Monthly Archives: Ottobre 2016

DriveNow: a Milano la guerra del car-sharing continua con BMW e Mini

“Milano sarà sempre vicina a chi vorrà portare innovazione, a chi vuole migliorare la qualità di vita dei cittadini”.È con queste parole che il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha accolto in conferenza stampa l’esordio di DriveNow, nuovo servizio di carsharing proposto nel capoluogo meneghino questa volta da BMW.Il brand tedesco è il terzo grande player automotive – dopo l’esordio di Mercedes con le Smart di Car2Go e Fiat con le 500 di Enjoy – a cavalcare l’onda dei servizi di condivisione auto in città, e lo fa con una formula che privilegia la comodità e l’esclusività rispetto alle concorrenti, per mezzo di una flotta ricca di modelli di pregio come BMW Serie 1 e Serie 2 (in versione cabrio), BMW Serie 2 Active Tourer e Mini.Saranno 480 le auto disponibili per chi sceglierà il servizio: 100 BMW Serie 1, 110 Serie 2 Active Tourer, 20 BMW Serie 2 Cabrio, 120 Mini Cooper a 5 porte, 50 in versione cabrio e 80 Clubman. Insomma: ce n’è per tutti i gusti e le necessità, ma soprattutto c’è di che distinguersi.Le tariffe di DriveNow saranno più alte rispetto alla concorrenza – dai 31 ai 34 centesimi al minuto della ActiveTourer – ma si avranno in mano veicoli più versatili e comodi per viaggiare in più di 2. Non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca, dopotutto, e un costo al minuto di 2 centesimi più care di quanto fossero le Smart Fortwo di Car2Go al suo esordio dà in cambio una 5 posti vera e un bagagliaio degno di questo nome. Al cittadino la scelta.Dal punto di vista BMW Italia, ovviamente, questo è anche un segno di modernità, visto che – come ha sottolineato l’AD Sergio Solero – “il carsharing è una delle costole della mobilità del futuro”. E la sharing economy sarà une delle fondamenta su cui il business dell’azienda tedesca costruirà il suo futuro, in un contesto come quello della mobilità che sta cambiando molto velocemente: “C’è chi dice – ha detto Solero – che nei prossimi dieci anni vedremo un cambiamento molto più importante di quello che abbiamo visto negli scorsi 100”.
Fonte:

Motor Show 2016 di Bologna: le Case presenti

Cosa ci riserverà il Motor Show 2016? In attesa dell’opening ufficiale dello storico evento italiano dedicato alle quattro ruote, a BolognaFiere si scaldano i motori in vista di una edizione che si preannuncia ricca di sorprese e novità. Ci sarà FCA con tutti i suoi marchi“Siamo riusciti a rimettere in circolo la passione! Dopo la conferma della partecipazione di FCA, che sarà protagonista con tutti i suoi marchi, Fiat, Abarth, Lancia, Jeep, Alfa Romeo, Maserati, altre adesioni di case sono arrivate in questi giorni. Abbiamo raggiunto il 70% di quota di mercato italiano dell’auto”. Conferma Rino Drogo, Motor Show Director.“Stiamo lavorando sulla qualità di tutti gli elementi dello show, del business, dell’organizzazione, preparandoci a ricevere 300 mila appassionati da tutta Italia con un programma di eventi, anteprime, ospiti di assoluto rilievo”. Ma anche tanti altri Tra le moltissime novità ci saranno importanti anteprime nazionali, come quelle del Gruppo Psa, presente con tutti i suoi marchi Peugeot, Citroen e DS: dalla 3008 alla 5008, passando per le Ds3, Ds4 e Ds5. Ci sarà anche Toyota con il nuovo C-HR e con MIRAI. Confermata la presenza di Suzuki, con l’ultima edizione della Ignis.Così come non mancheranno Land Rover con il nuovo Discovery e Jaguar con la nuova tecnologia AWD (All Wheel Drive), oltre a marchi prestigiosi come Lamborghini, Pagani, Zagato, Italdesign, Pinifarina, Effeffe, Noble, Mc Laren e Bentley. Nei prossimi giorni seguiranno altre importanti novità.Tra i focus d’approfondimento la mobilità sostenibile, tema sempre più attuale e rappresentato da diverse e complementari tecnologie, come l’elettrico, l’ibrido e l’idrogeno. 
Fonte:

