Monthly Archives: Febbraio 2014
Toro Rosso, la seconda scuderia italiana
Molti considerano la Toro Rosso una scuderia satellite della Red Bull. La realtà, però, è che questo team – pur appartenendo all’azienda austriaca – è indipendente ed è oltretutto, avendo sede a Faenza, la seconda squadra di F1 italiana nel Circus insieme alla Ferrari.Scopriamo insieme la sua storia, breve ma intensa.Toro Rosso: la storiaLa Toro Rosso nasce ufficialmente alla fine del 2005 quando il proprietario della Red Bull – l’austriaco Dietrich Mateschitz – acquista il team romagnolo Minardi e cede il 50% delle azioni all’ex pilota (anch’esso austriaco) Gerhard Berger.Per la prima stagione vengono ingaggiati come piloti lo statunitense Scott Speed e il nostro Vitantonio Liuzzi: quest’ultimo ottiene il miglior risultato dell’anno (nonché il primo e unico punto per il team) arrivando ottavo negli USA. La monoposto, invece, non è altro che una versione modificata della Red Bull del 2005.L’era VettelLa stagione 2007 della Toro Rosso inizia male ma migliora con l’arrivo a metà stagione del tedesco Sebastian Vettel, un giovane talento che riesce a portare la monoposto romagnola al quarto posto in Cina.Il 2008 è l’anno migliore per il team di Faenza, che riesce addirittura ad arrivare sesto nel Mondiale Costruttori davanti ai fratelli maggiori della Red Bull (che nello stesso periodo diventa proprietario al 100% della squadra, dopo aver acquistato le quote di Berger): merito – ancora una volta – di Vettel, dei suoi numerosi piazzamenti e di un’incredibile vittoria ottenuta in Italia.Buemi e AlguersuariI migliori piazzamenti del “dopo-Vettel” della Toro Rosso arrivano grazie a Sébastien Buemi: il pilota svizzero ottiene due settimi posti nel 2009 (Australia e Brasile) e un ottavo posto in Canada nel 2010, anno in cui il team diventa ufficialmente indipendente dalla Red Bull. Nel 2011 tocca invece allo spagnolo Jaime Alguersuari convincere maggiormente con due settimi posti in Italia e in Corea del Sud.Il presenteNel 2012 la scuderia di Faenza si affida al francese Jean-Éric Vergne e all’australiano Daniel Ricciardo: il primo ottiene i piazzamenti più significativi – quattro ottavi posti (Malesia, Belgio, Corea del Sud e Brasile) e un sesto nel 2013 in Canada – ma il secondo, più continuo, ottiene per il 2014 il posto di seconda guida in Red Bull. Verrà rimpiazzato dal debuttante russo Daniil Kyvat, campione GP3 2013.
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Il sogno della Force India
La Force India è una scuderia di F1 concreta e molto ambiziosa che punta a diventare uno dei cinque team più forti del Circus. In sei anni di carriera ha sfiorato un paio di volte questo traguardo: merito di buoni tecnici e di piloti scelti accuratamente (solo cinque in tutto) in base al curriculum e non agli sponsor portati.Scopriamo insieme la storia della squadra asiatica, già capace di conquistare risultati importanti ma ancora priva di continuità.Force India: la storiaLa Force India nasce nel 2008 grazie all’imprenditore e politico indiano Vijay Mallya, che acquista la scuderia olandese Spyker e affianca al pilota tedesco Adrian Sutil il nostro Giancarlo Fisichella. A causa di problemi di affidabilità la monoposto indiana non riesce a portare a casa neanche un punto e i migliori risultati arrivano dal driver romano, capace di arrivare 10° nel GP di Spagna.La svoltaLa svolta arriva l’anno seguente, quando i motori Mercedes (forniti dalla McLaren, team con il quale inizia un rapporto molto stretto) prendono il posto delle unità Ferrari e Fisichella ottiene il miglior risultato nella storia della scuderia indiana conquistando una pole position e un secondo posto in Belgio.Nel 2010 la situazione della Force India migliora ulteriormente grazie all’eccellente continuità mostrata da Sutil (due quinti posti in Malesia e in Belgio) e l’anno seguente ai buoni risultati del driver tedesco (6° in Germania e in Brasile) si aggiunge il sesto posto del neoacquisto britannico Paul di Resta a Singapore.Le ultime stagioniLa squadra asiatica ha un leggero momento di flessione nel 2012, annata impreziosita da due quarti posti (di Resta a Singapore e il tedesco Nico Hülkenberg in Belgio), ma si riprende in questa stagione col sesto posto nel Mondiale Costruttori (come nel 2011) e il quarto posto di di Resta in Bahrein.
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McLaren, la crisi continua
Il 2013 non è stato un anno buono per la McLaren in F1: per la prima volta dal 1980, infatti, la scuderia britannica non ha conquistato neanche un podio. E non è tutto: il team inglese non vince un Mondiale Costruttori da ben quindici anni e l’unico exploit del Terzo Millennio è stato il titolo Piloti conquistato da Lewis Hamilton nel 2008.Scopriamo insieme la storia di questa squadra, la terza più vincente del Circus dopo Ferrari e Williams.McLaren: la storia in F1La scuderia McLaren, nata ufficialmente nel 1963, debutta in F1 nel 1966 quando il suo fondatore – il pilota neozelandese Bruce McLaren – prende parte al GP di Monaco, terminato con un ritiro. Il miglior risultato della stagione è un interessante quinto posto negli USA e l’anno seguente (4° posto a Monte Carlo) la situazione migliora.Le prime vittorieNel 1968 – anno in cui la scuderia britannica inizia ad affrontare tutte le gare del Mondiale – arrivano i primi successi. Bruce sale sul gradino più alto del podio in Belgio ma ancora meglio fa il connazionale Denny Hulme, primo in Italia e in Canada. L’anno successivo – quando viene sperimentata senza successo (una corsa, un ritiro) una monoposto a trazione integrale, la M9A – Hulme prevale in Messico.Gli anni SettantaGli anni Settanta non iniziano bene per la McLaren: Il 1970 si apre con due secondi posti (Hulme in Sudafrica e Bruce in Spagna) ma il fondatore del team perde la vita pochi mesi più tardi durante un test in pista di una vettura destinata alle gare Can-Am mentre nel 1971 – una stagione contraddistinta dall’assenza di podi – Hulme riesce a portare a casa solo due quarti posti a Monte Carlo e in Canada.La squadra si riscatta l’anno seguente – Hulme primo in Sudafrica – e nel 1973 con i due successi dello statunitense Peter Revson in Gran Bretagna e in Canada e un altro primo posto di Hulme in Svezia.Il primo MondialeIl primo titolo iridato per la McLaren arriva nel 1974: il Mondiale Piloti viene conquistato grazie alle tre vittorie del brasiliano Emerson Fittipaldi in Brasile, Belgio e Canada mentre il merito di quello Costruttori va anche al successo di Hulme nella prima prova stagionale in Argentina. Il 1975 è un’annata di transizione, impreziosita da tre vittorie: due di Fittipaldi (Argentina e Gran Bretagna) e una del tedesco Jochen Mass (Spagna).James HuntNel 1976 il britannico James Hunt porta alla McLaren il secondo Mondiale Piloti in una stagione – raccontata nel film “Rush” – caratterizzata da sei gare terminate sul gradino più alto del podio (Spagna, Francia, Germania, Olanda, Canada e USA). L’anno successivo il driver inglese ottiene altri tre successi (Gran Bretagna, Canada e Giappone): la scuderia “british” impegherà diversi anni prima di conquistarne altri.La crisiIl periodo compreso tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta è uno dei peggiori nella storia della McLaren: le vittorie latitano e bisogna accontentarsi solo di qualche piazzamento: Hunt terzo in Francia nel 1978, il