Monthly Archives: Giugno 2014

Dalla Continental R alla Continental GT, la storia delle coupé moderne Bentley

Eleganza e prestazioni: sono queste, da sempre, le caratteristiche che contraddistinguono le coupé Bentley. Dagli anni Novanta ad oggi la Casa britannica ha lanciato una serie di supercar tanto lussuose quanto performanti, sportive di razza utilizzabili tranquillamente tutti i giorni.La seconda generazione della Continental GT – il modello attualmente in listino – viene presentato al Salone di Parigi del 2010 e debutta nelle nostre concessionarie l’anno seguente. Il design è un’evoluzione di quello dell’antenata, così come il motore: un 6.0 W12 a doppia sovralimentazione da 575 CV. Nel 2012 la gamma si arricchisce con le varianti V8 (dotata di un propulsore 4.0, sempre biturbo, da 507 CV) e Speed (una W12 con 625 CV).L’ultima evoluzione nel listino delle coupé Bentley arriva nel 2014 con il lancio della Continental GT V8 S, variante più cattiva (529 CV) della V8. Scopriamo insieme la storia delle antenate di questa vettura.Bentley Continental R (1991)La Continental R – svelata al Salone di Ginevra del 1991 – è la prima Bentley dagli anni Sessanta a non avere una “gemella” marchiata Rolls-Royce. Realizzata sullo stesso pianale dell’ammiraglia Turbo R, monta anche lo stesso motore: un 6.750 V8 da 320 CV abbinato ad un inedito cambio automatico a quattro rapporti di origine General Motors.Nel 1993 la cilindrata del propulsore cresce (da 6.753 a 6.761 cc), così come la potenza, che arriva a quota 360 CV. I puledri aumentano ulteriormente nel 1996: prima a 389 CV e dopo pochi mesi a 407 CV. Il 1998 è l’anno di debutto della versione sportiva Mulliner da 426 CV.La gamma della Bentley Continental R si arricchisce nel 1999 con il lancio dell’esclusiva SC, disponibile nelle versioni “normale” (Sedanca) e Mulliner. Nel 2001 è la volta della Le Mans Series mentre nel 2003 tocca alla Mulliner Final Series.Bentley Continental S (1994)La Bentley Continental S del 1994, prodotta in soli 37 esemplari, ospita sotto il cofano un propulsore da 6.749 cc e 408 CV e rimane in commercio solo per un anno.Bentley Continental T (1996)La Bentley Continental T del 1996 non è altro che una Continental R più adatta a clienti sportivi: il passo accorciato di 10 cm, la carrozzeria allargata e il motore più potente (426 CV) garantiscono un piacere di guida superiore.Bentley Continental GT prima generazione (2003)La prima generazione della Continental GT – presentata al Salone di Ginevra del 2003 – è la prima Bentley realizzata interamente sotto la supervisione del Gruppo Volkswagen, proprietario del marchio dal 1998. Dotata di trazione integrale, ha un pianale che condivide molti elementi con quello dell’ammiraglia “made in Wolfsburg” Phaeton.L’unico motore disponibile al lancio è un possente 6.0 W12 da 559 CV e la gamma si arricchisce nel 2006 con l’arrivo della versione Diamond Series, prodotta in soli 300 esemplari per celebrare i 60 anni dello stabilimento di Crewe e contraddistinta da freni carboceramici, cerchi in lega da 20”, tinte inedite e targhette identificative.Nel 2008 la Bentley Continental GT si mette a dieta: grazie ad una serie di modifiche tecniche il peso cala di 35 chilogrammi. Nello stesso anno la Diamond Series esce di scena e sbarca in listino la “cattivissima” Speed: 610 CV, assetto ribassato e un aspetto più grintoso.La variante Supersports, mostrata al Salone di Ginevra del 2009, rimane l’unica Continental GT prima serie in listino dal 2010 al 2012. Il motore – che può essere alimentato anche a etanolo – genera 630 CV e i posti a sedere sono solo due.Bentley Brooklands Coupé (2008)La Brooklands Coupé – presentata al Salone di Ginevra del 2007 e commercializzata dal 2008 – nasce per conquistare i clienti Bentley più tradizionalisti. Non è altro che la variante a due porte dell’ammiraglia Arnage e sotto il cofano ospita il noto motore 6.750 biturbo portato a 537 CV. Realizzata in 550 esemplari, sparisce dai listini già nel 2009.

