Monthly Archives: Febbraio 2014

Jeep Grand Cherokee: dalle prateria alle langhe, cosi’ si e’ civilizzata

Qualcuno accusa le SUV di essere “inutilmente” ingombranti. Alte, larghe, lunghe, ma capaci, se va bene, di arrampicarsi sulla rampa del garage, o poco più. Proprio come la più economica (ed ecologica ) delle citycar. E poi ci sono auto come la Grand Cherokee: esemplari di una razza in via di estinzione, fiera della propria identità fatta di fango e differenziali bloccabili, ostacoli impossibili e sospensioni dall’escursione chilometrica, pareti quasi verticali e marce ridotte.Fuoristrada prestate alla strada. Guai a confonderle con la maggior parte delle SUV: loro, con certe idee (per quanto geniali) del marketing non vogliono avere nulla a che fare. Detto questo, non è che le appartenenti a questa cerchia siano solo spartane 4×4 inadatte all’uso quotidiano. Anzi. La Grand Cherokee, fresca di restyling, si prende cura di chi sta a bordo con materiali curati e più morbidi, con la leva del cambio ad azionamento elettrico (by-wire) e con i sedili anteriori riscaldabili e ventilati (di serie sull’allestimento Overland).Per coniugare le doti da arrampicatrice con le esigenze stradali, ecco anche un nuovo cambio: lo stesso ZF a 8 rapporti che tanti elogi ha raccolto sulle BMW (dalla serie 1 alla serie 7). Non mancano alcuni ritocchi al design: i fari anteriori sono stati “tirati” e regalano uno sguardo più giovane – grazie anche all’immancabile striscia di led – mentre uno spoiler posteriore più ampio, il  doppio scarico e i cerchi dal design rivisto donano una sportività che non contrasta con lo spirito Jeep. I motori? Il 3.0 V6 diesel è il più interessante per l’Italia.Città: non si muove in punta di piediNon è una ballerina classica, ovviamente, ma questa metafora rende bene l’idea di quello che si prova alla prima svolta stretta (eventualità assai frequente in centro): la sensazione è quella di non riuscire a completarla, tanto lo sterzo è demoltiplicato. Una messa a punto che fa sembrare ancor più grande di quello che è l’americana.Irreprensibile, invece, la risposta sulle sconnessioni: l’accoppiata fra le sospensioni “super soft” e dalla corsa lunghissima con i pneumatici dalla spalla alta rende ogni strada un tavolo da biliardo. Solo l’incrocio con i binari del tram innesca le risposte tipiche di ogni fuoristrada: movimenti non solo verticali della scocca, ma anche leggere oscillazioni laterali.Poco male: il comfort della Grand Cherokee non si discute, almeno dal punto di vista dell’assorbimento. Di livello inferiore l’isolamento acustico. Nonostante la coppia generosa, il 3.0 V6 è costretto a salire abbastanza di giri, in fase di avvio, per dare abbrivio alle 2,5 tonnellate abbondanti della vettura. Inevitabile, infine, qualche difficoltà in fase di parcheggio, alleviata dalla telecamera posteriore che è compresa nel prezzo.Fuori città: il suo regno purchè sia selvaggioLo avrete capito: le curve non sono il pane della mastodontica Grand Cherokee, molto morbida di assetto e lenta nei cambi di direzione. In compenso, la versione Overland si tira fuori dalle situazioni più difficili – anche quando l’aderenza è vicina allo zero – grazie alla trazione Quadra-Drive II, con tanto di differenziale ELSD (Electronic Limited-slip Differential) posteriore. Le salite più ripide non fanno paura, invece, grazie alla modalità 4WD Low, ovvero le marce ridotte.Risultato: fermare l’americana è quasi impossibile. Poco importa se si mettono le ruote su fango, sabbia, ghiaia o erba: il cervellone che gestisce la trazione sa sempre dove e quanta coppia inviare per procedere. Preziose alleate, in questo senso, sono le sospensioni pneumatiche Quadra-Lift, che consentono di regolare l’altezza da terra manualmente (fino a 28 cm).Ci sono inoltre 5 modalità di guida: Normal Ride Height (NRH), 22 cm da terra; Off Road 1 (solleva il veicolo di 3,3 cm); altri 6,6 cmli aggiunge Off Road 2; Park Mode abbassa il veicolo di 4 cm per salita e discesa. Infine, Aero Mode abbassa la vettura di 1,3 cm. La modalità Sport? Assente. E non è un caso.Autostrada: morbidezze e automatismiEsemplari sulle sconnessioni della città, le sospensioni della Grand Cherokee si dimostrano capaci di digerire praticamente di tutto anche in velocità. L’unica circostanza in cui vanno leggermente in sofferenza sono gli avvallamenti, in seguito ai quali si innesca qualche ondeggiamento di troppo della vettura.Praticamente perfetto, invece, il funzionamento del cruise control adattivo (di serie): molto delicato sia sui freni sia sul gas, assicura viaggi di totale relax e sicurezza. Il merito è anche della buona insonorizzazione: a velocità costante la voce del motore è sommessa e solo qualche fruscio – inevitabile dati i 180 cm di altezza e i 194 di larghezza – disturba le orecchie dei passeggeri.Vita a bordo: cinque posti taglia USA, comandi okSe c’è una cosa su cui l’automobilista americano non transige è lo spazio nell’abitacolo. Non è solo un luogo comune, del resto, che in USA la corporatura media sia molto abbondante. Risultato: i sedili anteriori sono talmente ampi che sembra di essere seduti sulla poltrona di casa; come se non bastasse, per facilitare salita e discesa dall’auto, quello del guidatore arretra ogni volta che si spegne il motore, mentre il volante si alza e avanza verso la plancia.Quanto al sedile posteriore, offre centimetri a sufficienza, in larghezza, altezza e lunghezza per ospitare comodamente tre adulti. Magari non tutti sopra i 100 kg di peso, ma tre adulti “all’europea” sì. Altra comodità a cui i guidatori a stelle e strisce non rinuncerebbero mai sono quelli che noi chiamiamo portalattine e che, nel caso delle auto d’Oltreoceano, sono praticamente dei portabottiglie.La Grand Cherokee ne ha due accanto alla leva del cambio, che possono essere usati anche per riporre chiavi, portafoglio e smartphone. Materiali e finiture? All’altezza dei quasi 70.000 euro di prezzo: di qualità i primi, sempre curate le seconde.Prezzo e costi: è un po’ cara, ma offre di piùIl prezzo è di quelli impegnativi, per non dire proibitivi, dati i tempi: 67.000 euro e rotti spaventano non solo per la cifra in sé, bensì anche per i controlli fiscali che potrebbero scattare dopo aver firmato l’assegno. Anche perché il motore è un 3 litri, cilindrata da “controllo incrociato” immediato.A proposito di propulsore, nell’uso reale siamo ben lontani dai 13,3 km/l dichiarati: a 130 km/h si percorrono circa 9,5 – 10 km/l, in città 7 e in media, durante la prova, non siamo riusciti a fare meglio di 10,2 km/l.Detto questo, ai 67.552 euro di prezzo corrisponde una dotazione da nababbi: di serie, la Overland offre, tra gli altri, il cruise control adattivo, il portellone elettrico, i sedili (riscaldabili, anteriori ventilati) in pelle Nappa, la parte superiore della plancia in pelle, la telecamera posteriore, i sensori luce e pioggia, il sistema keyless, il tetto panoramico elettrico, il navigatore con grafiche 3D, il vivavoce Bluetooth e il volante con inserti in legno.Sicurezza: assistenza a 360°, ma il peso si senteAltezza mezza sicurezza. Per molti, il solo fatto di guidare più in alto della media regala un senso di protezione di cui non farebbero mai a meno. Da questo punto di vista, la Grand Cherokee è una garanzia. Ma la Jeep mette al riparo da brutte sorprese grazie anche – e soprattutto – a uno stuolo di sensori e telecamere. Il cruise control adattivo integra il dispositivo che evita o riduce i tamponamenti, le invasioni involontarie di corsie sono scongiurate dal Blind Spot Monitor e la telecamera posteriore regala una visuale perfetta in retromarcia.Meno rassicurante il responso della strada. Detto che la Jeep mette voglia di tutto tranne che di esagerare, una manovra di scarto ostacolo mette sotto pressione il telaio. L’ESP interviene tempestivamente ma, dove berline e SW passano agili, la Jeep rischia di non riuscire a effettuare il doppio cambio di direzione, a causa delle notevoli inerzie generate dai 2.522 kg di peso.