Hudson Hornet (1951): famosa per la Nascar, nel mito grazie a Cars

La prima Hudson Hornet, nata nel 1951, è un pezzo di storia dell’automobilismo USA: dopo essere diventata famosa negli anni Cinquanta per essere stata la prima vettura a vincere il campionato Nascar (per tre anni di seguito: dal 1952 al 1954) è entrata nel mito grazie al film “Cars” del 2006 e al personaggio di Doc doppiato da Paul Newman. Di seguito analizzeremo nel dettaglio la versione a due porte, quella più rara e più costosa (ma anche quella più interessante dal punto di vista storico).Hudson Hornet (1951): le caratteristiche principaliLa Hudson Hornet due porte nasce nel 1951 per rimpiazzare la Commodore: simile nello stile all’antenata (ma con linee più aggressive), è più spaziosa e ha una tenuta di strada eccellente. Merito soprattutto del baricentro basso.Nel 1953 la mascherina viene leggermente modificata mentre l’anno seguente è la volta di un restyling più profondo che porta un design più spigoloso.Hudson Hornet (1951): la tecnicaLa prima generazione della Hudson Hornet monta al lancio (nel 1951) un motore 5.0 da 145 CV: un’unità a sei cilindri in linea che beneficia di un aumento di potenza (160 CV) nel 1954.Hudson Hornet (1951): le quotazioniA causa del film “Cars” la Hudson Hornet prima serie a due porte (già introvabile) ha raggiunto quotazioni spropositate: si trova ormai solo nelle aste statunitensi e i prezzi possono arrivare a 100.000 euro.
Fonte

Audi Q2, arriva il motore 2.0 TDI da 150 o 190 CV

Novità importanti in casa Audi. Il nuovo crossover compatto Q2 sarà disponibile in abbinamento al nuovo motore 2.0 litri TDI da 150 o 190 CV, abbinato al cambio S tronic a doppia frizione di nuova concezione e alla raffinata trazione quattro, con prezzi di 34.000 (150 CV) e 36.800 (190 CV) euro.Nuovo motore 2.0 TDI per Audi Q2Il quattro cilindri TDI con cilindrata 1.968 cm3, ormai un classico della gamma Audi, si distingue per le numerose soluzioni high-tech: due alberi di equilibratura nel basamento, attrito interno fortemente ridotto, sensore di pressione dei cilindri ed impianto common rail. Per la Q2 viene presentato in due versioni: la prima versione eroga 150 CV, sviluppando una coppia di 340 Nm in un range compreso tra 1.750 a 3.000 giri. Per la versione top, i cavalli sono 190 con 400 Nm di coppia tra i 1.900 e i 3.300 giri. Cambio S tronic e trazione integraleIl cambio a sette rapporti S tronic permette al guidatore di impostare la modalità automatica oppure quella manuale tramite leva selettrice.In modalità D, il motore gira sempre a regime ideale, mentre selezionando la modalità sportiva S, la guida diviene più reattiva con il motore mantenuto ad alti regimi per un’erogazione sempre ideale. La forza di trazione è dinamica e fluida grazie agli innesti di marcia che avvengono in pochi centesimi di secondo grazie all’alternarsi delle frizioni.Da oggi il 2.0 TDI viene equipaggiato con la trazione integrale quattro, garantendo alla più piccola delle Q massima stabilità e sportività. La trazione integrale permanente quattro distribuisce la coppia in modo ottimale tra l’asse anteriore e posteriore, consentendo alla Q2 di affrontare in tutta sicurezza e facilità anche i terreni scivolosi o sconnessi, a differenza delle auto con due ruote motrici.Nuove tinteAccanto all’introduzione delle nuove motorizzazioni, il listino della Q2 diventa ancora più ricco di novità. A partire dai colori della carrozzeria: da oggi sono infatti disponibili i nuovi Argento floret e grigio Quantum. Si ha poi la possibilità di optare per due nuovi tipi di cerchi da 18 pollici. Infine, per quanto riguarda il design degli interni, sono ora disponibili gli inserti in vernice anodizzata colore arancione.
Fonte:

BMW M4 DTM Champion Edition

Quella che vedete in queste immagini è una BMW M4 DTM Champion Edition, una speciale edizione dedicata alla vittoria di Marco Wittmann nel DTM 2016, prodotta in 200 esemplari e proposta in Germania a 148.500 euro. BMW M4 DTM Champion EditionSi tratta sostanzialmente di una GTS: dunque, motore 6 cilindri M TwinPower Turbo da 500CV e 600Nm. Prestazioni da urlo: 305 km/h e 3,8 secondi da 0 a 100 km/h. Monta cerchi da 19’’ davanti e 20’’ dietro, con gomme rispettivamente da 265/(35 e 285/30. Sarà disponibile nella sola colorazione bianco Alpine White, con elementi in carbonio non verniciato a vista.All’interno dell’abitacolo spiccano rivestimenti in Alcantara® e pelle su sedili sportivi, volante sportivo M Sports e rollbar di sicurezza al posto del divano posteriore. L’equipaggiamento di serie prevede, tra le altre cose, il clima, luci a LED e navigatore.
Fonte:

Commodore e Hornet, le berline Hudson del secondo dopoguerra

Nel secondo dopoguerra la Hudson lanciò due berline molto interessanti: la prima – chiamata Commodore – rivoluzionò il design negli anni ’40 mentre la sua erede, la più famosa Hornet, fu una delle quattro porte più sportive in commercio negli USA nel decennio successivo. Oggi si trovano facilmente negli States a prezzi compresi tra 10.000 e 20.000 euro.Le berline Hudson del secondo dopoguerra: le caratteristiche principali della Commodore e della HornetLa carriera delle berline Hudson del secondo dopoguerra inizia nel 1946 con il lancio della seconda generazione della Commodore: contraddistinta da una dotazione di serie ricchissima, ha un design simile a quello dell’antenata ma con un’originale mascherina impreziosita da una parte centrale concava.La vera rivoluzione nello stile arriva con il debutto della terza generazione nel 1948 realizzata grazie al contributo di Betty Thatcher, moglie di Joe Oros e una delle prime car designer della storia: i parafanghi integrati e le ruote posteriori parzialmente carenate verranno riprese dalle rivali negli anni successivi. Il piacere di guida è garantito dal baricentro basso e dal telaio monoscocca.Nel 1949 la gamma della Hudson Commodore si arricchisce con l’arrivo della versione lussuosa Custom mentre risale al 1951 l’ingresso nel listino degli optional del cambio automatico Hydramatic. In occasione dell’ultimo anno di commercializzazione – il 1952 – la vettura beneficia di alcune modifiche estetiche e di un cambio di denominazione: Six per le sei cilindri e Eight per le varianti a otto cilindri.La prima generazione della Hudson Hornet debutta nel 1951: ha forme ispirate a quelle della Commodore ma più sportive, ha un abitacolo spazioso ma allo stesso tempo offre una tenuta di strada tra le migliori della categoria. Non a caso la variante coupé (a cui dedicheremo un capitolo a parte più avanti) conquisterà numerosi titoli Nascar nella prima metà del decennio.Nel 1953 viene ridisegnata la mascherina della Hornet e l’anno successivo l’intero corpo vettura si presenta con forme leggermente più spigolose. Risale sempre al 1954 la fusione della Hudson con la Nash-Kelvinator che porta alla nascita della AMC (American Motors Corporation).La prima vettura progettata dal nuovo colosso è proprio la seconda generazione della Hudson Hornet mostrata nel 1955: comoda, spaziosa, piacevole da guidare e con prestazioni vivaci, ha tuttavia un design meno riuscito di quello dell’antenata. L’anno successivo si cerca di rimediare con una mascherina più aggressiva ma le vendite non crescono e l’abbassamento dei prezzi nel 1957 non aiuta in alcun modo a salvare la situazione di questo modello.Le berline Hudson del secondo dopoguerra: la tecnica della Commodore e della HornetI motori della seconda e della terza generazione della Hudson Commodore sono delle classiche unità a sei e a otto cilindri in linea prive di qualsiasi velleità sportiva. Decisamente più vivace, invece, il propulsore montato al lancio dalla prima generazione della Hornet: un 5.0 a sei cilindri in linea da 147 CV.La variante più cattiva di questa unità – quella da 173 CV – entra ufficialmente nel listino degli optional nel 1952 ma va detto che il propulsore può essere tranquillamente elaborato fino a fargli raggiungere potenze superiori a 200 CV. La variante “entry-level” beneficia invece di un incremento di puledri (da 147 a 162) nel 1954.In occasione del lancio della seconda generazione della Hudson Hornet viene finalmente affiancato al sei cilindri un attesissimo 5.2 V8 da 211 CV. Risale invece al 1957 – ultimo anno di produzione – il debutto di un possente 5.4 V8 da 258 CV.Le berline Hudson del secondo dopoguerra: le quotazioni di Commodore e HornetLe berline Hudson del secondo dopoguerra sono facili da trovare negli USA: le più accessibili Commodore (meno interessanti dal punto di vista storico) si portano a casa con meno di 15.000 euro mentre per la più ricercata Hornet prima serie le cifre partono da 20.000 euro per le versioni meno cattive.La seconda generazione della Hornet può vantare prestazioni più brillanti grazie alle unità V8 non presenti sotto il cofano dell’antenata ma le quotazioni più basse (tra 15.000 e 20.000 euro) sono dovute al minore interesse riscontrato all’epoca nei confronti della vettura.
Fonte

