Monthly Archives: Gennaio 2015

Mercedes C11, con lei Schumacher corse a Le Mans

Non tutti sanno che Michael Schumacher corse anche la 24 Ore di Le Mans: il sette volte Campione del Mondo di F1 disputò la corsa di durata più famosa del mondo agli inizi della propria carriera al volante della Mercedes C11, vettura che nel 1990 conquistò due Mondiali Sport Prototipi (Piloti e Costruttori). Scopriamo insieme la sua storia.Mercedes C11: la storiaIl progetto della Mercedes C11 nasce alla fine degli anni ’80 quando la Casa della Stella – dopo aver fornito i motori e la consulenza tecnica alla Sauber C9 vincitrice del Mondiale Sport Prototipi 1989 – decide di impegnarsi in prima persona nel campionato con sei esemplari affidati alla scuderia elvetica. La sigla C10 non è utilizzata per via della brutta pronuncia in tedesco (“ze-zen”).Dotata di un telaio monoscocca in fibra di carbonio (materiale usato inoltre per la carrozzeria, realizzata anche in kevlar), è spinta da un motore 5.0 V8 turbo a benzina da oltre 630 CV (che possono arrivare fino a quota 950 in qualifica grazie all’overboost) montato in posizione centrale posteriore abbinato ad un cambio manuale a cinque marce che le consente di superare i 400 km/h di velocità massima.1990La Mercedes C11 affronta il Mondiale Sport Prototipi 1990 con due vetture: la prima affidata al duo composto dal nostro Mauro Baldi e dal francese Jean-Louis Schlesser, la seconda al tedesco Jochen Mass affiancato da tre driver promettenti provenienti dal “vivaio” della Stella. Tre piloti destinati ad un grande avvenire, oltretutto: l’austriaco Karl Wendlinger (12° nei Mondiali F1 1991 e 1992) e i teutonici Michael Schumacher (sette volte iridato nel Circus) e Heinz-Harald Frentzen (2° nel Mondiale 1997). L’auto non prende parte alla 24 Ore di Le Mans, in quanto non presente nel calendario iridato.Nella prima gara del campionato – a Suzuka (Giappone) – l’auto da corsa della Stella partecipa esclusivamente alle qualifiche mentre per il debutto ufficiale in competizione bisogna attendere il 29 aprile: a Monza arriva immediatamente la doppietta (primi Schlesser/Baldi, secondi Mass/Wendlinger).A Silverstone (Regno Unito), unica gara del Mondiale Sport Prototipi 1990 che non viene vinta dalla Mercedes, la C11 di Mass e Schumy non viene ammessa alla corsa in quanto riparata durante le qualifiche e l’altra si ritira dopo 40 giri. Il riscatto arriva a Spa-Francorchamps con la coppia Mass/Wendlinger che sale sul gradino più alto del podio.Michael Schumacher conquista il suo primo piazzamento di sempre in “top 3” in una gara iridata il 22 luglio a Digione (Francia), quando arriva secondo (insieme a Mass) in una prova dominata dai compagni di squadra Schlesser/Baldi. Il duo franco-italiano trionfa anche nelle tre prove successive: Nürburgring (secondi Mass e Schumacher), Donington (secondi Mass e Frentzen) e Montreal (secondi Mass e Wendlinger). La corsa canadese viene interrotta dopo 61 giri in seguito al grave incidente che coinvolge la Porsche dello spagnolo Jesús Pareja ed è per questa ragione che assegna metà dei punti previsti.L’unica vittoria di Schumy con la Mercedes C11 arriva in occasione dell’ultima prova del Mondiale – a Città del Messico il 7 ottobre – quando, insieme a Mass, trionfa in una gara caratterizzata dalla squalifica di Schlesser/Baldi (già campioni del mondo) per aver consumato più benzina di quanto previsto dal regolamento.1991Nel Mondiale Sport Prototipi 1991 cambiano le regole (motori 3.5 aspirati) ma la C11 affronta comunque alcune gare del campionato nella Categoria 2 rivolta alle vetture dell’anno prima. Solo un esemplare – condotto dal binomio Mass/Schlesser – viene schierato a Suzuka (2°), Monza (3°) e Silverstone (4°).L’ultima apparizione ufficiale della Mercedes C11 avviene nel weekend del 22 e 23 giugno in occasione della 24 Ore di Le Mans (riammessa nel calendario Mondiale dopo un’assenza di due anni): il trio composto da Wendlinger, Schumacher e dal tedesco Fritz Kreutzpointer termina la corsa in quinta posizione mentre l’altra vettura condotta da Schlesser, Mass e dal francese Alain Ferté si ritira.