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Toyota Prius: anche l’ibrido vuole metter su famiglia

In tutto il mondo Prius è sinonimo di auto ibrida, una tecnologia sviluppata da Toyota alla fine degli anni ‘90. Oggi, dopo quattro versioni (tra le quali la Plug-in, che può essere ricaricata da una presa di corrente, quella di casa compresa), c’è pure a 7 posti.La Plus nasce dallo stesso progetto della Prius berlina, ma si distingue per una lunghezza e un’altezza cresciute rispettivamente di 13 e 8 centimetri, per un totale di 461 e 157. Cambiano quindi le proporzioni, ma varia anche la tecnologia ibrida (che è in continua evoluzione): per la prima volta, infatti, viene adottato il pacco di batterie agli ioni di litio della Plug-in, che garantisce performance più elevate e minori consumi, insieme a peso e ingombri più contenuti.ComfortLa Toyota Prius Plus è ibrida ma con tanto spazio: il divano accoglie comodamente tre adulti, inoltre ogni seduta è autonoma e può scorrere in avanti e all’indietro, favorendo così lo spazio nel bagagliaio o, all’occorrenza, quello per i due passeggeri della terza fila. Ovviamente, in questo caso, trattandosi di seggiolini ripiegabili, è meglio riservare questi posti ai più piccoli.Il comfort di marcia, comunque, è buono in tutte le condizioni, merito della qualità costruttiva e dei materiali scelti, che però ci sono apparsi piuttosto datati nell’aspetto. Una caratteristica che contrasta con la tecnologia di bordo, a partire dal sistema Toyota Touch, un display da 6 pollici che incorpora le funzioni di radio, lettore multimediale Cd, prese usb, Bluetooth con streaming musicale e navigatore, tutto di serie. Si aggiungano anche le comodità della videocamera posteriore e dell’Energy Monitor, un’applicazione che permette di controllare i consumi di benzina ed energia elettrica.ConsumiA proposito di consumi, il responso è quasi sempre positivo: alle basse velocità (entro i 70 km/h), la Prius+ è mossa dal solo motore elettrico ma, in caso di forti accelerazioni o di percorsi prolungati (la carica basta per una manciata di chilometri), si accende il motore termico.La combinazione delle due fonti d’energia è sapientemente gestita da un cervellone elettronico, che si preoccupa anche delle fasi di ricarica in frenata. Il cambio automatico a variatore, che non brilla certo per reattività, evita tuttavia di trasmettere fastidiosi strappi o scossoni all’abitacolo.Tutto questo si traduce in economia di marcia (si percorrono facilmente 18 km/l in città, che diventano addirittura 21 nei percorsi extraurbani) e in un discreto piacere di guida. La sicurezza non manca, ma forzando in curva l’auto scivola: l’assetto non è sportivo e le gomme prediligono la scorrevolezza.PrezzoIl prezzo? Importante, da mettere in discussione la convenienza: 32.250 euro per l’allestimento Lounge, quello di mezzo, che però ha una dotazione completa e una garanzia sui componenti ibridi di 5 anni (o 100.000 km). La Prius+ costa, ma offre dei vantaggi: in alcune città (Milano) si entra liberamente in centro e in altre (è il caso di Roma) non si paga il parcheggio.

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Chevrolet Trax: questa è tutta un’altra mokka