connazionale John Watson terzo in Argentina nel 1979 e quarto nel GP degli USA Ovest e in Canada nel 1980. Il ritorno al successo, nel GP di Gran Bretagna del 1981 – arriva proprio grazie a Watson e alla MP4/1, la prima F1 della storia con telaio in fibra di carbonio.L’era LaudaQuando il pilota austriaco Niki Lauda viene ingaggiato dal team inglese ha già 33 anni. Nonostante l’età avanzata riesce a riportare ai vertici la squadra: nel 1982 vince nel GP degli USA Ovest e in Gran Bretagna mentre il compagno Watson prevale in Belgio e a Detroit e l’anno seguente vince negli USA Ovest.Il secondo Mondiale Costruttori per la McLaren arriva nel 1984, a dieci anni di distanza dal primo: Lauda diventa Campione del Mondo Piloti con cinque vittorie (Sudafrica, Francia, Gran Bretagna, Austria e Italia) superando di solo mezzo punto il talentuoso compagno francese Alain Prost, in grado di salire per ben sette volte sul gradino più alto del podio (Brasile, San Marino, Monte Carlo, Germania, Olanda, Europa e Portogallo).L’era ProstNel 1985 viene nuovamente bissato il titolo iridato: Prost domina la stagione con cinque successi (Brasile, Monte Carlo, Gran Bretagna, Austria e Italia) mentre il coéquipier Lauda si deve accontentare di una sola vittoria in Olanda. L’anno seguente il driver transalpino diventa nuovamente Campione del Mondo salendo sul gradino più alto del podio a San Marino, a Monte Carlo, in Austria e in Australia mentre nel 1987 non bastano altri tre successi (Brasile, Belgio e Portogallo) per diventare iridato.Il duello Prost-SennaIl 1988 è l’anno più vincente nella storia della McLaren: le monoposto della scuderia britannica conquistano 15 GP su 16. Il neoacquisto brasiliano Ayrton Senna vince il titolo Piloti prevalendo in otto occasioni (San Marino, Canada, Detroit, Gran Bretagna, Germania, Ungheria, Belgio e Giappone) mentre Prost vince sette volte (Brasile, Monte Carlo, Messico, Francia, Portogallo, Spagna e Australia).Nel 1989 il Mondiale viene nuovamente bissato ma la situazione si inverte: Prost conquista l’iride grazie a quattro vittorie (USA, Francia, Gran Bretagna e Italia) e a numerosi piazzamenti mentre Senna – pur potendo vantare più successi (sei: San Marino, Monte Carlo, Messico, Germania, Belgio e Spagna) – si deve accontentare del secondo posto nella classifica assoluta.Il dominio SennaGli anni Novanta si aprono con il dominio della McLaren e di Ayrton Senna, che conquistano quattro Mondiali – due Piloti e due Costruttori – nel 1990 e nel 1991. Il brasiliano si aggiudica sei GP il primo anno (USA, Monte Carlo, Canada, Germania, Belgio e Italia) e altri sette il secondo (USA, Brasile, San Marino, Monte Carlo, Ungheria, Belgio e Australia) lasciando al compagno di squadra – l’austriaco Gerhard Berger – solo le briciole (un successo in Giappone).Nel 1992 i due driver si dividono più equamente i successi – tre Senna (Monte Carlo, Ungheria e Italia) e due Berger (Canada e Australia) – ma non arriva nessun titolo mentre l’anno seguente – con il passaggio dai motori Honda ai meno perfomanti Ford – Ayrton riesce comunque a salire sul gradino più alto del podio in altre cinque occasioni (Brasile, Europa, Monte Carlo, Giappone e Australia).Il periodo buioIl passaggio di Senna alla Williams nel 1994 chiude un ciclo per la McLaren, che si ritrova ad affrontare anni duri: nel 1994 i migliori risultati arrivano dai secondi posti del britannico Martin Brundle (a Monte Carlo) e del finlandese Mika Häkkinen (in Belgio). Lo scandinavo ottiene anche un secondo posto in Giappone nel 1995 (anno in cui debuttano i motori Mercedes) mentre nel 1996 è il britannico David Coulthard a mostrare le cose migliori con un secondo posto a Monte Carlo.L’era HäkkinenIl team britannico torna a brillare alla fine degli anni Novanta: nel 1997 tornano le vittorie (due con Coulthard in Australia e in Italia e una in Europa con Häkkinen) e l’anno seguente arrivano il Mondiale Piloti per il driver finlandese (otto successi: Australia, Brasile, Spagna, Monte Carlo, Austria, Germania, Lussemburgo, Giappone) e il titolo Costruttori grazie anche al successo di Coulthard a San Marino.Nel 1999 Häkkinen ottiene il secondo Mondiale Piloti salendo per cinque volte sul gradino più alto del podio (Brasile, Spagna, Canada, Ungheria e Giappone) mentre le due vittorie di Coulthard in Gran Bretagna e in Belgio non bastano alla McLaren per conquistare nuovamente il titolo Marche.Gli anni DuemilaIl Terzo Millennio si apre con tanti risultati interessanti che non portano, però, alcun Mondiale. Nel 2000 Häkkinen vince quattro GP (Spagna, Austria, Ungheria e Belgio) e il compagno Coulthard tre (Gran Bretagna, Monte Carlo e Francia) e nel 2001 la situazione peggiora leggermente con due successi a testa per il finlandese (Gran Bretagna e USA) e il britannico (Brasile e Austria).Nel 2002 l’unico gradino più alto del podio per la McLaren viene conquistato da Coulthard a Monte Carlo mentre l’anno seguente lo scozzese vince in Australia mentre il finlandese Kimi Räikkönen prevale in Malesia e conquista il GP del Belgio nel 2004.La scuderia britannica si rivela una seria candidata per il titolo nel 2005 quando Räikkönen vince ben sette GP (Spagna, Monte Carlo, Canada, Ungheria, Turchia, Belgio e Giappone) e il colombiano Juan Pablo Montoya se ne aggiudica altri tre (Gran Bretagna, Italia e Brasile) ma non arriva nessun Mondiale. Decisamente peggiore l’annata 2006, priva di successi e impreziosita da quattro secondi posti: due del finnico (Australia e Italia), uno del sudamericano (Monte Carlo) e uno dello spagnolo Pedro de la Rosa (Ungheria).L’era HamiltonLa rivoluzione McLaren inizia nel 2007 quando vengono ingaggiati lo spagnolo Fernando Alonso e il talentuoso debuttante britannico Lewis Hamilton. I piloti perdono il Mondiale nell’ultima gara nonostante prestazioni eccezionali – quattro successi per l’iberico (Malesia, Monte Carlo, Europa e Italia) e quattro per l’inglese (Canada, USA, Ungheria e Giappone) – mentre al team vengono tolti tutti i punti per il titolo Costruttori per via di una spy-story ai danni della Ferrari.Il primo Mondiale per Lewis Hamilton – nonché l’ultimo in assoluto per la scuderia “british” – arriva all’ultima curva dell’ultima gara della stagione 2008, un’annata caratterizzata da cinque successi del driver inglese (Australia, Monte Carlo, Gran Bretagna, Germania e Cina) e dal singolo trionfo del compagno di squadra finlandese Heikki Kovalainen in Ungheria. Nel 2009 arrivano solo due successi per Hamilton: in Ungheria e a Singapore.Tra il 2010 e il 2012 la McLaren decide di affidarsi ad un dream team composto da due campioni del mondo affiancando ad Hamilton il connazionale Jenson Button: nella prima stagione arrivano cinque successi (tre per Lewis – Turchia, Canada e Belgio – e due per Jenson in Australia e in Cina), nella seconda sei (tre per Hamilton in Cina, Germania e ad Abu Dhabi e tre per Button in Canada, Ungheria e Giappone) e sette nella terza (Canada, Ungheria, Italia e USA per Hamilton; Australia, Belgio e Brasile per Button).Il presenteNel 2013 – per la prima volta dopo 33 anni – la scuderia britannica non conquista neanche un podio: il migliore piazzamento per il team è un quarto posto conquistato da Button in Brasile. Nel 2014 insieme al pilota britannico correrà il debuttante danese Kevin Magnussen mentre nel 2015 i motori Honda rimpiazzeranno i propulsori Mercedes.