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Maruti Suzuki 800 (1990): l’indiana che conquistò l’Italia

Nella prima metà degli anni ’90 la Maruti Suzuki 800 conquistò a sorpresa gli automobilisti italiani al punto da diventare la citycar più venduta dopo le Fiat Cinquecento e Panda. La “baby” indiana – di origine giapponese – aveva due punti di forza da non sottovalutare: le cinque porte (nessun’altra rivale le offriva all’epoca) e un eccellente rapporto qualità/prezzo.La maggior parte degli esemplari commercializzati nel nostro Paese è stato rottamato ma non è raro trovare delle “sopravvissute”, specialmente al Sud. Non ha un futuro come auto d’epoca e le sue quotazioni sono molto basse – 500 euro – ma resta una vettura rimasta nel cuore di chi è nato negli anni Settanta, specialmente di chi l’ha posseduta e ha mosso i primi passi nel mondo delle quattro ruote proprio con lei.Maruti Suzuki 800 (1990): le caratteristiche principaliLa Maruti Suzuki 800 debutta in Italia nel 1990 e non è altro che una seconda generazione della Suzuki Alto (svelata in Giappone ben sei anni prima) riveduta e corretta e assemblata in India. Tre gli allestimenti disponibili al lancio: il “base”, il completo De Luxe (con il condizionatore) e il ricchissimo, pure troppo, Super De Luxe che può vantare persino gli interni in pelle.Nonostante le dimensioni esterne compatte – 3,30 metri di lunghezza, 11 cm in meno di una Fiat Panda prima serie – offre le porte posteriori e un discreto spazio per i passeggeri (a patto che non siano troppo alti). Il bagagliaio, invece, non è il massimo.Le finiture non sono il punto di forza della Maruti Suzuki 800: la plancia è realizzata con plastiche rigide e ha un design datato. Il discorso cambia quando si inizia a guidarla: in città la citycar indiana si trova completamente a proprio agio e non disdegna le gite fuoriporta. Merito di sospensioni morbide e di un comportamento stradale rassicurante e a tratti divertente quando si esagera con il pedale dell’acceleratore.La tecnicaIl motore 800 tre cilindri a benzina da 35 CV, pur essendo aspirato, offre un discreto brio già a partire dai 2.000 giri. Offre prestazioni interessanti (130 km/h di velocità massima) e il suo unico difetto rilevante è l’eccessiva rumorosità.I consumi della Maruti Suzuki 800 sono nella media del segmento (12,7 km/l dichiarati nel ciclo urbano) ma aumentano considerevolmente nei viaggi autostradali: colpa soprattutto del cambio, con sole quattro marce e quindi privo di un quinto rapporto “di riposo”.Le quotazioniSolo chi ha posseduto questa vettura in passato può essere interessato a ricomprarla: per queste persone il valore affettivo nei confronti della “baby” indiana supera abbondantemente le quotazioni ufficiali di 500 euro.Dal punto di vista storico, tuttavia, la Maruti Suzuki 800 del 1990 resta un mezzo interessante in quanto è stato il primo a dimostrare che le citycar non erano “figlie di un dio minore” ma automobili degne di rispetto che potevano essere lussuose e confortevoli come le sorelle maggiori.

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All’asta la Renault di Indiana Jones

Una Renault NN Tourer del 1928 comparsa – per pochi secondi – nel film “Indiana Jones e l’ultima crociata” sarà una delle protagoniste dell’asta Historic at Brooklands che si terrà il prossimo 7 giugno al Brooklands Museum di Weybridge (Regno Unito). Le quotazioni ufficiali di questa vettura si aggirano intorno ai 10.000 euro ma questo breve legame con il mondo del cinema dovrebbe far salire il prezzo fino a quota 17.000.Questo esemplare – dotato di quattro porte, della guida a destra e di un motore quattro cilindri a benzina da 950 cc – fu verniciato di nero alla fine degli anni Ottanta e utilizzato durante le riprese del film diretto da Steven Spielberg ed interpretato da Harrison Ford e Sean Connery all’inizio della scena dell’inseguimento con il carro armato. Successivamente fu restaurata (soprattutto nel propulsore) e ridipinta in giallo.La Renault NN – prodotta dal 1924 al 1930 – fu un’auto molto usata dagli agricoltori francesi in quanto poteva essere facilmente convertita in pick-up rimuovendo i sedili posteriori. Poteva raggiungere una velocità massima di 70 km/h e aveva un design originale, soprattutto nella zona frontale.

