Monthly Archives: Maggio 2014
Come eravamo: le auto più guidate trent’anni fa
Trent’anni fa – nel 1984 – non eravamo molto diversi da oggi: ridevamo con le commedie nostrane e ascoltavamo prevalentemente rock italiano. Anche le auto più guidate provenivano dalla nostra penisola, anche se all’epoca le vetture straniere erano decisamente meno.Di seguito troverete la classifica delle dieci automobili più vendute del 1984 nel nostro Paese: modelli soprattutto italiani appartenenti principalmente ai segmenti delle piccole (categoria che ai giorni nostri ha assunto un ruolo ancora più importante nelle immatricolazioni) e delle compatte. Scopriamo insieme le loro caratteristiche.1° Fiat Uno 331.050Ha rivoluzionato il segmento delle piccole offrendo – grazie alla carrozzeria maggiormente sviluppata in altezza – più versatilità rispetto alle rivali. Nominata Auto dell’Anno proprio nel 1984, era disponibile a tre e a cinque porte con tre motori a benzina (0.9 da 45 CV, 1.1 da 55 CV e 1.3 da 70 CV) e un 1.3 diesel da 45 CV.2° Fiat Panda 126.650All’epoca era la citycar più pratica in circolazione grazie alle forme esterne razionali e ad un abitacolo addirittura sfruttabile come letto che sfruttava le numerose possibilità di configurazione dei sedili. Tre i motori disponibili trent’anni fa, tutti a benzina: 650 da 30 CV, 0.9 da 45 CV e – solo per la 4×4 a trazione integrale – 1.0 da 48 CV.3° Fiat Regata 110.700Oggi chi ha bisogno di spazio si rivolge alle monovolume, negli anni ’80 si puntava invece sulle berline medie. Contraddistinta da un design poco originale ma anche da un abitacolo particolarmente ampio, era disponibile in due varianti di carrozzeria: quattro porte e station wagon Weekend. La gamma motori nel 1984, decisamente ricca, comprendeva quattro unità a benzina (1.3 da 65 e 68 CV, 1.5 da 82 CV e 1.6 da 100 CV) e due a gasolio (1.7 da 58 CV e 1.9 da 65 CV).4° Fiat Ritmo 110.550La seconda generazione della compatta torinese rappresentava un netto passo in avanti rispetto all’antenata, più originale nelle forme ma meno curata sotto certi aspetti. La maggior parte dei clienti optava per le unità a benzina 1.1 da 55 CV e 1.3 da 68 CV e per il 1.7 diesel da 58 CV mentre gli amanti della sportività avevano ben due possibilità di scelta: la 105 TC (1.6 da 105 CV) e la Abarth 130 TC (2.0 da 130 CV).5° Autobianchi A112 67.500La mamma di tutte le citycar chic, pur essendo vicina alla pensione, conquistava ancora il pubblico: merito delle dimensioni esterne contenute unite ad un abitacolo elegante che strizzava l’occhio al pubblico femminile. Le donne generalmente erano indecise tra due motori – lo 0.9 da 42 CV e il 1.0 da 48 CV – mentre i maschietti si orientavano verso la Abarth, dotata di un 1.050 da 70 CV.6° Volkswagen Golf 59.600Nel 1984 era la straniera più amata dagli italiani e anche oggi mantiene il primato in classifica. La seconda generazione della compatta tedesca – acquistata all’epoca dagli automobilisti delusi dalle vetture del Bel Paese – era disponibile con una gamma motori ricchissima: quattro unità a benzina (1.050 da 45 CV, 1.3 da 55 CV, 1.6 da 75 CV e 1.8 da 90 CV) e due 1.6 a gasolio (aspirato da 54 CV e turbo – GTD – da 70 CV). La sportiva GTI montava un 1.8 da 112 CV e chi voleva viaggiare con il vento tra i capelli poteva optare per la Cabrio, basata però sulla prima serie.7° Alfa Romeo 33 50.700La compatta del Biscione, ambita dagli amanti delle prestazioni e disponibile nelle varianti berlina e station wagon (Giardinetta) a trazione anteriore o integrale, offriva un piacere di guida impossibile da trovare nelle rivali. Merito di motori boxer a benzina estremamente potenti – 1.3 da 79 e 86 CV e 1.5 da 85, 95 e 105 CV – e di soluzioni tecniche ricercate come il parallelogramma di Watt, che garantisce una maggiore stabilità del retrotreno.8° Lancia Prisma 46.900La versione a