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Lotus, una lunga tradizione di F1
La Lotus non vince un Mondiale F1 da 35 anni eppure può essere considerata una delle scuderie che hanno fatto la storia di questo sport: non solo per i successi (13 titoli iridati – sei Piloti e sette Costruttori – tra gli anni Sessanta e Settanta) ma anche per la quantità impressionante di campioni che hanno corso per questa squadra.Scopriamo insieme la storia del team britannico, da sempre fucina di talenti (sette Campioni del mondo hanno esordito con questa squadra) e caratterizzato da tanti alti e bassi.Lotus: la storia in F1La Lotus debutta in F1 nel GP di Monte Carlo del 1958 con due driver britannici: Cliff Allison (6° al traguardo) e Graham Hill (fuori per un guasto al motore). Il miglior risultato stagionale arriva in Belgio quando Allison sfiora il podio terminando al quarto posto. L’anno seguente tocca invece ad un altro suddito di Sua Maestà, Innes Ireland (quarto in Olanda), mancare di poco le prime tre posizioni.Le prime vittorieGli anni Sessanta si aprono alla grande: nel 1960 la scuderia “british” termina al secondo posto il Mondiale Costruttori grazie al britannico Stirling Moss, che ottiene la prima vittoria nella storia del team a Monte Carlo e si ripete negli USA. Nel 1961 Moss porta a casa altri due successi (Monte Carlo e Germania) mentre Ireland prevale negli USA e l’anno successivo i tre trionfi (Belgio, Gran Bretagna e USA) del britannico Jim Clark non bastano per conquistare il titolo iridato.L’era Jim ClarkIl 1963 è un anno d’oro per la squadra di Colin Chapman – il fondatore – che si aggiudica il Mondiale Costruttori grazie a Clark, che diventa campione del mondo Piloti con ben sette successi (Belgio, Olanda, Francia, Gran Bretagna, Italia, Messico e Sudafrica). L’anno seguente la situazione peggiora con “solo” tre successi da parte del driver “british” (Olanda, Belgio e Gran Bretagna).La Lotus torna a dominare nel 1965 bissando nuovamente il titolo iridato: ancora una volta il merito va esclusivamente a Clark che taglia il traguardo davanti a tutti in sei occasioni (Sudafrica, Belgio, Francia, Gran Bretagna, Olanda e Germania). Il cambio di regolamento nel 1966 (motori passati da 1.500 a 3.000 cc) coglie impreparata la scuderia britannica, che ottiene un solo successo negli USA. Il team si riscatta nel 1967 con quattro successi – sempre di Clark (Olanda, Gran Bretagna, USA e Messico) – ma i risultati non sono sufficienti per l’iride.Nel 1968 Clark si aggiudica la prima gara stagionale – in Sudafrica – ma perde la vita tre mesi più tardi in una gara di F2.Hill e RindtLa Lotus ha una monoposto vincente e nonostante la scomparsa del suo pilota più rappresentativo porta a casa entrambi i Mondiali di quell’anno grazie ai tre successi del britannico Graham Hill (Spagna, Monte Carlo e Messico), che gli permettono di ottenere l’iride tra i driver, e all’exploit dello svizzero Jo Siffert – primo non britannico a potare sul gradino più alto del podio una Lotus – in Gran Bretagna. La monoposto 49B, verniciata con i colori rosso-oro delle sigarette Gold Leaf e non più con la classica tinta verde inglese, entra nella storia del motorsport per essere la prima vettura del Circus sponsorizzata.Il 1969 è un anno di transizione nel quale Hill vince a Monte Carlo e l’austriaco Jochen Rindt prevale negli USA. Quest’ultimo domina la stagione 1970 con cinque successi (Monte Carlo, Olanda, Francia, Gran Bretagna e Germania), perde la vita nel GP d’Italia ma riesce comunque a conquistare il Mondiale (l’unico della storia ad essere assegnato postumo). Il titolo Costruttori se lo aggiudica la Lotus, grazie anche al successo del brasiliano Emerson Fittipaldi negli USA.Il Mondiale di FittipaldiNel 1971 Chapman si concentra troppo nello sviluppo di una monoposto a trazione integrale e questo incide sui risultati: per la prima volta dal 1960 non arriva nessuna vittoria (miglior piazzamento il secondo posto di Fittipaldi in Austria) per la Lotus.La situazione migliora decisamente nel 1972 quando Fittipaldi ottiene l’iride (merito di cinque vittorie: Spagna, Belgio, Gran Bretagna, Austria e Italia) e permette al suo team di portare a casa il Mondiale Costruttori. Il titolo riservato alle squadre viene bissato l’anno seguente grazie ai tre successi di Fittipaldi (Argentina, Brasile e Spagna) e ai quattro trionfi dello svedese Ronnie Peterson (Francia, Austria, Italia e USA).Il declino e la risalitaLe uniche soddisfazioni per la Lotus nel 1974 arrivano da Peterson (vincente a Monte Carlo, in Francia e in Italia) mentre nel 1975 l’unico podio – colpa di una monoposto obsoleta – è opera del belga Jacky Ickx (secondo in Spagna).La risalita inizia nel 1976 con il successo dello statunitense Mario Andretti nell’ultima prova stagionale, quel GP del Giappone raccontato nel film “Rush”, e nel 1977 il team inglese sfiora il titolo Costruttori con Andretti (primo negli USA Ovest, in Spagna, in Francia e in Italia) e con lo svedese Gunnar Nilsson (davanti a tutti in Belgio).L’ultimo MondialeL’ultimo Mondiale per la Lotus risale al 1978: un’annata gioiosa e al tempo stesso tragica per la scuderia di Colin Chapman. Andretti diventa iridato con sei vittorie (Argentina, Belgio, Spagna, Francia, Germania e Olanda) mentre il compagno Peterson (due successi in Sudafrica e in Austria), tornato in Lotus dopo aver abbandonato il team nel momento di crisi, perde la vita in un incidente nel GP d’Italia. Un mese più tardi scompare anche Nilsson per via di un tumore.Aria di crisiDopo il doppio titolo iridato inizia un periodo di crisi per il team “british” che non sale neanche una volta sul gradino più alto del podio nei successivi tre anni: i migliori risultati arrivano dall’argentino Carlos Reutemann (2° in Argentina e Spagna 1979), dal nostro Elio de Angelis (2° in Brasile nel 1980) e dal britannico Nigel Mansell (3° in Belgio nel 1981).Addio ChapmanLa Lotus torna alla vittoria nel 1982 – in Austria – grazie a de Angelis. Nello stesso anno muore Colin Chapman per un attacco cardiaco. I due anni successivi sono poveri di risultati (Mansell terzo nel GP d’Europa 1983, in Francia e in Olanda nel 1984 e de Angelis terzo in Brasile, a San Marino e a Dallas nel 1984)Gli ultimi momenti di felicitàL’ingaggio del pilota brasiliano Ayrton Senna nel 1985 permette al team britannico di tornare alla vittoria. Il sudamericano prevale in Portogallo (primo successo in carriera) e in Belgio mentre il compagno de Angelis sale sul gradino più alto del podio a San Marino.Dall’anno successivo gli unici successi per la Lotus arrivano da Ayrton: due nel 1986 (Spagna e Detroit) e due nel 1987 (Monte Carlo e Detroit).Tempi buiSenna abbandona la Lotus nel 1988, anno in cui il brasiliano Nelson Piquet riesce a portare a casa tre terzi posti (Brasile, San Marino e Australia). Da quel momento in poi il nulla: nel 1989 il team britannico sfiora più volte il podio (tre quarti posti con Piquet in Canada, Gran Bretagna e Giappone e uno del nipponico Satoru Nakajima in Australia) mentre nel 1990 il miglior piazzamento è il quinto posto del britannico Derek Warwick in Ungheria.Nel 1991 la Lotus si affida soprattutto al finlandese Mika Häkkinen (quinto a San Marino), che l’anno seguente arriva due volte quarto in Francia e in Ungheria. Il britannico Johnny Herbert (quarto in Brasile, nel GP d’Europa e in Gran Bretagna nel 1993 e settimo in Brasile nel GP del Pacifico e in Francia nel 1994, primo anno senza punti per la scuderia inglese) ottiene i migliori piazzamenti del team prima dell’addio al Circus.Il ritornoLa Lotus torna in F1 nel 2010 ma la scuderia ha ben pochi elementi in comune con quella che ha abbandonato il Circus nel 1994. Innanzitutto non è più britannica ma malese visto che nasce da un consorzio formato da alcuni imprenditori del Paese asiatico e dal governo di Kuala Lumpur che ottiene dalla Casa automobilistica Proton (proveniente dalla Malesia e proprietaria del brand “british”) il diritto di poter usare lo storico nome per correre nel Circus.La scuderia gareggia per due stagioni senza mai conquistare un punto: il primo anno il finlandese Heikki Kovalainen porta a casa un 12° posto in Giappone mentre l’anno seguente arrivano tre tredicesimi posti: due con il nostro Jarno Trulli (Australia e Monte Carlo) e uno ancora con Kovalainen (Italia).Il salto di qualitàNel 2012, dopo una lunga battaglia legale, il nome Lotus viene usato per le monoposto ex-Renault (scuderia già spnsorizzata dalla Casa britannica l’anno prima). La squadra, tornata ufficialmente inglese, vince un GP (quello di Abu Dhabi con il finlandese Kimi Räikkönen) dopo un digiuno di ben venticinque anni e nel 2013 porta a casa un altro successo, sempre con Räikkönen in Australia.
