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Hyundai ix35: seconda giovinezza per una crossover di successo

Auto che piace si migliora. Così ragionano in Hyundai e i numeri di mercato stanno dalla loro parte. La ix35 viene lanciata nel 2010, scala le classifiche e nel 2012 è la terza crossover più venduta in Italia, dietro solo all’accoppiata Nissan Qashqai-Juke. Non contenti, i coreani di stanza in Europa – la ix35 nasce a Rüsselsheim (Germania) e viene assemblata a Nošovice, in Repubblica Ceca – mettono mano alla vettura, regalandole un look più giovanile e maggiore efficienza.Tocchi leggeri, ma sufficienti a darle nuova linfa: le luci diurne e anabbaglianti a led (di serie su tutte le versioni) regalano uno sguardo più ammiccante, mentre le modifiche sottopelle promettono una riduzione dei consumi e un miglioramento delle doti stradali. Nel dettaglio, sul turbodiesel 2.0 (136 o 184 CV) è stata adottata la valvola di ricircolo dei gas, che garantisce consumi ed emissioni più contenute: il CRDi da 136 CV passa da 17,5 a 18,2 km/l e da 149 a 145 g/km di CO2.E’ stato inoltre reso disponibile, anche sulla variante da 136 CV, il cambio automatico. Rivisto il telaio: lo sterzo è più robusto, mentre sono stati ammorbiditi gli attacchi delle sospensioni e gli ammortizzatori per ridurre le vibrazioni. Gli ingredienti per continuare ad avere successo non mancano e la 1.7 turbodiesel a trazione anteriore della nostra prova è una delle combinazioni più interessanti, dati i costi contenuti di acquisto e gestione.Città: morbida, agile, quasi urbanaGrande è grande, la ix35. Non tanto in lunghezza – 4,41 metri – quanto in larghezza: 1,82 metri. Ok, ci sono auto ben più ingombranti che intasano le strette vie delle nostre città, ma l’auto a misura di centro storico è tutta un’altra cosa. Detto questo, se il parcheggio non rappresenta un problema, la coreana sembra fatta apposta per muoversi nel contesto urbano.Più di tutto, sorprendono le sospensioni: che si mettano le ruote su un fondo irregolare come il pavé o che si incontri una singola buca anche molto profonda, la ix35 non si scompone. Assorbe il colpo senza trasferire vibrazioni nell’abitacolo, restituendo una sensazione di notevole compattezza.Altrettanto vellutato è il comportamento del motore, un 1.7 che non teme gli oltre 1.600 kg di peso della vettura. Pronto a riprendere già a 1.200 giri, anche sotto i 1.000 non vibra e, se non si ha fretta, ha il tiro sufficiente per non costringere a scalare una marcia.Tornando alla questione delle manovre, percepire gli ingombri non è semplicissimo, ma i sensori di parcheggio e la telecamera sono compresi nel prezzo.Fuori città: senza fretta e solo su asfaltoSu 100 clienti Range Rover, meno di 10 mettono le ruote fuori dall’asfalto (fonte Land Rover). Immaginarsi chi compra una Hyundai ix35, molto meno specialistica. Se poi la ix35 in questione ha la trazione anteriore ed è spinta dal diesel meno potente della gamma, l’offroad è l’ultimo degli interessi di chi sta firmando l’assegno.Non ingannino dunque l’altezza da terra e le forme muscolose della vettura: la crossover coreana, soprattutto la 1.7 CRDi 2WD, è concepita per tutti quelli che non rinuncerebbero mai alla sensazione di sicurezza di guidare in alto o che, semplicemente, cercano le doti di una station wagon racchiuse in una carrozzeria meno “ingessata”.E proprio da SW è si rivela il comportamento stradale di questa Hyundai. Lo sterzo è abbastanza rapido e preciso, oltre che dotato della servoassistenza regolabile Flex Steer: Normal, Comfort e Sport. Quanto all’assetto, la ix35 si appoggia in maniera sensibile sulle ruote esterne alla curva, garantendo però discreti limiti di tenuta. Il motore? Con 115 CV non può fare miracoli: superati i 3.000 giri, la spinta si affievolisce in modo sensibile; meglio sfruttare la buona elasticità ai bassi regimi.Autostrada: cruise “on” stress e rumori “off”Un comfort di questo livello, fino a qualche anno fa, lo potevano sperimentare solo quelli che guidavano i classici berlinoni tedeschi di rappresentanza. Bloccata la velocità a 130 km/h grazie al cruise control (di serie), sulla ix35 i chilometri scivolano addosso a guidatore e passeggeri senza lasciare traccia. La voce del motore? Non pervenuta.Il rotolamento dei pneumatici? Un timido rimbombo che emerge solo sui fondi particolarmente ruvidi, ma non al punto di rovinare il clima ovattato che regna a bordo. I fruscii aerodinamici, infine, sono scongiurati (almeno fino a 130 km/h) dall’attento studio in galleria del vento. Si conferma pronto a digerire di tutto l’assetto, mentre il motore fa dell’elasticità il proprio punto di forza.Vita a bordo: una vera sw al piano rialzatoCome riassunto nel titolo, la crossover coreana ha tutte le carte in regola per trasportare figli, “armi e bagagli” senza costringere a troppi sacrifici quando si stanno facendo le valigie. Il vano di carico ha una capacità dichiarata di 591/1.436 litri: siamo sui livelli, almeno in configurazione cinque posti, delle station wagon del segmento D come la Hyundai i40 (553/1.719 litri) e la VW Passat (603/1.731) e solo la distanza della soglia dall’asfalto potrebbe creare qualche difficoltà con le borse più pesanti.Quanto ai sedili, i tre posti posteriori sono veri anche per passeggeri adulti, che non devono ricorrere ai soliti giochi d’incastro fra spalle, gomiti e ginocchia, ma possono contare su una buona disponibilità di centimetri in tutte le direzioni. Con il restyling fanno il loro debutto nuovi materiali di rivestimento, che si confermano più che buoni anche se non di livello eccelso, mentre un migliorato schermo a sfioramento da 7” (di serie per l’allestimento XPossible) facilita il “dialogo” uomomacchina. Per il resto, tutti i comandi sono intuitivi e disposti dove ci si aspetta di trovarli e i portaoggetti sono numerosi.Prezzo e costi: dotazione full optionalA leggere la lista degli accessori compresi nel prezzo non si direbbe che la ix35 1.7 CRDi 2WD costi “solo” 26.000 euro. Ok, il motore è il diesel entry level e la trazione è anteriore.Ma nella dotazione di serie sono compresi, fra gli altri, il climatizzatore bizona, il navigatore con touch screen da 7”, l’impianto stereo con amplificatore e 7 altoparlanti, i cerchi in lega da 17”, il sistema di apertura delle portiere che non richiede di estrarre la chiave dalla tasca e il parabrezza con la base sbrinante (per “scollare” i tergicristalli dal vetro nelle giornate di gelo). Hyundai significa anche 5 anni di garanzia a km illimitati.Una tranquillità impagabile per chi pensa di tenere l’auto per un po’ di tempo, una sorta di assicurazione sul valore residuo dell’usato, nel momento in cui si decide di venderla dopo, per esempio, tre anni. Infine, i consumi: nonostante la massa sia importante (1.612 kg), il 1.7 si accontenta di un litro di gasolio ogni 13,2 km.Sicurezza: non ci sono sistemi “preventivi”Il responso dell’Euro NCAP è chiaro: la coreana difficilmente potrebbe essere più protettiva di così. Le cinque stelle sono la logica conseguenza del 90% portato a casa nella protezione degli adulti, dell’88% incassato alla voce bambini e del 54% in caso di coinvolgimento di un pedone.I crash test europei hanno attribuito inoltre un buon 71% ai sistemi di assistenza al guidatore, comprendendo, fra questi, l’ESP (di serie su tutte le versioni) e la spia delle cinture di sicurezza non allacciate.Nei parametri di valutazione non rientravano (e non rientrano ancora) tutti quei dispositivi che agiscono autonomamente sul veicolo per evitare collisioni o ridurne le conseguenze: la ix35 non ne può avere nemmeno uno. Peccato.Non si discutono, invece, tenuta di strada e stabilità (irreprensibile perfino dopo un cambio di direzione in velocità), mentre la frenata non entusiasma: 62,5 metri da 130 km/h, 44,6 da 100 km/h.