tre volumi della Delta era acquistata soprattutto dai padri di famiglia che cercavano qualcosa in più della Fiat Regata. Caratterizzata da un design elegante e da interni curati, aveva una gamma motori composta da tre propulsori a benzina (1.3 da 78 CV, 1.5 da 85 CV e 1.6 da 105 CV) e da un 1.9 diesel da 65 CV.9° Renault 5 44.050Nel 1984 erano presenti in listino entrambe le generazioni: la vecchia – denominata Le Car e dotata di un 950 da 44 CV e di un 1.1 da 45 CV – e la nuova, chiamata Supercinque. Quest’ultima montava tre propulsori: 950 da 41 CV, 1.1 da 47 CV e 1.4 da 71 CV.10° Ford Fiesta 37.100Più aerodinamica rispetto alla prima generazione ma tecnicamente simile, aveva motori in grado di soddisfare qualsiasi esigenza: tre unità a benzina “normali” (1.0 da 45 CV, 1.1 da 50 CV e 1.3 da 68 CV), un 1.6 diesel da 54 CV per risparmiare e la cattivissima XR2, con un 1.6 da 94 CV.
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LC2: l’ultima Lancia da pista
La LC2 è l’ultima Lancia ad aver gareggiato in pista: negli anni ’80 questo prototipo tentò senza successo di contrastare il dominio Porsche nel Mondiale Sportprototipi e non ci riuscì soprattutto per problemi di affidabilità. Scopriamo insieme la sua storia.Lancia LC2: la storiaIl progetto della Lancia LC2 – erede della LC1 – nasce nel 1982 per rispettare il nuovo regolamento tecnico Gruppo C. Si tratta di una berlinetta chiusa biposto con carrozzeria in materiali compositi (fibra di carbonio e Kevlar) montata su un telaio monoscocca – realizzato da Dallara – in avional con centine di rinforzo in magnesio. Da non sottovalutare, inoltre, il roll-bar in titanio con pannelli in honeycomb.Il motore – realizzato completamente dalla Ferrari – è un 2.6 V8 con due turbocompressori KKK in grado di generare potenze comprese tra 520 e 650 CV, il parabrezza avvolgente presenta resistenze elettriche incorporate nel vetro per ridurre il rischio di appannamento mentre la pedaliera è posizionata dietro l’asse delle ruote anteriori per garantire maggiore protezione alle gambe del pilota.1983La prima stagione iridata della Lancia LC2 non è delle migliori: la Porsche è imbattibile e la Casa torinese – che deve fare i conti con un propulsore meno potente di quello adottato dai rivali di Zuffenhausen e, soprattutto, con un’affidabilità precaria – deve accontentarsi del secondo posto tra i Costruttori. Il miglior piazzamento è il secondo posto ottenuto da Riccardo Patrese e Alessandro Nannini a Kyalami.1984Tante le modifiche apportate alla vettura: la potenza sale fino a 670 CV e debuttano un nuovo cambio Abarth che rimpiazza la trasmissione Hewland troppo soggetta a rotture, un cofano anteriore che migliora la deportanza e pneumatici più larghi. I cambiamenti al regolamento portano inoltre ad una riduzione dei materiali leggeri: numerose componenti precedentemente realizzate in titanio e magnesio vengono costruite in alluminio e acciaio.Nel corso della stagione – nella quale viene anche utilizzato un nuovo motore 3.0 V8 da 720 CV – i guasti sulla Lancia LC2 continuano a verificarsi. La sfortuna sparisce solo nell’ultima gara – sempre a Kyalami – quando arriva una doppietta: primi Patrese e Nannini, secondi il francese Bob Wollek e Paolo Barilla.1985Dopo due anni di delusioni la Casa torinese punta al titolo iridato con un motore rivisto meno assetato di quello Porsche, una carrozzeria più larga e nuovi pneumatici Michelin.La situazione, però, non migliora: l’unica (nonché ultima) vittoria della Lancia LC2 arriva a Spa con Mauro Baldi, Wollek e Patrese.1986Nell’ultima stagione Mondiale la LC2 partecipa solo ad un paio di gare, affrontate con un propulsore più potente (760 CV) e in grado di consumare meno grazie al sistema di iniezione enettronica rivisto.L’ultima apparizione di una Lancia “ufficiale” in pista risale al 20 luglio 1986 a Brands Hatch.