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Mondiale F1 2013 – GP Brasile: gli orari TV
Sebastian Vettel vuole chiudere in bellezza il Mondiale F1 2013 con una vittoria nel GP del Brasile, ultima tappa dell’anno. Il pilota tedesco della Red Bull salendo sul gradino più alto del podio eguaglierebbe infatti il record di successi stagionali (13) attualmente nelle mani di Michael Schumacher.Ci sono anche altri motivi per seguire la gara sudamericana: sul circuito di Interlagos si assisterà infatti all’addio al Circus di Mark Webber e dei motori V8 (che dal prossimo anno saranno rimpiazzati da unità V6 sovralimentate) e all’ultima corsa in Ferrari di Felipe Massa.GP Brasile: cosa aspettarsiIl GP del Brasile si disputa sul circuito di Interlagos: un tracciato – situato nella città di San Paolo – che si percorre in senso antiorario (come a Singapore e in Corea del Sud) caratterizzato dal lungo rettilineo del traguardo ma anche da una serie di curve tortuose. Durante le prove libere i team potranno testare gli pneumatici Pirelli del 2014.La corsa potrebbe regalare parecchie sorprese visto che per l’intero weekend le previsioni del tempo parlano di pioggia. Di seguito troverete il calendario del Gran Premio con gli orari TV su Sky e sulla Rai mentre più avanti sarà la volta del nostro pronostico sulla gara del Brasile.F1 2013, Interlagos, il calendario e gli orari in TVVenerdì 22 novembre 2013
13:00-14:30 Prove libere 1 (diretta Sky Sport F1 e Rai Sport 1)17:00-18:30 Prove libere 2 (diretta Sky Sport F1 e Rai Sport 1)Sabato 23 novembre 2013
14:00-15:00 Prove libere 3 (diretta Sky Sport F1 e Rai Sport 1)17:00-18:00 Qualifiche (diretta Sky Sport F1 e Rai Due)Domenica 24 novembre 201317:00 Gara (diretta Sky Sport F1 e Rai Uno)I numeri del GP del Brasile 2013
LUNGHEZZA CIRCUITO: 4,309 km
GIRI: 71
RECORD IN PROVA: Rubens Barrichello (Ferrari F2004) – 1’09”822 – 2004
RECORD IN GARA: Juan Pablo Montoya (Williams FW26) – 1’11”473 – 2004RECORD DISTANZA: Juan Pablo Montoya (Williams FW26) – 1h28’01”451 – 2004GP Brasile 2013: il nostro pronostico1° Sebastian Vettel (Red Bull)Sebastian Vettel ha vinto qui solo una volta – nel 2010 – ma farà il possibile per bissare il successo ed eguagliare il primato di Schumy.Nulla sembra arrestare il driver teutonico della Red Bull, già quattro volte Campione del Mondo: anche se il tracciato sudamericano non è tra i suoi preferiti ha una monoposto fenomenale che può permettergli di fare qualsiasi cosa.2° Mark Webber (Red Bull)Nelle ultime quattro edizioni della gara sudamericana Mark Webber ha ottenuto due successi (2009 e 2011) e un secondo posto.Ha tutto quello che serve (tanta motivazione e una vettura eccezionale) per chiudere in bellezza la sua carriera nel Circus soffiando il terzo posto nel Mondiale a Hamilton: secondo noi ce la farà.3° Fernando Alonso (Ferrari)Nessuna vittoria, tanta continuità (sette podi): è questo il palmarès brasiliano – buono ma non eccezionale – di Fernando Alonso.Il pilota iberico non ha più niente di chiedere a questa stagione nella quale ha conquistato – meritatamente – il titolo iridato tra gli “umani” (tutti i driver che non fanno Vettel di cognome) ma non rinuncerà ad una buona prestazione su un tracciato che lo ha sempre visto fare bene.Da tenere d’occhio: Romain Grosjean (Lotus)Romain Grosjean è diventato un pilota maturo e lo ha dimostrato portando a casa quattro podi negli ultimi cinque GP.Non ama particolarmente Interlagos – il suo miglior risultato (13° nel 2009) coincide con l’unica volta in cui ha tagliato il traguardo – ma proprio per questo darà il massimo per far capire al mondo di essere un vero campione.La squadra da seguire: Red BullDa quando Vettel corre per la Red Bull la scuderia austriaca ha sempre ottenuto ottimi risultati in Brasile (fatta eccezione per la scorsa stagione, nella quale entrambe le monoposto hanno mancato il podio).Il team più forte del decennio – che domenica saluterà Webber – potrà secondo noi centrare una doppietta: sarebbe la quarta stagionale (come già nel 2009 e nel 2010).Felipe Massa racconta Interlagos
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Mondiale F1 2013 – Il punto dopo il GP del Brasile, Vettel chiude in bellezza
Il Mondiale F1 2013 si chiude con un altro record (questa volta eguagliato) di Sebastian Vettel: il quattro volte iridato, vincendo il GP del Brasile, ha infatti ottenuto – come un certo Michael Schumacher nel 2004 – la bellezza di 13 successi stagionali.La gara – che ha visto l’addio di Mark Webber e dei motori V8 – non ha deluso gli appassionati (merito dei molti sorpassi). La Ferrari non è riuscita a sconfiggere la Mercedes e quindi ha dovuto accontentarsi (per la terza volta in quattro anni) della terza piazza nel Mondiale Costruttori. Sarà per l’anno prossimo.La gara in cinque punti1) Sebastian Vettel riesce a vincere anche quando è “umano”: ha tagliato il traguardo davanti a tutti nonostante una partenza tutt’altro che eccezionale e un errore dei suoi meccanici ai box che gli ha fatto perdere parecchio tempo. Impossibile non considerarlo uno dei migliori di sempre.2) Ci mancherà Mark Webber. Il fido scudiero di Vettel ha chiuso la stagione come terzo miglior pilota dell’anno e ha terminato la propria carriera togliendosi il casco e guidando senza nel giro di rientro subito dopo aver terminato la gara. Un gesto d’altri tempi che non si vedeva da almeno una ventina d’anni.3) Ottimo venerdì e sabato, meno in gara. Nico Rosberg è riuscito a beffare al via Vettel ma poi si è perso e non è riuscito a fare meglio del quinto posto.4) Una prova eccellente per Fernando Alonso: il pilota spagnolo non è solo il migliore (Vettel escluso) ma è stato l’unico quest’anno in grado di terminare il campionato davanti ad un driver della Red Bull.5) La Red Bull ha chiuso il 2013 con un errore ai box che solitamente capita ai team meno blasonati ma nonostante questo ha chiuso nuovamente con una doppietta (la quarta stagionale). Il prossimo anno l’aerodinamica (punto di forza della monoposto austriaca) conterà molto meno: il dominio continuerà?I risultati del GP del Brasile 2013Prove libere 1
1 Nico Rosberg (Mercedes) 1:24.781
2 Lewis Hamilton (Mercedes) 1:25.230
3 Sebastian Vettel (Red Bull) 1:25.387
4 Jenson Button (McLaren) 1:25.3915 Fernando Alonso (Ferrari) 1:25.593Prove libere 2
1 Nico Rosberg (Mercedes) 1:27.306
2 Sebastian Vettel (Red Bull) 1:27.531
3 Mark Webber (Red Bull) 1:27.592
4 Heikki Kovalainen (Lotus) 1:28.1295 Lewis Hamilton (Mercedes) 1:28.147Prove libere 3
1 Mark Webber (Red Bull) 1:27.891
2 Romain Grosjean (Lotus) 1:28.195
