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Fiat 500L Living: una 500 da vivere con la famiglia anche allargata

Così fan tutti. Tirare fuori il massimo da un pianale – ovvero inventarsi il numero maggiore possibile di automobili a partire da una determinata base meccanica – è una necessità imprescindibile per ogni costruttore, ormai da molti anni.Questione di ottimizzazione delle risorse, condivisione dei costi e sfruttamento delle sinergie. In altri termini, di margini di guadagno per le Case. Da qui l’idea della Fiat: dallo scheletro della 500L ricavare una versione simil-SUV (la Trekking), una un po’ più realisticamente SUV (la X, in arrivo entro la fine di quest’anno) e, appunto, questa Living.Una vettura tutta da vivere, come dice il nome: in 4,35 metri di lunghezza, gli ingegneri del Lingotto hanno infilato tre file di sedili. Detto questo, per loro stessa ammissione, la nuova Fiat non si può considerare una vera e propria sette posti, bensì una 5+2, dove il +2 significa che gli strapuntini posteriori sono dedicati ai più piccoli della famiglia.La 500 L Living non sfugge inoltre alla regola, valida per quasi tutte le MPV, per cui il bagagliaio, con sette sedili in posizione, si riduce a poco più di un beauty case.Per il resto, le differenze meccaniche con la 500L si limitano a una diversa taratura delle sospensioni posteriori e a una nuova barra antirollio anteriore, studiate per contenere le maggiori inerzie che l’allungamento della carrozzeria (ottenuto nella parte posteriore, dalle ruote alla fine della vettura) ha comportato.Identici anche i motori: per la prova abbiamo scelto il più interessante per un utilizzo familiare: l’1.6 diesel da 105 CV (al momento disponibile, però, solo con il cambio manuale).Città: appartamento con vista a 360 gradiDella 500, lo avrete ormai capito, questa MPV ha poco o nulla. La taglia della L Living, infatti, è tutto tranne che cittadina: 4,35 metri di lunghezza per 1,78 di larghezza. Eppure, la torinese mette a proprio agio nel giro di pochi minuti.Innanzitutto perché le superfici vetrate sono a dir poco estese: dal posto di guida, rialzato, si gode di una visibilità e di una percezione degli ingombri ottimali, alleate preziose quando si tratta di svoltare nei vicoli del centro e di parcheggiare “a incastro” nell’ultimo posto rimasto libero.E se proprio dei vostri occhi non vi fidate, compresi nel prezzo ci sono i sensori di parcheggio, mentre la telecamera posteriore è optional a 250 euro. Guidare in città significa anche fare i conti con dossi, binari del tram e pavé: in queste situazioni, il lavoro eseguito sulle sospensioni si fa sentire: rispetto alla 500L, la Living è leggermente più secca.Ecco perché, specialmente sulle irregolarità più pronunciate, i passeggeri vengono sottoposti a qualche scossone.Soddisfano pienamente, invece, le risposte del motore, che è pronto già a 1.200 giri. A voler essere pignoli, lo stop&start non è dei più precisi.Fuori città: senza fretta, ma neanche pianoReattività fra le curve, sterzo pronto e piacere di guida: non è per questo che si compra una MPV. Sul mercato, tuttavia, non mancano esempi di monovolume insospettabilmente dinamiche come, per esempio, la Ford C-Max e le Opel Meriva e Zafira.Non regala sorprese di questo tipo, invece, la 500L Living. Nonostante la messa a punto specifica delle sospensioni – irrigidite – abbia permesso di contenere rollio e beccheggio, il carattere della torinese resta improntato alla massima sicurezza e al relax di guida.La tenuta di strada è più che buona e lo sterzo è caratterizzato da una discreta prontezza. Non appena si alza un po’ il ritmo, però, il feeling con le ruote anteriori inizia inesorabilmente a calare, mentre una rassicurante e progressiva tendenza del muso ad allargare la traiettoria avvisa che non è il caso di spingersi oltre.Non che si corra chissà quale pericolo: l’ESP non si può mai escludere e aiuta – entro i limiti della fisica – anche il più inesperto dei