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Peugeot RCZ, RCZ R e RCZ Racing Cup Replica: la prova in pista a Imola

In fatto di auto sportive, Peugeot vanta una lunga esperienza nel motorsport che si riflette sui modelli di serie.Ne abbiamo avuto la prova testando sul circuito di Imola la Peugeot RCZ 1.6 THP da 200 CV, la nuova RCZ R da 270 CV e l’esemplare unico della RCZ Racing Cup Replica pensata per gli affezionati dei track day.Senza rinunciare neppure a fare un paio di giri con la versione da trofeo RCZ R Cup. Ecco com’è andata.Peugeot 
RCZ 1.6 THP 200 CVCon un prezzo di 31.850 euro, la Peugeot RCZ 1.6 THP 200 CV è la versione della gamma con il miglior rapporto potenza/prezzo, dato che la versione turbodiesel da 163 CV – per chi ha intenzione di macinare molti chilometri – e la 1.6 THP da 156 CV costano rispettivamente 31.450 e 29.050 euro.Con questa cifra ci si porta a casa una prestazionale coupé da 200 CV capace di raggiungere i 235 km/h e di accelerare da 0-100 in 7,5 secondi.Ma come si comporta in pista?Cominciamo dal posto di guida, praticamente perfetto: seduta bassa, sedili contenitivi e un volante dal diametro ridotto in posizione perfettamente verticale.Sotto il cofano della Peugeot RCZ 1.6 THP c’è un motore 1.6 turbo che spinge fin dai regimi più bassi e non molla fino alla zona rossa del contagiri, abbinato a un ottimo cambio manuale dagli innesti precisi e dalla corsa corta.Lo sterzo è pronto e comunica come si deve quello che succede sotto le ruote, la frenata è potente e le reazioni al limite non sono mai brusche.Anche con l’ESP staccato bisogna impegnarsi per mettere in difficoltà il telaio, sempre composto anche nei punti più difficili dell’impegnativo circuito di Imola.Insomma, un gran bel divertimento, con costi di acquisto e di gestione tutto sommato contenuti.Peugeot 
RCZ R 270 CVQui si comincia a fare sul serio.Nella Peugeot RCZ R c’è lo zampino di Peugeot Sport, che ha contribuito allo sviluppo della Peugeot più potente di sempre con tutto il suo know how derivato dalle competizioni.Il motore mantiene la stessa cilindrata di 1.6 litri delle altre versioni, ma è stato profondamente modificato con numerose componenti – monoblocco, bielle, pistoni, turbina, collettore di scarico – che sono state rinforzate o addirittura completamente riprogettate al fine di ottenere un’affidabilità da motore di serie nonostante sviluppi la potenza specifica di 170 CV/l, una delle più elevate tra le vetture omologate su strada.In pista la RCZ R impressiona per la cattiveria con cui prende velocità (lo 0-100 km/h è coperto in appena 5,9 secondi) e per la semplicità con cui scarica tutti suoi 270 CV sulle ruote anteriori.Nessun problema di trazione, quindi, grazie al differenziale meccanico a slittamento limitato Torsen che fa la differenza quando si apre il gas in uscita dalle curve, trasferendo la coppia alla ruota che in quel momento ha più trazione.Più leggera di 17 kg, più rigida e con un carico aerodinamico superiore, la Peugeot RCZ R si mangia la strada con una semplicità disarmante e, quando arriva il momento di staccare, si ferma con una forza impressionante.Qui la differenza la fanno i quattro dischi flottanti da ben 380 mm che assicurano una performance da 130-0 km/h in meno di 61 metri, e che nemmeno dopo ore di sollecitazioni in pista danno segni di affaticamento.Il set up più rigido dell’assetto permette ai più smaliziati di scomporre l’auto in inserimento, per poi farsi letteralmente tirare fuori dalla curva dal suddetto differenziale Torsen. Un’esperienza di guida più che mai appagante.
Peugeot RCZ Racing Cup ReplicaQuesto esemplare unico basato sulla Peugeot RCZ THP 200 CV di cui vi abbiamo parlato qui soprao esalta l’anima sportiva della Casa del Leone con una splendida livrea bianca decorata dalle strisce rosso/blu/giallo/azzurro proprie di Peugeot Sport, cerchi in lega bianchi, alettone regolabile, volante in Alcantara con mirino giallo e sedili sportivi in pelle nera e Alcantara rossa.Una vera delizia per gli occhi, ma non solo.Come replica della vettura da corsa impegnata nel Trofeo RCZ Racing Cup, è stata sviluppata per offrire il massimo in pista: monta una centralina specifica che le permette di incrementare la potenza di 30 CV, una valvola pop off che gestisce la pressione del turbo (esaltante l’inconfondibile sbuffo che si genera ad ogni rilascio del gas) e un sistema di scarico senza catalizzatore che eleva le prestazioni e il sound del motore.Gli ammortizzatori sono degli Ohlins “Road and Track” che adottano la tecnologia “Dual Flow Valve” e l’impianto frenante Brembo prevede dischi baffati da 355 mm.
Il rollio, questo sconosciuto! L’inserimento in curva è chirurgico, il posteriore è incollato all’asfalto e in la frenata è quantomeno impressionante.Una vera e propria arma da tempo sul giro, in grado di battere sul tempo la più potente RCZ R a mani basse.
Peugeot RCZ R CupCon la versione da trofeo è tutta un’altra musica.Solamente chi ha mai provato un go-kart può capire come può essere guidare la Peugeot RCZ R Cup.Il motore sviluppa circa 280 CV, ma la sua erogazione appuntita richiede di lavorare molto con il cambio per tenerlo al regime giusto.Poco male, dato che si tratta di rapidissimo – e brusco – Sadev a 6 marce con palette al volante.La frizione? Serve solo per partire. Lo sterzo? Molto simile a quello di un kart, tanto che sul rettilineo del circuito basta una mano poco ferma per ondeggiare da una parte all’altra della pista, ma non affatica in quanto, contrariamente a quello di un kart, è molto leggero.Non appena si gira leggermente il volante, la RCZ R Cup si fionda all’interno della curva con una rapidità sconosciuta a qualunque auto stradale.L’assetto è granitico e le gomme slick Avon – se scaldate a dovere – si aggrappano all’asfalto con tenacia, ma prima della curva bisogna frenare.E qui casca l’asino: pensate che basti premere il pedale del freno come con qualunque altra auto? Niente di più sbagliato, il pedale va premuto energicamente affinché le pastiglie raggiungano l’attrito sui dischi necessario per rallentare, e se viene schiacciato con forza genera delle decelerazioni da brivido.Ricalibrato il proprio stile di guida, si comincia a gustare il privilegio di guidare un’auto da corsa in uno dei circuiti più entusiasmanti dl’Italia.Ma dopo un paio di giri arriva, purtroppo, il momento di rientrare ai box.