3 Heikki Kovalainen (Lotus) 1:28.595
4 Valtteri Bottas (Williams) 1:28.6005 Nico Hulkenberg (Sauber) 1:28.830Qualifiche
1 Sebastian Vettel (Red Bull) 1:26.479
2 Nico Rosberg (Mercedes) 1:27.102
3 Fernando Alonso (Ferrari) 1:27.539
4 Mark Webber (Red Bull) 1:27.5725 Lewis Hamilton (Mercedes) 1:27.677Gara
1 Sebastian Vettel (Red Bull) 1:32:36.300
2 Mark Webber (Red Bull) + 10,4 sec
3 Fernando Alonso (Ferrari) + 18,9 sec
4 Jenson Button (McLaren) + 37,3 sec5 Nico Rosberg (Mercedes) + 39,0 secLe classifiche del Mondiale F1 2013Classifica Mondiale Piloti
1 SEBASTIAN VETTEL (RED BULL) 397 PUNTI (CAMPIONE DEL MONDO)
2 FERNANDO ALONSO (FERRARI) 242 PUNTI
3 MARK WEBBER (RED BULL) 199 PUNTI
4 LEWIS HAMILTON (MERCEDES) 189 PUNTI5 KIMI RAIKKONEN (LOTUS) 183 PUNTIClassifica Mondiale Costruttori
1 RED BULL-RENAULT 596 PUNTI (CAMPIONE DEL MONDO)
2 MERCEDES 360 PUNTI
3 FERRARI 354 PUNTI
4 LOTUS-RENAULT 315 PUNTI5 MCLAREN-MERCEDES 122 PUNTI
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La storia della Ferrari in F1
La Ferrari non è solo la squadra più blasonata della storia della F1 ma anche la più vincente. La scuderia di Maranello ha infatti conquistato 16 Mondiali Costruttori e non vanno dimenticati gli altri 15 titoli iridati riservati ai piloti. Scopriamo insieme la storia della Rossa nel Circus.Ferrari: la storiaLa Ferrari debutta in F1 nella prima stagione del Circus – disputata nel 1950 – ma entra in scena solo al secondo GP, quello di Monte Carlo, portando a casa un secondo posto con Alberto Ascari. Nello stesso anno, in Italia, arriva un’altra “medaglia d’argento” con Dorino Serafini.Nel 1951 arriva – grazie all’argentino José Froilán González – la prima vittoria di sempre (in Gran Bretagna) ma i migliori risultati arrivano – ancora una volta – da Ascari, che sale per due volte sul gradino più alto del podio in Germania e in Italia.I primi MondialiIl primo Mondiale per la Ferrari arriva grazie alle cinque vittorie consecutive di Ascari (Belgio, Francia, Gran Bretagna, Olanda e Italia). Degno di nota anche il successo di Piero Taruffi nella prima prova stagionale in Svizzera.Ascari si ripete nel 1953 salendo per altre cinque volte sul gradino più alto del podio (Argentina, Olanda, Belgio, Gran Bretagna e Svizzera) mentre i compagni di squadra Mike Hawthorn (primo in Francia) e Giuseppe Farina (davanti a tutti in Germania) si devono accontentare di una vittoria a testa.Nel 1954 e nel 1955 la Ferrari deve fare i conti con le fortissime Mercedes: non porta a casa nessun titolo ma riesce ad ottenere due vittorie il primo anno (González in Gran Bretagna e Hawthorn in Spagna) e un successo a Monte Carlo l’anno successivo con Maurice Trintignant.I titoli di Fangio e HawthornIn seguito alla morte di Ascari nel 1955 la Lancia si ritira dalle corse e cede al Cavallino tutto il materiale, compresa la monoposto D50. Al volante di questa vettura l’argentino Juan Manuel Fangio conquista il Mondiale 1956 grazie a tre successi in Argentina (in coppia con Luigi Musso), in Gran Bretagna e in Germania mentre il britannico Peter Collins ottiene il primo posto in Belgio e in Francia.Il 1957 è un anno senza vittorie per la Ferrari – tre secondi posti (due con Musso in Francia e Gran Bretagna e uno con Hawthorn in Germania) – contraddistinto dalla morte di Eugenio Castellotti a Modena durante un test con la Rossa. Nel 1958 arriva un altro titolo piloti proprio con Hawthorn, a cui basta una sola vittoria (lo stesso numero di successi fatto registrare dal coéquipier Collins, primo in Gran Bretagna e scomparso nella gara seguente sul circuito del Nürburgring) in Francia – in concomitanza con il decesso di un altro ferrarista, Musso, per surclassare i rivali.Nel 1959 la Rossa vince due GP con il britannico Tony Brooks in Francia e in Germania ma si può fare ben poco contro le fortissime Cooper. Idem nel 1960, anno in cui arriva un solo successo – in Italia – grazie allo statunitense Phil Hill.Il primo Mondiale CostruttoriIl primo Mondiale Costruttori (campionato nato nel 1958) per la Ferrari arriva nel 1961: merito di Hill, che diventa anche iridato tra i Piloti con due successi in Belgio e in Italia. In questo GP perde la vita il suo compagno di scuderia, il tedesco Wolfgang von Trips, anche lui salito due volte sul gradino più alto del podio in quella stagione (Olanda e Gran Bretagna).Alla fine della stagione Giotto Bizzarrini, Carlo Chiti e Romolo Tavoni abbandonano la scuderia di Maranello in seguito ad una lite con Enzo Ferrari: il team soffre nel 1962 (nessuna vittoria e secondo posto di Hill a Monte Carlo) ma si riprende già l’anno dopo con il successo del britannico John Surtees in Germania.L’iride di Surtees e il declinoNel 1964 la Ferrari conquista nuovamente il Mondiale Costruttori e quello Piloti con Surtees (vincitore in Germania e in Italia). Da non sottovalutare, inoltre, il successo di Lorenzo Bandini in Austria.Da quell’anno comincia un lungo digiuno per la Rossa: un decennio ricco di vittorie ma purtroppo povero di titoli iridati. Nel 1965 i migliori piazzamenti arrivano dai due secondi posti di Surtees (Sudafrica) e Bandini (Monte Carlo) mentre nel 1966 la scuderia di Maranello torna sul gradino più alto del podio con Surtees (Belgio) e Scarfiotti (Italia).La Ferrari non ottiene vittorie nel 1967 – quattro terzi posti a Monte Carlo (GP in cui perde la vita Bandini), in Belgio, in Gran Bretagna e in Germania con il neozelandese Chris Amon – e nel 1968 arriva un successo con il belga Jacky Ickx in Francia. Il 1969 è un’altra annata deludente, salvata solo in parte dal terzo posto di Amon in Olanda.Gli anni SettantaAll’inizio degli anni Settanta la Rossa torna ad essere competitiva e ottiene tre vittorie nel 1970 con Ickx (Austria, Canada e Messico) e una, in Italia, con lo svizzero Clay Regazzoni. L’anno seguente lo statunitense Mario Andretti (in Sudafrica) e Ickx (In Olanda) portano a casa un successo a testa e il belga si ripete nel 1972 in Germania.Il 1973 è un’annata povera di soddisfazioni per la Ferrari – due quarti posti (Brasile e Sudafrica) con Arturo Merzario e uno, in Argentina, con Ickx – che per la prima volta nella storia non sale sul podio almeno una volta in una stagione ma il riscatto arriva nel 1974 con le due vittorie dell’austriaco Niki Lauda.L’era LaudaNel 1975 – dopo un digiuno di ben undici anni – la Ferrari torna a vincere il Mondiale Costruttori e quello piloti con Lauda. Il driver austriaco con cinque successi (Monte Carlo, Belgio, Svezia, Francia e USA) surclassa il compagno Regazzoni (primo in Italia). L’anno seguente – stagione raccontata nel film Rush e contraddistinta