Category Archives: Prove Su Strada

Peugeot 2008: avventuriera e non solo nel look

C’è un’isola felice nella crisi che stringe da mesi il mondo dell’auto, un segmento che non conosce flessioni e, anzi, continua a raccogliere consensi. Parliamo delle urban crossover, modelli che coniugano gli ingombri di un’utilitaria con l’abitabilità di una monovolume. Alla Peugeot ci hanno creduto per primi, o quasi, ed ecco la 2008.Una proposta innovativa, che recepisce tutte le soluzioni tecniche ed estetiche della piccola 208 reinterpretandole in chiave “avventurosa”. L’aspetto, infatti, è reso più accattivante dalle sospensioni rialzate e dai ripari sottoscocca, mentre le coperture M+S di serie garantiscono il giusto controllo su ogni tipo di terreno.Poi c’è il Grip control (optional a 350 euro in abbinamento ai cerchi da 17 pollici): un originale dispositivo elettronico in grado di potenziare la motricità sui fondi a scarsa aderenza, sfruttando le potenzialità dell’ESP e dell’ASR, di serie. Bella novità per una vettura a trazione anteriore destinata alla città, con una vocazione per il fuoristrada leggero e il carattere da sportiva (ma sempre con un occhio rivolto all’ambiente).Città: non ha tanti cavalli ma si muove sempre fluidaI risultati commerciali di tutta Europa lo confermano: le piccole crossover sono la nuova frontiera della mobilità urbana. Anche la 2008 ha tutte le carte in regola per “sfondare”, sebbene rischi di cannibalizzare le quote di mercato della 208: ha dimensioni esterne compatte (è lunga 416 centimetri ed è larga 174 cm), ma non rinuncia allo spazio a bordo.L’accesso è favorito dalla cinque porte di serie e dall’abitacolo rialzato. In marcia, poi, la visibilità è ottima – l’ideale in mezzo al traffico – mentre in manovra il taglio della coda e la forma del lunotto suggeriscono di affidarsi ai bip-bip dei sensori di parcheggio (offerti di serie).Sotto il cofano pulsa un motore 1.6 turbodiesel da 92 CV; non sono molti, ma sufficienti per muoversi con disinvoltura tra le vie del centro. La ripresa è fluida lungo tutto l’arco d’erogazione, così basta sfiorare il pedale del gas per ottenere prestazioni brillanti. A beneficiarne sono i consumi che, senza troppi sacrifici, si assestano intorno ai 16 km/litro. Parte del merito, in verità, va all’efficiente sistema stop&start, sempre rapido e preciso.Fuori città: l’assetto è divertente e sicuroDietro le sembianze da piccola avventuriera e le dimensioni a prova di posteggio si nasconde un progetto moderno e riuscito, capace di regalare tanto divertimento. L’assetto rigido (ma senza eccessi) permette di affrontare curve e tornanti in piena sicurezza e senza sacrificare il comfort.È su questo tipo di percorso che si ottengono le migliori percorrenze. Grazie alla buona coppia massima (230 Nm disponibili dai 1.750 giri/min) non serve spremere il quattro cilindri; al contrario, snocciolando rapidamente le cinque marce, otteniamo le migliori performance e alziamo l’asticella dei consumi fino ai 25 km/litro: niente male.Volendo “sporcarci” un po’, facciamo affidamento sul Grip control. Il suo selettore prevede cinque tarature dell’ESP: normale o disattivato, neve, fuoristrada e sabbia. Si può optare per la selezione più adatta al percorso, favorendo la trazione, la tenuta di strada e, in caso di difficoltà, il disimpegno. E le gomme M+S danno un altro prezioso aiutino.Autostrada: si sente la mancanza della sestaLe premesse per un bel viaggio ci sono tutte: il telaio ha un bilanciamento ottimale e il comportamento stradale, eccellente, lo conferma. Il piccolo diesel, poi, spinge con decisione. Una volta entrati in autostrada, si arriva presto alla velocità consentita dal Codice.Visto il proliferare dei Tutor, è meglio usare il Cruise control (di serie) che, tra l’altro, aiuta a rilassarsi e tiene a bada i consumi: rileviamo infatti una media di 22 km/litro. Peccato manchi la sesta marcia, disponibile solo con il cambio robotizzato BMP6 (optional a 800 euro): avrebbe migliorato ulteriormente la percorrenza e la rumorosità in abitacolo, vera nota dolente di questo modello oltre i 2.500 giri/min.Promosse a pieni voti, invece, le sospensioni con taratura sportiva che assorbono egregiamente ogni asperità e trasmettono il giusto feeling al guidatore (merito anche dell’ottimo sterzo ad assistenza variabile). Infine, la frenata è sempre all’altezza del peso e delle prestazioni.Vita a bordo: diventa in pochi secondi la tua autoMettersi al volante e sentire l’auto subito familiare: una sensazione che poche vetture sanno dare. La 2008 è così: grazie alle sospensioni rialzate si “domina” la strada, mentre il volante piccolo e la seduta avvolgente (e confortevole) trasmettono un senso di sicurezza e sportività (poi confermato dalle doti stradali).L’ambiente è piacevole, merito della plancia moderna e farcita di tanta tecnologia intuitiva: un pratico touchscreen da 7 pollici permette di gestire il navigatore (optional a 565 euro), la radio con lettore multimediale e il vivavoce con un semplice tocco. I comandi del clima automatico e bizona sono più in basso, mentre sul tunnel centrale troviamo la manopola del Grip control.Peccato che scarseggino i vani per riporre i piccoli oggetti, mentre abbonda lo spazio destinato ai passeggeri, sia davanti sia sul divanetto posteriore. Notevole pure la qualità delle finiture e dei materiali, con il plus dei rivestimenti in pelle, disponibili su richiesta a 900 euro. Non si paga, invece, l’originale padiglione con intagli laser retroilluminati che regalano un’atmosfera gradevolmente hi-tech. E sullo sconnesso non si avvertono scricchiolii: segno di un montaggio accurato e solido.Prezzo e costi: ha una dotazione molto riccaPrima di “dare i numeri” è bene precisare un aspetto: per quanto destinata soprattutto alla mobilità urbana, la 2008 non si può classificare come semplice utilitaria. Già perché, se per ingombri e prestazioni può essere paragonata alla berlina da cui deriva, la 208, per spazio nell’abitacolo e guidabilità questa crossover fa invidia a modelli di gamma più alta e con listini più impegnativi.Ecco allora che i 20.900 euro richiesti per l’allestimento Allure (il più completo) con motorizzazione turbodiesel HDi da 92 CV non sembrano troppi. Certo, bisogna mettere in conto altri 350 euro (ben spesi) per portarsi a casa i cerchi da 17” e il Grip control, mentre ce ne vogliono addirittura 565 per il navigatore. Il resto è (quasi) tutto di serie.La quotazione del mercato, inoltre, promette bene e il consumo medio supera agevolmente i 21 km/litro (ma il risparmio continua grazie ai costi di gestione, bollo e assicurazione in primis, ridotti).Sicurezza: mancano alcuni dispositivi “attivi”Non è semplice realizzare un’auto come la 2008. La piccola di Mulhouse (dove ha sede lo storico stabilimento Peugeot in Francia) ha caratteristiche commutate da diversi segmenti: è compatta e leggera, ma anche spaziosa e alta da terra. E offre un buon livello di comfort e sicurezza.Non stupisce se il progetto è riuscito: il rassicurante comportamento stradale lo conferma. La tenuta di strada non è mai in discussione e perfino sui fondi con scarsa aderenza il controllo della vettura resta elevato. Merito, in questo caso, degli pneumatici Mud&Snow di serie, che fanno coppia con il Grip control, l’originale selettore di guida per fondi scivolosi.Completano il pacchetto sei airbag, le luci diurne a Led e i fendinebbia con funzione cornering, mentre mancano (anche a pagamento) tutti i più recenti sistemi di sicurezza attiva, quelli che “leggono” la strada e prevengono il rischio di collisione.