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Dacia Logan MCV 1.5 dCi 90 CV, la prova su strada

Prima di iniziare a scrivere una prova su strada della Dacia Logan MCV bisogna tenere conto di un fattore molto importante: il prezzo. La versione più lussuosa, la 1.5 dCi 90 CV Lauréate, della station wagon rumena costa infatti solo 12.050 euro – meno di una citycar ben accessoriata, per intenderci – ma è grossa come una familiare compatta, che normalmente si porta a casa con 8.000 euro in più.Il trucco? Non c’è. Si tratta semplicemente della filosofia “low-cost” che da diversi anni caratterizza le vetture del marchio appartenente al Gruppo Renault. Tanta sostanza (pianale allungato della Sandero, simile a quello della Nissan Juke, e un ottimo motore turbodiesel Renault montato anche dalla Mercedes classe A), zero fronzoli e… qualche rinuncia (finiture essenziali, volante non regolabile in profondità, clacson a levetta e una dotazione di serie da arricchire).FunzionalitàSpaziosa la Dacia Logan MCV lo è di certo: l’abitacolo offre parecchi centimetri ai passeggeri posteriori ma l’elemento più convincente è il bagagliaio (573 litri che diventano 1.518 quando si abbattono i sedili posteriori).Le finiture non sono il massimo della vita ma considerando il prezzo della vettura ci si può accontentare: le plastiche della plancia – comunque ben assemblate – sono rigide e la ricerca del risparmio è evidente solo nelle parti più nascoste. Molto raffinate, in compenso, le molle a gas che tengono sollevato il cofano motore quando lo si apre.La dotazione di serie della Dacia Logan MCV Lauréate comprende i fendinebbia e l’autoradio CD MP3 con Bluetooth, comandi al volante e prese Jack e USB. Va assolutamente integrata con il climatizzatore manuale (690 euro) mentre per chi vuole qualcosa di più sfizioso consigliamo l’ottimo navigatore touchscreen, che costa solo 100 euro.ComfortOltre al già citato clacson a levetta abbinato al volante non regolabile in profondità aggiungiamo la scomodità dei pulsanti degli alzacristalli elettrici, posizionati nella parte inferiore della consolle centrale. Il climatizzatore (optional) funziona bene, in compenso, ed è facile da gestire.Chi decide di risparmiare 8.000 euro rispetto ad una station compatta blasonata per acquistare una Dacia Logan MCV deve però mettere in conto che il livello di comfort non sarà mai equiparabile: le sospensioni rispondono in maniera parecchio brusca sulle sconnessioni più pronunciate e alle alte velocità non mancano i fruscii aerodinamici. L’abitacolo, però, è ben insonorizzato e il propulsore è tutt’altro che rumoroso.Piacere di guidaIl motore 1.5 turbodiesel dCi da 90 CV e 220 Nm di coppia è una delle migliori unità a gasolio in circolazione: affidabile e ipercollaudata, spinge bene già sotto i 2.000 giri ed è abbinata ad un cambio dalla rapportatura lunga che favorisce i consumi e penalizza (ma non eccessivamente) la ripresa.Le prestazioni della Dacia Logan MCV 1.5 dCi 90 CV sono discrete – 173 km/h di velocità massima e 12,3 secondi per accelerare da 0 a 100 chilometri orari – ma lo sterzo poco sensibile non invoglia a cercare il divertimento.SicurezzaNelle curve la station esteuropea predilige le andature rilassate: quando si esagera con la velocità tende ad allargare la traiettoria ma viene prontamente rimessa in riga dall’ESP (di serie insieme agli airbag frontali e laterali).I freni della Dacia Logan MCV sono potenti ma tendono ad affaticarsi dopo un uso intenso (come nelle discese in montagna, ad esempio) e la visibilità posteriore non è eccezionale per via del lunotto inclinato: meglio puntare sui sensori di parcheggio, optional a 250 euro.EconomiaOltre al prezzo estremamente basso di 12.050 euro è impossibile non parlare dei consumi, decisamente contenuti: il valore dichiarato sulla scheda tecnica è di 26,3 km/l, con una guida tranquilla è impossibile scendere sotto quota 20 e anche schiacciando con più decisione sul pedale del gas è praticamente impossibile scendere sotto i 15.Ultima, ma non meno importante, la garanzia di tre anni o 100.000 chilometri, che mette al riparo da qualsiasi problema di gioventù.