dallo spaventoso incidente di Lauda al Nürburgring – il Cavallino conquista nuovamente il titolo Marche (merito dei cinque successi di Niki in Brasile, Sudafrica, Belgio, Monte Carlo e Gran Bretagna e del gradino più alto del podio ottenuto da Regazzoni nel GP degli USA Ovest).Nel 1977 il Cavallino ottiene la doppietta mondiale: Lauda bissa il titolo con tre vittorie (Sudafrica, Germania, Olanda) e l’argentino Carlos Reutemann prevale in Brasile. L’anno seguente il driver sudamericano ottiene quattro successi (Brasile, USA Ovest, Gran Bretagna, USA) e il coéquipier canadese Gilles Villeneuve sale sul gradino più alto del podio nel GP di casa.Arriva ScheckterIl sudafricano Jody Scheckter debutta alla grande in Ferrari: vince tre corse (Belgio, Monte Carlo e Italia) e il Mondiale Piloti e permette alla scuderia di Maranello di portare a casa il titolo Costruttori grazie anche ai tre successi (Sudafrica, USA Ovest e USA) del collega Villeneuve.Il 1980 è l’anno peggiore nella storia della Rossa: la monoposto basata su quella iridata dell’anno prima non è competitiva e non riesce a fare meglio del quinto posto (ottenuto per due volte con Villeneuve a Monte Carlo e in Canada e una con Scheckter nel GP degli USA Ovest).Le vittorie e i drammiLa Ferrari si riprende nel 1981 con i due successi di Villeneuve a Monte Carlo e in Spagna ma nel 1982 il team è sconvolto dalla morte di Gilles in Belgio. Il compagno di squadra – il francese Didier Pironi – conquista il GP di San Marino e quello d’Olanda ma termina la propria carriera dopo un pauroso incidente in Germania. Il Mondiale Piloti sfugge, quello Costruttori no: merito anche della vittoria – proprio in terra teutonica – del transalpino Patrick Tambay.L’anno seguente arriva ancora il titolo Costruttori con il francese René Arnoux (tre vittorie: Canada, Germania e Olanda) e Tambay (primo a San Marino).Il ritorno di un pilota italianoA undici anni di distanza da Merzario un altro pilota italiano viene chiamato in Ferrari: Michele Alboreto esordisce bene vincendo in Belgio e sfiora il titolo l’anno seguente con altri due successi in Canada e in Germania.Nel 1986 non arrivano vittorie per la Rossa (Alboreto 2° in Austria) mentre nel 1987 e nel 1988 (anno della morte di Enzo Ferrari) gli unici successi arrivano dall’austriaco Gerhard Berger: il primo anno prevale in Giappone e in Australia e nel secondo domina in Italia.L’era della tecnologiaIl 1989 è un anno importante per la Ferrari, che lancia per la prima volta un cambio semiautomatico a sette marce comandato dal pilota attraverso due palette. La monoposto ottiene tre vittorie: due con il britannico Nigel Mansell (Brasile e Ungheria) e una con Berger in Portogallo.L’arrivo di Alain Prost migliora i risultati ma non abbastanza per conquistare il titolo: il driver transalpino sale per cinque volte sul gradino più alto del podio (Brasile, Messico, Francia, Gran Bretagna e Spagna), un solo successo (in Portogallo) per Mansell.Il triennio buio e il ritorno al successoNel 1991 la Ferrari non conquista neanche una vittoria (tre secondi posti per Prost negli USA, in Francia e in Spagna) e non riesce a salire sul gradino più alto del podio nemmeno nel 1992 (due terzi posti del francese Jean Alesi in Spagna e Canada) e nel 1993 (2° posto di Alesi in Italia). La Rossa torna a vincere nel 1994 con Berger in Germania e si ripete l’anno seguente in Canada con Alesi.L’era SchumacherMichael Schumacher sbarca a Maranello nel 1996 e nonostante una vettura poco veloce riesce a conquistare tre vittorie (Spagna, Belgio e Italia). La situazione migliora di anno in anno: nel 1997 arrivano cinque successi (Monte Carlo, Canada, Francia, Belgio e Giappone) e nel 1998 ce ne sono sei (Argentina, Canada, Francia, Gran Bretagna, Ungheria e Italia).La Ferrari torna a vincere il Mondiale Costruttori nel 1999, anno in cui Schumacher – dopo due vittorie a San Marino e a Monte Carlo – si frattura la gamba destra. Il compagno britannico Eddie Irvine rischia addirittura di ottenere il titolo Piloti e si prende numerose soddisfazioni conquistando quattro successi (Australia, Austria, Germania e Malesia).Nel 2000 – dopo ben 21 anni di digiuno – la Rossa torna a vincere anche il Mondiale Piloti con Schumy (9 vittorie: Australia, Brasile, San Marino, Europa, Canada, Italia, USA, Giappone e Malesia) e bissa il campionato Costruttori grazie anche al successo dello scudiero brasiliano Rubens Barrichello in Germania. L’anno seguente il titolo è nuovamente doppio ma stavolta tutto il merito va a Michael e alle sue undici vittorie (Australia, Brasile, San Marino, Spagna, Austria, Canada, Gran Bretagna, Francia, Germania, Belgio, Giappone).La striscia di vittorie iridate della Ferrari continua senza sosta: nel 2003 arrivano sei successi di Schumacher (San Marino, Spagna, Austria, Canada, Italia e USA) e due di Barrichello (Gran Bretagna e Giappone), nel 2004 il driver brasiliano sale nuovamente due volte sul gradino più alto del podio (Italia e Cina) mentre Michael addirittura tredici (Australia, Malesia, Bahrein, San Marino, Spagna, Europa, Canada, USA, Francia, Gran Bretagna, Germania, Ungheria, Giappone).Nel 2005 il dominio Ferrari termina: Schumacher vince solo un GP negli USA (in una gara con sole sei vetture al via). L’anno successivo la situazione migliora: sette vittorie di Michael (San Marino, Europa, USA, Francia, Germania, Italia e Cina) e due del nuovo compagno di squadra brasiliano Felipe Massa (Turchia e Brasile).Gli ultimi MondialiL’ultimo Mondiale Piloti della Ferrari risale al 2007 quando Kimi Räikkönen conquista il titolo al primo colpo con sei successi (Australia, Francia, Gran Bretagna, Belgio, Cina, Brasile). La scuderia di Maranello porta a casa anche il campionato Costruttori: merito delle tre vittorie (Bahrein, Spagna e Turchia) di Massa.Nel 2008 arriva un altro Mondiale Marche (due GP conquistati da Räikkönen) e Massa – sei vittorie (Bahrein, Turchia, Francia, Europa, Belgio e Brasile) – perde per un pelo il titolo.Gli ultimi anniLa stagione 2009 della Ferrari è molto sfortunata: durante le qualifiche del GP d’Ungheria Massa viene colpito alla testa da una molla persa dalla Brawn GP di Barrichello ed è costretto a saltare il resto della stagione, caratterizzata dall’unica vittoria di Räikkönen in Belgio.L’arrivo di Fernando Alonso migliora la situazione ma non porta alcun titolo: il driver spagnolo conquista cinque successi nel 2010 (Bahrein, Germania, Italia, Singapore, Corea del Sud), uno nel 2011 (Gran Bretagna), tre nel 2012 (Malesia, Europa e Germania) e due – per il momento – nel 2013 (Cina e Spagna).