Fonte

Scuderia Campidoglio, a Roma il sessantesimo anniversario

La Scuderia Campidoglio, club di primo piano nel panorama del motorismo storico italiano fondato nel 1954 da Mario Costantini, ha celebrato a Roma il suo Sessantesimo anniversario.Piloti e auto storiche celebrano i Sessant’anni della Scuderia CampidoglioSono tantissimi i Club di auto storiche che hanno partecipato al Sessantennale della Scuderia Campidoglio per testimoniare l’amicizia e la collaborazione che legano i sodalizi del centro Italia.E sono state tanti anche i piloti e le auto che vi hanno preso parte: dalla Fiat 514 Spider del 1930 alla Lancia Delta Integrale degli anni ’90, passando per la Lancia Aurelia B20 “Speciale” del 1953, la Jaguar D-Type del 1957, la Giulietta Sprint, la Giulia GT, la Lancia Fulvia coupè, fino ad arrivare a Porsche 911 e BMW 635 CSI (anni ’80).Sessant’anni di storia e di passioneSessant’anni di storia dunque, ma soprattutto sessant’anni di passione per le auto. Sessant’anni che per l’occasione sono stati raccontati da Maurizio Mazza, presidente della Scuderia Campidoglio: “E’ un grande onore per me aver raccolto la pesante eredità agonistica che i primi soci della Scuderia Campidoglio ci hanno lasciato, ed avere qui con noi ancora tanti piloti che in passato hanno vinto sotto le insegne della Scuderia, è motivo di grande emozione. Allo stesso modo è un orgoglio rappresentare la Scuderia Campidoglio voluta nella sua forma attuale, grazie all’impegno e alla passione di un gruppo di amici tra cui Cristiano Capocci, Stefano Violati ed altri, che negli anni 90 l’hanno trasformata in un grande club di appassionati di auto storiche e che oggi è diventato un sodalizio di primo piano sulla scena motoristica italiana, nella grande famiglia dell’ASI, esattamente come accadde nel lontano 1954”.Ospite d’onore dell’evento Jacopo Sipari, uno dei più talentuosi e promettenti Direttori d’Orchestra Italiani.

Fonte

Ford Lifestyle Collection: idee regalo vintage in stile USA

Si chiama Lifestyle Collection la nuova linea Ford di abbigliamento, borse, gadget e accessori ispirati al DNA della Casa dell’Ovale Blu. Idee regalo in stile USA acquistabili presso la rete dei Ford Partner e sul sito www.fordlifestylecollection.com.Di seguito troverete le proposte più interessanti presenti nelle tre collezioni vintage: GT, Heritage e Mustang.Ford GT CollectionLa Ford GT Collection omaggia la Ford GT, supercar che nel 2005 rivisitò in chiave moderna la mitica GT40, vincitrice di quattro 24 Ore di Le Mans consecutive dal 1966 al 1969. L’orologio Ford GT (105,91 euro) ha una cassa quadrata in acciaio inossidabile e un cinturino in due colori in tessuto di poliestere, il portafoglio Ford GT (63,90 euro) è in canvas con chiusura in pelle mentre la cinghia in canvas Ford GT (33,90 euro) ha il logo della sportiva “yankee al centro della fibbia.Ford Heritage CollectionLa Ford Heritage Collection riprende i loghi utilizzati dalla Casa statunitense nel 1903 e nel 1912. Il prodotto più costoso della collezione (la felpa zip bambino Ford Heritage 100% cotone, 71,90 euro) è contraddistinto da numerose decorazioni e da ricami pregiati, l’orologio Ford Heritage (59,90 euro) da tavolo con funzione sveglia e cassa in metallo indica l’ora in due fusi orari e la polo Ford Heritage (54,89 euro) si distingue per la stampa dello storico logo del marchio americano e dell’anno di fondazione e per la bandiera a stelle e strisce ricamata sul petto.Ford Mustang CollectionAnche la Ford Mustang viene celebrata da una Collection ricca di oggetti pregiati: il flipper Ford Mustang Pro Edition (4.900 euro) può vantare la colonna sonora realizzata da artisti come Motörhead, Jan & Dean e The Romantics, le cuffie Ford Mustang (149 euro) sono disponibili nere, blu, gialle o arancioni e la felpa con cappuccio Ford Mustang (69,90 euro) è impreziosita dalle toppe cucite e dai cordini rossi.