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Fiat 500L Trekking 1.3 MJT, la prova su strada

La Fiat 500L Trekking strizza l’occhio al mondo delle SUV: nel look (protezioni della carrozzeria in plastica grezza e assetto rialzato di circa un centimetro) e nei contenuti (pneumatici M+S e un sistema che simula il comportamento di un differenziale autobloccante). Simpatica e versatile, può essere il mezzo ideale per le famiglie che si recano spesso in montagna: peccato solo per il motore 1.3 MJT oggetto della nostra prova su strada, sottodimensionato per una vettura di questo tipo.FunzionalitàSe c’è una cosa che non manca a bordo della monovolume più amata dagli italiani è lo spazio: l’abitacolo offre tantissimi centimetri ai passeggeri (soprattutto nella zona della testa) e il bagagliaio – 412 liri che diventano 1.480 quando si abbattono i sedili posteriori – soddisfa le esigenze di una coppia con i paio di figli.Gli interni della Fiat 500L Trekking – discretamente rifiniti e convincenti alla voce “design” – sono impreziositi da una dotazione di serie completa: autoradio Bluetooth con comandi al volante e touchscreen da 5”, climatizzatore automatico bizona e cruise control.Fuori spiccano invece i fendinebbia, i vetri posteriori e il lunotto oscurati e i cerchi in lega da 17” montati su pneumatici M+S (una via di mezzo tra estivi e invernali) non catenabili 225/45. A chi affronta spesso sterrati consigliamo (senza sovrapprezzo) quelli da 16” con coperture 205/55. Ultimo, ma non meno importante, il dispositivo Traction +, che fino a 30 km/h in condizioni di scarsa aderenza trasferisce la coppia alla ruota anteriore con maggiore presa.ComfortLa posizione di seduta della Fiat 500L Trekking è addirittura più alta di quella di certe SUV blasonate: una soluzione che permette di dominare il traffico ma che rende scomodo accedere ai comandi del climatizzatore e alla leva del cambio (posizionati troppo in basso).Se affrontate spesso lunghi viaggi autostradali è meglio rivolgersi alle versioni meno “off-road” della piccola monovolume piemontese: gli ammortizzatori hanno infatti una taratura più rigida, il rumore di rotolamento degli pneumatici è più evidente e alle alte velocità non mancano i fruscii aerodinamici. Il sound del propulsore è marcato, ma solo a freddo.Piacere di guidaIl piacere di guida a bordo della Fiat 500L Trekking è penalizzato dall’unico elemento negativo di questa vettura: il motore. L’unità 1.3 turbodiesel MJT – pur potendo vantare una buona elasticità e una cilindrata contenuta che consente di risparmiare sull’RC Auto – è sottodimensionata per un’auto così grossa.Povera di cavalli (85) e di coppia (200 Nm), offre prestazioni deludenti – 160 km/h di velocità massima e 15,3 secondi per accelerare da 0 a 100 chilometri orari – anche a causa della gommatura particolarmente generosa. Lo sterzo perde sensibilità all’aumentare del ritmo mentre il cambio presenta un’ottima rapportatura.SicurezzaLa Fiat 500L Trekking, come abbiamo visto, non è un’auto nata per andare forte. Quando si esagera con l’acceleratore si avverte una marcata tendenza ad allargare la traiettoria (prontamente corretta dai controlli elettronici) e nelle curve prese in modo “allegro” bisogna fare i conti con i sedili poco contenitivi che fanno scivolare il corpo. Discreti i freni.In compenso la dotazione di sicurezza è completa di quasi tutto il necessario: airbag frontali, laterali e a tendina, attacchi Isofix, controlli di stabilità e trazione e hill holder (sistema che aiuta ad affrontare le partenze in salita). Con 450 euro in più c’è il Pack sicurezza, che comprende l’airbag per le ginocchia del guidatore e la frenata automatica.La Fiat 500L Trekking ha dimensioni esterne relativamente contenute (4,27 metri di lunghezza) ma alla guida sembra molto più grossa per via dell’abitacolo generoso. Questo non incide in alcun modo sulla visibilità e sulla facilità di manovra nei parcheggi: merito delle ampie superfici vetrate.EconomiaIl prezzo di 22.210 euro della Fiat 500L Trekking 1.3 MJT è in linea con quello delle rivali e la tenuta del valore sul mercato dell’usato dovrebbe rimanere elevata visto che stiamo parlando della versione più “trendy” della monovolume più amata dagli italiani.I consumi dichiarati sono leggermente più alti (23,2 km/l contro 23,8) ma anche con una guida allegra non si scende mai sotto quota 15.

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Renault Mégane 1.2 TCe 132 CV, la prova su strada

Sei anni e non sentirli. La Renault Mégane, recentemente sottoposta ad un restyling (che ha portato un frontale simile a quello della sorella minore Clio), resta una delle compatte migliori in commercio. Le uniche delusioni riscontrate nella nostra prova su strada sono arrivate, curiosamente, proprio dalla componente più moderna della vettura: il motore 1.2 TCe da 132 CV.FunzionalitàChe bisogno c’è di una station wagon quando si ha a che fare con una “segmento C” così spaziosa? Il divano posteriore è talmente largo da poter accogliere senza particolari problemi tre occupanti e in configurazione a cinque posti il bagagliaio (405 litri) è immenso.La Renault Mégane può vantare inoltre finiture estremamente curate (la parte superiore della plancia è realizzata con plastiche morbide ottimamente assemblate) e – nel caso del ricco allestimento GT Line da noi testato – una dotazione di serie completa: autoradio CD MP3 con Bluetooth e presa USB, cerchi in lega da 17”, climatizzatore automatico bizona, cruise control, retrovisori ripiegabili elettricamente e sensori di parcheggio posteriori.Gli amanti della sportività non potranno non apprezzare altre “chicche” come ad esempio i paraurti più aggressivi, le impunture rosse sul volante e sul cambio e l’assetto più rigido rivisto dagli ingegneri di Renault Sport.ComfortLa presenza di sospensioni più dure (specialmente quelle posteriori) sulla Renault Mégane 1.2 TCe GT Line contribuisce ad aumentare il divertimento ma penalizza il comfort sulle sconnessioni. In compenso il propulsore è estremamente silenzioso e l’abitacolo è ben insonorizzato.Le ampie regolazioni del sedile del guidatore consentono (volendo) di ottenere una posizione di seduta estremamente bassa che permette di ridurre il baricentro. I comandi sono facili da gestire, tranne quelli (non troppo intuitivi) del climatizzatore e del cruise control.Piacere di guidaIl motore 1.2 TCe sovralimentato a benzina da 132 CV e 205 Nm di coppia è il vero punto debole della Renault Mégane della nostra prova su strada: carente di brio ai bassi regimi e poco elastico, si risveglia solo intorno ai 2.000 giri. Non mancano, però, le note positive: l’allungo notevole per un turbo e la cilindrata contenuta per risparmiare sull’RC Auto.Anche le prestazioni deludono: 200 km/h di velocità massima e 9,7 secondi da 0 a 100 chilometri orari sono un valore non adeguato ad una compatta da oltre 130 CV. Per trovare il piacere di guida sulla compatta transalpina meglio puntare su altri elementi: sull’impeccabile cambio manuale a sei marce e sullo sterzo leggero nei parcheggi e preciso nella guida sportiva.SicurezzaImpossibile trovare una Renault poco convincente alla voce “sicurezza” e la Mégane non fa eccezione: cinque stelle nei crash test Euro NCAP, airbag frontali, laterali e a tendina, ESP e controllo di trazione. Da non sottovalutare, inoltre, i freni potenti.La tenuta di strada è sempre rassicurante, anche quando si esagera con la velocità. Insomma, stiamo parlando di una vettura in grado di far divertire tutti, anche i guidatori meno esperti. Capitolo visibilità: buona in tutte le direzioni. Solo il lunotto posteriore potrebbe essere più ampio.EconomiaIl prezzo di 23.100 euro della Renault Mégane 1.2 TCe GT Line non è alto per un’auto di questa categoria. I consumi sono buoni, anche se non da record: la scheda tecnica recita 18,5 km/l e non è difficile rimanere sopra quota 15 nella guida di tutti i giorni.