Dimenticatevi delle SUV dall’aspetto arrogante e dai consumi degni di un transatlantico. La moda attuale si chiama crossover e la Casa del cravattino si inserisce in questo segmento, l’unico a non risentire della crisi, con la Chevrolet Trax: un modello compatto, dall’aspetto grintoso e moderno. E disponibile con la trazione 4×4 o solo con quella anteriore, come nel caso del nostro test, per essere più “green”.DimensioniLe dimensioni contenute e i consumi da utilitaria sono i punti di forza di questa vettura. Appena si sale a bordo, si resta colpiti dalla spaziosità e dall’essenzialità (che non vuol dire rinuncia in nome dell’economicità): ogni cosa è a portata di mano. I tasti, per esempio, sono pochi, il che significa minori occasioni per distrarsi durante la guida. Le finiture, a essere puntigliosi, non sono particolarmente ricercate come sulla cugina Opel Mokka, con la quale la Chevrolet Trax condivide pianale e stabilimenti di produzione (in Corea).Tuttavia, la presenza del doppio cassetto e di numerosi vani portaoggetti fa presto dimenticare un’estetica più orientata alla robustezza e alla praticità che allo sfarzo. Sulla console spicca il sistema di infotainment MyLink con display touch screen da 7’’, che permette di collegare il proprio smartphone e di usufruire dei suoi contenuti multimediali, senza mai togliere le mani dal volante grazie al sistema di comando vocale.Posizione di guidaLa posizione di guida della Chevrolet Trax è alta, il che aiuta ad avere una buona prospettiva di tutto quello che succede vicino all’auto, una dote apprezzabile tra le caotiche strade cittadine. A bordo c’è spazio per tutti: se in quattro si viaggia comodi, solo in cinque, dietro, ci si stringe un po’. La ricca dotazione di serie comprende numerosi sistemi per garantire sicurezza e comfort agli occupanti. E, visto che questa vettura può essere usata per un leggero fuoristrada, c’è pure il sistema Hill Descent Control che mantiene automaticamente costante la velocità durante le discese, a prescindere dall’aderenza e dalla pendenza.Il cruscotto, di stampo motociclistico, fa pensare a un’auto dinamica. Il motore, un po’ ruvido e rumoroso, regala uno spunto che non delude: si tratta del 1.7 turbodiesel da 130 CV con una coppia di 300 Nm (costante tra i 2.000 e i 2.500 giri) che trascina bene i quasi 1.400 kg della vettura. La guida può così essere fluida, riducendo l’uso del cambio, oppure più aggressiva, sfruttando l’allungo.Prestazioni e consumiLa Chevrolet Trax risponde bene e il V-Box conferma le sensazioni con 9,2 secondi per lo 0-100 km/h. L’assetto è un’altra piacevole sorpresa: nonostante il baricentro alto, in curva e nei repentini cambi di direzione l’auto resta facile da guidare, senza chiamare in causa con troppa frequenza il controllo della stabilità (di serie). Al sopraggiungere del limite, il sottosterzo si fa evidente, ma si corregge facilmente.E, in frenata, la Trax resta composta con spazi in linea con le rivali di pari altezza e peso. In fuoristrada, questa variante a trazione anteriore fa quello che può. Non chiedetele troppo perché, se l’altezza da terra è adeguata, senza le quattro ruote motrici non si possono scavalcare gli ostacoli come i twist e i canali. Meglio godersi le strade asfaltate, con consumi che non spaventano: se non si esagera, si percorrono circa 18 km/l.

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Fiat 500L Living: una 500 da vivere con la famiglia anche allargata

Così fan tutti. Tirare fuori il massimo da un pianale – ovvero inventarsi il numero maggiore possibile di automobili a partire da una determinata base meccanica – è una necessità imprescindibile per ogni costruttore, ormai da molti anni.Questione di ottimizzazione delle risorse, condivisione dei costi e sfruttamento delle sinergie. In altri termini, di margini di guadagno per le Case. Da qui l’idea della Fiat: dallo scheletro della 500L ricavare una versione simil-SUV (la Trekking), una un po’ più realisticamente SUV (la X, in arrivo entro la fine di quest’anno) e, appunto, questa Living.Una vettura tutta da vivere, come dice il nome: in 4,35 metri di lunghezza, gli ingegneri del Lingotto hanno infilato tre file di sedili. Detto questo, per loro stessa ammissione, la nuova Fiat non si può considerare una vera e propria sette posti, bensì una 5+2, dove il +2 significa che gli strapuntini posteriori sono dedicati ai più piccoli della famiglia.La 500 L Living non sfugge inoltre alla regola, valida per quasi tutte le MPV, per cui il bagagliaio, con sette sedili in posizione, si riduce a poco più di un beauty case.Per il resto, le differenze meccaniche con la 500L si limitano a una diversa taratura delle sospensioni posteriori e a una nuova barra antirollio anteriore, studiate per contenere le maggiori inerzie che l’allungamento della carrozzeria (ottenuto nella parte posteriore, dalle ruote alla fine della vettura) ha comportato.Identici anche i motori: per la prova abbiamo scelto il più interessante per un utilizzo familiare: l’1.6 diesel da 105 CV (al momento disponibile, però, solo con il cambio manuale).Città: appartamento con vista a 360 gradiDella 500, lo avrete ormai capito, questa MPV ha poco o nulla. La taglia della L Living, infatti, è tutto tranne che cittadina: 4,35 metri di lunghezza per 1,78 di larghezza. Eppure, la torinese mette a proprio agio nel giro di pochi minuti.Innanzitutto perché le superfici vetrate sono a dir poco estese: dal posto di guida, rialzato, si gode di una visibilità e di una percezione degli ingombri ottimali, alleate preziose quando si tratta di svoltare nei vicoli del centro e di parcheggiare “a incastro” nell’ultimo posto rimasto libero.E se proprio dei vostri occhi non vi fidate, compresi nel prezzo ci sono i sensori di parcheggio, mentre la telecamera posteriore è optional a 250 euro. Guidare in città significa anche fare i conti con dossi, binari del tram e pavé: in queste situazioni, il lavoro eseguito sulle sospensioni si fa sentire: rispetto alla 500L, la Living è leggermente più secca.Ecco perché, specialmente sulle irregolarità più pronunciate, i passeggeri vengono sottoposti a qualche scossone.Soddisfano pienamente, invece, le risposte del motore, che è pronto già a 1.200 giri. A voler essere pignoli, lo stop&start non è dei più precisi.Fuori città: senza fretta, ma neanche pianoReattività fra le curve, sterzo pronto e piacere di guida: non è per questo che si compra una MPV. Sul mercato, tuttavia, non mancano esempi di monovolume insospettabilmente dinamiche come, per esempio, la Ford C-Max e le Opel Meriva e Zafira.Non regala sorprese di questo tipo, invece, la 500L Living. Nonostante la messa a punto specifica delle sospensioni – irrigidite – abbia permesso di contenere rollio e beccheggio, il carattere della torinese resta improntato alla massima sicurezza e al relax di guida.La tenuta di strada è più che buona e lo sterzo è caratterizzato da una discreta prontezza. Non appena si alza un po’ il ritmo, però, il feeling con le ruote anteriori inizia inesorabilmente a calare, mentre una rassicurante e progressiva tendenza del muso ad allargare la traiettoria avvisa che non è il caso di spingersi oltre.Non che si corra chissà quale pericolo: l’ESP non si può mai escludere e aiuta – entro i limiti della fisica – anche il più inesperto dei guidatori a non far danni.Autostrada: qualche db di troppo, ma è comodaCi sono diesel che girano fluidi come fossero motori a benzina. Non il 1.600 della Fiat: la sua voce si sente in modo abbastanza sensibile a qualsiasi regime e, soprattutto, nelle riprese tra i 2.000 e i 3.000 giri. Situazione tipica dell’autostrada, per intenderci. Non solo.In questo range il propulsore è afflitto anche da una leggera ruvidità di funzionamento, che però nulla toglie alle sue doti di spinta, anche a pieno carico e in salita.Che l’insonorizzazione non sia il punto forte della 500L Living emerge anche sugli asfalti drenanti, dove l’italiana fatica a contenere il rotolamento dei pneumatici. Per il resto, la modulabilità della frenata è più che soddisfacente, così come l’assorbimento degli avvallamenti.Vita a bordo: cinque posti veri, più due. Qualità okAlla Fiat bisogna riconoscere grande onestà intellettuale per aver definito la vettura una 5 posti più 2 (che costano 750 euro). Non sempre è così: sul mercato c’è più d’una sette posti (dichiarata) che, alla prova dei fatti, tale non è.Detto questo, sulle prime due file stanno comodi cinque adulti, senza dover giocare a tetris con ginocchia, spalle e gomiti.Il merito è anche del divano scorrevole: se non ci sono particolari esigenze di carico e i due sedili posteriori non sono occupati, fra le prime due file si apre uno spazio a misura di pallavolista.Molto “seduta” la posizione di guida: le ginocchia hanno un angolo stretto (per via del sedile abbastanza alto) e il volante è leggermente inclinato in avanti: la 500L Living non invita a guidare in modo sportivo, ma l’ergonomia e il comfort nei lunghi viaggi sono garantiti.I due strapuntini posteriori? Esplicitamente dedicati ai bambini, non stupisce che richiedano una certa agilità per essere raggiunti, dato che bisogna scavalcare il sedile posteriore da una parte e aggirare il montante dall’altra. Buona la qualità, sia dal punto di vista dei materiali sia da quello delle finiture.Prezzo e costi: listino equilibrato, dotazione okStaccare un assegno da oltre 20.000 euro non è cosa da poco, di questi tempi, per una famiglia media. Ma se gli eredi sono tanti, li si vuole portare in giro in sicurezza e comfort – senza peraltro rinunciare a qualche gadget tecnologico – la 500L Living Lounge è un ottimo acquisto.Di serie sono compresi, tra gli altri, il Bluetooth audio streaming (è possibile ascoltare la musica caricata nel proprio smartphone tramite connessione senza fili), il piano di carico regolabile in altezza, i sensori di parcheggio posteriori, il sedile posteriore scorrevole, reclinabile e abbattibile e i comandi sul volante.Quanto al motore, il 1.6 MJT non mette in crisi il bilancio familiare, grazie ai 16,9 km/l effettivi registrati durante la prova.Non solo: rispetto al 1.3 MJT da 85 CV, la differenza di prezzo è più che accettabile: 1.100 euro, ma molta brillantezza in più. In listino non manca la versione a benzina, spinta dal bicilindrico TwinAir 0.9 da 105 CV, a 20.800 euro.Sicurezza: tamponamenti addio (fino a 30 KM/H)Quando la coda è interminabile e le soste sono continue, purtroppo, il rischio di un calo di concentrazione è dietro l’angolo. Con esso, il classico tamponamento, che può causare danni “solo” alla carrozzeria, ma può anche rivelarsi pericoloso per l’incolumità propria e altrui.Bastano 250 euro, però, per mettersi al riparo da questa evenienza: è la spesa richiesta per il City Brake Control, che fino a 30 km/h agisce in completa autonomia e tempestivamente sui freni prima della collisione.Una spesa che si ripaga ampiamente: basta uno scampato incidente per recuperare con gli interessi la cifra investita. Per il resto, gli airbag compresi nel prezzo sono sei (300 euro quello per le ginocchia del guidatore), il controllo elettronico di stabilità è di serie su tutte le versioni, così come gli attacchi Isofix e le luci diurne.Bene gli spazi di frenata, rassicuranti le reazioni del telaio nei cambi di direzione.