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GP del Valentino: quattro giorni di passione per le auto a Torino
Dall’11 al 14 giugno 2015 Torino sarà nuovamente protagonista del panorama italiano delle quattro ruote con il Gran Premio dell’Automobile Parco del Valentino. L’evento – patrocinato dalla Regione Piemonte, dalla provincia di Torino e dalle città di Torino e di Venaria Reale – non sarà un Salone “tradizionale” ma un omaggio al passato, al presente e al futuro dei motori.Il nome Gran Premio non è legato al mondo delle corse (anche se nel parco del capoluogo piemontese si tenne una gara molto importante tra il 1935 e il 1955) ma al significato di corsa all’evoluzione dell’auto. Un festival all’aperto che sarà tutto fuorché statico.Il Gran Premio dell’Automobile Parco del Valentino coinvolgerà infatti tutta Torino: nelle location più importanti della città sabauda (Piazza San Carlo, Piazza Vittorio, Piazza Castello, Via Roma, Via Po, Giardini Reali e Basilica di Superga) e di Venaria Reale (la Reggia) sarà possibile ammirare modelli di serie, concept e – soprattutto – auto d’epoca.Le “storiche” saranno presumibilmente le protagoniste assolute di questo evento, nato per celebrare la tradizione automobilistica di una città come Torino che vuole tornare ad essere la capitale italiana del motorismo.
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Mazda, la storia della Casa giapponese
Nel corso dei suoi oltre 90 anni di storia la Mazda ha saputo ritagliarsi un ruolo importante nel panorama automobilistico mondiale. Merito di vetture dal design seducente e, soprattutto, di soluzioni tecnologiche raramente riscontrabili in prodotti della concorrenza. Scopriamo insieme la storia della Casa giapponese, l’unico marchio asiatico ad aver vinto la prestigiosa 24 Ore di Le Mans.Mazda, la storiaLa storia della Mazda inizia nel 1920, quando Jujiro Matsuda crea la Toyo Cork Kogyo Co., azienda specializzata nella lavorazione del sughero. Il nome Mazda – simile al cognome del fondatore e ispirato anche ad Ahura Mazda, divinità zoroastriana – vede la luce nel 1931 ma viene utilizzato fino al 1984 solo per battezzare i modelli e non l’intero brand.Il debutto con le autoLa società nipponica, in crisi economica, decide all’inizio degli anni Trenta di puntare su altro e realizza la Mazda-Go, una specie di moto a tre ruote dotata di un motore monocilindrico.Durante la Seconda Guerra Mondiale la Mazda produce armi per l’esercito giapponese: la bomba atomica su Hiroshima (ancora oggi sede della Casa nipponica) non causa gravi danni all’impianto.Il motore rotativoAlla fine degli anni Cinquanta il marchio di Hiroshima decide di puntare sul motore Wankel, un propulsore rotativo (niente pistoni, rimpiazzati da un rotore) più compatto di quelli tradizionali e in grado di girare a regimi più elevati.La dirigenza Mazda acquista i diritti di realizzazione di questa particolare unità e la monta su numerose vetture: la prima è la coupé Cosmo Sport del 1967.La crisi petroliferaCon la crisi petrolifera del 1973 gli automobilisti iniziano a snobbare il motore Wankel, troppo assetato di carburante. La Casa nipponica decide quindi di utilizzare esclusivamente propulsori tradizionali sulle vetture “normali” e di mantenere l’unità rotativa solo sulle sportive, come ad esempio la RX-7 del 1978.La partnership con FordNel 1979 la Ford acquista il 7% delle azioni