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Lancia Ypsilon metano, la prova su strada

Poche auto sanno essere allo stesso tempo “risparmiose” ed eleganti come la Lancia Ypsilon 0.9 TwinAir a metano. Nel corso della nostra prova su strada la piccola torinese ha dimostrato che “economia” non fa rima con “essenzialità”.FunzionalitàRispetto alle Ypsilon “normali” la variante alimentata a gas naturale può vantare un assetto rialzato: scelta obbligata dalla presenza delle bombole sotto al pianale, che ha tolto un po’ di spazio (ma non troppo) ad un bagagliaio la cui capienza – 202 litri che diventano 900 quando si abbattono i sedili posteriori – resta adatta a soddisfare le esigenze di una coppia.L’abitacolo della Lancia Ypsilon 0.9 TwinAir a metano – come sempre ottimamente rifinito – è spazioso per i passeggeri anteriori (un po’ meno per quelli posteriori) e la dotazione di serie dell’allestimento “base” Elefantino da noi testato comprende, tra le altre cose, il climatizzatore manuale e la vernice micalizzata.ComfortLa piccola torinese a gas naturale offre un buon livello di comodità: merito della maggiore altezza da terra (che consente di dominare meglio la strada) e di sospensioni dalla taratura piacevolmente soffice. Il motore bicilindrico è invece un po’ rumorosetto, specialmente ai bassi regimi.I comandi della Lancia Ypsilon 0.9 TwinAir a metano sono ben posizionati mentre stona il volante non regolabile in profondità.Piacere di guidaIl motore 0.9 bicilindrico sovralimentato da 80 CV offre una buona spinta ai bassi regimi e prestazioni adeguate alla tipologia di vettura: 169 km/h di velocità massima e 13,1 secondi per accelerare da 0 a 100 chilometri orari. La ripresa non è il massimo, specialmente quando si viaggia a gas.Il cambio manuale a cinque marce della Lancia Ypsilon 0.9 TwinAir a metano è caratterizzato da una leva maneggevole e da una buona rapportatura e lo sterzo leggero aiuta nelle manovre.SicurezzaLa dotazione di sicurezza comprende gli airbag frontali, quelli a tendina e l’ESP. Per arricchirla consigliamo di acquistare i cuscini laterali (220 euro) e gli appoggiatesta posteriori (110 euro).Nonostante il baricentro rialzato (utile, tra l’altro, a migliorare la visibilità nei posteggi) la Lancia Ypsilon 0.9 TwinAir a metano offre un comportamento stradale rassicurante pressoché privo di rollio. Solo i freni potrebbero essere più potenti.EconomiaLa Lancia Ypsilon 0.9 TwinAir a metano costa 16.800 euro, 2.200 euro in più della variante equivalente a benzina, e con soli 10 euro di gas può percorrere oltre 200 chilometri (oltretutto guidando senza stare attenti ai consumi).La piccola torinese – come tutte le vetture alimentate a gas naturale – dovrebbe essere molto richiesta in caso di rivendita sul mercato dell’usato. Nella norma la garanzia: due anni a chilometraggio illimitato.

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Fiat Panda GPL, la prova su strada

La Fiat Panda a GPL – nota anche come EasyPower – è la versione a gas dell’auto più amata dagli italiani. Nella nostra prova su strada cercheremo di capire se vale la pena di spendere 2.000 euro in più rispetto alla variante a benzina per risparmiare al distributore.FunzionalitàLa Fiat Panda è nota per essere una citycar versatile ma, a nostro avviso, questa peculiarità riguarda principalmente il bagagliaio. Il vano – 225 litri che diventano 870 quando si abbattono i sedili posteriori – non viene penalizzato dalla presenza della bombola (posizionata al posto della ruota di scorta, in caso di foratura c’è il kit di riparazione) e soddisfa senza problemi le esigenze di una coppia.Nell’abitacolo – caratterizzato da una plancia dal design originale ma anche da finiture poco curate (specialmente alla voce “assemblaggio") – i passeggeri posteriori più alti hanno pochi centimetri a disposizione delle gambe e oltretutto i posti sono solo quattro (il quinto non è nemmeno presente nel listino degli optional).La dotazione di serie della Fiat Panda Easy a GPL del nostro test comprende in pratica solo l’autoradio: consigliamo di arricchirla almeno con il climatizzatore manuale (850 euro).ComfortInvariato – cioè buono – rispetto alla versione a benzina da cui deriva: merito della posizione di seduta rialzata (utile per dominare il traffico) e di comandi ergonomici. Le sospensioni posteriori sono un po’ rigide sulle sconnessioni più pronunciate (ma niente di preoccupante, sia chiaro) mentre nei viaggi autostradali si notano parecchi fruscii aerodinamici alle alte velocità.Piacere di guidaLa presenza dell’impianto a GPL sulla Fiat Panda non incide in alcun modo sul piacere di guida: le prestazioni dichiarate sono identiche (164 km/h di velocità massima e 14,2 secondi per accelerare da 0 a 100 chilometri orari), così come quelle “percepite” durante la prova.Il motore 1.2 da 69 CV e 102 Nm di coppia, oltretutto, ha due grandi pregi: rispetta già le normative antiinquinamento Euro 6 ed è molto elastico. Questo significa che inizia ad offrire una spinta corposa già intorno ai 3.000 giri.La Fiat Panda a GPL può inoltre vantare un cambio maneggevole e uno sterzo leggero: utile in città, un po’ meno alle alte velocità dove non guasterebbe un briciolo di sensibilità in più.SicurezzaLa sicurezza offerta dalla citycar torinese è di buon livello: i freni, soprattutto, sono tra i più potenti del segmento e ad andature normali il comportamento stradale è rassicurante. Solo quando si esagera con il pedale dell’acceleratore si avverte una marcata tendenza ad allargare la traiettoria in curva.La dotazione – composta da airbag frontali e a tendina – andrebbe impreziosità con l’utilissimo ESP (optional a 310 euro) mentre l’eccellente visibilità è garantita dalle ampie superfici vetrate.EconomiaIl prezzo della Fiat Panda 1.2 EasyPower Easy a GPL di 13.360 euro è nella media della categoria anche se – come abbiamo visto – bisogna spendere almeno un altro migliaio di euro per avere una dotazione di accessori adeguata.I consumi (circa 13 km/l rilevati adottando uno stile di guida normale) sono bassi, specialmente in città: con un pieno di gas di 23 euro si riescono a percorrere oltre 350 chilometri.La Fiat Panda a GPL è destinata ad essere molto richiesta sul mercato dell’usato mentre stona – specialmente se paragonata con quanto offerto dalle rivali asiatiche – la garanzia di soli due anni a chilometraggio illimitato.