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Alfa Romeo 4C: la prova in pista

Quando si parla di Alfa Romeo è un po’ come mettere mano alle opere di un grande artista.Di capolavori di tale grandezza che, spesso, finiscono col rendere difficile l’esistenza allo stesso autore. Perché quando hai un passato importante, le aspettative si fanno ancora più pesanti.Questa riflessione mi è subito venuta spontanea quando dalla redazione di Panoramauto mi hanno convocato per provare l’Alfa Romeo 4C e le sue sorelline Giulietta e MiTo.Devo essere sincero: sarà anche perché, la sera prima, avevo aiutato Veronica, la mia bambina, a studiare la vita e le opere di Beethoven.Emozioni racing, dettagli da corsaGiri la chiave di avviamento e, “bam”, arriva la prima emozione: il nuovo motore quattro cilindri 1750 in alluminio prende vita con un leggero boato che rimbalza nell’abitacolo, delimitato dalla vasca in fibra di carbonio.Dai un paio di sgasate, ti guardi attorno, afferri i comandi e ti sembra di essere su un’auto da corsa.Il pianale in carbonio a vista, il piccolo parabrezza, il tetto bombato e il volante che pare rubato alle monoposto di Formula 1 fanno davvero scena.Schiacci il pulsante della prima, acceleri e lei si muove decisa.Qui ti accorgi di un altro particolare molto racing, che a dire il vero sta scomparendo anche sui bolidi da corsa: lo sterzo è senza assistenza e, da fermo, è bello pesante (non chiedete mai alla vostra donna di tiravi fuori la Alfa Romeo 4C dal box!).Un attimo prima di entrare in pista, come tutti i piloti, assaggio i freni e qui un’altra sorpresa: non c’è neanche il servofreno.Ecco che cosa intendeva l’ingegnere che mi ha affidato la nuova sportiva di Alfa Romeo, sussurrandomi: "La guida? Senza filtri".Ok, comunque sia, a questa fascinosa coupé voglio tirare fuori l’anima, per vedere se è degna di fare da portabandiera al rilancio dell’Alfa Romeo.Tutti in pista con l’Alfa Romeo 4CNel primo giro, per sentire la risposta, lavoro sul motore.Inutile sprecare parole, il 1750 c’è in tutte le situazioni.L’auto divora i rettilinei, tra le curve, con una spinta costante grazie anche al cambio robotizzato, rapido ed efficiente.Così ti puoi concentrare sulle traiettorie.Questione di DNAPer quanto riguarda l’handling, devo fare una premessa: l’uso del DNA modifica notevolmente il carattere della vettura.In Normal, la Alfa Romeo 4C è grintosa ma molto controllata dall’elettronica.Passando in Dynamic, tutto si fa più reattivo e il posteriore prende un po’ di "lasco" (come diciamo noi piloti) e allarga in rilascio o di potenza per aiutare il muso ad andare nella direzione desiderata.Oltre il Dynamic, il passo non è piccolo. In Race la coupé del Biscione si libera del controllo di stabilità e tutto diventa molto rapido e intenso: una modalità di guida che consiglio di usare solo in pista e con gradualità.Assetto e guidabilità "racing"L’auto, infatti, è precisissima e lo sterzo trasmette tutte le reazioni della strada.I sovrasterzi sono davvero rapidi e violenti: richiedono correzioni da fondo corsa della scatola dello sterzo (guardate nel video allegato che numeri ho fatto con il volante per recuperare alcune scodate).La Alfa Romeo 4C è davvero racing e, come tale, va rispettata: prendete confidenza un po’ alla volta.Perché è come se una persona che fuma le sigarette elettroniche passasse dallo "svapo" virtuale alle Alfa senza filtro: hai voglia a tossire! Che dire di più?Provatela, vi piacerà…