guidatori a non far danni.Autostrada: qualche db di troppo, ma è comodaCi sono diesel che girano fluidi come fossero motori a benzina. Non il 1.600 della Fiat: la sua voce si sente in modo abbastanza sensibile a qualsiasi regime e, soprattutto, nelle riprese tra i 2.000 e i 3.000 giri. Situazione tipica dell’autostrada, per intenderci. Non solo.In questo range il propulsore è afflitto anche da una leggera ruvidità di funzionamento, che però nulla toglie alle sue doti di spinta, anche a pieno carico e in salita.Che l’insonorizzazione non sia il punto forte della 500L Living emerge anche sugli asfalti drenanti, dove l’italiana fatica a contenere il rotolamento dei pneumatici. Per il resto, la modulabilità della frenata è più che soddisfacente, così come l’assorbimento degli avvallamenti.Vita a bordo: cinque posti veri, più due. Qualità okAlla Fiat bisogna riconoscere grande onestà intellettuale per aver definito la vettura una 5 posti più 2 (che costano 750 euro). Non sempre è così: sul mercato c’è più d’una sette posti (dichiarata) che, alla prova dei fatti, tale non è.Detto questo, sulle prime due file stanno comodi cinque adulti, senza dover giocare a tetris con ginocchia, spalle e gomiti.Il merito è anche del divano scorrevole: se non ci sono particolari esigenze di carico e i due sedili posteriori non sono occupati, fra le prime due file si apre uno spazio a misura di pallavolista.Molto “seduta” la posizione di guida: le ginocchia hanno un angolo stretto (per via del sedile abbastanza alto) e il volante è leggermente inclinato in avanti: la 500L Living non invita a guidare in modo sportivo, ma l’ergonomia e il comfort nei lunghi viaggi sono garantiti.I due strapuntini posteriori? Esplicitamente dedicati ai bambini, non stupisce che richiedano una certa agilità per essere raggiunti, dato che bisogna scavalcare il sedile posteriore da una parte e aggirare il montante dall’altra. Buona la qualità, sia dal punto di vista dei materiali sia da quello delle finiture.Prezzo e costi: listino equilibrato, dotazione okStaccare un assegno da oltre 20.000 euro non è cosa da poco, di questi tempi, per una famiglia media. Ma se gli eredi sono tanti, li si vuole portare in giro in sicurezza e comfort – senza peraltro rinunciare a qualche gadget tecnologico – la 500L Living Lounge è un ottimo acquisto.Di serie sono compresi, tra gli altri, il Bluetooth audio streaming (è possibile ascoltare la musica caricata nel proprio smartphone tramite connessione senza fili), il piano di carico regolabile in altezza, i sensori di parcheggio posteriori, il sedile posteriore scorrevole, reclinabile e abbattibile e i comandi sul volante.Quanto al motore, il 1.6 MJT non mette in crisi il bilancio familiare, grazie ai 16,9 km/l effettivi registrati durante la prova.Non solo: rispetto al 1.3 MJT da 85 CV, la differenza di prezzo è più che accettabile: 1.100 euro, ma molta brillantezza in più. In listino non manca la versione a benzina, spinta dal bicilindrico TwinAir 0.9 da 105 CV, a 20.800 euro.Sicurezza: tamponamenti addio (fino a 30 KM/H)Quando la coda è interminabile e le soste sono continue, purtroppo, il rischio di un calo di concentrazione è dietro l’angolo. Con esso, il classico tamponamento, che può causare danni “solo” alla carrozzeria, ma può anche rivelarsi pericoloso per l’incolumità propria e altrui.Bastano 250 euro, però, per mettersi al riparo da questa evenienza: è la spesa richiesta per il City Brake Control, che fino a 30 km/h agisce in completa autonomia e tempestivamente sui freni prima della collisione.Una spesa che si ripaga ampiamente: basta uno scampato incidente per recuperare con gli interessi la cifra investita. Per il resto, gli airbag compresi nel prezzo sono sei (300 euro quello per le ginocchia del guidatore), il controllo elettronico di stabilità è di serie su tutte le versioni, così come gli attacchi Isofix e le luci diurne.Bene gli spazi di frenata, rassicuranti le reazioni del telaio nei cambi di direzione.