Birabongse Bhanudej: il principe Bira, pilota della Thailandia

Birabongse Bhanudej è stato uno dei piloti asiatici più forti visti in F1 ma era anche un membro della famiglia reale della Thailandia. Il principe Bira, questo il nome con cui era conosciuto nell’ambiente del motorsport, ha mostrato le cose migliori negli anni ’50 e dopo le corse si è cimentato anche in altri sport. Scopriamo insieme la sua storia.Birabongse Bhanudej: la storia del principe BiraBirabongse Bhanudej (meglio noto come principe Bira) nasce il 15 luglio 1914 a Bangkok (Thailandia). Nipote del Re del Siam Mongkut (la cui storia è stata raccontata in due film: “Il re ed io” del 1956 e “Anna and the King” del 1999), lascia il paese a 13 anni per andare nel prestigioso liceo britannico di Eton.Nel 1933, dopo aver conseguito il diploma, intende inizialmente frequentare l’università a Cambridge ma successivamente sceglie di studiare scultura nell’atelier di Charles Wheeler. L’anno seguente viene spinto a frequentare un corso di pittura presso la scuola d’arte Byam Shaw ma quella scuola gli sarà utile solo per conoscere quella che diventerà la sua prima (nonché sesta) moglie: Ceril Heycock.Il debutto nel motorsportNel 1935 Birabongse Bhanudej debutta nel mondo delle corse sul circuito di Brooklands al volante di una Riley Imp appartenente alla scuderia fondata da suo cugino (il principe Chula Chakrabongse). Negli anni che precedono la Seconda Guerra Mondiale il principe Bira si fa notare nel Regno Unito per le buone doti da pilota e per la quantità impressionante di soldi spesi per acquistare le vetture migliori e per stipendiare i tecnici più capaci.La prima vittoria rilevante arriva nel 1937 con il trionfo alla 12 Ore di Donington in coppia con il britannico Hector Dobbs al volante di una Delahaye 135CS mentre risale a due anni più tardi il debutto alla 24 Ore di Le Mans con il francese Raymond Sommer alla guida di un’Alfa Romeo 6C 2500SS.Dopo la guerraDopo la Seconda Guerra Mondiale il principe Bira torna a frequentare il mondo del motorsport e in occasione del primo Mondiale F1 della storia (quello del 1950) riesce a terminare la stagione all’8° posto nella classifica generale. Un risultato eguagliato – tra i piloti asiatici – solo nel 2004 dal giapponese Takuma Sato.In quattro GP disputati con una Maserati gestita dalla scuderia elvetica di Enrico Platé Birabongse Bhanudej riesce a fare meglio del compagno di scuderia (il rossocrociato Toulo de Graffenried) portando a casa come miglior risultato un quarto posto in Svizzera.Nel 1951 il principe Bira disputa un solo GP (quello di Spagna, ritirato) come privato con una Maserati motorizzata OSCA.Pilota ufficialeIl 1952 è l’anno in cui Birabongse Bhanudej trova un posto da pilota ufficiale in F1: corre in Svizzera e in Belgio con una Simca Gordini (10° a Spa-Francorchamps) e in Francia e in Gran Bretagna – in seguito all’abbandono della partnership con Simca – con una “semplice” Gordini (11° a Silverstone). Complessivamente si rivela più lento dei quattro compagni di scuderia con cui ha a che fare: i francesi Jean Behra, Robert Manzon e Maurice Trintignant ed il belga Johnny Claes.Il principe Bira passa alla Connaught nel 1953: con la monoposto britannica disputa tre GP (7° posto in Gran Bretagna come miglior risultato) risultando più rapido dei compagni inglesi Kenneth McAlpine e Roy Salvadori e in seguito corre il GP d’Italia (11°) con una Maserati della Scuderia Milano in una gara che vede il ritiro del coéquipier brasiliano Chico Landi.L’era MaseratiNell’ultimo biennio di carriera come pilota Birabongse Bhanudej riesce a prendersi parecchie soddisfazioni con la Maserati: nel 1954 disputa il GP d’Argentina con la squadra ufficiale del Tridente e si piazza in 7° posizione (peggio dell’argentino Juan Manuel Fangio ma meglio del francese Onofre Marimon e del nostro Luigi Musso). Come privato riesce invece a portare a casa un 4° posto in Francia e due successi in due gare non valide per il Mondiale: il GP des Frontières in Belgio del 1954 e il GP di Nuova Zelanda del 1955.Dopo le corseDopo aver abbandonato il mondo delle corse nella metà degli anni ’50 il principe Bira partecipa come velista per la Thailandia in quattro edizioni delle Olimpiadi (Melbourne 1956, Roma 1960, Tokyo 1964 e Monaco di Baviera 1972).Birabongse Bhanudej muore il 23 dicembre 1985 a Londra (Regno Unito), colpito da un infarto nella stazione della metropolitana di Barons Court.
Fonte

