Category Archives: Auto Classiche

F1 – Le più grandi scuderie create da piloti

La storia della F1 ha visto tante scuderie create da piloti ma poche in grado di portare a casa risultati importanti nel Circus.Di seguito troverete un elenco delle cinque scuderie di F1 più grandi create da piloti: la più vincente è senza dubbio la McLaren mentre la Brabham (fondata da Jack Brabham) è l’unico team iridato nato da un driver campione del mondo.1° McLaren (Regno Unito)STAGIONI IN F1: 51 (1966-)MONDIALI PILOTI: 12 (1974 con Emerson Fittipaldi, 1976 con James Hunt, 1984 con Niki Lauda, 1985, 1986 e 1989 con Alain Prost, 1988, 1990 e 1991 con Ayrton Senna, 1998 e 1999 con Mika Häkkinen, 2008 con Lewis Hamilton)MONDIALI COSTRUTTORI: 8 (1974, 1984, 1985, 1988-1991, 1998)
GP DISPUTATI: 801
VITTORIE: 182
POLE POSITION: 155
GIRI VELOCI: 154
PODI: 485DOPPIETTE: 47 2° Brabham (Regno Unito)STAGIONI IN F1: 30 (1962-1992)MONDIALI PILOTI: 4 (1966 con Jack Brabham, 1967 con Denny Hulme, 1981 e 1983 con Nelson Piquet)MONDIALI COSTRUTTORI: 2 (1966, 1967)
GP DISPUTATI: 394
VITTORIE: 35
POLE POSITION: 39
GIRI VELOCI: 41
PODI: 124DOPPIETTE: 83° Ligier (Francia)STAGIONI IN F1: 21 (1976-1996)MIGLIORI PIAZZAMENTI NEL MONDIALE PILOTI: 4° con Jacques Laffite (1979-1981)MIGLIOR PIAZZAMENTO NEL MONDIALE COSTRUTTORI: 2° (1980)
GP DISPUTATI: 326
VITTORIE: 9
POLE POSITION: 9
GIRI VELOCI: 9
PODI: 50DOPPIETTE: 14° Stewart (Regno Unito)STAGIONI IN F1: 3 (1997-1999)MIGLIOR PIAZZAMENTO NEL MONDIALE PILOTI: 7° con Rubens Barrichello (1999)MIGLIOR PIAZZAMENTO NEL MONDIALE COSTRUTTORI: 4° (1999)
GP DISPUTATI: 49
VITTORIE: 1
POLE POSITION: 1
GIRI VELOCI: 0
PODI: 5DOPPIETTE: 05° Surtees (Regno Unito)STAGIONI IN F1: 9 (1970-1978)MIGLIOR PIAZZAMENTO NEL MONDIALE PILOTI: 8° con Mike Hailwood (1972)MIGLIOR PIAZZAMENTO NEL MONDIALE COSTRUTTORI: 5° (1972)
GP DISPUTATI: 118
VITTORIE: 0
POLE POSITION: 0
GIRI VELOCI: 3
PODI: 2DOPPIETTE: 0
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Ford Fiesta, l’evoluzione del design

La Ford Fiesta è una delle piccole più amate in Europa: merito dell’ottimo rapporto qualità/prezzo, della grande affidabilità e anche (nel caso della sesta generazione attualmente in commercio) di un design riuscitissimo.Di seguito vi racconteremo la storia dello stile della “segmento B” dell’Ovale Blu, un’auto capace di attraversare oltre 40 anni e sette serie mantenendo lo stesso nome.Ford Fiesta prima generazione (1976)La prima generazione della Fiesta nasce nel 1976 per coprire l’assenza della Ford in un segmento – quello delle piccole – nel quale tutti i marchi concorrenti sono già presenti da diverso tempo.Disponibile esclusivamente a tre porte, presenta un design razionale che punta più sulla sostanza che sull’apparenza impreziosito da un frontale particolarmente riuscito. Nel 1981 è la volta di un leggero “lifting” che porta paraurti leggermente più grandi.Ford Fiesta seconda generazione (1982)La seconda generazione della Ford Fiesta – svelata nel 1982 – non è altro che un restyling della prima serie con forme più arrotondate.Ford Fiesta terza generazione (1989)Completamente nuova: la Ford Fiesta terza generazione del 1989 è una piccola moderna nei contenuti (finalmente arrivano le cinque porte) mentre lo stile – va detto, azzeccatissimo – non segue le ultime tendenze di sviluppo in altezza portando quindi ad un abitacolo non particolarmente spazioso se paragonato a quello di altre rivali come la Fiat Uno.In occasione del restyling del 1994 arrivano i paraurti in tinta con la carrozzeria (ridisegnati l’anno successivo per le versioni Pro).Ford Fiesta quarta generazione (1995)La quarta generazione della Ford Fiesta condivide il pianale con la terza serie e anche numerosi elementi dello stile (il giro porta della cinque porte è identico) ma si differenzia per forme esterne e interne più tondeggianti.In occasione del restyling del 1999 arriva un frontale più aggressivo.Ford Fiesta quinta generazione (2001)Con la quinta generazione – lanciata nel 2001 – la Ford Fiesta si presenta con un design più spigoloso (anche