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Franz Josef Popp, il fondatore della BMW

Sessant’anni fa moriva Franz-Josef Popp, l’uomo che ha contribuito alla fondazione della BMW. Scopriamo insieme la storia di quest’uomo, senza il quale la Casa bavarese non esisterebbe.Franz Josef Popp: la biografiaFranz Josef Popp nasce il 14 gennaio 1886 a Vienna (Austria). All’inizio del XX secolo si trasferisce a Brno con la famiglia e lì completa i suoi studi nel 1909 laureandosi in ingegneria. Tornato nella capitale, trova lavoro come ingegnere elettrico presso la AEG e diventa dopo poco tempo responsabile della sezione ferroviaria.La Prima Guerra MondialeDopo lo scoppio della Prima Guerra Mondiale Popp si arruola nell’aviazione austroungarica e viene mandato nella base di Pola ma dopo sole tre settimane viene richiamato a Vienna per supervisionare la produzione di motori aeronautici alla AEG e alla Austro-Daimler. Quando quest’ultima azienda è alla ricerca di una fabbrica in grado di produrre nuovi propulsori a 12 cilindri Franz Josef la trova nella società bavarese Rapp.Nasce la BMWFranz Josef Popp assume il controllo della Rapp nella seconda metà degli anni ’10 e decide di cambiare il nome dell’azienda (non molto apprezzata fino a quel momento) in BMW. Nel primo dopoguerra, abbandonata la produzione bellica, si concentra su quella civile costruendo freni ferroviari.Nel 1922 gli affari della BMW si espandono: la Casa di Monaco torna a produrre propulsori aeronautici e inizia a realizzare anche moto. Sei anni più tardi debuttano le prime automobili realizzate dal brand bavarese.La Seconda Guerra MondialeNegli anni Trenta Franz Josef Popp è ancora alla guida della BMW, in quel momento il principale produttore tedesco di motori per aerei. Si iscrive al partito nazista nel 1933 ma non mostra mai particolari simpatie nei confronti del regime hitleriano, che lo accusa – tre anni più tardi – di aver continuato a rivolgersi al proprio medico di famiglia ebreo.Durante la Seconda Guerra Mondiale la produzione della Casa bavarese è concentrata esclusivamente sulle forniture per l’esercito. Popp non approva le ingerenze del Ministero dell’aviazione e per questo motivo nel 1942 si ritrova esautorato dai ruoli decisionali nella sua azienda.Il secondo dopoguerraAl termine del conflitto Franz Josef Popp tenta di tornare in BMW ma senza successo, nonostante l’assoluzione da ogni accusa di adesione al nazismo. Si ritira quindi a Stoccarda (Germania), città dove perde la vita il 29 luglio 1954.

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Buick Regal, la storia della media di lusso statunitense