Fonte

Ford C-Max, la storia della monovolume compatta dell’Ovale Blu

La monovolume compatta più amata dagli italiani? La Ford C-Max. In undici anni di carriera la MPV dell’Ovale Blu ha conquistato tanti automobilisti in Europa (e non solo) grazie ad un design gradevole, ad una grande versatilità e a prezzi accessibili.La seconda generazione attualmente in commercio viene presentata al Salone di Francoforte del 2009 e sbarca nei nostri listini l’anno seguente: realizzata sullo stesso pianale della terza serie della Focus, disponibile anche a sette posti (C-Max7) e caratterizzata da uno stile aggressivo, ha una gamma motori al lancio composta da due 1.6 a benzina (aspirato da 125 CV e turbo Ecoboost da 150 CV) e da tre turbodiesel TDCi (1.6 da 114 CV e 2.0 da 116 e 163 CV).Nel 2011 debuttano sulla Ford C-Max due 1.6 “entry-level” (un benzina da 105 CV e un diesel da 95 CV). I 1.6 aspirati a benzina spariscono l’anno successivo – quando la potenza del 1.6 a gasolio sale da 114 a 115 CV – per lasciare spazio al propulsore 1.0 tre cilindri Ecoboost da 100 e 125 CV e ad un 1.6 a GPL da 120 CV. Il 2013 è l’anno in cui si assiste all’addio del 1.6 Ecoboost.Scopriamo insieme l’evoluzione della monovolume compatta statunitense.Ford Focus C-Max (2003)La Ford Focus C-Max, variante MPV della seconda generazione della compatta dell’Ovale Blu, vede la luce nel 2003: stile razionale, grande spazio e una gamma motori al lancio composta da un 1.8 a benzina da 120 CV e da due turbodiesel TDCi (1.6 da 109 CV e 2.0 da 136 CV). Nel 2004 arrivano altri due propulsori a ciclo Otto (1.6 da 114 CV e 2.0 da 145 CV) mentre l’anno seguente – in concomitanza con l’addio del 1.8 – debuttano altre due unità sovralimentate a gasolio (1.6 da 90 CV e 1.8 da 116 CV).Ford C-Max prima generazione (2007)La prima generazione della Ford C-Max – svelata al Motor Show di Bologna del 2006 e commercializzata nel 2007 – non è altro che un restyling (frontale più sportivo) della Focus C-Max ribattezzato. La gamma motori al debutto comprende due unità a benzina (1.8 da 125 CV e 2.0 da 145 CV), un 1.8 a etanolo FlexyFuel da 125 CV e quattro turbodiesel TDCi (1.6 da 90 e 109 CV, 1.8 da 116 CV e 2.0 da 136 CV).Nel 2008 il due litri a ciclo Otto diventa disponibile solo a GPL e il 1.8 a gasolio lascia spazio ad un 2.0 da 110 CV che abbandona le scene già nel 2009, anno di lancio del 2.0 a metano da 145 CV.Il futuroNelle prossime settimane debutterà in listino il restyling della seconda generazione della Ford C-Max: la monovolume “yankee” avrà un frontale più simile a quello della Fiesta e una plancia con meno pulsanti. La gamma motori sarà composta da unità Euro 6 e sarà arricchita da quattro unità 1.5: due Ecoboost a benzina da 150 e 182 CV e due turbodiesel TDCI da 95 e 120 CV.