Mazda e nel decennio successivo questa partnership si intensifica ancora di più. Vengono realizzati numerosi modelli in comune, destinati soprattutto al mercato nordamericano.La MX-5La spider MX-5 – presentata nel 1989 – è la vettura più famosa del marchio giapponese, nonché la roadster più venduta di tutti i tempi. Nata in un periodo di “magra” per le scoperte a trazione posteriore, conquista immediatamente gli automobilisti di tutto il mondo: merito dello stile moderno e dell’elevato piacere di guida che è in grado di offrire.Gli anni NovantaGli anni Novanta si aprono alla grande per Mazda, che grazie alla 787B dotata di motore Wankel – e guidata da un equipaggio composto dal tedesco Volker Weidler, dal britannico Johnny Herbert e dal belga Bertrand Gachot – diventa nel 1991 la prima (e per il momento unica) Casa asiatica ad aggiudicarsi la prestigiosa 24 Ore di Le Mans.Nonostante la crisi economica, che porta la Ford – nel 1996 – a controllare il 33,4% delle azioni del marchio nipponico, la Casa giapponese continua a proporre soluzioni tecnologiche innovative: l’ammiraglia Xedos 9 del 1996 è la prima vettura al mondo dotata di motore a ciclo Miller (più efficiente rispetto al ciclo Otto).Il XXI secolo e il designNel XXI secolo la Mazda inizia a concentrarsi sul design: nel 2002 la prima generazione della berlina Mazda6 conquista per le sue forme sexy ma la vera svolta arriva l’anno successivo con la coupé RX-8. Dotata di motore Wankel e contraddistinta dalla presenza di quattro porte (quelle posteriori piccole e con apertura controvento), si rivela una delle proposte che meglio simboleggiano l’unione tra originalità stilistica e innovazione.Dal 2008 – cioè da quando la Ford ha ceduto quasi tutte le azioni della Casa giapponese – il brand del Sol Levante è tornato ad essere indipendente.
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Talbot Lago SS Coupé (1937): un’opera d’arte
La Talbot Lago SS Coupé del 1937 è una delle automobili più belle di sempre. Protagonista dei concorsi d’eleganza e acquistabile ormai solo nelle aste (a prezzi che superano il milione di euro, altro che i 150.000 riportati dalle quotazioni del settore), può vantare anche un terzo posto alla 24 Ore di Le Mans del 1938 ottenuto dal driver francese Jean Prenant.Talbot Lago SS Coupé (1937): le caratteristiche principaliLa Talbot Lago SS Coupé nasce nel 1937 per conquistare gli automobilisti amanti delle prestazioni: il passo estremamente corto (2,65 metri) garantisce una certa agilità nelle curve, le sospensioni anteriori a ruote indipendenti contribuiscono a migliorare il comfort mentre i freni potentissimi offrono spazi d’arresto contenuti.Un telaio raffinato su cui si cimentano numerosi carrozzieri: le realizzazioni più note sono quelle dell’atelier francese Figoni et Falaschi. Le vetture passate sotto le sue cure sono oggi quelle che valgono di più.La tecnicaIl motore della Talbot Lago SS Coupé del 1937 è un 4.0 a sei cilindri in linea con tre carburatori in grado di generare una potenza di 165 CV e di far raggiungere alla sportiva francese la velocità massima di 185 km/h.Le quotazioniLe quotazioni ufficiali recitano 150.000 euro ma nel mondo reale è impossibile trovare questa vettura a meno di un milione di euro (soprattutto gli esemplari “carrozzati” da nomi prestigiosi). Il modo migliore per rintracciare qualche esemplare è rivolgersi alle aste.