se non particolarmente originale) e con dimensioni maggiorate rispetto all’antenata. La versione a tre porte svelata pochi mesi dopo quella a cinque è leggermente diversa nella coda (lunotto più inclinato).Nel 2006 è la volta di un restyling: frontale e coda più “importanti” e plancia completamente ridisegnata e qualitativamente migliore.Ford Fiesta sesta generazione (2008)Nel 2008 la Ford Fiesta diventa sexy: il design della sesta generazione (anticipato dalla concept Verve mostrata l’anno prima a Francoforte) dice addio alle forme razionali e noiose della quinta serie per lasciare spazio a linee muscolose fuori e ad una plancia moderna (anche se un po’ troppo piena di pulsanti) dentro.In occasione del restyling del 2013 i designer intervengono sul frontale (ispirato a quello delle Aston Martin) e sui gruppi ottici posteriori (più chiari).Ford Fiesta settima generazione (2017)La settima generazione della Ford Fiesta condivide il pianale con l’antenata e ne riprende anche le proporzioni. Le modifiche più rilevanti al design riguardano la coda (ora con fari orizzontali per renderla più “premium”) e la plancia (caratterizzata da un ampio display).La vedremo in concessionaria fra pochi mesi in sei varianti: la “base” Plus, la “bestseller” Titanium, la “finta SUV” Active, l’elegante Vignale, la sportiveggiante ST-Line e la sportiva ST.
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Quando Surtees diventò costruttore in F1

John Surtees non è stato solo l’unico pilota a laurearsi campione del mondo in F1 e in quella che oggi si chiama MotoGP. Tra il 1970 e il 1978 il driver britannico si cimentò anche come costruttore nel Circus (senza però mai vincere un GP iridato): scopriamo insieme la storia di questo team.La storia del team Surtees in F1John Surtees decide di entrare nel Circus come costruttore nel Mondiale F1 1970. Per il debutto bisogna però attendere il GP di Gran Bretagna (settima prova stagionale) a causa di ritardi nella progettazione della monoposto (la TS7, dotata di un motore Ford Cosworth).I primi punti arrivano proprio grazie a John (5° in Canada) mentre negli USA una seconda vettura viene affidata al britannico Derek Bell (6°).Nel 1971 Surtees e il tedesco Rolf Stommelen regalano un po’ di punti importanti al team ma il miglior piazzamento stagionale arriva grazie ad un altro ex-motociclista inglese (Mike Hailwood, quarto in Italia).1972: un’ottima annataIl migliore anno per la Surtees è indubbiamente il 1972: quinto posto assoluto nel Mondiale F1 Costruttori e primo podio grazie alla seconda piazza rimediata da Hailwood (8° assoluto nel campionato Piloti) in Italia. Sempre a Monza John Surtees disputa il suo ultimo GP iridato di sempre.Altri punti utili arrivano dall’australiano Tim Schenken e dal nostro Andrea de Adamich.Gli ultimi squilli con PaceL’anno seguente il brasiliano Carlos Pace regala alla Surtees il secondo e ultimo podio della sua breve storia con un terzo posto in Austria. Il pilota brasiliano – l’unico capace di andare forte con la monoposto inglese – porta a casa anche un 4° posto nel suo Paese natale nel 1974 ma abbandona il team a metà stagione in seguito a dissidi interni.L’inizio della crisiLa crisi per la Surtees inizia con l’addio di Pace durante il Mondiale 1974 e si acuisce poco dopo con la scomparsa nel GP degli USA del pilota austriaco Helmuth Koinigg.Nel 1975 – per la prima e unica volta – la scuderia britannica non riesce ad andare a punti (miglior risultato l’8° posto dell’inglese John Watson in Spagna) mentre l’anno successivo – caratterizzato dall’arrivo di uno sponsor munifico e controverso (i profilattici Durex) – la situazione migliora grazie all’australiano Alan Jones (4° in Giappone).Gli ultimi anni con BrambillaLa Surtees affronta il Mondiale F1 1977 in piena crisi finanziaria e le uniche soddisfazioni arrivano grazie al nostro Vittorio Brambilla (4° in Belgio). Il driver lombardo regala alla scuderia britannica gli ultimi punti della sua storia nel 1978 (sesto posto in Austria), pochi mesi prima dell’addio definitivo al Circus.