Skoda Octavia Wagon, arriva la Design Edition

La gamma della Skoda Octavia Wagon si arricchisce con l’arrivo della Design Edition: una nuova versione basata sulla Ambition che con un sovrapprezzo di 1.400 euro a parità di motore offre una dotazione di serie più ricca e tocchi di stile ricercati.Skoda Octavia Wagon Design Edition: lo stileLa Skoda Octavia Wagon Design Edition si distingue dalla Ambition da cui deriva per i cerchi in lega da 17” con inserti in nero lucido, per le calotte degli specchietti retrovisori nere e per i fendinebbia bruniti.Skoda Octavia Wagon Design Edition: la dotazione di serieLa dotazione di serie della Skoda Octavia Wagon Design Edition comprende la radio Bolero Bluetooth con 8 altoparlanti, il volante multifunzione con comandi autoradio e telefono, i sensori di parcheggio posteriori, i fari bixeno e la tecnologia SmartLink per la connettività del proprio smartphone Apple o Android con l’infotainment di bordo attraverso le funzionalità CarPlay, Android Auto o Mirror Link.Skoda Octavia Wagon Design Edition: i motoriLa Skoda Octavia Wagon Design Edition può essere acquistata con cinque motori sovralimentati: un 1.0 TSI a benzina da 115 CV, un 1.4 G-Tec a metano da 110 CV e tre diesel TDI (1.6 da 90 e 110 CV e 2.0 da 150 CV).Skoda Octavia Wagon Design Edition: i prezziBENZINASkoda Octavia Wagon 1.0 TSI Design Edition 23.070 euro (in offerta a 18.900 euro fino al 31 ottobre 2016)METANO
Skoda Octavia Wagon 1.4 TSI G-Tec Design Edition 25.390 euroSkoda Octavia Wagon 1.4 TSI G-Tec Design Edition DSG 26.990 euroDIESEL
Skoda Octavia Wagon 1.6 TDI 90 CV Design Edition 24.440 euro
Skoda Octavia Wagon 1.6 TDI 110 CV Design Edition 25.810 euro
Skoda Octavia Wagon 1.6 TDI 110 CV Design Edition DSG 27.410 euro
Skoda Octavia Wagon 2.0 TDI 150 CV Design Edition 27.620 euroSkoda Octavia Wagon 2.0 TDI 150 CV Design Edition DSG 29.220 euro
Fonte:

Toyota AYGO x-cite

Toyota introduce la nuova versione x-cite Yellow nella gamma AYGO, che si completa con la versione x-play e le varianti speciali cabrio x-wave e x-pure.La nuova Toyota AYGO x-cite è disponibile nella versione 5 porte al prezzo di listino di 14.000 euro; in questa fase di lancio sarà però disponibile in promozione a 12.150 euro con un vantaggio cliente di ben 1.850 euro.  I segni particolari della AYGO x-citeLa nuova AYGO x-cite è caratterizzata, oltre che da un distintivo e dinamico colore Yellow, dal colore nero del tetto e dei montanti che conferisce alla vettura una livrea bicolore dalla forte personalità, orientata ad una clientela giovane.I classici elementi distintivi di AYGO, come la “X” frontale e l’inserto del paraurti posteriore, sono in “Piano Black” nero lucido, cosi come i cerchi in lega a cinque razze doppie da 15”.Stilisticamente gli interni riflettono le finiture degli esterni: le bocchette di ventilazione ed il pomello del cambio sono in colore Yellow mentre il pannello strumenti, gli inserti della console centrale e della leva del cambio sono nero lucido.Sistemi di sicurezza e non soloTra gli opzionali disponibili è possibile scegliere il Toyota Safety Sense,che grazie a dispositivi quali il Sistema Pre-Collisione (PCS)e l’Avviso Superamento Corsia (LDA), è in grado di assicurare una guida ancora più sicura.Il nuovo motore EURO6 1.0L 3 cilindri VVT-i da 69 CV, garantisce consumi ed emissioni ai vertici della categoria (oltre 26Km/l e 88g/km di CO2). La trasmissione, anche per la versione x-cite, è disponibile con cambio manuale o automatico.
Fonte:

Marcos Mantis (1970): l’auto più brutta di sempre

La Marcos Mantis – nata nel 1970 – può essere tranquillamente considerata l’auto più brutta di sempre. Questa rarissima coupé britannica – prodotta in 32 esemplari (ma ne circolano ancora solo poco più di 10) – ha quotazioni che recitano 10.000 euro, anche se in realtà per portarsela a casa bisogna sborsarne come minimo 15.000.Marcos Mantis (1970): le caratteristiche principaliLa Mantis è una coupé 2+2 realizzata nel 1970 dalla Casa inglese Marcos (fondata nel 1959 e scomparsa, dopo svariati tentativi di rianimazione, nel 2007).Prodotta in soli 32 esemplari fino al 1971 (anno in cui il brand chiude per ragioni economiche), viene – giustamente – ignorata dal pubblico: colpa soprattutto del design sproporzionato (caratterizzato da linee improbabili e da un tanto gigantesco quanto inutile sbalzo posteriore) e della scarsa affidabilità.Tra i punti di forza della Marcos Mantis del 1970 segnaliamo invece l’ottima visibilità, il buon comportamento stradale, il bagagliaio ampio e un abitacolo spazioso, costruito con cura e, a differenza della carrozzeria, esteticamente gradevole.Marcos Mantis (1970): la tecnicaIl motore della Marcos Mantis del 1970 – l’auto più brutta di sempre – è lo stesso 2.5 a sei cilindri in linea da 152 CV adottato dalla Triumph TR6 abbinato ad un cambio manuale a quattro marce.Marcos Mantis (1970): le quotazioniLe quotazioni della Marcos Mantis del 1970 recitano 10.000 euro ma in realtà per acquistarla è impossibile sborsare meno di 15.000 euro. Il ridotto numero di esemplari a disposizione (32 costruiti, poco più di 10 ancora circolanti) la rende introvabile: è interessante dal punto di vista storico solo perché è rara.
Fonte