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Space Wagon e Grandis, la storia delle grandi monovolume Mitsubishi
Non tutti sanno che nel secolo scorso la Mitsubishi era un’istituzione nel segmento delle monovolume: la Casa giapponese aveva nel proprio listino numerosi modelli appartenenti a questa categoria, molto apprezzati dal pubblico e dalla critica. Oggi vi mostreremo la storia ultratrentennale di quelle più spaziose.Mitsubishi Space Wagon prima generazione (1983)La prima generazione della Mitsubishi Space Wagon, svelata nel 1983 e ispirata nelle linee alla concept SSW mostrata al Salone di Tokyo del 1979, ospita sette passeggeri in meno di quattro metri e mezzo di lunghezza e ha una gamma motori composta da unità benzina e turbodiesel da 1,6 a 2 litri. Un anno dopo il lancio debutta la più versatile versione a trazione integrale.Mitsubishi Space Wagon seconda generazione (1991)La seconda serie del 1991 è più grande di quella precedente (la lunghezza supera i quattro metri e mezzo) e si distingue per un design più originale e più arrotondato. Disponibile a trazione anteriore o integrale, monta due motori a benzina (2.0 e 2.4) e un 1.9 turbodiesel.Dal 1999 al 2001 la seconda generazione della Mitsubishi Space Wagon viene venduta con il marchio Hyundai, che decide di ribattezzare la vettura con il nome Santamo.Mitsubishi Space Wagon terza generazione (1997)La terza serie della monovolume nipponica – in commercio dal 1997 – non ottiene lo stesso successo delle sue antenate: colpa del design squadrato troppo in anticipo sui tempi e, soprattutto, dell’assenza di motori turbodiesel. L’unico propulsore disponibile nel nostro Paese è un 2.4 GDI ad iniezione diretta di benzina da 150 CV.La Mitsubishi Space Wagon terza generazione è più grande e spaziosa rispetto a prima (4,65 metri di lunghezza non sono pochi) ed è disponibile (come sempre) a trazione anteriore o integrale.Mitsubishi Grandis (2005)Debutta in Italia nel 2005 e si distingue dalle rivali per un design aggressivo ispirato al prototipo Space Liner visto al Salone di Tokyo del 2001.La Mitsubishi Grandis, a differenza delle antenate disponibile esclusivamente a trazione anteriore, viene venduta nel nostro Paese con un solo motore: un 2.0 turbodiesel DI-D da 136 CV di origine Volkswagen.
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Alpina-BMW B3 (2000): l’alternativa alla M3
All’inizio degli anni 2000 l’Alpina-BMW B3 era la versione più sportiva della BMW serie 3 berlina visto che non esisteva la M3 a quattro porte. Disponibile anche nella variante station wagon Touring, ha quotazioni basse (6.000 euro) ma è introvabile nel nostro Paese.Alpina-BMW B3 (2000): le caratteristiche principaliLa Alpina-BMW B3 di inizio millennio è basata sulla quarta generazione della BMW serie 3 (quella conosciuta con la sigla E46), un modello molto amato ma non privo di difetti (uno su tutti, il ridotto spazio a disposizione dei passeggeri posteriori per via dell’ingombrante tunnel della trasmissione).Pur essendo una berlina sportiva non è scomoda: merito di sospensioni dalla taratura rigida (ma non troppo) che offrono un buon livello di divertimento nelle curve senza trascurare il comfort. Il piacere di guida arriva anche dal cambio (manuale a sei marce o automatico Switch Tronic a cinque rapporti), dallo sterzo preciso e da freni potentissimi.In occasione del restyling della Alpina-BMW B3 – datato 2001 – debutta la versione a trazione integrale 4WD, capace di offrire più aderenza su qualsiasi superficie.La tecnicaIl motore è un 3.3 sei cilindri a benzina in grado di generare una potenza di 280 CV e una coppia di 335 Nm. Questa unità aspirata ha una doppia anima: sobria ed elastica ai bassi regimi, quasi brutale superati i 5.000 giri. Alti i consumi, soprattutto sulle versioni dotate di trasmissione automatica.Le quotazioniLa B3 di inizio anni 2000 è una delle Alpina-BMW più accessibili visto che le sue quotazioni recitano 6.000 euro. Resta però una vettura molto rara (soprattutto la station wagon Touring) nel nostro Paese visto che gli automobilisti italiani hanno preferito optare per le coupé.All’estero, specialmente in Germania, è più facile da trovare. A prezzi più alti, però. Da non sottovalutare, infine, il superbollo: stiamo parlando di un’auto che supera i 185 kW di potenza e che non è ancora ufficialmente d’epoca.