Da oltre 40 anni la Buick Regal è un’alternativa “born in the USA” alle medie lussuose tedesche. La quinta generazione di questa vettura, quella attualmente in commercio, nasce nel 2009 e non è altro che una Opel Insignia rimarchiata.Inizialmente commercializzata solo in Cina, debutta pochi mesi più tardi anche in Nord America con un motore 2.4 a benzina da 185 CV. Poco dopo arriva un 2.0 sovralimentato da 223 CV mentre nel 2011 è la volta della cattivissima versione GS, in grado di generare una potenza di ben 273 CV (220 per la versione destinata al Paese asiatico).La quinta serie della Buick Regal beneficia di un restyling nel 2013 (svelato al Salone di New York) che coinvolge il design esterno e interno e le prestazioni. La potenza della Turbo “normale” sale fino a quota 261 CV ed entra nel listino degli optional la trazione integrale. Scopriamo insieme la storia delle antenate di questo modello.Buick Regal prima generazione (1973)La prima generazione della Buick Regal nasce nel 1973 per offrire al pubblico statunitense un modello elegante e non troppo ingombrante. Disponibile inizialmente solo coupé, ha un design simile alla Century (ma si distingue per le finiture più curate) e ha una gamma motori al lancio composta da due V8: un 5.7 e un 7.5.Nel 1974 debutta in commercio la versione berlina a quattro porte mentre l’anno seguente sparisce il 7.5 e lascia spazio ad un più piccolo 3.8 V6. Il 1976 è l’anno in cui si assiste ad un leggero restyling sulle coupé, che porta qualche modifica al frontale.Buick Regal seconda generazione (1978)Tante sono le modifiche apportate alla Buick Regal nel 1978, in occasione del lancio della seconda generazione: più piccola dell’antenata e disponibile in tre varianti (berlina, coupé e station wagon), viene proposta al lancio solo con due motori V6 (3.2 e 3.8). La gamma viene arricchita nel 1980 da un 4.3 V8.La svolta? Nel 1981: cambia il pianale e arriva un restyling che rende il frontale più aggressivo e aerodinamico. Grazie a questa vettura la Buick conquista quell’anno e in quello successivo due titoli costruttori Nascar e due campionati piloti con Darrell Waltrip. Per festeggiare l’evento – mai più ripetuto dalla Casa statunitense – viene presentata nel 1982 la versione Grand National, ricca di adesivi e disponibile con un propulsore 4.1 V6 da 126 CV (3.8 V6 da 177 CV per la Sport Coupé).Nel 1983 – anno in cui la station wagon abbandona i listini – la Sport Coupé viene ribattezzata T-Type e diventa più potente (190 CV) mentre la Grand National si assenta temporaneamente per tornare l’anno successivo (quando anche la berlina smette di essere commercializzata) con un propulsore 3.8 V6 da ben 204 CV.La gamma della Buick Regal si arricchisce nel 1986 con l’arrivo di un motore 5.0 V8. L’anno successivo la potenza della Grand National sale fino a 249 CV, in concomitanza con il lancio della cattivissima GNX.Buick Regal terza generazione (1988)La terza generazione della Buick Regal – svelata nel 1988 e disponibile inizialmente solo coupé – è la prima ad avere la trazione anteriore. Un motore al lancio, un 2.8 V6 da 126 CV, rimpiazzato l’anno seguente da un 3.1 da 141 CV.Nel 1990 debutta la variante berlina a quattro porte e nello stesso anno – in concomitanza con un leggero restyling frontale – entra in gamma un propulsore 3.8 V6 da 173 CV. Nel 1993 arriva un altro lifting alla mascherina e l’anno successivo il 3.1 passa da 141 a 162 CV. Le ultime evoluzioni risalgono al 1995 (interni rivisti) e al 1996, con l’incremento della potenza – da 173 a 203 CV – del 3.8.Buick Regal quarta generazione (1997)La Buick Regal quarta generazione, presentata nel 1997 – è disponibile esclusivamente nella versione berlina a quattro porte e non è altro che una Century meglio rifinita e con motori – 3.8 V6 – più potenti (fino a 245 CV). Questa vettura rimane in commercio in Nord America fino al 2004 ma continua ad essere prodotta (e venduta) in Asia fino al 2008.

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Shelby Mustang GT 500 Convertible (1968): mito "yankee"

La Shelby Mustang GT 500 Convertible del 1968 è un pezzo di storia dell’automobilismo americano. La variante più sportiva della mitica cabriolet Ford è rara – ma non difficile da trovare – e le sue quotazioni sono altissime: 155.000 euro.Shelby Mustang GT 500 Convertible (1968): le caratteristiche principaliLa Shelby Mustang GT 500 Convertible nasce nel 1968, un anno dopo il lancio della versione coupé (famosa per essere comparsa nel film “Fuori in 60 secondi” del 2000). Nello stesso anno viene lanciata l’interessante KR (King of the Road), contraddistinta da un propulsore più moderno sotto il cofano.Nel 1969 – anno in cui le Mustang “pepate” smettono di essere prodotte direttamente dalla Shelby (l’assemblaggio passa alla Ford) – si assiste ad un profondo restyling del frontale che aumenta di un centimetro la lunghezza complessiva della vettura. Sparisce inoltre il mitico stemma del cobra. L’anno seguente arrivano uno spoiler anteriore modificato e due strisce nere sul cofano.La tecnicaLa Shelby Mustang GT 500 Convertible del 1968 monta un possente motore “big block” 7.0 V8 (conosciuto anche come “Police Interceptor”) in grado di generare una potenza superiore ai 350 CV. La KR ospita invece sotto il cofano un propulsore chiamato Cobra Jet: un’unità più evoluta (con valvole più grosse, tra le altre cose) che dichiara 335 CV ma che in realtà supera senza probemi quota 400.Le quotazioniLe quotazioni sono particolarmente alte: è praticamente impossibile trovare un esemplare in buono stato a meno di 150.000 euro. Rintracciarle in Italia non è semplice, negli USA ci sono meno problemi.