Fonte

Cecil Kimber, il padre della MG

Cecil Kimber è uno dei personaggi più importanti dell’automobilismo britannico. Senza questo ingegnere, infatti, la MG sarebbe rimasta un semplice rivenditore di veicoli a quattro ruote. Scopriamo insieme la sua storia.Cecil Kimber: la biografiaCecil Kimber nasce il 12 aprile 1888 a Londra (Regno Unito). Appassionato di motori fin da ragazzo, acquista una motocicletta ma dopo un grave incidente decide di passare alle automobili: nel 1914 compra una Singer e l’anno seguente trova lavoro come aiuto progettista presso la Casa Sheffield-Simplex.La Prima Guerra Mondiale e il primo dopoguerraDurante la Prima Guerra Mondiale Cecil viene assunto dalla AC e poco dopo trova un impiego alla EG Wrigley, azienda specializzata nella componentistica che negli anni Venti viene acquistata dalla Morris. Kimber viene nominato nel 1921 direttore vendite della Morris Garages, concessionaria di Oxford del brand britannico.Nasce la MGNella prima metà degli anni ’20 Cecil Kimber inizia a costruire e a vendere spider realizzate su pianali Morris modificati. Il grande successo riscosso da queste sportive convince la dirigenza Morris a creare un marchio a parte – MG – e a nominare Kimber responsabile del nuovo brand.Nel 1935 Kimber perde potere all’interno della società e viene costretto ad abbandonare l’azienda nel 1941 quando – durante la Seconda Guerra Mondiale (periodo nel quale la MG viene obbigata a fermare la produzione di automobili per concentrarsi sulle forniture militari) – firma un contratto con l’aviazione senza avvisare la dirigenza Morris.Gli ultimi anniDurante il conflitto Cecil Kimber trova lavoro presso il carrozziere Charlesworth ma perde la vita a Londra il 4 febbraio 1945 in un incidente ferroviario alla stazione di King’s Cross.