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È morto John Surtees, icona della F1 (e delle moto)

John Surtees è morto oggi a Londra. L’unico pilota capace di diventare campione del mondo in F1 e in quella che oggi è chiamata MotoGP è scomparso a 83 anni.John Surtees: la storiaNato l’11 febbraio 1934 a Tatsfield (Regno Unito), comincia a correre con le moto (grazie al padre, rivenditore di mezzi a due ruote) già in giovanissima età e dopo aver trovato lavoro a 16 anni come apprendista presso la Casa motociclistica britannica Vincent inizia a farsi notare negli anni ’50 grazie a successi ottenuti contro piloti di maggiore esperienza.Le prime vittorie in motoNel 1952 John Surtees esordisce nel Motomondiale e porta a casa subito un punto nella classe regina 500 grazie al sesto posto rimediato in Irlanda del Nord in sella ad una Norton.La prima vittoria iridata arriva nel 1955 (in classe 250 con la NSU) in Irlanda del Nord e nello stesso anno arrivano due terzi posti in 350 (Germania e Irlanda del Nord) con la Norton.Dominio MondialeIl 1956 è l’anno in cui John Surtees diventa per la prima volta campione del mondo con le moto. Il pilota britannico conquista il titolo 500 con la MV Agusta grazie a tre vittorie (il primo podio iridato nella classe regina al TT, Olanda e Belgio) e non contento sale sul gradino più alto del podio in Belgio anche in 350.Nel 1958 vince sei gare su sette (TT, Olanda, Belgio, Germania, Irlanda del Nord e GP delle Nazioni), conquista i Mondiali 350 e 500 e si ripete l’anno seguente trionfando nientepopodimeno che in tutti i GP in calendario: sette in 500 (Francia, TT, Germania, Olanda, Belgio, Irlanda del Nord e GP delle Nazioni) e sei in 350 (Francia, TT, Germania, Svezia, Irlanda del Nord e GP delle Nazioni).L’ultima stagione di John Surtees nel Motomondiale coincide con altri due titoli iridati: cinque vittorie in 500 (Francia, TT, Belgio, Germania e GP delle Nazioni) e due in 350 (Germania e Irlanda del Nord).Il debutto in F1Surtees debutta in F1 con la Lotus nel 1960: esordisce con un ritiro a Monte Carlo ma sorprende tutti con un secondo posto nella seconda gara in carriera in Gran Bretagna. Nel corso della stagione risulta più lento dell’inglese Innes Ireland ma più rapido dello scozzese Jim Clark.Dalla Lotus alla Cooper alla LolaNel 1961 John Surtees si trasferisce alla Cooper (due quinti posti in Belgio e in Germania e risultati migliori del compagno britannico Roy Salvadori) mentre l’anno successivo passa alla Lola: due secondi posti in Gran Bretagna e in Germania e piazzamenti più convincenti di quelli di Salvadori.Gli anni in FerrariSurtees viene chiamato dalla Ferrari nel 1963 e ottiene la prima vittoria in F1 in Germania. Rispetto ai compagni di squadra è più veloce del belga Willy Mairesse e del nostro Ludovico Scarfiotti ma più lento di Lorenzo Bandini.Nello stesso anno John Surtees si fa notare anche nell’endurance quando al volante della Ferrari 250P sale sul gradino più alto del podio della 12 Ore di Sebring (in coppia con Scarfiotti) e della 1.000 km del Nürburgring (con Mairesse).Campione del mondo F1Nel 1964 Surtees diventa il primo (e per il momento unico) pilota capace di diventare campione del mondo in F1 e in quella che oggi si chiama MotoGP grazie a due vittorie in Germania e in Italia e a