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Mille Miglia 2014: il percorso, le tappe e l’elenco dei VIP

La Mille Miglia 2014 punta ad essere l’edizione dei record: la 32° rievocazione storica della mitica corsa Brescia-Roma-Brescia vedrà infatti al via ben 435 auto d’epoca.Di seguito troverete una guida completa all’evento: il percorso, le tappe e i VIP che saranno presenti.Mille Miglia 2014: la guida completaGiovedì 15 maggio 2014La prima vettura in gara alla Mille Miglia 2014 partirà alle 18:00 da Viale Venezia a Brescia. In serata la carovana attraverserà tre capoluoghi di provincia del Veneto: Verona (19:51), Vicenza (21:08), Padova (23:15). Le auto sosteranno per tutta la notte a Montegrotto Terme (PD).Venerdì 16 maggio 2014Alle 07:00 la prima auto ripartirà da Montegrotto Terme. Il gruppo farà tappa a Rovigo (08:02) prima di passare dal Veneto all’Emilia Romagna: alle 08:50 è previsto il passaggio a Ferrara, alle 10:38 quello a Ravenna, alle 11:14 sarà possibile ammirarle a Cesena mentre alle 12:05 si sconfinerà a San Marino. A Rimini ci sarà un doppio attraversamento: alle 11:50 e alle 12:33.Nel pomeriggio la Mille Miglia 2014 si sposterà nelle Marche – Pesaro (13:19), Ancona (14:33), Macerata (16:05) e Ascoli Piceno (17:45) – mentre la serata si svolgerà in Abruzzo (alle 18:32 a Teramo, alle 19:40 e alle 20:00 a L’Aquila) e nel Lazio con Rieti alle 21:08 e l’arrivo a Roma previsto per le 22:40.Sabato 17 maggio 2014Giornata intensa per i partecipanti visto che la prima auto prenderà il via da Roma alle 06:30. Il Lazio sarà ancora protagonista dell’inizio della giornata (Viterbo alle 08:23) prima di lasciare spazio alla Toscana: il gruppo attraverserà Siena alle 11:50, Pisa alle 15:08, Lucca alle 15:50, Pistoia alle 17:03 e Prato alle 17:28.A differenza delle edizioni precedenti la Mille Miglia 2014 non terminerà di sabato: le auto, dopo l’arrivo a Bologna previsto per le 19:30, avranno ancora un bel po’ di strada da fare prima di tornare a Brescia.Domenica 18 maggio 2014Altra “levataccia” per la carovana: partenza alle 06:30 da Bologna e una mattinata intensa. I passaggi più importanti sono quelli di Modena (07:37), Reggio Emilia (08:06 e 08:45) e Mantova (10:11) mentre la prima auto a tagliare il traguardo a Brescia dovrebbe arrivare alle 11:45.Mille Miglia 2014: i VIPPiloti
252 – Jochen Mass (campione europeo turismo 1972, 6° nel Mondiale F1 1977, vincitore della 24 Ore di Le Mans 1989)Mercedes 300 SL W 194 Carrera – 1952
307 – Teo Fabi (9° nel Mondiale F1 1987, campione del mondo sportprototipi 1991)Austin Healey 100/4 BN1 – 1954
396 – Jacky Ickx (vincitore di 6 24 Ore di Le Mans 1969, 1975-1977, 1981-1982, 2° nei Mondiali F1 1969 e 1970, campione del mondo endurance 1982 e 1983, vincitore della Dakar 1983)Porsche 550 Spyder RS – 1956
410 – Martin Brundle (campione del mondo sportprototipi 1988, vincitore della 24 Ore di Le Mans 1990, 6° nel Mondiale F1 1992)Jaguar D-Type – 1956
410 – Bruno Senna (16° nel Mondiale F1 2012)Jaguar D-Type – 1956Spettacolo
186 – Jeremy Irons (attore, premio Oscar 1990)Jaguar XK 120 Lightweight – 1950
211 – Jay Leno (presentatore TV statunitense)Jaguar XK 120 Sports “Ecurie Ecosse” – 1951
261 – Brian Johnson (cantante degli AC/DC)Jaguar C-Type – 1953
394 – Adrien Brody (attore, premio Oscar 2002)Mercedes 300 SL W 198 – 1956 

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Eberhard von Kuenheim, l’uomo che ha cambiato la BMW