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Fiat 500L Trekking: il “cinquone” che non teme fango, sassi e neve

Cavallo vincente non si cambia. Ed ecco che gli ingegneri del Lingotto tornano a sfruttare il pianale della 500L, sfornando la versione dal sapore country di un modello ormai proposto in più varianti (anche a sette posti con carrozzeria allungata).Rispetto alla sorella “urbana”, la Trekking si distingue per i paraurti dal look avventuroso con modanature laterali dedicate, un’altezza da terra maggiorata del 10% grazie alle sospensioni rialzate, i cerchi in lega da 17’’ diamantati con un disegno dedicato e le cornici dei gruppi ottici anteriori e posteriori satinate anziché cromate. Nonostante questi accorgimenti, che le regalano un po’ di grinta in più (almeno nel look, visto che sotto il profilo della meccanica cambia poco rispetto alle altre versioni), la Trekking non perde il suo aspetto simpatico e, perché no, a tratti un po’cartoon.Sotto il cofano della versione in prova si trova il propulsore più consono per l’utilizzo di questa vettura: il 1.6 Multijet che, grazie ai suoi 105 CV, spinge bene ai bassi e ai medi regimi. Oltre tende a calare un po’, ma in ogni caso il motore risponde sempre in modo soddisfacente alle richieste del nostro piede destro. Non manca, infine, un sistema elettronico per migliorare le capacità di trazione quando il fondo diventa scivoloso e potrebbe intrappolare la vettura: basta premere un pulsante e i chip vengono in aiuto.Città: 500 di nome, ma non è un’utilitariaCompatta, ma non troppo. Con i suoi 4,27 m di lunghezza trovare parcheggio in centro non è facile come nel caso della “vera” 500 a tre porte. Ma se siete preoccupati di graffiare il vostro nuovo scintillante paraurti, nell’ardua impresa di incastrare la macchina nell’ultimo pertugio rimasto, niente paura: Fiat offre tra gli optional i sensori e la telecamera di parcheggio posteriore, rispettivamente a 252 e 303 euro.La seduta di guida alta permette, inoltre, una buona percezione degli ingombri e un maggiore senso di sicurezza e di controllo della situazione intorno a noi. In città si apprezzano i comandi morbidi (specialmente selezionando la modalità City per lo sterzo), che non affaticano il guidatore nemmeno dopo le interminabili code dell’ora di punta. Comodo anche l’assetto, che non risulta mai troppo rigido sul pavè cittadino e sui dossi.Il motore dà il meglio di sé tra le strade cittadine, dove si può sfruttare tutta la coppia erogata ai bassi regimi. Di serie il sistema stop&start: non è molto preciso, ma aiuta a risparmiare un po’ di carburante. La percorrenza media rilevata è stata pari a 15,2 km/l.Fuori città: fuoristrada? Si, ma senza esagerareLa gita con la famiglia nel weekend. Altro non aspetta la monovolume torinese se non sgranchirsi le gambe con un bel viaggetto fuoriporta, con un po’ di polvere e fango come dessert. Sia chiaro: non è una 4×4 (si dovrà aspettare l’uscita della 500X, prevista il prossimo luglio), visto che la trazione rimane puramente anteriore.C’è però il sistema Traction+, azionabile tramite un pulsante posto in fondo al tunnel centrale, che simula un differenziale autobloccante elettromeccanico, sfruttando l’ESP e l’ABS (di serie). Bisogna ricordare che tutta questa elettronica consente soltanto qualche escursione in fuoristrada semplice, senza che si debbano valicare canali o fossi.Il grip è buono anche per i pneumatici M+S, veri invernali con tanto di marchio snowflake, montati di serie su tutta la gamma Trekking. Tuttavia, sulle strade asfaltate, se le temperature sono alte, con le gomme termiche la frenata tende un po’ ad allungarsi. Il consumo medio è stato di 20,6 km/l.Autostrada: comoda, facile e poco assetataI consumi sono uno dei punti di forza della MPV Fiat: in autostrada ci si dimentica facilmente delle aree di rifornimento, grazie ai 18 km/l fatti registrare da questo parco 1.6 diesel. Inoltre, l’auto ha un’autonomia di oltre 900 km con un pieno di gasolio.E di questi tempi, si sa, meno incontri si hanno con la pompa di carburante, meno tempo si perde in soste. Oltre al risparmio di carburante e ad una minore emissione di CO2 nell’aria, il cambio a sei marce, dalla sesta piuttosto lunga, garantisce anche una rumorosità ridotta alle alte velocità, con il motore sempre sotto i 2.500 giri ai canonici 130 km/h imposti dal Codice della strada.Le sospensioni e il passo lungo hanno vita facile sulle asperità come le traversine dei viadotti, che vengono ben filtrate a vantaggio del comfort dinamico. Lo sterzo non spicca per reattività ed è poco comunicativo, ma rimane comunque abbastanza preciso nei cambi rapidi di direzione. La frenata è sempre all’altezza della situazione.Vita a bordo: spazio e comfort a volontàA bordo si godono i benefici dell’abitacolo spazioso; inoltre, la luce regna sovrana grazie all’ampio tetto panoramico (optional a 605 euro) e alla grande vetratura. Si viaggia comodamente in cinque con tanto spazio a disposizione per tutti, anche sul divano posteriore, scorrevole e abbattibile in due sezioni. Insomma, il comfort è garantito non solo per l’abitabilità al top, ma pure per le sospensioni, che assorbono bene le asperità del fondo stradale.Gli interni sono curati e di qualità, impreziositi dagli inserti in ecopelle su sedili, volante e pannelli portiera. Questi elementi, insieme ad alcune plastiche in tinta con la carrozzeria esterna, donano un tocco retrò all’abitacolo e appagano l’occhio del conducente e dei passeggeri.Buono il sistema di infotainment, che prevede uno schermo da 5’’ dedicato e un sistema di navigazione TomTom integrato. Per gli amanti della musica ad alta fedeltà c’è perfino un impianto audio Hi-Fi Beats, ma ascoltare la vostra canzone preferita a tutto volume in alta definizione costa caro, visto che per questo optional occorrono 656 euro. Tanti, infine, i vani portaoggetti tra la plancia e le tasche sulle porte.Prezzo e costi: un listino pesante, ma è ben dotataInfilare nel proprio box una 500L Trekking 1.6 JTDm ha un costo di 23.138 euro. Non poco, anche perché questa cifra è destinata ad aumentare se ci si concede qualche capriccio scegliendo tra gli optional. Il prezzo è comunque in linea con le dirette concorrenti dello stesso segmento. Si può risparmiare un po’ optando per le versioni a benzina, ma poi i consumi tendono a diventare più onerosi.C’è anche un diesel più piccolo, il 1.3 Multijet da 85 CV, che può essere abbinato al cambio automatico Dualogic con palette sul volante. L’esemplare in prova rappresenta, comunque, la versione più equilibrata per prestazioni e costi di gestione.Inoltre, dispone di una dotazione di serie interessante: comandi al volante, climatizzatore automatico, cruise control e radio Uconnect Cd/mp3 con sistema Bluetooth. Al minimo di legge la garanzia, che copre solo i primi 24 mesi: a pagamento sono previste delle estensioni.Sicurezza: sa anche frenare solaDi serie sulla 500 Trekking ci sono sei airbag (sette con quello a protezione delle ginocchia del guidatore, optional a 302 euro) che “vigilano” sulla sicurezza dei passeggeri. La monovolume torinese ha ottenuto le 5 stelle nei crash test Euro NCAP (voto massimo), confermando l’impegno di Fiat nel garantire l’incolumità degli occupanti.Quanto alla guidabilità, questa versione è sempre sicura e, in aggiunta, l’ESP e l’Hill Holder (il sistema che facilita le partenze in salita) sono pronti a dare un aiuto invisibile, ma fondamentale.C’è anche la possibilità di installare, con una spesa di 252 euro, il City brake control. Questo dispositivo rileva la presenza di eventuali ostacoli a distanza ravvicinata sulla traiettoria dell’auto e, nel caso, frena automaticamente per evitare l’impatto: funziona fino alla velocità di 30 km/h e può fare davvero la differenza tra un incidente e un sinistro evitato all’ultimo momento.

