Triumph equipaggerà i prototipi che prenderanno parte al mondiale Moto2.
Il Concorso Spirit of’59 e la special realizzata da KAOS
Ma torniamo alla protagonista. Per celebrare i 59 anni della Bonneville, Triumph ha deciso di far rinascere il modello iconico rivolgendosi a Lucky Croci di KAOS Design. «Guidare una motocicletta customizzata significa mostrare ciò che sei e ciò in cui credi – ha detto Lucky Croci –. Si tratta di esprimere quella parte di te che ti separa dal resto della folla. Triumph è stata indubbiamente una parte fondamentale di questa cultura per 59 anni e sono felice di poter prendere parte alla loro storia e alla storia motociclistica britannica» Il celebre customizer in pochissimi giorni ha così trasformato una T100 in una special che richiama proprio i colori del vecchio modello. Non è una edizione limitata e non sarà in vendita. Essa rappresenta il premio del concorso Spirit of ’59 e potrà essere solo vinta da coloro che vi parteciperanno: per farlo sarà necessario prenotare un test ride sul sito ufficiale Triumph ed effettuarlo dal 23 al 31 maggio 2018, e poi sperare nella fortuna. Inoltre, con il meccanismo Instant Win, si potranno vincere anche giubbotti in pelle della collezione abbigliamento Triumph.
In sella alle Bonneville e non solo…
Per celebrare questo importante evento Triumph ha radunato tutta la stampa italiana, più o meno specializzata, mettendo a disposizione dei giornalisti tutta la gamma modern-classic: dalle varie declinazioni di Bonneville alle Thruxton. Nello specifico, io ho avuto la possibilità di provare la nuova Bonneville Speedmaster, la Thruxton R e la Bonneville Bobber Black.
Bonneville Bobber Black
Partiamo da quest’ultima, che è quella delle tre che mi è piaciuta di più. Ha uno stile custom aggressivo, da perfetta Bobber. È ridotta al minimo, con finiture nere e sella rigorosamente monoposto. Ha stile, non c’è dubbio. E si guida anche bene pure essendo una moto pensata per andare a spasso senza fretta gustandosi il paesaggio e il vento in faccia. Diverte – non pensavo – tra le curve, non si tira indietro, se non per limiti fisici (le pedane chiaramente non sono altissime). Bisogna solo fare un po’ di attenzione alle buche, si sentono abbastanza “limpide”. Il grosso bicilindrico parallelo High Torque da 1200cc eroga 77 CV di potenza ed è ricco di coppia. Si rileva grintoso, anche grazie ad un peso non troppo eccessivo (228 kg). Costa 14.350 euro. Peccato solo che il passeggero su questa moto non è desiderato. Ma va detto che anche questo è uno dei suoi principali segni distintivi.
Bonneville Speedmaster
È la classica custom all’americana – non me ne vogliano gli inglesi – con il manubrio a corna di bue, una posizione di guida comoda e parti cromate a farla da padrone. Ama passeggiare, portandoti a spasso e cullandoti tra una collina e l’altra. Pedane e asfalto sono destinati ad incontrarsi spesso e superati i primi minuti necessari ad abituarsi al manubrio, si rivela facile e discretamente maneggevole. Con lei i chilometri non li senti, non ti stanchi. Non si ferma, va avanti, senza nemmeno vibrare troppo. È classica, elegante: ha personalità. Spinge meno rispetto alla Bobber (costano uguale), solo perché è un po’ più pesante, ma di maggiore potenza (francamente) non si sente la necessità.
Thruxton R
Delle tre è la più potente, è quella che si guida chiaramente meglio ma è anche la più scomoda. È una naked moderna dallo stile café racer, con semimanubri bassi e chiusi, che impongono una posizione di guida decisamente sportiva. Ha grande fascino e con le sospensioni Ohlins si rivela davvero molto efficace: si guida benissimo. Ed è anche un po’ l’opposto delle due moto precedenti: con lei non puoi andare a spasso, devi andar forte. Perché il bicilindrico da 1200cc in questo caso eroga 97 CV e la potenza a disposizione arriva subito, sin dai bassi regimi. Ad ogni apertura di gas, la moto risponde tutt’altro che timidamente. Pesa poco più di 200 kg, costa 15.900 euro, ed è divertentissima. Alla lunga però stanca, ci vogliono polsi forti e fisici allenati. Ma d’altronde c’è sempre un prezzo da pagare quando si parla di performance.