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Chevrolet Camaro: sigaretta? No, grazie. Accendo la Camaro

I giornalisti di Panoramautomi hanno finalmente messo tra le mani la Camaro (da sei mesi proponevo di provarla), ma mi hanno anche avvisato che si trattava di una versione no smoking, cioè sprovvista di accendino e posacenere, per disincentivare il vizio del fumo.A mio modesto parere, però, non sempre il fumo fa male… Ci sono casi in cui non nuoce affatto: basta non ricorrere a tabacco e nicotina. Meglio, invece, accendere il V8 della Camaro (una vera yankee della vecchia scuola tutta coppia e assetto) e buttarla di traverso.Bastano pochi secondi per capire: il fumo delle gomme che carbonizzano sull’asfalto danno immediata assuefazione a chi guida, ma anche a chi guarda, ammesso che riesca a scorgere la vettura immersa nella nebbiolina azzurra. Fidatevi: queste evoluzioni sono un vero toccasana.Anche se immersa nei fumi, la Camaro sa farsi riconoscere con il latrato del V8 che rimbalza tra le curve della pista. Credeteci, con nessun’altra auto abbiamo paralizzato le attività del circuito di Adria: dagli addetti alle pulizie al titolare dell’impianto, tutti si sono fatti ipnotizzare dai numeri della Camaro e hanno respirato il fumo delle gomme. È dunque una macchina per fare i “pirla” su un piazzale? No, affatto.Il motore V8 di 6,3 litri alimentato rigorosamente a benzina ha tanti pregi. La coppia è ben distribuita e dona alla vettura una grande progressione, utile anche quando si gioca a fare i traversi; inoltre, la coppia è indispensabile per tenere l’auto a bandiera, ma sempre sotto costante controllo. Inoltre, questo V8 aspirato è tenace e resistente.L’elettronica è al minimo sindacale e non c’è traccia di turbine: il propulsore sviluppa poco calore (anche perché tutto è sovradimensionato) e non c’è il rischio che l’auto vada in protezione, con il motore limitato nelle prestazioni. Nulla a che vedere con quei supermotori “strozzati” dall’elettronica, che teme danni alla testata.Infine, il V8 a stelle e strisce ha unsoundroco, che fa vibrare le mani e le gambe di chi si trova al volante. Il corpo viene scosso, tuttavia questo moto non è trasmesso fisicamente dalla vettura, perché la meccanica della Camaro è ben smorzata.Si tratta, piuttosto, di onde positive che provengono da dentro, “generate” dai ventricoli del pilota, dal suo cuore che batte in simbiosi con l’ordine di accensione degli otto cilindri e dalle gomme che saltellano sull’asfalto mentre pattinano alla disperata ricerca di aderenza.Il grip, alla fine, arriva perché le sospensioni, pur non raffinate come sulle supercar tedesche, riescono a tenere ben allineate il battistrada all’asfalto e l’auto marcia sicura, con un comportamento facile e prevedibile. L’ESP ha tre logiche di funzionamento.Quando è tutto attivo, la vettura è imperturbabile e per il pilota è quasi impossibile metterla di traverso. Poi c’è la modalità “race” con cui l’elettronica libera a sufficienza il posteriore per “scodatine” sui 30-40°. Infine, si può disinserire completamente e tutto è affidato all’abilità delle mani e dei piedi del pilota. Piedi, avete letto bene.Questa supercar si guida anche con gli arti inferiori, perché quando è tutta di traverso, a 90° rispetto alla pista, la corsa dello sterzo non basta per gestire il riallineamento: spesso ti trovi con lo sterzo a fondo corsa e devi lavorare di gas per tenerla lì e poi drizzarla in uscita di curva.In questo è davvero divertente e appagante. Perfino facile se si ha un po’ di dimestichezza con il sovrasterzo di potenza. Un altro aiuto alla facilità di controllo viene dalla posizione di guida: è perfetta. Braccia e gambe sono a posto e il volante è ben saldo tra le mani.Un ponte di comando supportato anche dal sedile, avvolgente quanto basta. Tutto rose e fiori? Beh, no… Ho trovato alcuni difetti. Prima di tutto, la posizione della retromarcia accanto alla quinta mette ansia: quando inserisci i rapporti con foga, c’è sempre la paura di passare dalla quarta alla retro e, se succedesse, il giro di pista finirebbe alla maniera di Bo e Luke di Hazzard…Inoltre, le marce sono un po’ lunghe. Ok la coppia e la velocità massima limitata a 250 km/h, ma talvolta si è costretti a scalare in seconda anche nelle curve medio-veloci. Infine, delude la finitura degli interni, con plastiche che sembrano prese direttamente dalle utilitarie Chevrolet.C’è da dire però che l’auto costa come una Volkswagen Golf GTI e, quindi, si può perdonare qualche difetto. Sul giro di pista, il cronometro ha dato un ottimo riscontro: guidando puliti, il motore spinge sempre e la Camaro schizza rapida tra le curve con i freni che tengono bene.Con il calore, il pedale si allunga un po’ ma bastano due giri soft per farli tornare operativi. E, scaldata dopo scaldata, non si rovinano. Anche in questo gli americani lavorano in grande. Altre vetture, dopo il mio trattamento ad Adria, sono passate per l’officina, ma non questa supercar.Del resto, aprendo il cofano, è chiara la logica della progettazione: tutto è semplice e grande, molto grande. Peccato solo che quest’auto dal prezzo abbordabile sia poi costosissima da mantenere. Davvero un delitto.