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Dacia Duster 2014, la nostra prova su strada, neve e ghiaccio

Saint Rhemy en Bosses (Valle D’aosta) sembra quasi l’habitat naturale per la nuova Dacia Duster 2014.Neve, ghiaccio e tornanti ripidi sullo sfondo della Valle del Gran San Bernardo. Qui abbiamo testato la seconda generazione della fuoristrada del marchio rumeno.Un vanto di Casa Renault, non a caso, visto che nel 2013 è stata l’auto più venduta del Gruppo (Renault/Dacia). Una vera success story che racconta di ben 924.000 unità vendute dal lancio, nel 2010, e che sembra continui a convincere.Appena messa in commercio, la nuova versione, ha già fatto registrare 7.000 ordini in soli tre mesi (+115% rispetto ai primi tre mesi della vecchia generazione).Gli ingredienti vincenti: semplicità e qualitàLa Duster è un’auto semplice, economica ma di qualità, un prodotto "smart buy". E questo sembra essere proprio il segreto del suo successo, e sa dimostrarlo.La semplicità, oltre che nei materiali impiegati, la si ritrova anche nella guida, facile sia in città (agile) e in autostrada (ben stabile), così come in fuoristrada (anche nei passaggi più impegnativi). Permette anche ai meno esperti di approcciare la purezza dell’offroad.Look più maturoPartiamo da fuori. Esteticamente i ritocchi sono azzeccati e le danno un aspetto più maturo, rispettando il carattere fuoristradistico delle sue linee, anzi accentuandolo.Il frontale è rinnovato con una mascherina cromata che si dispiega tra i nuovi proiettori a doppia ottica. Il tetto guadagna in stile grazie alle firme “Duster” in bella vista sulle barre.Il posteriore diventa più “sexy” grazie al terminale di scarico cromato e alla scritta 4WD per le versioni a trazione integrale. Nuovi, infine, anche i cerchi da 16 pollici “Dark Metal”.Dentro: più ergonomica e confortevoleSalendo a bordo, subito si nota la nuova plancia completamente rifatta e dotata di una tasca al centro, in alto, e un altro vano portaoggetti, al lato del passeggero.Sistema multimediale e Media NAVLa console centrale ospita lo schermo touchscreen da sette pollici del sistema multimediale e navigatore Media NAV, di serie sull’allestimento che abbiamo testato, il Laureate.La sua posizione, un po’ bassa, costringe a distogliere lo sguardo dalla strada per andare ad intercettare con gli occhii le informazioni. Più comodi, invece, rispetto alla vecchia generazione, i comandi degli alzacristalli elettrici, ora posizionati direttamente sulle portiere (non più sulla console centrale).Spazio per la famiglia, e per gli sportiviRisultano confortevoli i nuovi sedili sia anteriori che posteriori, dove si viaggia bene anche in tre. Il tetto è alto e c’è spazio abbondante per la testa di tutti, anche per i più alti.I volumi interni generosi (il portabagli ha una capacità di carico di 475 litri) rendono la Dacia Duster adatta alle famiglie.Trovano pane per i loro denti anche agli amanti dello sport e della natura che viaggiano con le loro attrezzature. Con i sedili reclinati si possono, infatti, caricare oggetti fino ad una lunghezza di 2,70 metri.Abitacolo meglio insonorizzatoAltra nota positiva riguarda il miglioramento del comfort acustico all’interno dell’abitacolo, ora meglio insonorizzato. Il livello di ruomoristà è stato ridotto di 5 dB rispetto alla prima generazione, ed effettivamente si nota, anche viaggiando in autostrada a velocità più elevate.Motori: il 1.5 dCi scelto anche da MercedesLa novità motoristica della Dacia Duster 2014 è il 1.2 Tce turbocompresso da 125 CV, ma questa motorizzazione, purtroppo, è disponibile solo con la trazione anteriore.Noi abbiamo provato il noto 1.5 dCi da 110 CV (disponibile sia con la trazione 2WD che 4WD) che effettivamente è una garanzia.E, di fatto, è il cavallo di battaglia del “plotone” Diesel di Casa Renault. Il suo buon comportamento, la sua affidabilità ed efficienza lo hanno fatto, d’altronde, adottare anche da Mercedes-Benz per la Classe A.PerformanceL’accelerazione e la ripresa sono abbastanza nette, permettono di sorpassare agilmente in autostrada e muoversi rapidi anche tra i tornanti di montagna. Il tutto è agevolato dal cambio manuale a sei marce TL8.La prima marcia molto corta – soluzione adottata in alternativa ad un più costoso convertitore di coppia – permette di affrontare bene le pendenze più ripide, nella guida in città è invece un po’ più noioso, ma d’altra parte è un compromesso inevitabile (giustamente a favore del fuoristrada).Per il cambio automatico bisognerà aspettare ancora, e prima che sulla Duster sbarcherà su altri modelli della gamma.ConsumiIn questo allestimento abbiamo comprovato che la Dacia Duster ha un’autonomia, con un pieno, di approssimativamente 750 km. Nei circa 450 km percorsi per la maggior parte in autostrada (e poco extraurbano) viaggiavamo ad una media di 8l/100 km, sforzandola abbastanza.Sistema 4WD Nissan: fuoristrada garantitoMa il pilastro reggente della Dacia Dusterè il suo sistema di trazione integraleattiva di Nissan (lo stesso della X-Trail). E la sua provenienza giapponese è, anche qui, una garanzia.L’elettronica gestisce tuttoSupportato dall’elettronica, il sistema 4WD della fuoristrada rumena è fondamentalmente di tipo “reattivo”. Il cuore di questo sistema è la  frizione elettromagnetica EMCD, controllata dalla centralina 4WD, che lavora ripartendo, secondo la necessità, la coppia tra i due assi.Di default, infatti, funziona in modalità “Auto”. Parte cioè con la trazione anteriore ma, in base al livello di aderenza delle ruote anteriori, reagisce distribuendo la coppia anche al retrotreno fino ad arrivare ad una trazione 50-50, se necessario.Sulla neve si apprezza molto, lascia infatti la direzionalità all’anteriore fino a quando necessita il recupero di motricità al posteriore, e si passa bene anche sui tratti tecnici a basse velocità. Più si aumenta la velocità e meno la coppia viene spostata al posteriore, ritornando a funzionare come una classica trazione anteriore.Poi, quando il passaggio si fa più complicato, si può impostare in modalità “Lock”, volendo si disattiva anche il sistema ESP (escludibile solo sulla 4WD), e si avanza con trazione permanente 50-50. Una volta superati i 60 km/h, il sistema ritorna in automatico come di default (Auto).Infine in modalità "2WD" il 98% della coppia viene trasferito alle ruote anteriori, lasciando un 2% al posteriore, quel poco che contribuisce a ridurre la rumorosità.Le altre “armi” per l’offroadOltre al sistema di trazione integrale, la Dacia Duster 2014 ha anche altre caratteristiche che la rendono particolarmente adatta ad avventurarsi anche dove l’asfalto non c’è.È alta da terra 21 cm (19 cm la 2WD), gli sbalzi contenuti le consentono angoli importanti: : 29,3° per l’angolo di attacco, 23° per quello di dosso e 34,9° per l’uscita. La capacità di guado è di 350 mm e le sospensioni dispongono di un molleggio maggiore (sistema derivato dalla Sandero).Il differenziale, poi, consente alle ruote di uno stesso asse di girare in modo indipendente aiutando le ruote impantanate su fango, neve o sabbia.Le carte in regola per rientrare a pieno titolo nel segmento delle fuoristrada, insomma, le ha, e le lascia giocare a chiunque, anche a chi è alle prime armi con l’offroad.Dacia Duster "Brave": la prima di tre Extra Limited EditionUna “chicca” per laDacia Duster riguarderà la saga di treExtra Limited Edition.La prima, prodotta in solo 100 esemplari e venduta al prezzo di 19.900 euro, sarà la “Brave”.Rivolta ad un target più giovane, avrà il compito di esaltare lo spirito avventuriero di questa fuoristrada. Basata sulla Laureate 4×4, la sua particolarità sarà la speciale livrea mimetica in bianco, nero e arancione.