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Jeep Grand Cherokee: dalle prateria alle langhe, cosi’ si e’ civilizzata

Qualcuno accusa le SUV di essere “inutilmente” ingombranti. Alte, larghe, lunghe, ma capaci, se va bene, di arrampicarsi sulla rampa del garage, o poco più. Proprio come la più economica (ed ecologica ) delle citycar. E poi ci sono auto come la Grand Cherokee: esemplari di una razza in via di estinzione, fiera della propria identità fatta di fango e differenziali bloccabili, ostacoli impossibili e sospensioni dall’escursione chilometrica, pareti quasi verticali e marce ridotte.Fuoristrada prestate alla strada. Guai a confonderle con la maggior parte delle SUV: loro, con certe idee (per quanto geniali) del marketing non vogliono avere nulla a che fare. Detto questo, non è che le appartenenti a questa cerchia siano solo spartane 4×4 inadatte all’uso quotidiano. Anzi. La Grand Cherokee, fresca di restyling, si prende cura di chi sta a bordo con materiali curati e più morbidi, con la leva del cambio ad azionamento elettrico (by-wire) e con i sedili anteriori riscaldabili e ventilati (di serie sull’allestimento Overland).Per coniugare le doti da arrampicatrice con le esigenze stradali, ecco anche un nuovo cambio: lo stesso ZF a 8 rapporti che tanti elogi ha raccolto sulle BMW (dalla serie 1 alla serie 7). Non mancano alcuni ritocchi al design: i fari anteriori sono stati “tirati” e regalano uno sguardo più giovane – grazie anche all’immancabile striscia di led – mentre uno spoiler posteriore più ampio, il  doppio scarico e i cerchi dal design rivisto donano una sportività che non contrasta con lo spirito Jeep. I motori? Il 3.0 V6 diesel è il più interessante per l’Italia.Città: non si muove in punta di piediNon è una ballerina classica, ovviamente, ma questa metafora rende bene l’idea di quello che si prova alla prima svolta stretta (eventualità assai frequente in centro): la sensazione è quella di non riuscire a completarla, tanto lo sterzo è demoltiplicato. Una messa a punto che fa sembrare ancor più grande di quello che è l’americana.Irreprensibile, invece, la risposta sulle sconnessioni: l’accoppiata fra le sospensioni “super soft” e dalla corsa lunghissima con i pneumatici dalla spalla alta rende ogni strada un tavolo da biliardo. Solo l’incrocio con i binari del tram innesca le risposte tipiche di ogni fuoristrada: movimenti non solo verticali della scocca, ma anche leggere oscillazioni laterali.Poco male: il comfort della Grand Cherokee non si discute, almeno dal punto di vista dell’assorbimento. Di livello inferiore l’isolamento acustico. Nonostante la coppia generosa, il 3.0 V6 è costretto a salire abbastanza di giri, in fase di avvio, per dare abbrivio alle 2,5 tonnellate abbondanti della vettura. Inevitabile, infine, qualche difficoltà in fase di parcheggio, alleviata dalla telecamera posteriore che è compresa nel prezzo.Fuori città: il suo regno purchè sia selvaggioLo avrete capito: le curve non sono il pane della mastodontica Grand Cherokee, molto morbida di assetto e lenta nei cambi di direzione. In compenso, la versione Overland si tira fuori dalle situazioni più difficili – anche quando l’aderenza è vicina allo zero – grazie alla trazione Quadra-Drive II, con tanto di differenziale ELSD (Electronic Limited-slip Differential) posteriore. Le salite più ripide non fanno paura, invece, grazie alla modalità 4WD Low, ovvero le marce ridotte.Risultato: fermare l’americana è quasi impossibile. Poco importa se si mettono le ruote su fango, sabbia, ghiaia o erba: il cervellone che gestisce la trazione sa sempre dove e quanta coppia inviare per procedere. Preziose alleate, in questo senso, sono le sospensioni pneumatiche Quadra-Lift, che consentono di regolare l’altezza da terra manualmente (fino a 28 cm).Ci sono inoltre 5 modalità di guida: Normal Ride Height (NRH), 22 cm da terra; Off Road 1 (solleva il veicolo di 3,3 cm); altri 6,6 cmli aggiunge Off Road 2; Park Mode abbassa il veicolo di 4 cm per salita e discesa. Infine, Aero Mode abbassa la vettura di 1,3 cm. La modalità Sport? Assente. E non è un caso.Autostrada: morbidezze e automatismiEsemplari sulle sconnessioni della città, le sospensioni della Grand Cherokee si dimostrano capaci di digerire praticamente di tutto anche in velocità. L’unica circostanza in cui vanno leggermente in sofferenza sono gli avvallamenti, in seguito ai quali si innesca qualche ondeggiamento di troppo della vettura.Praticamente perfetto, invece, il funzionamento del cruise control adattivo (di serie): molto delicato sia sui freni sia sul gas, assicura viaggi di totale relax e sicurezza. Il merito è anche della buona insonorizzazione: a velocità costante la voce del motore è sommessa e solo qualche fruscio – inevitabile dati i 180 cm di altezza e i 194 di larghezza – disturba le orecchie dei passeggeri.Vita a bordo: cinque posti taglia USA, comandi okSe c’è una cosa su cui l’automobilista americano non transige è lo spazio nell’abitacolo. Non è solo un luogo comune, del resto, che in USA la corporatura media sia molto abbondante. Risultato: i sedili anteriori sono talmente ampi che sembra di essere seduti sulla poltrona di casa; come se non bastasse, per facilitare salita e discesa dall’auto, quello del guidatore arretra ogni volta che si spegne il motore, mentre il volante si alza e avanza verso la plancia.Quanto al sedile posteriore, offre centimetri a sufficienza, in larghezza, altezza e lunghezza per ospitare comodamente tre adulti. Magari non tutti sopra i 100 kg di peso, ma tre adulti “all’europea” sì. Altra comodità a cui i guidatori a stelle e strisce non rinuncerebbero mai sono quelli che noi chiamiamo portalattine e che, nel caso delle auto d’Oltreoceano, sono praticamente dei portabottiglie.La Grand Cherokee ne ha due accanto alla leva del cambio, che possono essere usati anche per riporre chiavi, portafoglio e smartphone. Materiali e finiture? All’altezza dei quasi 70.000 euro di prezzo: di qualità i primi, sempre curate le seconde.Prezzo e costi: è un po’ cara, ma offre di piùIl prezzo è di quelli impegnativi, per non dire proibitivi, dati i tempi: 67.000 euro e rotti spaventano non solo per la cifra in sé, bensì anche per i controlli fiscali che potrebbero scattare dopo aver firmato l’assegno. Anche perché il motore è un 3 litri, cilindrata da “controllo incrociato” immediato.A proposito di propulsore, nell’uso reale siamo ben lontani dai 13,3 km/l dichiarati: a 130 km/h si percorrono circa 9,5 – 10 km/l, in città 7 e in media, durante la prova, non siamo riusciti a fare meglio di 10,2 km/l.Detto questo, ai 67.552 euro di prezzo corrisponde una dotazione da nababbi: di serie, la Overland offre, tra gli altri, il cruise control adattivo, il portellone elettrico, i sedili (riscaldabili, anteriori ventilati) in pelle Nappa, la parte superiore della plancia in pelle, la telecamera posteriore, i sensori luce e pioggia, il sistema keyless, il tetto panoramico elettrico, il navigatore con grafiche 3D, il vivavoce Bluetooth e il volante con inserti in legno.Sicurezza: assistenza a 360°, ma il peso si senteAltezza mezza sicurezza. Per molti, il solo fatto di guidare più in alto della media regala un senso di protezione di cui non farebbero mai a meno. Da questo punto di vista, la Grand Cherokee è una garanzia. Ma la Jeep mette al riparo da brutte sorprese grazie anche – e soprattutto – a uno stuolo di sensori e telecamere. Il cruise control adattivo integra il dispositivo che evita o riduce i tamponamenti, le invasioni involontarie di corsie sono scongiurate dal Blind Spot Monitor e la telecamera posteriore regala una visuale perfetta in retromarcia.Meno rassicurante il responso della strada. Detto che la Jeep mette voglia di tutto tranne che di esagerare, una manovra di scarto ostacolo mette sotto pressione il telaio. L’ESP interviene tempestivamente ma, dove berline e SW passano agili, la Jeep rischia di non riuscire a effettuare il doppio cambio di direzione, a causa delle notevoli inerzie generate dai 2.522 kg di peso.