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Mondiale F1 2013 – Il punto dopo il GP degli USA, Vettel eroico
Ancora un record per Sebastian Vettel: conquistando il GP degli USA il vincitore del Mondiale F1 2013 ha portato a otto il numero di successi consecutivi cancellando il precedente record di sette gradini più alti del podio di seguito ottenuti da Alberto Ascari e Michael Schumacher.In una gara estremamente noiosa dominata dal quattro volte iridato la Ferrari si è dovuta accontentare del quinto posto di Fernando Alonso (un piazzamento miracoloso se si considera lo stato di forma della Rossa) e del tredicesimo di Felipe Massa. Il secondo posto nel Mondiale Costruttori, attualmente nelle mani della Mercedes, è ora lontano 15 punti: un distacco difficile da colmare nell’unico GP che resta, quello del Brasile (in programma domenica prossima).La gara in cinque punti1) Sebastian Vettel ha sempre più fame di record: ha vinto per l’ottava volta di seguito, è salito per la prima volta sul gradino più alto del podio negli USA e in Brasile cercherà di eguagliare un altro primato importante – quello dei successi in un anno (13) – attualmente nelle mani di Schumy.2) Grazie al terzo podio negli ultimi quattro GP Mark Webber sta seriamente pensando di puntare al terzo posto nel Mondiale (traguardo già raggiunto nel 2010 e nel 2011). Sarebbe per lui un modo eccellente di chiudere la propria carriera nel Circus.3) Anche Romain Grosjean – come Webber – sta mostrando in questo periodo una continuità impressionante: per il driver francese si tratta infatti del quarto podio nelle ultime cinque gare. Ha ottenuto un fantastico secondo posto – il secondo in carriera dopo quello di Canada 2012 (a quanto pare si trova particolarmente bene in Nord America) – con una partenza fenomenale, che gli ha permesso di sbarazzarsi rapidamente di Webber.4) Sarà veramente dura per Lewis Hamilton – ieri quarto al traguardo, piazzamento che ha permesso alla sua Mercedes di allungare sulla Ferrari nella classifica Costruttori – difendere il terzo posto nel Mondiale Piloti dagli attacchi di Webber. Ad Austin – come in tutti gli ultimi GP – la Red Bull si è dimostrata nettamente superiore.5) Non troviamo più parole per descrivere la forza della Red Bull: dallo scorso 12 maggio almeno un pilota del team austriaco sale sul podio. Le altre scuderie, coscienti della superiorità della squadra quattro volte iridata, non possono fare altro che accontentarsi di qualche piazzamento importante.I risultati del GP degli USA 2013Prove libere 1
1 Fernando Alonso (Ferrari) 1:38.343
2 Jenson Button (McLaren) 1:38.371
3 Valtteri Bottas (Williams) 1:38.388
4 Esteban Gutierrez (Sauber) 1:38.5325 Nico Rosberg (Mercedes) 1:38.657Prove libere 2
1 Sebastian Vettel (Red Bull) 1:37.305
2 Mark Webber (Red Bull) 1:37.420
3 Nico Rosberg (Mercedes) 1:37.785
4 Lewis Hamilton (Mercedes) 1:37.9585 Heikki Kovalainen (Lotus) 1:38.073Prove libere 3
1 Sebastian Vettel (Red Bull) 1:36.733
2 Mark Webber (Red Bull) 1:36.936
3 Lewis Hamilton (Mercedes) 1:37.064
4 Nico Hulkenberg (Sauber) 1:37.2725 Romain Grosjean (Lotus) 1:37.345Qualifiche
1 Sebastian Vettel (Red Bull) 1:36.338
2 Mark Webber (Red Bull) 1:36.441
3 Romain Grosjean (Lotus) 1:37.155
4 Nico Hulkenberg (Sauber) 1:37.2965 Lewis Hamilton (Mercedes) 1:37.345Gara
1 Sebastian Vettel (Red Bull) 1:39:17.148
2 Romain Grosjean (Lotus) + 6,2 sec
3 Mark Webber (Red Bull) + 8,3 sec
4 Lewis Hamilton (Mercedes) + 27,3 sec5 Fernando Alonso (Ferrari) + 29,5 secLe classifiche dopo il GP degli USA 2013Classifica Mondiale Piloti
1 SEBASTIAN VETTEL (RED BULL) 372 PUNTI (CAMPIONE DEL MONDO)
2 Fernando Alonso (Ferrari) 227 punti
3 Lewis Hamilton (Mercedes) 187 punti
4 Kimi Raikkonen (Lotus) 183 punti5 Mark Webber (Red Bull) 181 puntiClassifica Mondiale Costruttori
1 RED BULL-RENAULT 553 PUNTI (CAMPIONE DEL MONDO)
2 Mercedes 348 punti
3 Ferrari 333 punti
4 Lotus-Renault 315 punti5 McLaren-Mercedes 102 punti
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Heikki Kovalainen: dalle stalle alle stelle
Heikki Kovalainen ha la possibilità di dare una svolta alla propria carriera in F1. Il driver finlandese – ex giovane talento diventato in breve tempo una delusione – fino a due settimane fa era terzo pilota della scuderia peggiore del Mondiale F1 2013 (la Caterham) ma ora, complice l’operazione alla schiena a cui dovrà sottoporsi Kimi Räikkönen, sostituirà il connazionale negli USA e in Brasile alla guida di una delle monoposto più in forma del Circus: la Lotus.Difficilmente le sue prestazioni gli garantiranno un posto da titolare il prossimo anno nella più importante manifestazione sportiva automobilistica, facilmente si impegnerà per riscattare una serie di stagioni sottotono nelle quali ha dato meno di quanto ha ricevuto. Scopriamo insieme la sua storia.Heikki Kovalainen: la biografiaHeikki Kovalainen nasce a Suomussalmi (Finlandia) il 19 ottobre 1981 e inizia a farsi notare con i kart negli anni Novanta.La Formula Renault e la Formula 3Il debutto con le monoposto risale al 2001 nel campionato britannico di Formula Renault 2000 ma le prime grandi soddisfazioni arrivano l’anno seguente in Formula 3: termina al terzo posto il campionato britannico e arriva secondo nel prestigioso GP di Macao. In entrambi i casi, però, i rivali non sono particolarmente forti.Le World Series by Nissan, la Race of Champions e la GP2Heikki Kovalainen si fa notare nel mondo del motorsport quando nel 2003 inizia a cimentarsi nelle World Series by Nissan: diventa vicecampione e l’anno seguente si aggiudica il titolo davanti al portoghese Thiago Monteiro. Nello stesso anno conquista a sorpresa la Race of Champions superando in finale nientepopodimeno che Michael Schumacher.Nel 2005 viene promosso in GP2 e nella stagione d’esordio termina al secondo posto in classifica generale dietro ad un certo Nico Rosberg.La F1Gli ottimi risultati ottenuti nell’ultimo biennio garantiscono ad Heikki Kovalainen un posto in F1. Nel 2006 viene nominato test-driver dalla Renault e l’anno seguente è promosso a pilota titolare al posto di Fernando Alonso, passato alla McLaren.La prima stagione nel Circus, nel 2007, si rivela ricca di soddisfazioni: costantemente più veloce del compagno Giancarlo Fisichella, riesce ad ottenere il primo podio in carriera grazie ad un secondo posto in Giappone e termina 7° in