risultati migliori dei compagni Bandini, Scarfiotti e del messicano Pedro Rodríguez.L’anno successivo John Surtees inizia la stagione con un secondo posto in Sudafrica, trionfa nell’endurance alla 1000 km del Nürburgring con Scarfiotti e la 330 P2 e in Italia è costretto al ritiro per un problema al cambio mentre il nostro Nino Vaccarella riesce a terminare la corsa. Pochi giorni dopo a causa di un terribile incidente durante il test di una Lola è costretto a saltare il resto della stagione.Addio alla FerrariSurtees disputa i primi due GP del Mondiale F1 1966 con la Ferrari: vince in Belgio ma è meno in forma di Bandini. Il driver britannico lascia il Cavallino dopo essere stato escluso (per ragioni dovute all’incidente dell’anno prima) dalla 24 Ore di Le Mans (nonostante la vittoria alla 1000 km di Monza in coppia con l’inglese Mike Parkes) e si trasferisce alla Cooper.Con la monoposto britannica esordisce in Francia con un ritiro (mentre il coéquipier neozelandese Chris Amon riesce a terminare la gara) e chiude la stagione con una vittoria in Messico (e facendo complessivamente meglio dell’austriaco Jochen Rindt) in un Gran Premio che vede il ritiro del pilota locale Moisés Solana.Sempre nel 1966 John Surtees conferma le proprie doti di pilota eclettico portando a casa – al volante di una Lola – la prima edizione del campionato nordamericano Can-Am.Gli anni alla HondaSurtees viene chiamato dalla Honda nel 1967 e ottiene l’ultimo trionfo in F1 della sua carriera a Monza regalando alla Casa giapponese il secondo dei tre successi totali nel Circus.L’anno successivo John Surtees porta a casa un secondo posto in Francia (meglio del driver locale Jo Schlesser).L’ultimo podioNel 1969 – grazie ad un terzo posto negli USA – Surtees conquista al volante della BRM l’ultimo podio in carriera in F1 in  una stagione più convincente di quella del compagno britannico Jackie Oliver.Nasce il team SurteesJohn Surtees si mette in proprio e decide di affrontare il Mondiale F1 1970 come costruttore: dopo aver corso quattro GP come privato con una McLaren (6° in Olanda)  a causa dei ritardi nello sviluppo della nuova monoposto ottiene con una Surtees il quinto posto in Canada. Negli USA – unico GP dell’anno corso insieme ad un coéquipier – si ritira mentre l’inglese Derek Bell va a punti.Nel 1971 esordisce con un ritiro in Sudafrica (mentre il britannico Brian Redman taglia il traguardo), in Gran Bretagna se la cava meglio di Bell mentre nell’ultima prova stagionale negli USA è più rapido del pilota locale Sam Posey. Una stagione nella quale il driver inglese risulta complessivamente più rapido del tedesco Rolf Stommelen ma più lento del britannico Mike Hailwood.John Surtees corre l’ultimo GP di F1 della sua carriera in Italia (ritirato, Hailwood secondo) nel 1972. Nello stesso anno Hailwood alla guida di una Surtees si laurea campione europeo di F2.Dopo le corseSurtees dopo aver appeso il casco al chiodo apre una concessionaria di moto e una di auto e fino al 1978 si occupa della scuderia da lui fondata.Nel 1991 nasce Henry Surtees: il figlio di John Surtees decide di intraprendere la carriera di pilota ma perde la vita nel 2009 – a soli 18 anni – colpito alla testa da un pneumatico vagante durante una gara di F2.John Surtees muore a Londra (Regno Unito) il 10 marzo 2017.