Eberhard von Kuenheim è uno dei personaggi più importanti della storia BMW. Sotto la sua guida – durata quasi un quarto di secolo – la Casa bavarese è diventata uno dei brand automobilistici più rilevanti del mondo. Scopriamo insieme la sua storia.Eberhard von Kuenheim: la biografiaEberhard von Kuenheim nasce il 2 ottobre 1928 a Judyty (all’epoca Germania, oggi Polonia). Perde il padre – morto in un incidente stradale – a soli sette anni e nel 1945, durante la Seconda Guerra Mondiale, è uno dei civili coinvolti nell’Operazione Annibale, condotta dalla Marina tedesca durante l’avanzata dell’Armata Rossa per evacuare gli abitanti della Prussia Orientale.Rimasto orfano di entrambi i genitori (la madre scompare in un gulag sovietico), si trasferisce a Stoccarda e nel 1954 si laurea in ingegneria meccanica.L’avventura BMWEberhard von Kuenheim entra in BMW nel 1965 e dopo soli cinque anni viene nominato amministratore delegato della Casa tedesca: sotto la sua guida l’azienda si trasforma diventando un marchio globale focalizzato sulla qualità e sulle prestazioni. Nel periodo della sua direzione nascono modelli destinati ad ottenere un grandissimo successo – la serie 5 (1972), la serie 3 (1975), la serie 6 (1976) e la serie 7 (1977) – e il numero di dipendenti sale da 23.000 (1970) a oltre 71.000 nel 1993, anno delle sue dimissioni da CEO.von Kuenheim rimane in BMW fino al 1999 mentre attualmente si occupa esclusivamente della fondazione che porta il suo nome.

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Concorso d’Eleganza Villa d’Este 2014: la guida, il programma e gli orari

Il Concorso d’Eleganza Villa d’Este 2014 – in programma a Cernobbio (Como) da venerdì 23 a domenica 25 maggio – è un appuntamento irrinunciabile per gli amanti delle auto d’epoca (e non solo).Di seguito troverete la guida completa di questo evento e tutte le informazioni necessarie (come ad esempio gli orari e i prezzi dei biglietti) per chi è intenzionato a partecipare dal vivo. Per maggiori dettagli: www.concorsodeleganzavilladeste.com.Concorso d’Eleganza Villa d’Este 2014: il programmaVenerdì 23 maggio 2014Ingresso: libero.Dalle 20:00 alle 24:00 – presso lo Spazio Villa Erba in Largo Luchino Visconti 4 a Cernobbio – sarà possibile curiosare tra gli stand di vendita e acquistare articoli e accessori selezionati legati alle auto classiche.Alle 21:30 si potrà invece assistere alla proiezione del film “Il grande Gatsby”, diretto da Baz Luhrmann ed interpretato da Leonardo DiCaprio.Sabato 24 maggio 2014Ingresso: 9 euro, 7 euro per i ragazzi dai 6 ai 16 anni, i disabili e gli anziani muniti di documento, gratis per i bambini al di sotto dei 6 anni.Dalle 10:00 alle 17:30, sempre a Villa Erba, i visitatori del Concorso d’Eleganza Villa d’Este 2014 avranno numerosi eventi a cui presenziare: un’esposizione di motociclette (anche personalizzate BMW), un’esposizione Mini, BMW Individual e accessori e una mostra tematica sui 110 anni della Rolls-Royce.Per tutto il giorno, inoltre, la giuria valuterà 35 moto appartenenti a sei categorie: “Il grande Gatsby”, “L’eleganza dei sidecar”, “Primi passi dal Giappone”, “Le Sei Giorni degli anni Sessanta”, “I top di classe” e “Record del mondo di velocità”.Domenica 25 maggio 2014Ingresso: 14 euro, 10 euro per i ragazzi dai 6 ai 16 anni, i disabili e gli anziani muniti di documento, gratis per i bambini al di sotto dei 6 anni.Dalle 09:30 alle 17:30 Villa Erba ospiterà un’esposizione di auto d’epoca e concept car che si aggiungerà a quelle già viste sabato. Fino alle 14:30 il pubblico, attraverso un referendum, deciderà a chi assegnare i trofei “BMW Group Italia”, “Concorso d’Eleganza Design Award” e “BMW Young People’s Award" mentre tra le 11:00 e le 12:00 è prevista la cerimonia di premiazione per il concorso delle motociclette.Dalle 14:30 alle 17:30 si terrà la parata delle vetture davanti alla Giuria e al pubblico e la cerimonia di premiazione per le auto. Saranno nove le categorie: “Rolls-Royce – 110 anni di eccellenza”, “Il grande Gatsby – automobili degne di un principe”, “Via col vento – lo stile aerodinamico degli anni ’30”, “Villa d’Este – automobili italiane d’alta moda”, “Da St. Tropez a Portofino – in due col vento in faccia”, “Le fuoriserie – sogni irripetibili”, “Maserati – i primi cento anni”, “Piloti per diletto – dalla pista al teatro” e “Da corsa – in gara per la gloria”.Concorso d’Eleganza Villa d’Este 2014: le informazioni generaliParcheggiIl costo è di 6 euro per ogni veicolo.Posti a sedereI 900 posti a sedere della tribuna non sono numerati e non possono essere prenotati in anticipo (in sintesi, chi prima arriva meglio alloggia). I visitatori avranno anche a disposizione 100 sedie a sdraio posizionate di fronte al grande schermo.