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Volkswagen Golf Variant: tutta la qualità di una golf e tutti i vantaggi di una station wagon

La tenacia è una dote che ai tedeschi non manca. Questa fermezza non sempre porta a buoni risultati, ma come si dice… chi non molla, alla fine vince.Prendiamo il “caso” della Volkswagen Golf.Golf Variant: una storia travagliataLa berlina è un successo ininterrotto dal 1974, nonostante un listino poco popolare. Ben più difficile è stata la vita della Volkswagen Golf Variant, la versione familiare che debutta nel 1993, sulla carrozzeria della terza generazione della compatta di Wolfsburg.L’auto è di qualità ma non sfonda, schiacchiata dall’Opel Astra SW.Sei anni dopo, nel 1999, tocca alla quarta serie della Golf allungarsi. La wagon viene proposta anche come Bora (con qualche modifica al frontale), nella speranza di migliorare la penetrazione sul mercato, ma neppure questa volta sfonda (“colpa” della spietata concorrenza della Ford Focus).Con la quinta e con la sesta generazione si torna alla sola Golf Variant: l’efficienza e la solidità non si discutono, ma le vendite – soprattutto in Italia – languono.Passano gli anni e si spengono le mode. Le station wagon tornano a essere una piccola nicchia, schiacciate dal boom delle MPV compatte e poi dalle SUV.Ma la Volkswagen Golf Variant continua il suo percorso.Golf Variant 7: la volta buona?L’ultima versione della Golf Variant, costruita sulla base della settima generazione della berlina, potrebbe essere definita l’essenza della tenacia…E – vista la linea più curata, bilanciata, finalmente gradevole – questa potrebbe essere la volta buona.Chissà che, vent’anni dopo il debutto, per Volkswagen sia arrivato il momento giusto con l’auto giusta: se la solidità della meccanica non è mai stata in discussione, gli interni risultano adesso meglio rifiniti.E, visti i tempi incerti, la nuova Golf Variant, pur costosa, potrebbe rivelarsi un acquisto intelligente, per non dire lungimirante.Tenendola per tanti anni, si può sfruttarne al massimo l’economicità di gestione.Come nel caso della Volkswagen Golf Variant 2.0 TDI Highline del nostro test, dotata anche del cambio DSG: non è certo la versione più conveniente del listino, ma è la classica vettura che, con uno sforzo in più, metti nel box sicuro di non dover desiderare altro per parecchio tempo.Elegante, con un motore potente e poco assetato: cosa chiedere di più? Tanta versatilità. Che qui non manca.Città: l’hanno allungata di 30 centimetriDa Golf a Golf Variant il passo non è piccolo: se l’interasse non cambia (262 cm), la lunghezza segna più 30 cm tra un paraurti e l’altro. Un incremento che al volante non si sente nel traffico, ma che si avverte quando si parcheggia.Per le persone meno attente Volkswagen propone il sistema di parcheggio automatico (742 euro) che fa tutto da solo oppure i sensori di distanza anteriori e posteriori (563 euro).In marcia si apprezza la buona visibilità frontale, grazie ai montanti poco invadenti. Promossa pure la maneggevolezza, merito dello sterzo sempre pronto. Il cambio manuale ha innesti rapidi e morbidi: la frizione è leggera e non stanca.Con il selettore di guida, optional a 118 euro, in modalità E (E come economy) si massimizza la voce risparmio: tutte le componenti ausiliarie collegate al motore (alternatore, pompa del clima…) entrano in azione quando non appesantiscono il lavoro del propulsore.Le sospensioni non sono morbide ma il precarico ha quel minimo di cedevolezza per impedire alle sconnessioni meno accentuate di farsi sentire.La percorrenza media rilevata nel traffico è di 15,4 km/l.Fuori città: ha un’agilità che non ti aspettiLa Golf Variant è una sorpresa: essendo più lunga e più pesante, dovrebbe aver perso qualcosa in fatto di agilità. Invece no. Basta che all’orizzonte compaiano delle curve ed ecco che questa wagon tira fuori un’anima felina che non t’aspetti.A cominciare dallo sterzo, che consente di disegnare traiettorie precise, tanto che viene spontaneo premere il tasto sulla plancia per il programma sportivo della guida.Che diventa più reattiva, ma mai eccessiva, grintosa senza essere impegnativa, sempre divertente anche rispettando i limiti di velocità imposti dal Codice della strada.La Golf Variant ha margini di aderenza elevati e, quando inizia a scivolare, sono le gomme anteriori a perdere progressivamente la presa: il guidatore avverte il sottosterzo per via della tendenza del muso ad allargare la traiettoria.Se il pilota interviene prima dell’ESP, alzando il piede dal gas, la vettura resta ben appoggiata sul posteriore. Se, invece, aspetta, tutto avviene in automatico, quasi senza che se ne accorga.Insomma, la wagon tedesca si rivela facile da guidare e sicura. All’aumentare della velocità le asperità si sentono di più, ma senza eccessi. Infine, i consumi: in modalità E, si assestano sui 19,6 km/l.Autostrada: fa di tutto per rilassare i passeggeriIl cambio in sesta marcia e il motore che lavora a 2100 giri/min: i chilometri scivolano veloci, mentre il guidatore e i passeggeri sono coccolati da un clima efficiente e da una buona insonorizzazione (66 dB a 130 km/h).Se la radio e le prese multimediali sono offerte di serie, il GPS si paga a parte (da 824 a 1.720 euro).Soltanto le traversine dei viadotti autostradali, prese in piena velocità, riescono a turbare per una frazione di secondo il comfort di viaggio.Il guidatore, intanto, viene assistito dall’elettronica che rende facile e sicura la guida. Il cruise control attivo è a richiesta (558 euro), mentre è di serie l’Attention Assist, che “sorveglia” il conducente. La richiesta di gasolio si ferma sui 17 km/l.Vita a bordo: ha tutti i vantaggi delle swC’è un aspetto tanto comodo delle station wagon che le SUV non possono offrire: la facilità con cui si opera sul vano di carico.L’altezza del piano più vicina all’asfalto (67 cm per la Golf) previene il rischio di strappi alla schiena e, quando c’è da far scivolare nel bagagliaio le valigie più pesanti, la differenza si sente.Non solo: all’interno, la maggiore altezza disponibile permette di stivare meglio e senza fatica gli oggetti, compresi quelli più ingombranti. Inoltre, con il divano abbassato, la Golf Variant diventa un vero furgoncino.E con 157 euro si può far montare una presa a tre poli a 220/230 Volt (come quella di casa) per usare caribatterie senza adattatori. Quanto all’abitacolo, c’è una buona dotazione di vani per svuotare le tasche e per alloggiare il cellulare, da connettere via bluetooth (di serie).La lista degli accessori prevede il car net-on line per creare una rete wi-fi. L’avviamento keyless costa 359 euro, mentre per il tetto panoramico ne occorrono 1.222. E, potendo spendere, ci sono le poltrone anteriori con effetto massaggio a 354 euro. Infine, a 192 euro, viene proposta l’illuminazione perimetrale dell’auto, utile quando si scende al buio.Prezzo e costi: il peso della qualitàInutile girare attorno al nocciolo della questione: il listino della Golf Variant è importante, specie quello della versione provata (il top di gamma): occorrono ben 28.250 euro per la dotazione base. La qualità c’è e si tocca con mano, non mancano i dispositivi fondamentali sul fronte della sicurezza e la possibilità di personalizzazione è ampia.Poi, ovviamente, attingendo dalla lunga lista degli optional, il prezzo è destinato a salire. Quanto alla svalutazione e alla rivendibilità della vettura, probabilmente questa è la migliore Golf Variant di sempre, ma la sorella a cinque porte continua a farle ombra.La garanzia è quella di legge: si può estendere di due o tre anni con un costo che va da 229 a 813 euro. E si può anche acquistare la manutenzione ordinaria e straordinaria (da un minimo di 40 a un massimo di 150.000 km). La spesa? Da 968 a 3.852 euro, da sommare all’estensione di garanzia.Sicurezza: gli ausilii ci sono, ma si paganoLa dotazione di serie comprende i fondamentali: sette airbag, ESP, clima e bluetooth. Poi, a richiesta, ci sono due importanti dispositivi. Il primo è il cruise control attivo, con frenata automatica di emergenza e allarme per pericolo collisione (558 euro).Il secondo e il lane assist (594 euro) che, invece, mantiene l’auto nella carreggiata, usando la segnaletica orizzontale come guida: in autostrada riesce anche a far curvare la vettura da sola se il guidatore non ha le mani sul volante e nel contempo lancia un allarme con la scritta che appare nel display del cruscotto, per sollecitare a ripredere il controllo della vettura.Il lane assist comprende anche gli abbaglianti ad oscuramento automatico quando si incrocia un altro veicolo. Già con un migliaio di euro si entra nel settore della guida assistita. Tra i vari optional per la sicurezza segnaliamo, infine, le sospensioni con assetto regolabile DDC (1.023 euro).