Fonte

International Harvester Scout (1961): l’anti Jeep

Tra gli anni ’60 e ’80 la International Harvester Scout cercò, senza successo, di conquistare più clienti della Jeep: questa fuoristrada statunitense – antesignana delle moderne SUV – era più spaziosa e confortevole della CJ, altrettanto efficace in off-road ma rifinita peggio. Oggi si trova abbastanza facilmente a meno di 10.000 euro.International Harvester Scout (1961): le caratteristiche principaliIl progetto della Scout nasce alla fine degli anni ’50 quando la International Harvester, azienda specializzata nella realizzazione di mezzi agricoli e industriali, decide di creare un mezzo in grado di contrastare la Jeep. La prima generazione – chiamata 80 – vede la luce nel 1961: disponibile a trazione posteriore o integrale, con sole due porte e con due varianti di carrozzeria (chiusa o pick-up), si distingue dalla rivale per il passo più lungo e per i maggiori ingombri.Molto spartana, poco potente, parecchio rumorosa e non ben insonorizzata, vanta – in compenso – eccellenti doti in fuoristrada: sulle versioni a quattro ruote motrici l’angolo di attacco è di 47° mentre quello di uscita è di 35°. Il difetto principale – su tutti gli esemplari – è la ruggine, piuttosto frequente soprattutto sugli esemplari circolanti negli stati meridionali degli USA.La prima International Harvester Scout ha il parabrezza abbattibile: questa soluzione sparisce però nel 1965, anno in cui – in concomitanza con il lancio dell’evoluta versione 800 – arriva una griglia frontale nuova in alluminio. Nel 1967 debutta il più performante ponte posteriore Dana 44 (che rimpiazza il 27) mentre nel 1969 è la volta della 800A caratterizzata dai fari quadrati e da altre leggere modifiche estetiche. L’ultima evoluzione della prima serie della Sport Utility “yankee” – la 800B (contraddistinta dai gruppi ottici rettangolari e da ricambi specifici molto difficili da rintracciare) – vede la luce nel 1971.Il 1971 è anche l’anno nel quale la Casa statunitense decide di commercializzare la Scout II, seconda serie della sua fuoristrada. Realizzata sullo stesso pianale dell’antenata ma più lunga, più larga e meglio rifinita, nasce per conquistare gli automobilisti degli anni ’70 (più esigenti in fatto di comfort). Questo modello non riesce tuttavia ad eguagliare il successo della prima generazione: nonostante l’elevata altezza da terra e il sempre ottimo comportamento in “off-road” (assali Dana anteriori e posteriori) l’angolo di uscita peggiora e la ruggine continua ad attaccare la carrozzeria.La International Harvester Scout II beneficia di molte evoluzioni stilistiche: la mascherina viene ridisegnata per ben sei volte (1973, 1974, 1976, 1977, 1978, 1980) in nove anni, nel 1974 arrivano più cromature e – nel listino degli optional – i freni a disco e gli pneumatici radiali e nel 1975 tocca ai fari quadrati. Nel 1976 debuttano le varianti a passo lungo Terra (pick-up) e Traveler (wagon).La tecnicaLa Scout viene lanciata nel 1961 con un solo motore: un 2.5 aspirato a benzina da 94 CV, affiancato nel 1965 da una versione sovralimentata da 113 CV. Nel 1966 arriva un 3.2 da 113 CV (che consuma meno del turbo di pari potenza) mentre l’anno successivo tocca ad un possente 4.4 V8 nato per contrastare l’otto cilindri della Ford Bronco. Il quattro cilindri abbandona le scene nel 1968, rimpiazzato nel 1969 da un 3.8 a sei cilindri.La gamma propulsori della International Harvester Scout II del 1971 è composta da quattro unità a benzina: due a sei cilindri in linea (3.2 e 3.8) – che spariscono dal listino già nel 1972 – e due V8 (5.0 e 5.7). Nel 1978 è la volta dell’iniezione elettronica e nel 1979 arriva un 3.2 diesel aspirato di origine Nissan, che guadagna la sovralimentazione l’anno seguente.Le quotazioniLe Scout che valgono di più sono quelle della prima serie, in particolare quelle dotate dei propulsori 2.5 a quattro cilindri e 4.4 V8: si trovano abbastanza facilmente (negli USA in particolare, ma in Italia sono presenti parecchi esemplari d’importazione) a cifre inferiori a 10.000 euro. Con 5.000 euro si acquistano le più rare, ma anche meno apprezzate Scout II. Difficile rintracciare modelli senza tracce di ruggine.

Fonte

T1 e Sprinter, la storia dei furgoni medi Mercedes

La Mercedes non costruisce solo auto eleganti, sportive di razza e monoposto di F1 imbattibili ma anche veicoli commerciali robusti e affidabili. Dopo aver analizzato la storia dei furgoni compatti della Stella analizzeremo l’evoluzione dei van medi della Casa tedesca.Il modello attualmente in commercio – la seconda generazione dello Sprinter – debutta ufficialmente nel 2006: gemello del Volkswagen Crafter e venduto in Nord America anche con i marchi Dodge (fino al 2010) e Freightliner, ha una gamma motori composta da un 3.5 V6 a benzina da 258 CV, da un 1.8 turbo a metano da 156 CV e da cinque turbodiesel CDI (2.2 da 88, 109, 129 e 150 CV e 3.0 V6 da 184 CV).Il restyling del 2013 porta alla seconda serie del Mercedes Sprinter un frontale più elegante, una dotazione di sicurezza più ricca e propulsori Euro 6: un 1.8 turbo da 156 CV disponibile a benzina o a metano e quattro unità sovralimentate a gasolio CDI (2.2 da 95, 129 e 163 CV e 3.0 V6 da 190 CV). Scopriamo insieme la storia degli antenati di questo modello.Mercedes T1 (1977)Il Mercedes T1, primo furgone medio moderno della Stella, vede la luce nel 1977: la gamma motori al debutto comprende un 2.3 a benzina da 85 CV e due diesel (2.0 da 55 CV e 2.4 da 65 CV). Nel 1982 – in concomitanza con il lancio di un 3.0 cinque cilindri a gasolio da 88 CV – la potenza del 2.4 sale a quota 72 CV e quella del 2.3 a ciclo Otto arriva a 95 CV.Nel 1985 sparisce dal listino il due litri mentre nel 1989 si assiste ad una completa rivoluzione della gamma dei propulsori: 2.3 a benzina da 105 CV e cinque diesel (2.3 da 79 e 82 CV, 2.5 da 90 CV e 2.8 da 95 e 98 CV).Mercedes Sprinter prima generazione (1995)La prima generazione del Mercedes Sprinter, nata nel 1995, ha una gamma motori composta da un 2.3 a benzina da 143 CV e da tre unità diesel (2.3 da 79 CV e 2.9 da 102 e 122 CV).