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Ferrari, la storia della Casa di Maranello

La Ferrari è, senza ombra di dubbio, il simbolo del “made in Italy” nel mondo: nessun altro brand nostrano è in grado di esprimere così bene i valori – stile, qualità e raffinatezza – che caratterizzano i prodotti di lusso realizzati nel nostro Paese.Di seguito troverete la storia della Casa di Maranello (qui quella relativa alla F1): uno dei pochi marchi ancora capaci di regalare emozioni ai propri clienti (e non solo).Ferrari: la storiaLa storia della Ferrari come Casa automobilistica inizia ufficialmente nel 1947 con il lancio della 125 Sport, prima auto da gara a fregiarsi del marchio del Cavallino: dotata di un motore 1.5 V12 da 118 CV, offre prestazioni entusiasmanti ma è difficile da domare. Al Salone di Parigi del 1949 viene invece svelato il primo modello di serie, la 166 Inter, che monta un 2.0 V12 da 110 CV.I primi successi sportivi ottenuti alla fine degli anni Quaranta – due Mille Miglia e due Targa Florio con Clemente Biondetti e la 24 Ore di Le Mans del 1949 con lo statunitense Luigi Chinetti e il britannico Peter Mitchell-Thomson – permettono alla Casa di Maranello, fin dai suoi esordi, di farsi conoscere in tutto il mondo.Gli anni CinquantaNegli anni Cinquanta la Ferrari conquista una marea di vittorie: 6 Mille Miglia, 5 Mondiali Sportprototipi, 4 Mondiali F1 Piloti (Alberto Ascari nel 1952 e nel 1953, l’argentino Juan Manuel Fangio nel 1956 e il britannico Mike Hawthorn nel 1958), tre 12 Ore di Sebring, due 24 Ore di Le Mans (1954 con l’argentino José Froilán González e il francese Maurice Trintignant, 1958 con il belga Olivier Gendebien e lo statunitense Phil Hill), 2 edizioni della Carrera Panamericana (1951 con Chinetti e Piero Taruffi, 1954 con Umberto Maglioli) e una Targa Florio.L’azienda emiliana resta focalizzata più sulle corse che sulla produzione di serie anche se la nascita, nel 1951, della Carrozzeria Scaglietti permette al Cavallino di avere uno stabilimento dedicato esclusivamente alla realizzazione delle scocche e dei telai. Tra i modelli degni di nota di questo periodo segnaliamo la 250 California del 1957, dotata di un propulsore 3.0 V12 con potenze comprese tra 240 e 280 CV.Gli anni SessantaLa Ferrari si espande negli anni Sessanta: si trasforma in una società per azioni nel 1960, realizza la mitica 250 GTO nel 1962 (motore 3.0 V12 da 300 CV) ma continua a focalizzarsi principalmente sulle corse. Tra il 1960 e il 1965 conquista tutte le edizioni del Mondiale Sportprototipi, della 24 Ore di Le Mans e della 12 Ore di Sebring e porta a casa anche quattro Mondiali F1 (due Piloti – nel 1961 e nel 1964 – con Hill e il britannico John Surtees), tre Targa Florio e due Daytona.Nella seconda metà del decennio la Casa di Maranello inizia ad avere bisogno di soldi per continuare a primeggiare nelle corse e per progettare modelli di serie: la Ford chiede di poter rilevare metà del pacchetto azionario ma Enzo rifiuta per conservare l’italianità del marchio e sigla un accordo simile, nel 1969, con la Fiat. Le uniche due vittorie rilevanti di quel periodo arrivano nel 1967, con il trionfo nel Mondiale Sportprototipi e la conquista della 24 Ore di Daytona con il neozelandese Chris Amon e Lorenzo Bandini. Per quanto riguarda le vetture rivolte al pubblico è impossibile non citare la “piccola” Dino 206 GT del 1967 (motore 2.0 V6 da 180 CV) e la 365 GTB4 (meglio conosciuta con