Bonneville T100 (extra)
Ho però effettuato una manciata di km anche sulla più piccola della famiglia Bonneville, la T100, e trovo giusto raccontarvela in qualche riga. È raffinata, comoda e facile da guidare. Diverte anche i motociclisti più esperti perché è ben bilanciata. L’assetto non è “molliccio”, come mi sarei aspettato, anzi. Mi ha stupito piacevolmente, anche nei tratti più “allegri”. Costa 10.600 euro e monta il bicilindrico da 900cc e 55 CV di potenza. È ricca di coppia ma può andar bene anche per chi non ha troppa esperienza. Incarna alla perfezione lo stile Bonneville e a mio avviso offre tanto a un prezzo ragionevole.
Abbigliamento utilizzato
Casco Scorpion-Exo Combat
Giacca Tucano Urbano Straforo
Jeans Alpinestars Cooper Out denim pants
L’articolo Triumph Spirit of ’59 e il nostro test sulle modern-classic inglesi proviene da Panoramauto.
Leonardo Fioravanti: una mostra a Torino
Si chiama “Rosso Fioravanti” la mostra dedicata a Leonardo Fioravanti in programma al Museo dell’Automobile di Torino dal 23 marzo al 16 settembre 2018.
Un’esposizione che attraverso disegni, fotografie e modelli racconterà la vita e le opere del designer milanese, autore delle Ferrari più belle di sempre. Un evento che vedrà addirittura proprio Leonardo Fioravanti condurre quattro visite guidate nei mesi di aprile e maggio.
Chi è Leonardo Fioravanti
Leonardo Fioravanti nasce il 31 gennaio 1938 a Milano e dopo aver studiato ingegneria meccanica al Politecnico del capoluogo lombardo (specializzandosi in aerodinamica e design automobilistico) entra in Pininfarina nel 1964.
Nell’atelier piemontese realizza numerose Ferrari entrate nella storia (Daytona, 308 GTB, 288 GTO e F40), diventa direttore del Centro Ricerche nel 1972 e tredici anni più tardi viene nominato amministratore delegato di Pininfarina Studi e Ricerche.
Nel 1987 Leonardo Fioravanti fonda la società che porta il suo nome e l’anno seguente viene nominato vice-direttore generale della Ferrari e amministratore delegato di Ferrari Engineering. Nel 1989 è responsabile dell’ente Studi di design avanzato presso il Centro Ricerche Fiat mentre l’anno successivo diventa direttore del Centro Stile Fiat Auto.
Mostra “Rosso Fioravanti” al Museo dell’Automobile di Torino: le auto esposte
Alfa Romeo Vola Concept (2001)
Ferrari 365 GTB/4 Daytona (1968)
Ferrari 365 GT4 2+2 (1972)
Ferrari 308 GTB (1975)
Fiat 188 Nyce Concept (1996)
Fiat Bravo Flair Concept (1996)
Fioravanti Sensiva Concept (1994)
Fioravanti F100 R Concept (2000)
Fioravanti Yak Concept (2002)
Fioravanti Hidra Concept (2008)
Fioravanti LF1 Concept (2009)
Mostra “Rosso Fioravanti” al Museo dell’Automobile di Torino: tutte le informazioni
Indirizzo: Museo Nazionale dell’Automobile “Avv. Giovanni Agnelli” – Corso Unità d’Italia 40 – 10126 Torino
Orari: lunedì dalle 10:00 alle 14:00, martedì dalle 14:00 alle 19:00, mercoledì, giovedì e domenica dalle 10:00 alle 19:00 e venerdì e sabato dalle 10:00 alle 21:00
Prezzo biglietti: intero (12 euro), ridotto (8 euro: over 65, dai 6 ai 14 anni, disabili, gruppi oltre le 15 persone, studenti universitari con tesserino), scuole (2,50 euro). Gratuito per: minori di 6 anni, giornalisti con tesserino dell’Ordine, possessori dell’Abbonamento Musei Torino Piemonte e Torino + Piemonte Card
Mostra “Rosso Fioravanti” al Museo dell’Automobile di Torino: il calendario delle visite guidate da Leonardo Fioravanti
Giovedì 5 aprile 2018 (prenotazioni entro e non oltre martedì 3 aprile)
Giovedì 19 aprile 2018 (prenotazioni entro e non oltre martedì 17 aprile)
Giovedì 3 maggio 2018 (prenotazioni entro e non oltre martedì 1 maggio)
Giovedì 17 maggio 2018 (prenotazioni entro e non oltre martedì 15 maggio)
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