classifica assoluta.La McLarenHeikki Kovalainen si trasferisce in McLaren nel 2008, ancora una volta per prendere il posto di Alonso (tornato nella scuderia francese). Ottiene la prima (e finora unica) vittoria in Ungheria, porta a casa altri due podi e termina nuovamente al 7° posto in classifica generale ma la situazione non è più così rosea come l’anno prima visto che il compagno Lewis Hamilton, con la stessa vettura, si aggiudica il titolo.Dopo la stagione migliore della sua vita nel 2009 inizia il declino: surclassato nuovamente dal coéquipier Hamilton, non sale neanche una volta sul podio e chiude il Mondiale al 12° posto.La LotusHeikki Kovalainen, appiedato dalla McLaren, trova un sedile nel 2010 alla Lotus, scuderia tornata alle corse proprio quell’anno. La monoposto è tutt’altro che competitiva ma i suoi risultati (12° in Giappone) sono migliori di quelli del compagno Jarno Trulli. La situazione si inverte nel 2011, quando il miglior piazzamento in gara è un misero 13° posto in Italia.La CaterhamLa Lotus cambia nome in Caterham e Heikki si ritrova un nuovo compagno di squadra: Vitaly Petrov. Il russo, pur essendo un pilota pagante, si sbarazza senza particolari problemi del driver finnico (due 13° posti a Monte Carlo e Abu Dhabi), che viene retrocesso al ruolo di terza guida per il 2013.Il “ritorno” in LotusLa Lotus che guiderà Heikki Kovalainen negli ultimi due GP del 2013 non ha niente a che vedere con il team per cui il pilota finlandese ha corso nel 2010 e nel 2011. Piuttosto le somiglianze maggiori sono con la squadra che lo ha accolto per prima nel Circus: la Renault. Riuscirà a fare meglio del coéquipier Romain Grosjean?
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Mondiale F1 2013 – GP USA: gli orari TV
Nonostante il Mondiale F1 2013 sia già deciso il GP degli USA presenta tanti spunti interessanti. Sebastian Vettel punta all’ottava vittoria consecutiva – sarebbe un record assoluto – in una gara caratterizzata dall’assenza di Kimi Räikkönen: il pilota finlandese salterà infatti le ultime due prove stagionali per operarsi alla schiena e il suo posto verrà preso temporaneamente dal connazionale Heikki Kovalainen.Questa settimana ha visto anche due notizie importanti riguardanti il “mercato” piloti: il prossimo anno, infatti, Felipe Massa correrà con la Williams mentre la McLaren si affiderà ad un giovane talento danese – Kevin Magnussen (classe 1992, vincitore quest’anno della Formula Renault 3.5 e figlio dell’ex driver del Circus Jan) – che prenderà il posto di Sergio Pérez.GP USA: cosa aspettarsiIl GP degli USA – penultima prova del Mondiale – si disputerà per la seconda volta sul circuito di Austin. Il tracciato texano, molto apprezzato dai piloti, è contraddistinto da numerosi tratti veloci (che mettono a dura prova le monoposto) ma la parte più suggestiva è quella iniziale, caratterizzata da un rettilineo in salita.Secondo le previsioni del tempo durante le qualifiche del sabato e la gara di domenica ci saranno nuvole. Di seguito troverete il calendario del Gran Premio con gli orari TV su Sky e sulla Rai mentre più avanti sarà la volta nel nostro pronostico sulla corsa degli USA.F1 2013, Austin, il calendario e gli orari in TVVenerdì 15 novembre 2013
16:00-17:30 Prove libere 1 (diretta su Rai Sport 1 e Sky Sport F1)20:00-21:30 Prove libere 2 (diretta su Rai Sport 1 e Sky Sport F1)Sabato 16 novembre 2013
16:00-17:00 Prove libere 3 (diretta su Rai Sport 1 e Sky Sport F1)19:00-20:00 Qualifiche (diretta su Rai Due e Sky Sport F1)Domenica 17 novembre 201320:00 Gara (diretta su Rai Due e Sky Sport F1)I numeri del GP degli USA
LUNGHEZZA CIRCUITO: 5,500 km
GIRI: 56
RECORD IN PROVA: Sebastian Vettel (Red Bull RB8) – 1’35”657 – 2012
RECORD IN GARA: Sebastian Vettel (Red Bull RB8) – 1’39”347 – 2012RECORD DISTANZA: Lewis Hamilton (McLaren MP4-27) – 1h35’55”269 – 2012GP USA 2013: il nostro pronostico1° Sebastian Vettel (Red Bull)Nessun pilota nella storia della F1 ha mai vinto otto GP di seguito: Sebastian Vettel ha, secondo noi, tutto quello che serve per realizzare questo record importantissimo.Il pilota tedesco della Red Bull è in uno stato di forma impressionante, guida la monoposto più veloce del lotto e lo scorso anno su questo tracciato ha ottenuto la pole position e il secondo posto in gara. Può bastare tutto questo per considerarlo ancora una volta il favorito assoluto?2° Fernando Alonso (Ferrari)Il forfait di Räikkönen ha tolto a Fernando Alonso il rivale più agguerrito nella lotta al “titolo” di vicecampione del mondo: l’unico ancora in corsa per il secondo posto nel Mondiale è Hamilton.A nostro avviso il pilota spagnolo può approfittare della crisi della Lotus e di un tracciato a lui favorevole (terzo lo scorso anno) per disputare una buona gara e per portare alla Ferrari i punti necessari per superare la Mercedes nella classifica Costruttori.3° Felipe Massa (Ferrari)Austin è un circuito adatto alle caratteristiche della Ferrari e Felipe Massa (quarto qui lo scorso anno) può puntare secondo noi ad un podio che manca da quasi un anno.La settimana scorsa al Mugello i tifosi della Rossa gli hanno dimostrato tanto affetto e ha un solo modo per ripagarli chiudendo in bellezza la propria carriera con il Cavallino: terminare in “top 3” e lavorare per portare il proprio team al secondo posto tra i Costruttori.Da tenere d’occhio: Mark Webber (Red Bull)Mark Webber continua ad essere veloce (due secondi posti nelle ultime tre gare) ma ha perso la continuità (tre volte fuori dai punti negli ultimi cinque GP).Il driver australiano ha già la testa altrove (alla Porsche, squadra con cui correrà il prossimo anno la 24 Ore di Le Mans) ma su questo circuito secondo noi può riscattare la delusione del 2012 (terzo in griglia e ritirato in gara per un problema all’alternatore).La squadra da seguire: Red BullUna vittoria di una Red Bull guidata da Vettel negli USA rappresenterebbe uno smacco per la Ferrari visto che verrebbe battuto il record di sette successi consecutivi appartenuto a due campioni della Rossa: Alberto Ascari e Michael Schumacher.Il Gran Premio nordamericano è l’unico – tra quelli in calendario – che manca nel palmarès della scuderia austriaca: salire sul gradino del podio qui è quindi praticamente d’obbligo per un team che ha già cannibalizzato la stagione.
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