Fonte

131 Abarth Rally, la Fiat campione del mondo

C’è solo una Fiat campione del mondo: la 131 Abarth Rally. Tra gli anni ’70 e ’80 la berlina torinese ha fatto faville nel WRC portando a casa cinque titoli iridati e 18 gare. Scopriamo insieme la storia di una delle auto italiane più vincenti di sempre.Fiat 131 Abarth Rally: la storiaLa Fiat 131 Abarth Rally nasce intorno alla metà degli anni ’70 quando la Casa torinese cerca un’erede della 124 Abarth da far correre nel Mondiale. Inizialmente si pensa di sfruttare la X1/9 ma in seguito la dirigenza del marchio piemontese decide di puntare sulla berlina 131 presentata due anni prima in modo da incrementare le vendite.Derivata dalla variante a due porte. ha un peso inferiore a 1.000 kg (930 per la precisione): una “dieta” ottenuta grazie all’uso massiccio di vetroresina (per i pannelli della carrozzeria) e alluminio. Il motore previsto per il debutto è lo stesso 1.8 della 124 (dotato di poco più di 200 CV) ma poco dopo si opta per un più prestante 2.0 da 215 CV (diventati successivamente 230) ad iniezione (Kugelfisher).Per ottenere l’omologazione Gruppo 4 (necessaria per prendere parte al Mondiale Rally) della Fiat 131 bisogna produrre 400 esemplari della variante stradale: un numero troppo alto per l’Abarth ma non per la Bertone, che si occupa dell’assemblaggio. La vettura debutta in gara nel campionato italiano al 100.000 Trabucchi con Giorgio Pianta ma l’impegno ufficiale inizia nel 1976.1976La Fiat punta molto sulla 131 Abarth Rally al punto che – per evitare la concorrenza interna – decide di sospendere il programma della Lancia Stratos. Nonostante questo blocco la rivale riesce a conquistare altri due titoli iridati: uno Marche nel 1976 e uno Piloti nel 1977.Il protagonista delle prime gare della berlina piemontese – verniciata in giallo-blu e con uno sponsor "casalingo" Olio Fiat – è il finlandese Markku Alén, che ottiene la prima vittoria importante (nel Rally dell’Isola d’Elba, valido per il campionato europeo) e il primo successo iridato nella prova di casa: il 1000 Laghi.1977Nel 1977 arriva il primo Mondiale Costruttori per la Fiat grazie a cinque successi ottenuti dalla 131 Abarth Rally con cinque driver differenti: i finlandesi Alén (Portogallo) e Timo Salonen (Canada), il nostro Fulvio Bacchelli (Nuova Zelanda) e i francesi Jean-Claude Andruet (Sanremo) e Bernard Darniche (Corsica). Andruet sale anche sul gradino più alto del podio in Francia ad Antibes (europeo).1978In concomitanza con il debutto della nuova livrea Alitalia arriva la doppietta: Mondiale Piloti con Alén (primo in Portogallo e al 1000 Laghi) e titolo Costruttori grazie ai due successi del tedesco Walter Röhrl (Acropoli e Canada) e al trionfo di Darniche in Corsica. Per quanto riguarda il campionato europeo segnaliamo i primi posti dello spagnolo Antonio Zanini in Polonia e della francese Michèle Mouton al Tour de France.1979Il 1979 può essere considerato una specie di “anno sabbatico” per la 131 Abarth Rally visto che la Fiat decide di ridurre gli investimenti e di schierare la vettura solo in tre appuntamenti ufficiali (uno di questi, il 1000 Laghi, vinto da Alén).In compenso la berlina piemontese si scatena nel campionato europeo: Zanini vince in Spagna (Costa Brava), Bulgaria (Rally Albena) e Polonia, Röhrl (Sachs Winter Rally e Hunsrück Rally), Alén (Hankiralli), lo svizzero Éric Chapuis (Rallye du Vin) e i nostri Adartico Vudafieri (Targa Florio e Ciocco) e Attilio Bettega (Costa Smeralda e 4 Regioni) prevalgono in casa e un altro italiano – “Lucky” – sale sul gradino più alto del podio in Austria.1980Un’altra doppietta per la 131 Abarth Rally che coincide con il secondo (e ultimo) cambio di livrea (bianca-blu Fiat): Röhrl diventa Campione del Mondo grazie a quattro vittorie (Monte Carlo, Portogallo, Argentina e Sanremo) ed è anche grazie al successo di Alén al 1000 Laghi che arriva il titolo Costruttori.La stagione 1980 è ricca di soddisfazioni anche in ambito continentale: oltre alle consuete vittorie dei driver di casa nei rally locali – il finlandese Ulf Grönholm all’Hankiralli, il nostro Mario Aldo Pasetti alla Targa Florio e Röhrl all’Hessen e all’Hunsrück – segnaliamo i quattro trionfi di Vudafieri (Elba, Ciocco, Madeira e San Marino).1981Nell’ultimo anno iridato della Fiat 131 Abarth Rally l’unico gradino più alto del podio viene conquistato da Alén in Portogallo. Vudafieri, in compenso, diventa campione europeo con cinque vittorie (Costa Brava e Sol in Spagna, Elba, Albena e Halkidiki in Grecia). Gli altri successi in ambito continentale arrivano da Alén in Costa Smeralda e da piloti locali nelle gare casalinghe: Grönholm all’Arctic Rally e Bettega al Ciocco.1982Nel 1982 il cambio di regolamento costringe la Fiat ad abbandonare il Mondiale. Le uniche soddisfazioni arrivano nel campionato europeo con Andrea Zanussi che vince il Rally del Sol e l’Albena.