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Georges Paulin, il dentista che inventò le coupé/cabriolet
Dentista, designer di auto part/time ed eroe della Resistenza francese durante la Seconda Guerra Mondiale: Georges Paulin, noto nell’ambiente delle quattro ruote per aver inventato il segmento delle coupé/cabriolet, è stato tutto questo. Scopriamo insieme la sua storia.Georges Paulin, la biografiaGeorges Paulin nasce il 20 maggio 1902 a Parigi (Francia). Dentista e appassionato di automobili, non ama le scoperte con la capote in tela (troppo poco protettive) e neanche quelle con l’hard-top (il tetto rigido metallico) perché va lasciato in garage quando non viene utilizzato.Per questa ragione nel 1931 brevetta un sistema automatizzato – battezzato Eclipse – che consente di nascondere la capote in lamiera all’interno del bagagliaio in soli cinque secondi. Due anni più tardi incontra – grazie all’amicizia comune con il concessionario Peugeot Émile Darl’mat – il carrozziere Marcel Pourtout, il quale si dimostra molto interessato all’idea.La produzione in serieLa prima vettura di serie dotata del brevetto di Georges Paulin viene prodotta nel 1934 ed è marchiata Panhard. L’anno successivo arrivano sul mercato le versioni Eclipse delle Peugeot 401 e 601 (quest’ultima disegnata proprio da Paulin, che abbandona l’attività medica per dedicarsi a quella di stilista delle quattro ruote). Queste vetture impiegano pochissimo tempo a conquistare gli automobilisti più facoltosi.Il modello più noto è tuttavia la Peugeot 402 Eclipse del 1936, dotata di un sistema elettrico rimpiazzato l’anno seguente da un più affidabile comando manuale.L’Inghilterra, la guerra e la morteDurante la Seconda Guerra Mondiale Georges Paulin lavora su tre fronti nel Regno Unito: disegnatore per la Rolls-Royce, membro della Resistenza transalpina e spia per i servizi segreti britannici.Arrestato nel 1941 dalla Gestapo su segnalazione di membri del governo collaborazionista di Vichy, muore il 21 marzo 1942 – a meno di quarant’anni – fucilato dai nazisti a Suresnes (Francia).