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Volvo V60 Hybrid: 50 km possono bastare

Che l’autonomia sia il tallone d’Achille delle auto elettriche non è una novità.Sapere quindi di poter contare su 50 km di range nominale a emissioni zero può essere una sensata fonte di ansia. Il discorso, però, cambia se quella concessa dalla batteria è solo una risorsa in più, da accoppiare a un tradizionale motore a scoppio, soprattutto se quest’ultimo è alimentato a gasolio. Proprio quel che propone la nuova Volvo V60 Plug-in Hybrid.Rispetto alle ibride tradizionali, la differenza è tutta concentrata in quella parola tra V60 e Hybrid. Il termine Plug-in sta a significare che si può ricaricare la batteria collegandosi alla rete di casa a 220 volt o a una colonnina.In più il motore elettrico è molto più potente rispetto alla media, e la batteria per alimentarlo è estremamente più performante. Di conseguenza l’identikit non è comune: cinque cilindri turbodiesel, 2,4 litri di cilindrata con una potenza di 215 CV, più un gruppo elettrico da 50 kW (68 CV). Il risultato è un’auto che estende il concetto di polivalenza, specie se parliamo di una station wagon.E lo fa mediante cinque diverse modalità di guida, tre principali più due accessorie, in grado di modificare erogazione, potenza, trazione e consumi.In questo modo la Hybrid non è più solo una maratoneta a misura di autostrada: acquisisce doti che si possono apprezzare in situazioni apparentemente inconciliabili, che abbiamo voluto concentrare in una giornata molto particolare. Dal mattino fino a sera, dalla città al rifugio di montagna, per scoprire quante facce diverse ha l’auto svedese, con un investimento di poco superiore ai 60.000 euro.Si comincia dalla condizione più naturale per una Volvo, un trasferimento di una settantina di km viaggiando in tangenziale e autostrada, dal box di una casa milanese con la batteria caricata al 100% durante la notte, fino all’uscita di Dalmine, per imboccare la strada che porta verso la Val Brembana.L’habitat resta quello naturale per una Volvo V60, ma c’è qualche differenza rispetto a una normale Volvo. Ci sono innanzitutto circa 250 kg (150 dei quali solo di batterie) in più rispetto alla station convenzionale, che non possono passare del tutto inosservati in fase di partenza.Eppure, anche se in condizioni normali la massa da spostare si traduce in un incremento dei consumi, il display indica una percorrenza media di oltre 14 km/litro procedendo in colonna con ripetuti stop&go.Qui non è richiesta nessuna tecnica di guida particolare: fa tutto la funzione Hybrid, che provvede a gestire i due motori, spegnendo il diesel durante le fermate, per riavviarlo solo quando l’auto ha superato la fase più impegnativa sfruttando l’energia elettrica.Consumi e autonomiaQuando dalla congestione della tangenziale si passa alla possibilità di raggiungere la velocità di crociera, l’ibrida svedese mette in mostra nuove qualità nascoste. A 130 km/h, infatti, si viaggia a 17,1 km/litro. Selezionando la funzione Save la V60 utilizza prevalentemente il cinque cilindri, preservando e incrementando la carica della batteria per potere sfruttare l’energia quando necessario.Con 45 km di autonomia affrontiamo i tornanti che salgono verso il Passo di San Marco, dove le pendenze raggiungono punte del 16%. Con il programma Hybrid la carica si esaurisce in 17 km, ma il supporto è importante. Il bilancio della scalata indica un consumo di 17,8 km/litro, niente male per una familiare 2.4.In alternativa, la spinta della batteria può essere sfruttata per ottenere prestazioni più vivaci con la funzione Power. La combinazione tra la potenza e, soprattutto, la coppia dei due motori regala accelerazioni da 0 a 100 km/h in 6,1 secondi, ma anche una più tangibile progressione in uscita dai tornanti, che rende la V60 inaspettatamente sportiva.Trazione integrale on demandLa doppia motorizzazione, con il propulsore elettrico che agisce sulle ruote posteriori, rende la Hybrid una integrale “on demand”, con il retrotreno che si attiva in caso di scarsa aderenza. Ma il tasto AWD sulla console permette di rendere la Volvo una 4×4 “pura”, in grado di avanzare tra le buche e i ciottoli di una mulattiera.Invertita la rotta torniamo verso valle, lasciando lavorare il dispositivo di ricarica. In 17,5 km immagazzina energia sufficiente per un’autonomia di 30 km, che decidiamo di impiegare a fine giornata nella ZTL di Bergamo, dove entrano solo auto elettriche.Sapere di poter contare sul diesel una volta esaurita la carica rende la guida più distesa. Selezioniamo il programma Pure, specifico per questo impiego, che riduce al minimo tutti i servizi, partendo dal climatizzatore in configurazione Eco. E con pochi sacrifici e un minimo di attenzione si percorrono i km promessi dal computer di bordo.