Fonte

Infiniti QX70 by AHG-Sport

Le officine tedesche del preparatore AHG-Sport, fondate nel 2009, hanno ospitato – come oggetto del desiderio da ritoccare – la SUV giapponese Infiniti QX70.Potente e spinta dal poderoso V6 turbo-diesel da tre litri di cilindrata, la crossover del brand di lusso di Nissan è stata dotata di un body-kit che ne esalta i muscoli.Denominato LR2 il pacchetto comprende nuovi gruppi ottici con luci LED, minigonne laterali con tanto di modanature verniciate, paraurti posteriore rivisto e nuovi terminali di scarico sportivi.Il body-kit LR2 per la Infiniti QX70 sviluppato da AHG-Sport ha un prezzo di mercato di 11.900 euro compresi il montaggio e l’omologazione.Volendo, però, si possono acquistare anche le singole componenti separatamente.

Fonte

Mercedes S 63 AMG by G-Power

La Mercedes Classe S Coupé è una delle ultime vetture passate per l’officina del preparatore tedesco G-Power.Non si tratta, però, di un modello qualsiasi della Coupé della Stella ma della già radicale S 63 AMG, una due porte di lusso che nasconde sotto il cofano un motore 5.5 biturbo da 585 CV e una coppia massima di 900 Nm.Di serie, questa variante arrabbiata della Classe S Coupé, costa circa 180.000 euro.Noto per i suoi estremi tuning meccanici, G-Power non delude con l’upgrade del V12 di Mercedes elevandone la potenza, grazie ad una nuova centralina elettronica rimappata, fino a 705 CV e 100 Nm, l’equivalente del 20% in più di potenza e 10% in più di coppia.Dopo questo “doping”, la Mercedes S 63 AMG by G-Power migliora, ovviamente, anche in prestazioni: lo 0-100 km/h scende a 3,8 secondi mentre la velocità massima sale a 330 km/h. 

Fonte