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Jeep Compass 2.2 CRD 2WD, la prova su strada

Ha senso una Jeep a trazione anteriore? Ce lo siamo chiesti durante la prova su strada della Compass 2.2 CRD 2WD. Questa versione della SUV “yankee” è adatta a chi vuole entrare nel magico mondo della Casa statunitense, regina del 4×4, ma non è interessato all’off-road.FunzionalitàLa Jeep Compass non è un’auto per le famiglie numerose: l’abitabilità è nella media della categoria ma il bagagliaio – 328 litri che diventano 1.289 quando si abbattono i sedili posteriori – soddisfa a malapena le esigenze di una coppia con un figlio.Le finiture presentano alti e bassi: fuori si nota qualche sbavatura negli accoppiamenti dei pannelli della carrozzeria mentre dentro spiccano i pannelli porta (decisamente curati) e una plancia robustissima realizzata con plastiche rigide ma ben assemblate.La dotazione di serie della Jeep Compass 2.2 CRD Limited 2WD del nostro test è abbastanza ricca: tra gli accessori più importanti segnaliamo gli interni in pelle, un navigatore satellitare riuscito e la regolazione elettrica per il sedile del guidatore.ComfortLa Jeep Compass è, come tutte le auto “born in USA”, un mezzo realizzato per rendere la vita più semplice al guidatore: il sedile presenta numerose regolazioni (manca, però, quella in profondità del volante) e tutti i comandi sono facilissimi da trovare al primo colpo. A tutto questo si aggiunge un climatizzatore automatico potente che presenta qualche difficoltà nel mantenere la temperatura impostata.La taratura rigida delle sospensioni non aiuta ad affrontare in maniera rilassante le sconnessioni più pronunciate e la scarsa insonorizzazione dell’abitacolo lascia filtrare il rumore del motore.Piacere di guidaIl motore è il punto di forza della Jeep Compass 2.2 CRD 2WD: l’affidabile 2.1 turbodiesel da 136 CV e 320 Nm di coppia di origine Mercedes offre una spinta corposa già intorno ai 1.500 giri anche se per via del peso elevato non è in grado di regalare prestazioni vivaci: 180 km/h di velocità massima e 11,5 secondi per accelerare da 0 a 100 chilometri orari. Di buon livello il cambio manuale a sei marce – preciso negli innesti – e lo sterzo, tra i più reattivi del segmento.SicurezzaAlla voce sicurezza la Jeep Compass mostra tutti i suoi anni: nata nel 2006 e oggetto di un restyling nel 2011, ha ottenuto solo due stelle nei crash test Euro NCAP. In compenso la tenuta di strada – caratterizzata da un rollio contenuto e da una scarsa agilità nelle curve per via del peso elevato (quasi 1.700 kg) – è rassicurante.I freni – dalla potenza discreta – non tendono all’affaticamento e la visibilità (buona) è penalizzata solo dagli ingombranti poggiatesta posteriori.EconomiaIl prezzo di 31.759 euro della Jeep Compass 2.2 CRD 2WD Limited del nostro test è alto, anche se va detto che grazie alle promozioni la SUV compatta “yankee” si porta a casa con poco più di 25.000 euro.I consumi – per via del peso elevato e di un propulsore non tra i più moderni – sono elevati: 16,7 km/l dichiarati, oltre 10 guidando in modo allegro. La garanzia è di due anni.

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Jeep Grand Cherokee: dalle prateria alle langhe, così si è civilizzata