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Chevrolet Trax: questa è tutta un’altra mokka

Dimenticatevi delle SUV dall’aspetto arrogante e dai consumi degni di un transatlantico. La moda attuale si chiama crossover e la Casa del cravattino si inserisce in questo segmento, l’unico a non risentire della crisi, con la Chevrolet Trax: un modello compatto, dall’aspetto grintoso e moderno. E disponibile con la trazione 4×4 o solo con quella anteriore, come nel caso del nostro test, per essere più “green”.DimensioniLe dimensioni contenute e i consumi da utilitaria sono i punti di forza di questa vettura. Appena si sale a bordo, si resta colpiti dalla spaziosità e dall’essenzialità (che non vuol dire rinuncia in nome dell’economicità): ogni cosa è a portata di mano. I tasti, per esempio, sono pochi, il che significa minori occasioni per distrarsi durante la guida. Le finiture, a essere puntigliosi, non sono particolarmente ricercate come sulla cugina Opel Mokka, con la quale la Chevrolet Trax condivide pianale e stabilimenti di produzione (in Corea).Tuttavia, la presenza del doppio cassetto e di numerosi vani portaoggetti fa presto dimenticare un’estetica più orientata alla robustezza e alla praticità che allo sfarzo. Sulla console spicca il sistema di infotainment MyLink con display touch screen da 7’’, che permette di collegare il proprio smartphone e di usufruire dei suoi contenuti multimediali, senza mai togliere le mani dal volante grazie al sistema di comando vocale.Posizione di guidaLa posizione di guida della Chevrolet Trax è alta, il che aiuta ad avere una buona prospettiva di tutto quello che succede vicino all’auto, una dote apprezzabile tra le caotiche strade cittadine. A bordo c’è spazio per tutti: se in quattro si viaggia comodi, solo in cinque, dietro, ci si stringe un po’. La ricca dotazione di serie comprende numerosi sistemi per garantire sicurezza e comfort agli occupanti. E, visto che questa vettura può essere usata per un leggero fuoristrada, c’è pure il sistema Hill Descent Control che mantiene automaticamente costante la velocità durante le discese, a prescindere dall’aderenza e dalla pendenza.Il cruscotto, di stampo motociclistico, fa pensare a un’auto dinamica. Il motore, un po’ ruvido e rumoroso, regala uno spunto che non delude: si tratta del 1.7 turbodiesel da 130 CV con una coppia di 300 Nm (costante tra i 2.000 e i 2.500 giri) che trascina bene i quasi 1.400 kg della vettura. La guida può così essere fluida, riducendo l’uso del cambio, oppure più aggressiva, sfruttando l’allungo.Prestazioni e consumiLa Chevrolet Trax risponde bene e il V-Box conferma le sensazioni con 9,2 secondi per lo 0-100 km/h. L’assetto è un’altra piacevole sorpresa: nonostante il baricentro alto, in curva e nei repentini cambi di direzione l’auto resta facile da guidare, senza chiamare in causa con troppa frequenza il controllo della stabilità (di serie). Al sopraggiungere del limite, il sottosterzo si fa evidente, ma si corregge facilmente.E, in frenata, la Trax resta composta con spazi in linea con le rivali di pari altezza e peso. In fuoristrada, questa variante a trazione anteriore fa quello che può. Non chiedetele troppo perché, se l’altezza da terra è adeguata, senza le quattro ruote motrici non si possono scavalcare gli ostacoli come i twist e i canali. Meglio godersi le strade asfaltate, con consumi che non spaventano: se non si esagera, si percorrono circa 18 km/l.

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Toyota Prius: anche l’ibrido vuole metter su famiglia

In tutto il mondo Prius è sinonimo di auto ibrida, una tecnologia sviluppata da Toyota alla fine degli anni ‘90. Oggi, dopo quattro versioni (tra le quali la Plug-in, che può essere ricaricata da una presa di corrente, quella di casa compresa), c’è pure a 7 posti.La Plus nasce dallo stesso progetto della Prius berlina, ma si distingue per una lunghezza e un’altezza cresciute rispettivamente di 13 e 8 centimetri, per un totale di 461 e 157. Cambiano quindi le proporzioni, ma varia anche la tecnologia ibrida (che è in continua evoluzione): per la prima volta, infatti, viene adottato il pacco di batterie agli ioni di litio della Plug-in, che garantisce performance più elevate e minori consumi, insieme a peso e ingombri più contenuti.ComfortLa Toyota Prius Plus è ibrida ma con tanto spazio: il divano accoglie comodamente tre adulti, inoltre ogni seduta è autonoma e può scorrere in avanti e all’indietro, favorendo così lo spazio nel bagagliaio o, all’occorrenza, quello per i due passeggeri della terza fila. Ovviamente, in questo caso, trattandosi di seggiolini ripiegabili, è meglio riservare questi posti ai più piccoli.Il comfort di marcia, comunque, è buono in tutte le condizioni, merito della qualità costruttiva e dei materiali scelti, che però ci sono apparsi piuttosto datati nell’aspetto. Una caratteristica che contrasta con la tecnologia di bordo, a partire dal sistema Toyota Touch, un display da 6 pollici che incorpora le funzioni di radio, lettore multimediale Cd, prese usb, Bluetooth con streaming musicale e navigatore, tutto di serie. Si aggiungano anche le comodità della videocamera posteriore e dell’Energy Monitor, un’applicazione che permette di controllare i consumi di benzina ed energia elettrica.ConsumiA proposito di consumi, il responso è quasi sempre positivo: alle basse velocità (entro i 70 km/h), la Prius+ è mossa dal solo motore elettrico ma, in caso di forti accelerazioni o di percorsi prolungati (la carica basta per una manciata di chilometri), si accende il motore termico.La combinazione delle due fonti d’energia è sapientemente gestita da un cervellone elettronico, che si preoccupa anche delle fasi di ricarica in frenata. Il cambio automatico a variatore, che non brilla certo per reattività, evita tuttavia di trasmettere fastidiosi strappi o scossoni all’abitacolo.Tutto questo si traduce in economia di marcia (si percorrono facilmente 18 km/l in città, che diventano addirittura 21 nei percorsi extraurbani) e in un discreto piacere di guida. La sicurezza non manca, ma forzando in curva l’auto scivola: l’assetto non è sportivo e le gomme prediligono la scorrevolezza.PrezzoIl prezzo? Importante, da mettere in discussione la convenienza: 32.250 euro per l’allestimento Lounge, quello di mezzo, che però ha una dotazione completa e una garanzia sui componenti ibridi di 5 anni (o 100.000 km). La Prius+ costa, ma offre dei vantaggi: in alcune città (Milano) si entra liberamente in centro e in altre (è il caso di Roma) non si paga il parcheggio.