il nome di Daytona) dell’anno successivo.Gli anni SettantaGli anni Settanta si aprono per la Ferrari con la vittoria della 12 Ore di Sebring nel 1970 (con un equipaggio composto dallo statunitense Mario Andretti, da Ignazio Giunti e da Nino Vaccarella) mentre due anni più tardi arrivano il Mondiale Sportprototipi, la Targa Florio (con Arturo Merzario e Sandro Munari) e i successi alla 24 Ore di Daytona e a Sebring con Andretti e il belga Jacky Ickx. Nello stesso anno viene inaugurata la pista prova di Fiorano: un circuito realizzato esclusivamente per testare le vetture da corsa composto da numerose curve che riproducono quelle dei circuiti più famosi del mondo.La svolta arriva nel 1973 con l’ingresso in azienda dell’allora ventiseienne Luca Cordero di Montezemolo: viene nominato responsabile della Squadra Corse e nel 1977 diventa responsabile delle relazioni esterne (ruolo che ricopre fino al 1981). Nella seconda metà del decennio la Scuderia di Maranello torna a vincere in F1 dopo un lungo digiuno: sette Mondiali, tre Piloti (due con l’austriaco Niki Lauda nel 1975 – anno in cui vede la luce la bellissima 308 GTB – e nel 1977 e uno con il sudafricano Jody Scheckter nel 1979) e quattro Costruttori.Gli anni OttantaIl decennio più difficile per la Ferrari? Gli anni Ottanta senza dubbio. In questo periodo nascono tre supercar destinate a segnare la storia del Cavallino – la 288 GTO e la Testarossa del 1984 e la F40 del 1987 – ma le sportive più “accessibili” non sono altrettanto riuscite e questo incide negativamente sulle immatricolazioni. Anche i successi sportivi latitano: le uniche soddisfazioni in F1 arrivano dai due Mondiali Costruttori del 1982 e del 1983. La morte di Enzo Ferrari nel 1988 non aiuta certo a migliorare la situazione.La rinascita degli anni NovantaNel 1990 viene inaugurata la Galleria Ferrari – museo che raduna la storia del marchio emiliano – ma la vera rinascita avviene l’anno successivo con il ritorno di Luca Cordero di Montezemolo come presidente. Nella seconda metà del decennio l’ingaggio del pilota tedesco Michael Schumacher porta il Cavallino nuovamente nei piani alti della F1 (Mondiale Costruttori 1999) e non mancano i successi americani: tra il 1995 e il 1998 arrivano tre 12 Ore di Sebring e una vittoria alla 24 Ore di Daytona.Anche i modelli di serie più interessanti – se si esclude la 456 GT del 1992 – vedono la luce dal 1995 in poi: la 550 Maranello del 1996 e, soprattutto, la 360 Modena del 1999 accompagnano la Ferrari verso il terzo millennio. Nel 1997 – anno in cui la Maserati viene ceduta integralmente al brand di Maranello dalla Fiat – viene inaugurata la galleria del vento progettata da Renzo Piano.Il terzo MillennioIl primo decennio del terzo millennio è contraddistinto da un dominio delle Rosse in F1. Tra il 2000 e il 2008 arrivano infatti ben tredici Mondiali: sei Piloti (cinque con Schumacher e uno con il finlandese Kimi Räikkönen) e sette Costruttori. I modelli di serie non sono da meno: la Enzo del 2002 è un concentrato di tecnologia ed emozione e la F430 del 2004 si rivela, a differenza delle antenate, una vettura utilizzabile senza problemi anche quotidianamente.In questi ultimi anni la Ferrari non sta vivendo momenti particolarmente brllanti nel Circus ma questo non sta incidendo in alcun modo sulla qualità dei modelli destinati al pubblico, come dimostra la hypercar LaFerrari del 2013.

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