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Itala Tipo 50 (1919): il simbolo della rinascita

La Itala Tipo 50 – prodotta dal 1919 al 1926 – è stata la prima vettura della Casa torinese costruita dopo la Prima Guerra Mondiale. Le sue quotazioni recitano 36.000 euro ma oramai si trova solo nei musei: un esemplare, ad esempio, è visibile presso il bellissimo Museo Nicolis di Villafranca di Verona.Itala Tipo 50 (1919): le caratteristiche principaliLa Itala Tipo 50 – nata nel 1919 e progettata da Alberto Orasi – rappresenta un simbolo della rinascita del marchio piemontese, diventato famoso agli inizi del ‘900 grazie alla conquista della prima Targa Florio nel 1906 e della Pechino-Parigi nel 1907 e impegnato durante la Prima Guerra Mondiale nella realizzazione di motori aeronautici su licenza Hispano-Suiza.Un marchio importante dalla vita breve che scomparirà ufficialmente dalle scene nel 1934.Itala Tipo 50 (1919): la tecnicaIl motore adottato dalla Itala Tipo 50 – costruita dal 1919 al 1926 – è un 2.8 a quattro cilindri che consente alla vettura torinese di raggiungere una velocità massima di 80 km/h.Itala Tipo 50 (1919): le quotazioniLe quotazioni della Itala Tipo 50 del 1919 recitano ufficialmente 36.000 euro ma in realtà stiamo parlando di un’auto d’epoca impossibile da trovare in vendita. Più facile rintracciare qualche esemplare nei musei.
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Lamborghini PoloStorico: un nuovo centro per le auto d’epoca del Toro

Si chiama Lamborghini PoloStorico il nuovo centro inaugurato a Sant’Agata Bolognese dedicato alle auto d’epoca del Toro.Uno spazio destinato al restauro e alla certificazione delle Lamborghini fuori produzione da almeno 10 anni (dalla 350 GT alla Diablo) oltre che alla conservazione di archivi e registri e alla fornitura di ricambi originali (il magazzino copre oltre il 65% dei componenti del modelli storici della Casa emiliana e può fornire su richiesta pezzi aggiuntivi).Lamborghini PoloStorico si appresta a diventare un punto di riferimento per i clienti di Lamborghini classiche di tutto il mondo e in caso di restauri si occupa anche del trasporto delle vetture (mezzi che in caso di “trattamento” completo possono rimanere in Italia anche due anni).Lamborghini PoloStorico: il comitato di espertiDurante la presentazione di Lamborghini PoloStorico è stata anche annunciata la costituzione ufficiale di un comitato di esperti, responsabile dell’accuratezza delle fonti storiche ufficiali, della loro documentazione, dei processi di fabbricazione e delle specifiche dei modelli storici.Un sistema a due livelli che prevede un Comitato dei Saggi composto da tre membri: Maurizio Reggiani (attuale membro del Board per la Ricerca e Sviluppo, in Lamborghini dal 1998), Giampaolo Dallara (direttore tecnico Lamborghini dal 1963 al 1969, anni in cui sono nate la 350 GT, la Miura, la Marzal e la Espada) e Mauro Forghieri (direttore tecnico del reparto corse Lamborghini Engineering alla fine degli anni ’80 nonché punto di riferimento per tutte le questioni riguardanti il motorsport all’interno di Lamborghini PoloStorico).Il secondo livello del comitato (Commissioni Tecniche) è invece composto da team interni di R&D, design, produzione e altri reparti, oltre che da esperti esterni responsabili della ricerca e documentazione di dati storici, compresi policy e registri riguardanti progettazione e produzione, dati tecnici, fornitori e informazioni di archivio che comprendono materiali sul marchio, comunicati stampa e documentazione relativa agli eventi.I primi quattro progetti che vedono coinvolti i due comitati riguardano le distinta base che consentiranno di riprodurre ricambi originali, le immagini storiche dei modelli classici Lamborghini, la certificazione del numero esatto di vetture prodotte per ogni modello e versione differenti e la definizione dei codici colori degli interni e delle parti esterne.
