PUROSANGUE
La Porsche GT3 Cup N.70 appartiene alla categoria Silver Cup, quindi non compete per il primo posto assoluto. Il motivo è semplice: deriva dalla Porsche GT3 991 Mk1, quindi monta un 6 cilindri boxter 3.8 litri anziché il 4.0 litri delle nuove vetture. In pratica: prende circa 2-2,5 secondi al giro rispetto alle vetture che competono per l’assoluto. Per motivi di affidabilità il motore della 911 GT3 cup è meno potente e ha un limitatore di giri posto più in basso rispetto alla versione stradale. Il flat six della GT3 Cup così produce 460 CV a 7.500 giri/min (contro i 475 CV a 8.500 giri/min), ma considerando che il peso è di appena 1.200 kg (quasi 230 kg in meno rispetto alla versione stradale), va comunque molto, ma molto più forte. La Cup mantiene una posizione di guida piuttosto naturale, lontana da quella da “formula” delle versioni GT3R e RSR. Dentro ovviamente è stata spogliata di tutto, dietro spunta un’ala grande come un campo da calcio, mentre “sotto” rimane lo stesso schema di sospensioni della vettura stradale (McPherson all’anteriore e multilink al posteriore), ma con la possibilità di regolare camber, convergenza, altezza e angolo di incidenza. I cerchi da 18” (la stradale monta i 20”) calzano pneumatici Michelin slick da 27/65 all’anteriore e 31/71 al posteriore.
Il cambio sequenziale da corsa, gli enormi dischi in acciaio (il sistema ha anche l’ABS regolabile in 11 livelli) completano il pacchetto. Accendiamo i motori.
PORSCHE MOTORSPORT
Secco, spregiudicato, minaccioso: il suono del flat six ai bassi regimi è uno spettacolo, quando si spalanca il gas è commovente. Anche se mancano quei mille giri all’appello, l’allungo del 3,8 litri da corsa dà i brividi. Il secondo rumore che pervade l’abitacolo è quello della trasmissione. Il sibilo del cambio da corsa e lo sferragliamento del differenziale sono così forti da sovrastare quasi il suono del motore; ad ogni scalata vi sembra quasi di vedere l’ingranaggio del cambio che casca da un rapporto all’altro.
Sto affrontando la mia ora di prove libere (c’è solo una sessione), e cerco di aumentare la velocità per gradi, spingendo sempre di più, giro dopo giro. La Porsche GT3 Cup assomiglia parecchio alla versione stradale: il sedere grosso e pesante fa sì che la trazione in uscita di curva sia immensa. Si può pestare sull’acceleratore con violenza anche in prima e in seconda marcia senza troppe preoccupazioni, almeno finché la gomma è fresca. Nelle curve veloci la Cup trasmette ancora più sicurezza della vettura stradale: l’alettone posteriore è così grande che potete cavare il gas in quinta prima del famoso “curvone” di Velleunga e ottenere un trasferimento di carico davvero minimo, e il sederone rimane incollato a terra.
Paradossalmente, quella curva fa molta più paura con una vettura da 200 CV con poco carico aerodinamico. Il muso della vettura da corsa è più saldo al terreno, ma è pur sempre leggero, quindi l’approccio alla guida non cambia. Bisogna cercare di frenare “profondi” fin dentro la curva, cercando di tenere l’anteriore carico. Una volta arrivati alla corda, bisogna usare tanto sterzo, spigolare la curva e liberare l’auto il prima possibile raddrizzando il volante e infierendo sul pedale destro. Tutto queste accade molto velocemente, e la vera difficoltà del guidare la Cup sta nello spostare i propri limiti ancora più in alto. Accelerare prima, portare in curva più velocità, frenare tardi, molto tardi. L’ABS è regolabile in 11 posizioni, dove l’undicesima è quella più vicina “all’OFF”: bisogna pestare con tanta forza sul pedale del freno, ma la facilità con cui si limano grosse fette di velocità è scioccante. Si può franare “alla morte” ma la GT3 rimane ferma e composta, anche nelle scalate più cattive.
Un’ora di prove libere è andata: sono ad un decimo dal primo delle vetture Silver, a 3,5 secondi dal primo delle vetture 4.0. Posso ritenermi soddisfatto.
CORSE E METODO
La raccolta dei dati è fondamentale per un pilota. Assimilare informazioni, sensazioni, capire dove migliorare, studiare: tutto questo, nel motorsport, è quasi più importante di saper schiacciare l’acceleratore. Fabrizio Gollin e Bruno (l’ingegnere di pista con la “I”maiuscola) mi hanno formato e teleguidato durante tutto il weekend. La telemetria racconta che tendo a fare ancora qualche traiettoria da “trazione anteriore”, ma per il resto ci siamo. Quando si è ad un decimo dal primo tempo è questione di dettagli, ma i dettagli da correggere sono i più importanti, e spesso anche i più difficili.
Raccogliere tutte le energie, tutta la concentrazione in tre giri: questa è la qualifica. Tre tentativi, dopodiché la gomma nuova perde quel vantaggio, e il tempo buono non esce più. Non è un grande sforzo fisico (non se paragonato alle libere o alla gara), ma mentalmente lo è.
La gomma nelle corse è la chiave di tutto. Bisogna scaldarla bene nel primo giro di preparazione alla qualifica, stando attenti a non rovinare la carcassa. Accelerare e frenare forte, in modo che il disco scaldi il cerchio, e il cerchio scaldi la gomma. Seghettare leggermente il volante in percorrenza, in modo da scaldare la mescola facendo “sfregare” i polimeri. È affascinante.
Parto. Buonino il primo giro, anche il secondo. La gomma nuova abbassa i tempi di circa un secondo al giro, così stacco un 1,37,06 e un 1,37,03. Ho ritmo, sono caldo, e tento un giro al limite. La gomma nuova mi permette di dare gas con ancora più violenza, così finisco per guidare un po’ troppo cattivo, con qualche rischio, ma il cronometro mi da ragione: 1,37,00. Sono primo di Classe, a 2,5 secondi dal miglior tempo dei 4.0!