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Range Rover Sport: è sempre lei la prima della classe

È sempre lei la prima della classe


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Volkswagen Golf: finalmente ritrova le origini, diesel si ma soprattutto sportiva

Fate parte della categoria di automobilisti macinatori di chilometri? Ma anche della sottospecie che non rinuncia a un’accelerazione bruciante e a un certo stile al volante? Bene, la Volkswagen vi pensa e ripropone la Golf GTD, atto quarto.Quarto? Ma questa non è la settima generazione della Golf? Sì, almeno di quelle “tradizionali”. Invece, la GTD, grande successo nella prima e nella seconda edizione, è stata dimenticata dalla terza alla quinta, per riapparire con la sesta serie. Perché? Boh, vai a capirli, i tedeschi. L’importante è che sia tornata e in grande spolvero.Oggi, dal punto di vista tecnico, è degna della grande eredità lasciata dalle prime due serie: il motore 2.0 TDI ha 184 CV (34 in più rispetto alla potenza iniziale), l’allestimento estetico e l’arredamento interno si differenziano quanto basta dalle Golf minori ed è pure migliorato il piacere di guida, con meno sottosterzo rispetto alla precedente versione.Tutto bene? Solo in parte, visto che per “sposarsi” con questo bolide ci vuole un solido conto in banca. La GTD è una bella signora, che costa 5.000 euro più di una 2.0 TDI. è sempre stata cara, anche nel lontano 1982, quando iniziò la commercializzazione della prima GTD da 70 CV: per una 5 porte servivano 12.467.000 lire (poco meno di 6.500 euro) contro i 10.160.000 lire della Golf 1.6 D GL (54 CV).All’epoca, però, il divario tra le due versioni era enorme, più nelle prestazioni che nel prezzo. Oggi, invece, una “normalissima” Golf 1.6 TDI (105 CV) non è affatto sottodimensionata e c’è anche la 2.0 TDI da 150 CV. E quando si può risparmiare…Città: con il programma di guida eco si risparmiaIl traffico delle metropoli non è certo l’ambiente ideale per la GTD. Meglio settare, quindi, l’auto sulla modalità di guida “Economica” e godersi i vantaggi del cambio DSG automatico (costa 1.900 euro). La Golf parte pronta, poi snocciola i rapporti ben prima della soglia dei 2.000 giri e, in rilascio, se non si frena, il cambio va sulla folle per risparmiare carburante.Il sistema stop&start spegne e riaccende il motore quasi ad ogni sosta: limando gli sprechi non si arriva a medie miracolose, ma senza troppe attenzioni e rinunce si percorrono circa 14,6 km/l. Sulle asperità come pavé e rotaie del tram la risposta del telaio è abbastanza secca, ma un buon margine di comfort è garantito.I pedoni, incrociando la traiettoria della Golf GTD, possono stare più tranquilli: se il guidatore si distrae, la vettura frena da sola per evitare l’investimento o almeno limitarne gli effetti. Un aiuto non da poco visto che oggi, a bordo delle auto, tra navigatore, telefonino e lettore mp3 non mancano le distrazioni.E per parcheggiare? Sensori e infografica nel display aiutano e sopperiscono alla scarsa visibilità posteriore, ma tutto questo ha un prezzo: 557 euro.Fuori città: finalmente gira rapida tra le curvePrima di griffare con la sigla GTD il frontale della Golf, un certo scrupolo da parte dei progettisti è richiesto: questa versione deve offrire ampi margini di divertimento, pur senza dimenticare il risparmio. Un aiuto arriva, neanche a dirlo, dall’elettronica che, grazie al selettore di guida (117 euro), consente di settare l’auto su Sport con le risposte ai comandi (acceleratore) più pronte e il cambio DSG ancora più rapido.Affrontando le curve, si avverte subito l’efficienza del telaio: anche senza gli ammortizzatori attivi, l’auto entra in curva rapida e gira piatta con una taratura secca degli elementi elastici, che controlla bene il rollio ed evita dondolamenti nei cambi di direzione. Lo sterzo è diretto, ma anche progressivo grazie alla cremagliera variabile (geniale soluzione) e al sistema elettrico di assistenza potenziato.Spingendo al limite, la vettura tende al sottosterzo ma l’elettronica entra di nuovo in azione: il differenziale XDS+ contrasta la tendenza ad allargare la traiettoria con il muso, riportando l’auto verso l’interno della curve. Se in appoggio si lascia d’improvviso il gas, la GTD non si scompone, prosegue sulla linea e la coda si muove solo se si esagera con le “provocazioni”, ma sempre in maniera prevedibile.Insomma, questa Golf è sicura, divertente e composta. I consumi? I 17,9 km/l non sono difficili da raggiungere. Ma senza eccedere con il ritmo…Autostrada: il cruise attivo è un piacereLanciata a 130 km/h, la GTD marcia silenziosa, percorrendo circa 16,8 km/l; tuttavia viene da chiedersi perché non abbia una settima marcia come la 1.6 TDI DSG. Il motore girerebbe ancora più basso, ma forse l’unità a 7 marce non è ancora pronta per la notevole coppia di questo motore.Tra le tre corsie, con tanta prontezza di motore e cambio, bisogna fare attenzione a non superare i limiti: aiuta parecchio il cruise attivo che mantiene la distanza di sicurezza e funziona fino all’arresto della vettura quando ci si infila in una coda (funzione stop&start automatico).Però è un accessorio a pagamento: 552 euro. Il comfort è buono, ma sui viadotti si sentono le traverse. Il fio della sportività.Vita a bordo: è stato fatto di tutto per sedurreCome sono cambiati i tedeschi… Da forte e rude popolo di guerrieri a romantici seduttori: i sedili di questa Golf giocano la carta dell’amarcord, con il tessuto scozzese della prima generazione GTD, quella che con teutonica ingegneria ha cambiato il modo di progettare e guidare le compatte a gasolio.E sono tanti gli ammiccamenti al passato per far scoccare la scintilla della passione: il logo GTD nel frontale, il filetto grigio che corre tra i fari e il volante dal taglio sportivo.Ma la Golf resta una Golf: razionale, spaziosa e funzionale. I sedili, in questo caso, sono anche avvolgenti per abbracciare il corpo in curva e tenerlo ben appoggiato allo schienale, per una maggiore concentrazione nella guida. Alti o bassi, tutti trovano il giusto assetto, sfruttando le ampie possibilità di regolazione.Per gestire meglio il vano di carico, di serie, il pianale può essere fissato in più posizioni: una flessibilità che varia, facilmente, con le necessità di stivaggio.Prezzo e costi: non è una vera auto del popoloMettere mano al listino può essere doloroso, perché la Golf GTD 5p è una gran macchina, ma ha anche un gran prezzo: 34.250 euro per la versione DSG (32.350 la manuale).Rispetto alla più ricca delle 2.0 TDI DSG da 150 CV ballano 4.900 euro, non pochi visti i tempi che stiamo vivendo. Però questa cifra è inferiore a quella della Mercedes A200 CDI Sport, diretta concorrente da 35.470 euro, meno dotata quanto a cavalleria (170 CV) ma simile nella vocazione sportiva. Tornando alla Golf, bisogna considerare che la dotazione prevede molto di più dell’indispensabile. Insomma, senza accessori a richiesta potrebbe essere già completa.Ma poi è difficile resistere a dotazioni utili come il cruise control attivo, i fari allo Xeno, il navigatore, il sistema di parcheggio e il selettore di guida: gadget che spingono il prezzo verso la soglia dei 40.000 euro. La garanzia, infine, è solo quella di legge: per avere tre anni in più (150.000 km) occorrono altri 806 euro.Sicurezza: ciò che serve di più è di serieLa dotazione di sicurezza della Golf GTD comprende tutto quello che serve: sette airbag (incluso quello che protegge le ginocchia del conducente), l’ESP con assistenza alla controsterzata (aiuta a girare il volante nella direzione ideale), il sistema di frenata automatica anticollisione multipla e il sensore della stanchezza del guidatore.A richiesta ci sono il cruise control attivo con radar anticollisione, l’assistente al mantenimento della carreggiata abbinato ai fari abbaglianti automatici e al lettore di segnali stradali (588 euro), la videocamera posteriore (218 euro), il sistema di sicurezza proattivo che prepara l’auto ad affrontare un sinistro e i comandi vocali (288 euro).Tanta elettronica rende più sicura la guida: non a caso, nei crash test Euro NCAP la compatta tedesca è stata premiata con 5 stelle (il top). Ma la Golf è anche un’auto facile da controllare e molto confortevole, per non offuscare la reattività del guidatore nei lunghi viaggi.