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Pio Manzù, il giovane talento del design italiano

Pio Manzù può essere considerato uno dei più importanti designer italiani di sempre. Gli appassionati di design lo ricordano per l’orologio Cronotime e per la lampada Parentesi (sviluppata in seguito da Achille Castiglioni) mentre per gli esperti di auto è il ragazzo che morì a soli 30 anni mentre stava andando a mostrare ai vertici Fiat il progetto definitivo della 127. Scopriamo insieme la storia di questo “enfant prodige” dello stile.Pio Manzù, la biografiaPio Manzù (vero nome Pio Manzoni) nasce a Bergamo il 2 marzo 1939. Figlio del noto scultore Giacomo Manzù, dopo aver conseguito il diploma classico a Milano si trasferisce nel 1960 in Germania per studiare nella prestigiosa Scuola di Design di Ulm.Appassionato di auto, vince il suo primo premio già a 23 anni quando si aggiudica il concorso internazionale Annèe Automobile con un progetto su base Austin Healey 3000 realizzato da Pininfarina ed esposto ai Saloni di Londra e Torino.I primi lavoriPio Manzù riceve un altro riconoscimento nel 1963 (dall’Associazione Industriale tedesca) e l’anno seguente alterna il lavoro di assistente presso la scuola di Ulm con alcune collaborazioni con il Corriere della Sera e con riviste di design.Nel 1965 termina gli studi in disegno industriale a Ulm e si diploma con una tesi dal titolo “Design di un trattore da 80 CV”: un mezzo caratterizzato da un roll-bar che protegge il guidatore in caso di ribaltamento. Nello stesso anno realizza due concept “marchiate” Autonova: la GT (una sportiva che viene mostrata allo stand NSU del Salone di Francoforte) e la monovolume Fam (in grado di offrire tanto spazio e cinque porte in soli tre metri e mezzo di lunghezza).La famaPio Manzù viene riconosciuto come uno dei designer italiani più talentuosi in circolazione: nel 1967 diventa membro della giuria del premio “Compasso d’oro” ADI, realizza un autobus per l’azienda tedesca Magirus-Deutz e un portamatite da scrivania per Kartell e svolge servizi di consulenza per Fiat (che per la prima volta nella sua storia si rivolge ad uno stilista esterno), Piaggio e Olivetti.L’anno successivo vengono svelate le prime due collaborazioni con la Casa automobilistica torinese: il Fiat City Taxi, un concept di taxi da città esposto al Salone di Torino il cui design servirà come spunto per la 126, e l’Autobianchi Coupé, prototipo di una sportiva a basso costo con motore centrale e carozzeria in poliestere. Degno di nota anche Cronotime, il primo orologio italiano a transistor: un oggetto ancora oggi presente nel catalogo Alessi esposto nientepopodimeno che al MOMA di New York.La 127 e la morteIl 26 maggio 1969 Pio Manzù perde la vita in un incidente stradale a Brandizzo, in provincia di Torino, al volante della sua Fiat 500 mentre si sta recando dai vertici della Casa piemontese per mostrare il modello in scala 1:1 della vettura che diventerà – nel 1971 – la 127. Sempre in quell’anno debutterà sul mercato la lampada Parentesi: una sua idea – sviluppata da Achille Castiglioni – vincitrice del Compasso d’Oro 1979 e ancora oggi nel catalogo Flos.