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Volkswagen Golf: finalmente ritrova le origini, diesel si ma soprattutto sportiva

Fate parte della categoria di automobilisti macinatori di chilometri? Ma anche della sottospecie che non rinuncia a un’accelerazione bruciante e a un certo stile al volante? Bene, la Volkswagen vi pensa e ripropone la Golf GTD, atto quarto.Quarto? Ma questa non è la settima generazione della Golf? Sì, almeno di quelle “tradizionali”. Invece, la GTD, grande successo nella prima e nella seconda edizione, è stata dimenticata dalla terza alla quinta, per riapparire con la sesta serie. Perché? Boh, vai a capirli, i tedeschi. L’importante è che sia tornata e in grande spolvero.Oggi, dal punto di vista tecnico, è degna della grande eredità lasciata dalle prime due serie: il motore 2.0 TDI ha 184 CV (34 in più rispetto alla potenza iniziale), l’allestimento estetico e l’arredamento interno si differenziano quanto basta dalle Golf minori ed è pure migliorato il piacere di guida, con meno sottosterzo rispetto alla precedente versione.Tutto bene? Solo in parte, visto che per “sposarsi” con questo bolide ci vuole un solido conto in banca. La GTD è una bella signora, che costa 5.000 euro più di una 2.0 TDI. è sempre stata cara, anche nel lontano 1982, quando iniziò la commercializzazione della prima GTD da 70 CV: per una 5 porte servivano 12.467.000 lire (poco meno di 6.500 euro) contro i 10.160.000 lire della Golf 1.6 D GL (54 CV).All’epoca, però, il divario tra le due versioni era enorme, più nelle prestazioni che nel prezzo. Oggi, invece, una “normalissima” Golf 1.6 TDI (105 CV) non è affatto sottodimensionata e c’è anche la 2.0 TDI da 150 CV. E quando si può risparmiare…Città: con il programma di guida eco si risparmiaIl traffico delle metropoli non è certo l’ambiente ideale per la GTD. Meglio settare, quindi, l’auto sulla modalità di guida “Economica” e godersi i vantaggi del cambio DSG automatico (costa 1.900 euro). La Golf parte pronta, poi snocciola i rapporti ben prima della soglia dei 2.000 giri e, in rilascio, se non si frena, il cambio va sulla folle per risparmiare carburante.Il sistema stop&start spegne e riaccende il motore quasi ad ogni sosta: limando gli sprechi non si arriva a medie miracolose, ma senza troppe attenzioni e rinunce si percorrono circa 14,6 km/l. Sulle asperità come pavé e rotaie del tram la risposta del telaio è abbastanza secca, ma un buon margine di comfort è garantito.I pedoni, incrociando la traiettoria della Golf GTD, possono stare più tranquilli: se il guidatore si distrae, la vettura frena da sola per evitare l’investimento o almeno limitarne gli effetti. Un aiuto non da poco visto che oggi, a bordo delle auto, tra navigatore, telefonino e lettore mp3 non mancano le distrazioni.E per parcheggiare? Sensori e infografica nel display aiutano e sopperiscono alla scarsa visibilità posteriore, ma tutto questo ha un prezzo: 557 euro.Fuori città: finalmente gira rapida tra le curvePrima di griffare con la sigla GTD il frontale della Golf, un certo scrupolo da parte dei progettisti è richiesto: questa versione deve offrire ampi margini di divertimento, pur senza dimenticare il risparmio. Un aiuto arriva, neanche a dirlo, dall’elettronica che, grazie al selettore di guida (117 euro), consente di settare l’auto su Sport con le risposte ai comandi (acceleratore) più pronte e il cambio DSG ancora più rapido.Affrontando le curve, si avverte subito l’efficienza del telaio: anche senza gli ammortizzatori attivi, l’auto entra in curva rapida e gira piatta con una taratura secca degli elementi elastici, che controlla bene il rollio ed evita dondolamenti nei cambi di direzione. Lo sterzo è diretto, ma anche progressivo grazie alla cremagliera variabile (geniale soluzione) e al sistema elettrico di assistenza potenziato.Spingendo al limite, la vettura tende al sottosterzo ma l’elettronica entra di nuovo in azione: il differenziale XDS+ contrasta la tendenza ad allargare la traiettoria con il muso, riportando l’auto verso l’interno della curve. Se in appoggio si lascia d’improvviso il gas, la GTD non si scompone, prosegue sulla linea e la coda si muove solo se si esagera con le “provocazioni”, ma sempre in maniera prevedibile.Insomma, questa Golf è sicura, divertente e composta. I consumi? I 17,9 km/l non sono difficili da raggiungere. Ma senza eccedere con il ritmo…Autostrada: il cruise attivo è un piacereLanciata a 130 km/h, la GTD marcia silenziosa, percorrendo circa 16,8 km/l; tuttavia viene da chiedersi perché non abbia una settima marcia come la 1.6 TDI DSG. Il motore girerebbe ancora più basso, ma forse l’unità a 7 marce non è ancora pronta per la notevole coppia di questo motore.Tra le tre corsie, con tanta prontezza di motore e cambio, bisogna fare attenzione a non superare i limiti: aiuta parecchio il cruise attivo che mantiene la distanza di sicurezza e funziona fino all’arresto della vettura quando ci si infila in una coda (funzione stop&start automatico).Però è un accessorio a pagamento: 552 euro. Il comfort è buono, ma sui viadotti si sentono le traverse. Il fio della sportività.Vita a bordo: è stato fatto di tutto per sedurreCome sono cambiati i tedeschi… Da forte e rude popolo di guerrieri a romantici seduttori: i sedili di questa Golf giocano la carta dell’amarcord, con il tessuto scozzese della prima generazione GTD, quella che con teutonica ingegneria ha cambiato il modo di progettare e guidare le compatte a gasolio.E sono tanti gli ammiccamenti al passato per far scoccare la scintilla della passione: il logo GTD nel frontale, il filetto grigio che corre tra i fari e il volante dal taglio sportivo.Ma la Golf resta una Golf: razionale, spaziosa e funzionale. I sedili, in questo caso, sono anche avvolgenti per abbracciare il corpo in curva e tenerlo ben appoggiato allo schienale, per una maggiore concentrazione nella guida. Alti o bassi, tutti trovano il giusto assetto, sfruttando le ampie possibilità di regolazione.Per gestire meglio il vano di carico, di serie, il pianale può essere fissato in più posizioni: una flessibilità che varia, facilmente, con le necessità di stivaggio.Prezzo e costi: non è una vera auto del popoloMettere mano al listino può essere doloroso, perché la Golf GTD 5p è una gran macchina, ma ha anche un gran prezzo: 34.250 euro per la versione DSG (32.350 la manuale).Rispetto alla più ricca delle 2.0 TDI DSG da 150 CV ballano 4.900 euro, non pochi visti i tempi che stiamo vivendo. Però questa cifra è inferiore a quella della Mercedes A200 CDI Sport, diretta concorrente da 35.470 euro, meno dotata quanto a cavalleria (170 CV) ma simile nella vocazione sportiva. Tornando alla Golf, bisogna considerare che la dotazione prevede molto di più dell’indispensabile. Insomma, senza accessori a richiesta potrebbe essere già completa.Ma poi è difficile resistere a dotazioni utili come il cruise control attivo, i fari allo Xeno, il navigatore, il sistema di parcheggio e il selettore di guida: gadget che spingono il prezzo verso la soglia dei 40.000 euro. La garanzia, infine, è solo quella di legge: per avere tre anni in più (150.000 km) occorrono altri 806 euro.Sicurezza: ciò che serve di più è di serieLa dotazione di sicurezza della Golf GTD comprende tutto quello che serve: sette airbag (incluso quello che protegge le ginocchia del conducente), l’ESP con assistenza alla controsterzata (aiuta a girare il volante nella direzione ideale), il sistema di frenata automatica anticollisione multipla e il sensore della stanchezza del guidatore.A richiesta ci sono il cruise control attivo con radar anticollisione, l’assistente al mantenimento della carreggiata abbinato ai fari abbaglianti automatici e al lettore di segnali stradali (588 euro), la videocamera posteriore (218 euro), il sistema di sicurezza proattivo che prepara l’auto ad affrontare un sinistro e i comandi vocali (288 euro).Tanta elettronica rende più sicura la guida: non a caso, nei crash test Euro NCAP la compatta tedesca è stata premiata con 5 stelle (il top). Ma la Golf è anche un’auto facile da controllare e molto confortevole, per non offuscare la reattività del guidatore nei lunghi viaggi.