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Audi Q5: Q5 dopata, è una vera dura

L’ossimoro è una figura retorica che contrappone due termini in netto contrasto tra di loro, suscitando nel lettore una piacevole sensazione di sgomento. Qualche esempio? Ghiaccio bollente, silenzio assordante. Che c’entra con l’auto? Beh, l’ultima sportiva di casa Audi è un ossimoro a quattro ruote: i tecnici di Ingolstadt, infatti, hanno preso l’ambita “S” dei modelli sportivi e l’hanno appiccicata sulla Q5, la SUV media della gamma, non senza renderla degna di questa griffe per assetto e prestazioni.E il contrasto viene dal motore: un diesel, pensato per essere parco, è stato trasformato in una belva da scatenare negli allunghi, senza badare troppo al livello dell’indicatore del gasolio. Aggressiva nella linea, ma allo stesso tempo sobria (un altro ossimoro…), non disdegna gli sguardi indiscreti, calamitati dai loghi “S”, dai quattro terminali di scarico e dai mastodontici cerchi da 21” (optional a 1.795 euro). L’abitacolo è in puro stile Audi, ricco e con finiture di alto livello, con una buona abitabilità anche per chi siede dietro (lo spazio per le ginocchia va da un minimo di 14 a un massimo di 49 cm).Ogni comando è facilmente raggiungibile e l’insonorizzazione dai fastidiosi fruscii aerodinamici e dal rotolamento delle gomme è davvero sorprendente. Un po’ meno quella dal motore ma, per i veri appassionati, non esiste melodia migliore di quella scatenata da un V8 a benzina. Sì, avete capito: nonostante sotto il cofano si celi un 3.0 V6 TDI biturbo da 313 CV, i “fonici” tedeschi hanno lavorato duro sull’impianto audio per simulare all’interno della SQ5 un sound in stile muscle car. Il motore, aldilà degli effetti pirotecnici, sorprende per la progressione a qualsiasi regime, grazie anche alla presenza del Tiptronic a 8 rapporti.La conferma arriva dai rilevamenti cronometrici, che evidenziano una ripresa da 80 a 120 km/h in soli 3,8 secondi e da 90 a 130 in 4,2, sempre con il cambio in posizione “DS”. La Casa dichiara una percorrenza di 14,7 km/l, ma il potenziale disponibile sotto il cofano mette spesso in discussione ogni tentativo di guida con il piede di velluto (rilevati 11,8 km/l), riducendo considerevolmente il dato ufficiale; soprattutto se si sceglie la modalità “Dynamic” proposta dal dispositivo Audi Drive Select (355 euro), che interviene direttamente su motore, cambio, sospensioni e sterzo in modo da regalare emozioni forti a chi guida.Ma, se avete appena spremuto il potente V6 costringendo l’indicatore del carburante a un crollo vertiginoso, niente paura: selezionate l’opzione “Efficiency” per ridurre gli sprechi di carburante. In “Comfort”, invece, si viaggia dimenticandosi, o quasi, delle sconnessioni stradali.C’è, infine, la modalità “Individual”, che offre un ampio margine di personalizzazione dei singoli settaggi. Un neo? Il prezzo, pari a 63.300 euro, è davvero elevato e in più la tassa di proprietà sfiora i 1.500 euro.  

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Vespa Primavera, la nostra prova su strada