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March 711: la prima F1 di Niki Lauda

La March 711 non ha mai vinto un GP di F1 valido per il Mondiale ma è indubbiamente una delle monoposto più originali mai scese in pista. Scopriamo insieme la storia della vettura britannica, la prima guidata nel Circus da Niki Lauda.March 711: la storiaLa March 711 – sviluppata per correre il Mondiale F1 1971 – è la seconda monoposto sviluppata dalla scuderia britannica e ha il duro compito di raccogliere l’eredità della 701, capace di conquistare l’anno prima al debutto una vittoria e il terzo posto a sorpresa nel campionato Costruttori.Inizialmente i tecnici del team inglese pensano di puntare sul motore 3.0 V8 Alfa Romeo ma dopo aver visto le scarse prestazioni del propulsore del Biscione (unite ad un’affidabilità non eccezionale) viene deciso di ritornare al robusto tre litri V8 Ford Cosworth. Gli unici risultati importanti ottenuti da questa monoposto arriveranno proprio grazie a quest’ultima unità.1971La March 711 debutta nel Mondiale F1 1971 nel GP del Sudafrica con tre piloti: il nostro Andrea de Adamich, lo svedese Ronnie Peterson (10° al traguardo) e lo spagnolo Alex Soler-Roig.Le prime soddisfazioni arrivano a Monte Carlo, nel terzo appuntamento iridato, con il secondo posto a sorpresa di Peterson: primo podio per la monoposto inglese e primo piazzamento in “top 3” per il talento scandinavo.Ronnie torna sul podio con la March 711 in Gran Bretagna (2°) mentre in Austria debutta un giovane pilota locale (un certo Niki Lauda) destinato alla grandezza. In Italia Peterson arriva secondo dietro alla BRM del britannico Peter Gethin nel GP più combattuto della storia della F1: un centesimo di secondo di distacco tra i primi due e i primi cinque piloti racchiusi in poco più di sei decimi.Peterson continua a sfiorare il successo (secondo in Canada e terzo negli USA) senza però mai riuscire a salire sul gradino più alto del podio. La March chiude il Mondiale F1 1971 in quarta posizione (stessi punti della Ferrari, terza, ma con meno vittorie all’attivo) e Ronnie secondo nel campionato Piloti e primo tra gli “umani” considerando il dominio assoluto di Jackie Stewart con la Tyrrell.1972Nel 1972 la March 711 – mandata in pensione dal team ufficiale – viene affidata a scuderie private e riesce ad andare a punti in due occasioni grazie al driver brasiliano Carlos Pace (6° in Spagna e 5° in Belgio).
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Le berline Cadillac Serie 62 degli anni ’50

Tra il 1953 e il 1958 la berlina (anche se sarebbe meglio chiamarla ammiraglia, viste le dimensioni) Cadillac Serie 62 beneficiò di numerosi cambiamenti attraversando tre generazioni e un aumento di potenza considerevole (da 210 a 310 CV). Oggi in Italia si trovano soprattutto gli esemplari della quarta serie (quelli costruiti tra il 1954 e il 1956) con quotazioni che oscillano tra i 25.000 e i 35.000 euro.Le berline Cadillac Serie 62 degli anni ’50: le caratteristiche principaliGli anni ’50 per la Cadillac Serie 62 berlina si aprono a nostro avviso nel 1953: nell’ultimo anno di produzione della terza generazione svelata nel 1948 arrivano importanti modifiche di design (alla mascherina e al lunotto, diventato un pezzo unico) che allontanano il modello dallo stile del secondo dopoguerra.La quarta generazione del 1954 – quella più facile da trovare – porta linee più filanti caratterizzate da vistosi rostri sui paraurti e da un parabrezza avvolgente ispirato a quello della Eldorado. L’anno seguente è la volta di alcune modifiche alla griglia mentre nel 1956 debutta la versione Hardtop de Ville, la prima quattro porte hard-top di sempre per la Casa statunitense. Una variante lussuosa – molto semplice da rintracciare, anche in Italia – che già nel primo anno di commercializzazione sorpassa nelle vendite la berlina tradizionale.La quinta generazione della Cadillac Serie 62 berlina vede la luce nel 1957 e si distingue dall’antenata per il baricentro ribassato (merito del nuovo telaio tubolare a X) e per la presenza di sole varianti hard-top – “normale” o de Ville – caratterizzate da una coda voluminosa.Nel 1958 – in concomitanza con una riduzione delle dimensioni delle pinne – sbarca in listino la variante Extended Deck, più lunga di 21 cm e con un bagagliaio ancora più grande.Le berline Cadillac Serie 62 degli anni ’50: la tecnicaGli ingegneri Cadillac intervengono pesantemente sul motore della Serie 62 tra il 1953 e il 1958. Nel 1953 sotto il cofano si trova un 5.4 V8 da 210 CV (20 in più del Model Year 1952) e con il passaggio alla quarta generazione la potenza sale a quota 230.Nel 1955 la cavalleria arriva a 250 mentre l’anno seguente l’unità “331” (pollici cubi) viene rimpiazzata da un 6.0 – sempre, naturalmente, V8 – da 285 CV. Un propulsore che arriva a 300 CV nel 1957 e addirittura a 310 (con possibilità di salire – pagando – a 335) nel 1958.Le berline Cadillac Serie 62 degli anni ’50: le quotazioniLe Cadillac Serie 62 berlina più interessanti dal punto di vista storico sono anche quelle più facili da trovare: quelle costruite dal 1954 al 1956. Per le “normali” vale la pena spendere 25.000 euro e si può salire a oltre 30.000 per le più curate Sedan de Ville, a patto che siano ben tenute.