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Honda Prelude, la storia della coupé giapponese
La Honda Prelude è stata, nel secolo scorso, una delle coupé più tecnologicamente avanzate in commercio. Scopriamo insieme la storia delle cinque generazioni della sportiva giapponese, sempre fedele alla sua filosofia di berlina chiusa a due porte.Honda Prelude prima generazione (1978)La prima generazione della Honda Prelude viene svelata nel 1978. Il pianale è completamente nuovo mentre l’unico motore al lancio (un 1.6 da 80 CV) deriva da quello montato dalla berlina Accord. Il design gradevole è impreziosito dal tetto in vetro.Pochi mesi dopo il debutto arriva un 1.8 da 80 CV (72 nella versione nata nel 1979 e destinata agli USA) mentre nel 1981 è la volta di un leggero restyling.Honda Prelude seconda generazione (1982)Nel 1982 viene presentata la Honda Prelude seconda generazione. Realizzata, anche in questo caso, su una piattaforma nuova di zecca, monta al debutto un motore 1.8 da 105 CV, affiancato nel 1986 da un due litri.Il design squadrato è caratterizzato dai fari anteriori a scomparsa e dai gruppi ottici posteriori collegati tra loro.Honda Prelude terza generazione (1987)In occasione del lancio della terza generazione della Honda Prelude, nel 1987, la coupé giapponese punta sull’innovazione con un design aerodinamico e, soprattutto, con le quattro ruote sterzanti (soluzione che consente di facilitare le manovre alle basse velocità e di migliorare la stabilità alle alte). La gamma motori comprende unità 2.0 e 2.1 da 106 a 152 CV. Con il restyling del 1989 arriva un frontale più tradizionale con fari a vista e paraurti ridisegnati.Honda Prelude quarta generazione (1991)La quarta generazione della Honda Prelude è quella con il design più riuscito: ancora oggi le sue forme seducono nonostante siano state ideate oltre vent’anni fa. Le modifiche tecniche più rilevanti riguardano le quattro ruote sterzanti a controllo elettronico e non più meccanico mentre la gamma motori per il nostro Paese comprende un 2.0 da 133 e 150 CV e un 2.2 da 185 CV.Honda Prelude quinta generazione (1996)Caratterizzata da un design squadrato in un periodo in cui dominano le forme tonde (questo spiega come mai le sue linee verranno apprezzate solo in seguito), la quinta (nonché ultima) generazione della Honda Prelude monta tre motori: un 2.0 da 134 CV e un 2.2 da 185 e 200 CV.
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Le regine di Le Mans al Museo Porsche di Stoccarda
La mostra “24 Ore per l’Eternità. Le Mans”, in programma al Museo Porsche di Stoccarda dal 26 marzo al 13 luglio 2014, è un evento da non perdere per gli appassionati di motorsport. Durante questa retrospettiva, nata per celebrare il ritorno nella celebre corsa endurance transalpina della Casa più vincente di sempre (16 successi tra il 1970 e il 1998), sarà possibile ammirare i modelli del brand tedesco che hanno fatto la storia di questa gara.La protagonista assoluta sarà la 919 Hybrid, che parteciperà all’edizione 2014 della 24 Ore di Le Mans (14-15 giugno) con due esemplari. Il primo sarà guidato dal francese Romain Dumas (già vincitore nel 2010), dal tedesco Marc Lieb (quattro successi alla 24 Ore del Nürburgring) e dallo svizzero Neel Jani (campione A1 GP 2007/2008) mentre l’equipaggio del secondo sarà composto dal tedesco Timo Bernhard (vincitore a Le Mans nel 2010), dall’australiano Mark Webber (3° nei Mondiali F1 2010, 2011 e 2013) e dal neozelandese Brendon Hartley (campione europeo Formula Renault 2.0 nel 2007).Accanto a lei, oltre 20 diverse vetture da corsa presenti al Museo Porsche di Stoccarda nella mostra “24 Ore per l’Eternità. Le Mans” racconteranno l’evoluzione tecnologica del marchio di Zuffenhausen. Tra i modelli più significativi troviamo la 936 (tre volte sul gradino più alto del podio: 1976, 1977, 1981) – l’auto più veloce di sempre (360 km/h) sul rettilineo di Mulsanne – e la 911 GT1 (l’ultima a trionfare, nell’ormai lontano 1998).Durante i due giorni della 24 Ore di Le Mans 2014 il museo sarà gratuito e aperto ininterrottamente dalle 09:00 di sabato 14 giugno alle 18:00 di domenica 15 giugno in modo da permettere ai visitatori di seguire in diretta la corsa attraverso numerosi schermi. Negli altri giorni questo spazio espositivo sarà aperto da martedì a domenica dalle 09:00 alle 18:00: 8 euro il costo del biglietto intero, 4 quello ridotto. Per maggiori informazioni consultate il sito ufficiale.
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