A distanza di 45 anni dal debutto del primo modello, il Gruppo Piaggio lancia sul mercato la nuova Vespa Primavera.Un prodotto completamente nuovo, aggiornato e modernissimo. Ma che allo stesso tempo conserva l’anima, lo stile e l’eleganza che hanno fatto della Primavera un vero e proprio mito negli anni 70’/80’.Linee morbide e coda allungata. Che stile!Erano proprio quelli gli anni in cui le giovani generazioni urlavano al mondo la loro voglia di libertà e cambiamento. E l’arrivo della prima Vespa Primavera rappresentò una ventata di novità capace di entusiasmare ed emozionare.Ebbene, nonostante sia passato un po’ di tempo da allora e il prodotto si sia aggiornato, le sensazioni che la nuova Primavera regala sono rimaste invariate.Il design, che nasce sulla base dell’esperienza maturata nel progetto di Vespa 946, è molto elegante e richiama lo stile classico del marchio. Le linee sono morbide, senza spigoli. La coda (compreso il faro posteriore, realizzato con tecnologia a LED) torna a essere allungata e leggermente appuntita, proprio come quella del primo modello.Il faro tondo davanti recupera la ghiera cromata sul bordo. I comandi al manubrio sono separati rispetto alla struttura principale da veri e propri bracciali cromati; una vera e propria citazione alla struttura che caratterizzava il gruppo cambio/frizione del vecchio modello.La Vespa Primavera ha le dimensioni della LX, ma alcune quote sono state aumentate per ottimizzare il comfort e l’abitabilità. La parte centrale caratterizzata dalla “storica” forma a omega migliora sensibilmente la posizione di guida.La pedana è ora più stretta lateralmente e permette anche ai meno alti di poggiare i piedi a terra con molta facilità. La sella piatta e biposto è in circondata posteriormente da un comodo maniglione per il passeggero. Scocca rigida e nuova sospensione anterioreLa scocca della Vespa Primavera è completamente nuova. È costituita da parti in lamiera stampata saldate che garantiscono elevati livelli di rigidezza senza compromettere il peso complessivo.Il motore è collegato alla scocca con un sistema a due gradi di libertà con uno scontro con doppio tampone in gomma che consente una importante riduzione delle vibrazioni.Nuova la sospensioni anteriore, che conserva il classico schema monobraccio ma che adotta un nuovo sistema che riduce gli attriti di scorrimento: l’ammortizzatore è ora fissato al supporto in alluminio che lo collega alla ruota tramite un perno di incernieramento (prima c’erano due viti). Il nuovo posizionamento della batteria (ora nel longherone centrale, della pedana poggiapiedi) garantisce un aumento della capienza del vano sottosella: 16,6 litri contro i 14.3 della precedente generazione. Sotto il vestito? C’è il monocilindrico da 125 e 150cc a 3VIl cuore della Vespa Primavera è il modernissimo monocilindrico da 125 e 150cc a quattro tempi raffreddato ad aria con distribuzione monoalbero a camme in tesa a 3 valvole e alimentazione a iniezione elettronica.Le performance sono state ulteriormente migliorate grazie a uno scrupoloso lavoro che ha permesso di ridurre gli attriti migliorando la fluodinamica.L’albero motore di nuovo disegno con bottone di biella e portate di banco ridotte, l’asse a camme infulcrato su cuscinetti e i bilancieri a rullo hanno apportato un notevole miglioramento degli attriti di funzionamento, beneficiando le prestazioni e diminuendo i consumi.Nella ricerca del miglior rapporto tra prestazioni e consumi, la soluzione della distribuzione a 3 valvole, oltre ad essere la più leggera, è la più efficace, poiché migliora l’aspirazione, aumentando l’efficienza del motore rispetto ai convenzionali motori a 2 valvole.Rivisto il sistema di raffreddamento grazie alle simulazioni termofluidodinamiche. Non poteva mancare il nuovo avviamento elettrico a ruota libera, più silenzioso ed efficiente.Quanto ai consumi, parliamo di cifre da record: alla velocità di 50 km/h si possono percorrere fino a 64 km con un litro di carburante. Per i più piccoli, infine, ci sono le due versioni da 50cc, una a due e una a quattro tempi (4,35 CV e distribuzione a 4 valvole).Vespa Primavera, la nostra provaGià a vederla lì, ferma sul cavalletto, emoziona. La guardi e pensi che dietro quel prodotto ci sono decenni e decenni di storia e straordinari successi.Se poi a questo ci aggiungi che stai per provarla tra le strade di una magnifica città come Barcellona, allora l’entusiasmo sale ancor di più. Alle ore 14.30 si torna con i piedi per terra, o meglio con il sedere sulla nuova sella della Vespa Primavera. Si parte per il test-ride. La seduta è comoda, c’è tanto spazio anche per chi ha le gambe lunghe, nonostante le dimensioni complessive restino comunque contenute.Anche la distanza sella-manubrio è a dir poco perfetta: garantisce una posizione di guida comoda e rilassata. L’avviamento elettrico è molto silenzioso, così come il motore da 150cc che equipaggia il nostro esemplare. I primi metri ci consentono di constatare l’estrema agilità e maneggevolezza del mezzo.La nuova Primavera è molto leggera, gira in un fazzoletto e s’infila ovunque. Il propulsore ha un’erogazione fluida e molto lineare. Non strappa mai pur assicurando un’ottima spinta.Anche l’allungo è entusiasmante ed è probabilmente l’unico elemento che rende diverse (ma neanche troppo) le performance della 150cc rispetto a quelle della 125cc (che abbiamo avuto il piacere di provare per una manciata di km).Non si avvertono vibrazioni su manubrio, sella e pedane; e il merito va al nuovo sistema di collegamento tra motore e scocca. Il comfort assicurato è, dunque, davvero elevato. Sgusciare nel traffico cittadino è un vero piacere.La frenata è decisa ma non mette mai in crisi il guidatore. Il sistema integrale funziona in modo impeccabile: a tal punto da rendere in parte inutile la presenza della leva del freno anteriore (un po’ spugnoso). Manca l’ABS, ma arriverà – ci assicurano – presto.E poi al semaforo nessuna paura: la nuova forma della pedana, stretta e sagomata nella parte centrale, garantisce anche ai meno alti un facilissimo appoggio dei piedi a terra.Altro punto di forza è la nuova sospensione anteriore. È ovviamente tarata sul morbido ed è caratterizzata da un’eccellente scorrevolezza. Grazie anche ai nuovi cerchi da 11 pollici, copia perfettamente le asperità dell’asfalto e garantisce un elevato livello di stabilità anche alle andature più sostenute.Insomma, lavora molto bene sia sul pavè che sulle strade a scorrimento veloce. Insomma, la nuova Vespa Primavera è una perfetta compagna di viaggio per chi vuole un mezzo che sia allo stesso tempo bello ed esclusivo – a tal punto da attirare l’attenzione dei passanti –, ma anche facile e comodo da usare tutti i giorni. Peccato solo doversene separare. La nostra prova è finita.Commercializzazione e prezziVespa Primavera è già disponibile presso tutte le concessionarie italiane nelle colorazioni MonteBianco, Blu Midnight, Rosso Dragon, Marrone Crete Senesi, Azzurro Marechiaro e Nero Vulcano.I prezzi partono dai 2.720 euro della versione 50cc a due tempi e salgono fino ai 2.820 della versione 4t, mentre la 125cc viene proposta a 3.700 euro e la 150cc a 3.900 euro.

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