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Brawn GP, la F1 regina del 2009

La storia della Brawn GP in F1 non è molto lunga. La scuderia britannica corse infatti solo nel Mondiale 2009 portando a casa due titoli iridati (Piloti con Jenson Button e Costruttori) grazie ad una soluzione tecnica rivoluzionaria: il doppio diffusore. Scopriamo insieme la storia dell’ultimo team inglese iridato nel Circus.Brawn GP: la storiaLa storia della Brawn GP inizia nel dicembre 2008 quando la Honda – a causa della crisi economica – decide di ritirarsi dalla F1 dopo tre stagioni sotto le aspettative.Il 6 marzo 2009 la scuderia giapponese viene acquistata dal suo team principal Ross Brawn (artefice dei successi iridati di Michael Schumacher con la Benetton e con la Ferrari) e cambia nome in Brawn GP mantenendo gli stessi due piloti: il britannico Jenson Button e il brasiliano Rubens Barrichello.Nello stesso giorno viene svelata la monoposto: la BGP 001, progettata da ingegneri Honda ma adattata per ospitare motori Mercedes, presenta una verniciatura bianca e gialla (omaggio alla banana, cibo preferito di Ross Brawn) e un doppio diffusore. Una trovata tecnica rivoluzionaria che sfrutta una falla nel regolamento e che permette alla vettura “british” di avere un carico aerodinamico nettamente superiore a quello delle rivali.Doppietta al debuttoDopo aver brillato nei test la Brawn GP sorprende tutti anche al debutto nel Mondiale F1 2009 con una doppietta nel GP d’Australia (1° Button, secondo Barrichello). Ferrari, Red Bull e Renault protestano contro la soluzione del doppio diffusore adottata anche da Toyota e Williams ma la Federazione non riscontra violazioni al regolamento.La scuderia britannica vince ancora in Malesia con Button (che porta al team inglese il primo giro veloce della sua storia) in un GP interrotto dalla pioggia e si ripete in Bahrein, in Spagna (2° Barrichello), a Monte Carlo (2° Barrichello) e in Turchia.Segnali di crisiIl 21 giugno Button per la prima volta non sale sul podio (nel GP di Gran Bretagna Barrichello chiude in terza posizione) mentre in Germania nessuna delle due Brawn GP riesce a chiudere in “top 3”. La situazione si ripete dopo due settimane in Ungheria.Il riscatto di BarrichelloBarrichello porta a casa la prima vittoria al volante della Brawn GP a Valencia e si ripete a Monza con l’ultima doppietta (nonché l’ultimo successo) per la scuderia britannica.Due Mondiali in un annoLa Brawn GP comincia ad essere meno performante delle concorrenti ma gli ottimi risultati ottenuti nella prima parte della stagione permettono alla scuderia inglese di amministrare il vantaggio. In Brasile Button diventa campione del mondo grazie al quinto posto a Interlagos e il team britannico si aggiudica il titolo Costruttori regalando al Regno Unito un Mondiale “marche” che mancava da undici anni.La sorprendente scuderia creata da Ross Brawn chiude la stagione (e l’attività) con un terzo posto di Button.Fine dei giochiQuindici giorni dopo l’ultimo Gran Premio iridato Ross Brawn vende la Brawn GP alla Mercedes e al fondo Aabar di Abu Dhabi. Nasce la scuderia Mercedes di F1, destinata a grandi cose. Ma questa è un’altra storia…
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