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Range Rover Sport: è sempre lei la prima della classe

È sempre lei la prima della classe


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Chevrolet Camaro: sigaretta? No, grazie. Accendo la Camaro

I giornalisti di Panoramautomi hanno finalmente messo tra le mani la Camaro (da sei mesi proponevo di provarla), ma mi hanno anche avvisato che si trattava di una versione no smoking, cioè sprovvista di accendino e posacenere, per disincentivare il vizio del fumo.A mio modesto parere, però, non sempre il fumo fa male… Ci sono casi in cui non nuoce affatto: basta non ricorrere a tabacco e nicotina. Meglio, invece, accendere il V8 della Camaro (una vera yankee della vecchia scuola tutta coppia e assetto) e buttarla di traverso.Bastano pochi secondi per capire: il fumo delle gomme che carbonizzano sull’asfalto danno immediata assuefazione a chi guida, ma anche a chi guarda, ammesso che riesca a scorgere la vettura immersa nella nebbiolina azzurra. Fidatevi: queste evoluzioni sono un vero toccasana.Anche se immersa nei fumi, la Camaro sa farsi riconoscere con il latrato del V8 che rimbalza tra le curve della pista. Credeteci, con nessun’altra auto abbiamo paralizzato le attività del circuito di Adria: dagli addetti alle pulizie al titolare dell’impianto, tutti si sono fatti ipnotizzare dai numeri della Camaro e hanno respirato il fumo delle gomme. È dunque una macchina per fare i “pirla” su un piazzale? No, affatto.Il motore V8 di 6,3 litri alimentato rigorosamente a benzina ha tanti pregi. La coppia è ben distribuita e dona alla vettura una grande progressione, utile anche quando si gioca a fare i traversi; inoltre, la coppia è indispensabile per tenere l’auto a bandiera, ma sempre sotto costante controllo. Inoltre, questo V8 aspirato è tenace e resistente.L’elettronica è al minimo sindacale e non c’è traccia di turbine: il propulsore sviluppa poco calore (anche perché tutto è sovradimensionato) e non c’è il rischio che l’auto vada in protezione, con il motore limitato nelle prestazioni. Nulla a che vedere con quei supermotori “strozzati” dall’elettronica, che teme danni alla testata.Infine, il V8 a stelle e strisce ha unsoundroco, che fa vibrare le mani e le gambe di chi si trova al volante. Il corpo viene scosso, tuttavia questo moto non è trasmesso fisicamente dalla vettura, perché la meccanica della Camaro è ben smorzata.Si tratta, piuttosto, di onde positive che provengono da dentro, “generate” dai ventricoli del pilota, dal suo cuore che batte in simbiosi con l’ordine di accensione degli otto cilindri e dalle gomme che saltellano sull’asfalto mentre pattinano alla disperata ricerca di aderenza.Il grip, alla fine, arriva perché le sospensioni, pur non raffinate come sulle supercar tedesche, riescono a tenere ben allineate il battistrada all’asfalto e l’auto marcia sicura, con un comportamento facile e prevedibile. L’ESP ha tre logiche di funzionamento.Quando è tutto attivo, la vettura è imperturbabile e per il pilota è quasi impossibile metterla di traverso. Poi c’è la modalità “race” con cui l’elettronica libera a sufficienza il posteriore per “scodatine” sui 30-40°. Infine, si può disinserire completamente e tutto è affidato all’abilità delle mani e dei piedi del pilota. Piedi, avete letto bene.Questa supercar si guida anche con gli arti inferiori, perché quando è tutta di traverso, a 90° rispetto alla pista, la corsa dello sterzo non basta per gestire il riallineamento: spesso ti trovi con lo sterzo a fondo corsa e devi lavorare di gas per tenerla lì e poi drizzarla in uscita di curva.In questo è davvero divertente e appagante. Perfino facile se si ha un po’ di dimestichezza con il sovrasterzo di potenza. Un altro aiuto alla facilità di controllo viene dalla posizione di guida: è perfetta. Braccia e gambe sono a posto e il volante è ben saldo tra le mani.Un ponte di comando supportato anche dal sedile, avvolgente quanto basta. Tutto rose e fiori? Beh, no… Ho trovato alcuni difetti. Prima di tutto, la posizione della retromarcia accanto alla quinta mette ansia: quando inserisci i rapporti con foga, c’è sempre la paura di passare dalla quarta alla retro e, se succedesse, il giro di pista finirebbe alla maniera di Bo e Luke di Hazzard…Inoltre, le marce sono un po’ lunghe. Ok la coppia e la velocità massima limitata a 250 km/h, ma talvolta si è costretti a scalare in seconda anche nelle curve medio-veloci. Infine, delude la finitura degli interni, con plastiche che sembrano prese direttamente dalle utilitarie Chevrolet.C’è da dire però che l’auto costa come una Volkswagen Golf GTI e, quindi, si può perdonare qualche difetto. Sul giro di pista, il cronometro ha dato un ottimo riscontro: guidando puliti, il motore spinge sempre e la Camaro schizza rapida tra le curve con i freni che tengono bene.Con il calore, il pedale si allunga un po’ ma bastano due giri soft per farli tornare operativi. E, scaldata dopo scaldata, non si rovinano. Anche in questo gli americani lavorano in grande. Altre vetture, dopo il mio trattamento ad Adria, sono passate per l’officina, ma non questa supercar.Del resto, aprendo il cofano, è chiara la logica della progettazione: tutto è semplice e grande, molto grande. Peccato solo che quest’auto dal prezzo abbordabile sia poi costosissima da mantenere. Davvero un delitto.

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