Qualcuno accusa le SUV di essere inutilmente ingombranti.Alte, larghe, lunghe, ma capaci, se va bene, di arrampicarsi sulla rampa del garage, o poco più.Proprio come la più economica (ed ecologica) delle citycar. E poi ci sono auto come la Grand Cherokee: esemplari di una razza in via di estinzione, fiera della propria identità fatta di fango e differenziali bloccabili, ostacoli impossibili e sospensioni dall’escursione chilometrica, pareti quasi verticali e marce ridotte.Fuoristrada prestate alla strada. Guai a confonderle con la maggior parte delle SUV: loro, con certe idee (per quanto geniali) del marketing non vogliono avere nulla a che fare.Non è una SUV qualunqueDetto questo, non è che le appartenenti a questa cerchia siano solo spartane 4×4 inadatte all’uso quotidiano. Anzi.La Grand Cherokee, fresca di restyling, si prende cura di chi sta a bordo con materiali curati e più morbidi, con la leva del cambio ad azionamento elettrico (by-wire) e con i sedili anteriori riscaldabili e ventilati (di serie sull’allestimento Overland).Per coniugare le doti da arrampicatrice con le esigenze stradali, ecco anche un nuovo cambio: lo stesso ZF a 8 rapporti che tanti elogi ha raccolto sulle BMW (dalla serie 1 alla serie 7).Non mancano alcuni ritocchi al design: i fari anteriori sono stati "tirati" e regalano uno sguardo più giovane – grazie anche all’immancabile striscia di led – mentre uno spoiler posteriore più ampio, il doppio scarico e i cerchi dal design rivisto donano una sportività che non contrasta con lo spirito Jeep. I motori? Il 3.0 V6 diesel è il più interessante per l’Italia.Città: non si muove in punta di piediNon è una ballerina classica, ovviamente, ma questa metafora rende bene l’idea di quello che si prova alla prima svolta stretta (eventualità assai frequente in centro).La sensazione è quella di non riuscire a completarla, tanto lo sterzo è demoltiplicato. Una messa a punto che fa sembrare ancor più grande di quello che è l’americana.Irreprensibile, invece, la risposta sulle sconnessioni della Jeep Grand Cherokee: l’accoppiata fra le sospensioni “super soft” e dalla corsa lunghissima con i pneumatici dalla spalla alta rende ogni strada un tavolo da biliardo.Solo l’incrocio con i binari del tram innesca le risposte tipiche di ogni fuoristrada: movimenti non solo verticali della scocca, ma anche leggere oscillazioni laterali.Poco male: il comfort della Grand Cherokee non si discute, almeno dal punto di vista dell’assorbimento.Di livello inferiore l’isolamento acustico. Nonostante la coppia generosa, il 3.0 V6 è costretto a salire abbastanza di giri, in fase di avvio, per dare abbrivio alle 2,5 tonnellate abbondanti della vettura. Inevitabile, infine, qualche difficoltà in fase di parcheggio, alleviata dalla telecamera posteriore che è compresa nel prezzo.Fuori città: il suo regno purchè sia selvaggioLo avrete capito: le curve non sono il pane della mastodontica Grand Cherokee, molto morbida di assetto e lenta nei cambi di direzione. In compenso, la versione Overland si tira fuori dalle situazioni più difficili – anche quando l’aderenza è vicina allo zero – grazie alla trazione Quadra-Drive II, con tanto di differenziale ELSD (Electronic Limited-slip Differential) posteriore. Le salite più ripide non fanno paura, invece, grazie alla modalità 4WD Low, ovvero le marce ridotte.Risultato: fermare l’americana è quasi impossibile. Poco importa se si mettono le ruote su fango, sabbia, ghiaia o erba: il cervellone che gestisce la trazione sa sempre dove e quanta coppia inviare per procedere. Preziose alleate, in questo senso, sono le sospensioni pneumatiche Quadra-Lift, che consentono di regolare l’altezza da terra manualmente (fino a 28 cm).Ci sono inoltre 5 modalità di guida: Normal Ride Height (NRH), 22 cm da terra; Off Road 1 (solleva il veicolo di 3,3 cm); altri 6,6 cmli aggiunge Off Road 2; Park Mode abbassa il veicolo di 4 cm per salita e discesa. Infine, Aero Mode abbassa la vettura di 1,3 cm. La modalità Sport? Assente. E non è un caso.Autostrada: morbidezze e automatismiEsemplari sulle sconnessioni della città, le sospensioni della Grand Cherokee si dimostrano capaci di digerire praticamente di tutto anche in velocità. L’unica circostanza in cui vanno leggermente in sofferenza sono gli avvallamenti, in seguito ai quali si innesca qualche ondeggiamento di troppo della vettura.Praticamente perfetto, invece, il funzionamento del cruise control adattivo (di serie): molto delicato sia sui freni sia sul gas, assicura viaggi di totale relax e sicurezza. Il merito è anche della buona insonorizzazione: a velocità costante la voce del motore è sommessa e solo qualche fruscio – inevitabile dati i 180 cm di altezza e i 194 di larghezza – disturba le orecchie dei passeggeri.Vita a bordo: cinque posti taglia USA, comandi okSe c’è una cosa su cui l’automobilista americano non transige è lo spazio nell’abitacolo. Non è solo un luogo comune, del resto, che in USA la corporatura media sia molto abbondante. Risultato: i sedili anteriori sono talmente ampi che sembra di essere seduti sulla poltrona di casa; come se non bastasse, per facilitare salita e discesa dall’auto, quello del guidatore arretra ogni volta che si spegne il motore, mentre il volante si alza e avanza verso la plancia.Quanto al sedile posteriore, offre centimetri a sufficienza, in larghezza, altezza e lunghezza per ospitare comodamente tre adulti. Magari non tutti sopra i 100 kg di peso, ma tre adulti “all’europea” sì. Altra comodità a cui i guidatori a stelle e strisce non rinuncerebbero mai sono quelli che noi chiamiamo portalattine e che, nel caso delle auto d’Oltreoceano, sono praticamente dei portabottiglie.La Grand Cherokee ne ha due accanto alla leva del cambio, che possono essere usati anche per riporre chiavi, portafoglio e smartphone. Materiali e finiture? All’altezza dei quasi 70.000 euro di prezzo: di qualità i primi, sempre curate le seconde.Prezzo e costi: è un po’ cara, ma offre di piùIl prezzo è di quelli impegnativi, per non dire proibitivi, dati i tempi: 67.000 euro e rotti spaventano non solo per la cifra in sé, bensì anche per i controlli fiscali che potrebbero scattare dopo aver firmato l’assegno. Anche perché il motore è un 3 litri, cilindrata da “controllo incrociato” immediato.A proposito di propulsore, nell’uso reale siamo ben lontani dai 13,3 km/l dichiarati: a 130 km/h si percorrono circa 9,5 – 10 km/l, in città 7 e in media, durante la prova, non siamo riusciti a fare meglio di 10,2 km/l.Detto questo, ai 67.552 euro di prezzo corrisponde una dotazione da nababbi: di serie, la Overland offre, tra gli altri, il cruise control adattivo, il portellone elettrico, i sedili (riscaldabili, anteriori ventilati) in pelle Nappa, la parte superiore della plancia in pelle, la telecamera posteriore, i sensori luce e pioggia, il sistema keyless, il tetto panoramico elettrico, il navigatore con grafiche 3D, il vivavoce Bluetooth e il volante con inserti in legno.Sicurezza: assistenza a 360°, ma il peso si senteAltezza mezza sicurezza. Per molti, il solo fatto di guidare più in alto della media regala un senso di protezione di cui non farebbero mai a meno. Da questo punto di vista, la Grand Cherokee è una garanzia. Ma la Jeep mette al riparo da brutte sorprese grazie anche – e soprattutto – a uno stuolo di sensori e telecamere. Il cruise control adattivo integra il dispositivo che evita o riduce i tamponamenti, le invasioni involontarie di corsie sono scongiurate dal Blind Spot Monitor e la telecamera posteriore regala una visuale perfetta in retromarcia.Meno rassicurante il responso della strada. Detto che la Jeep mette voglia di tutto tranne che di esagerare, una manovra di scarto ostacolo mette sotto pressione il telaio. L’ESP interviene tempestivamente ma, dove berline e SW passano agili, la Jeep rischia di non riuscire a effettuare il doppio cambio di direzione, a causa delle notevoli inerzie generate dai 2.522 kg di peso.

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