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Volkswagen Golf: finalmente ritrova le origini, diesel si ma soprattutto sportiva

Fate parte della categoria di automobilisti macinatori di chilometri? Ma anche della sottospecie che non rinuncia a un’accelerazione bruciante e a un certo stile al volante? Bene, la Volkswagen vi pensa e ripropone la Golf GTD, atto quarto.Quarto? Ma questa non è la settima generazione della Golf? Sì, almeno di quelle “tradizionali”. Invece, la GTD, grande successo nella prima e nella seconda edizione, è stata dimenticata dalla terza alla quinta, per riapparire con la sesta serie. Perché? Boh, vai a capirli, i tedeschi. L’importante è che sia tornata e in grande spolvero.Oggi, dal punto di vista tecnico, è degna della grande eredità lasciata dalle prime due serie: il motore 2.0 TDI ha 184 CV (34 in più rispetto alla potenza iniziale), l’allestimento estetico e l’arredamento interno si differenziano quanto basta dalle Golf minori ed è pure migliorato il piacere di guida, con meno sottosterzo rispetto alla precedente versione.Tutto bene? Solo in parte, visto che per “sposarsi” con questo bolide ci vuole un solido conto in banca. La GTD è una bella signora, che costa 5.000 euro più di una 2.0 TDI. è sempre stata cara, anche nel lontano 1982, quando iniziò la commercializzazione della prima GTD da 70 CV: per una 5 porte servivano 12.467.000 lire (poco meno di 6.500 euro) contro i 10.160.000 lire della Golf 1.6 D GL (54 CV).All’epoca, però, il divario tra le due versioni era enorme, più nelle prestazioni che nel prezzo. Oggi, invece, una “normalissima” Golf 1.6 TDI (105 CV) non è affatto sottodimensionata e c’è anche la 2.0 TDI da 150 CV. E quando si può risparmiare…Città: con il programma di guida eco si risparmiaIl traffico delle metropoli non è certo l’ambiente ideale per la GTD. Meglio settare, quindi, l’auto sulla modalità di guida “Economica” e godersi i vantaggi del cambio DSG automatico (costa 1.900 euro). La Golf parte pronta, poi snocciola i rapporti ben prima della soglia dei 2.000 giri e, in rilascio, se non si frena, il cambio va sulla folle per risparmiare carburante.Il sistema stop&start spegne e riaccende il motore quasi ad ogni sosta: limando gli sprechi non si arriva a medie miracolose, ma senza troppe attenzioni e rinunce si percorrono circa 14,6 km/l. Sulle asperità come pavé e rotaie del tram la risposta del telaio è abbastanza secca, ma un buon margine di comfort è garantito.I pedoni, incrociando la traiettoria della Golf GTD, possono stare più tranquilli: se il guidatore si distrae, la vettura frena da sola per evitare l’investimento o almeno limitarne gli effetti. Un aiuto non da poco visto che oggi, a bordo delle auto, tra navigatore, telefonino e lettore mp3 non mancano le distrazioni.E per parcheggiare? Sensori e infografica nel display aiutano e sopperiscono alla scarsa visibilità posteriore, ma tutto questo ha un prezzo: 557 euro.Fuori città: finalmente gira rapida tra le curvePrima di griffare con la sigla GTD il frontale della Golf, un certo scrupolo da parte dei progettisti è richiesto: questa versione deve offrire ampi margini di divertimento, pur senza dimenticare il risparmio. Un aiuto arriva, neanche a dirlo, dall’elettronica che, grazie al selettore di guida (117 euro), consente di settare l’auto su Sport con le risposte ai comandi (acceleratore) più pronte e il cambio DSG ancora più rapido.Affrontando le curve, si avverte subito l’efficienza del telaio: anche senza gli ammortizzatori attivi, l’auto entra in curva rapida e gira piatta con una taratura secca degli elementi elastici, che controlla bene il rollio ed evita dondolamenti nei cambi di direzione. Lo sterzo è diretto, ma anche progressivo grazie alla cremagliera variabile (geniale soluzione) e al sistema elettrico di assistenza potenziato.Spingendo al limite, la vettura tende al sottosterzo ma l’elettronica entra di nuovo in azione: il differenziale XDS+ contrasta la tendenza ad allargare la traiettoria con il muso, riportando l’auto verso l’interno della curve. Se in appoggio si lascia d’improvviso il gas, la GTD non si scompone, prosegue sulla linea e la coda si muove solo se si esagera con le “provocazioni”, ma sempre in maniera prevedibile.Insomma, questa Golf è sicura, divertente e composta. I consumi? I 17,9 km/l non sono difficili da raggiungere. Ma senza eccedere con il ritmo…Autostrada: il cruise attivo è un piacereLanciata a 130 km/h, la GTD marcia silenziosa, percorrendo circa 16,8 km/l; tuttavia viene da chiedersi perché non abbia una settima marcia come la 1.6 TDI DSG. Il motore girerebbe ancora più basso, ma forse l’unità a 7 marce non è ancora pronta per la notevole coppia di questo motore.Tra le tre corsie, con tanta prontezza di motore e cambio, bisogna fare attenzione a non superare i limiti: aiuta parecchio il cruise attivo che mantiene la distanza di sicurezza e funziona fino all’arresto della vettura quando ci si infila in una coda (funzione stop&start automatico).Però è un accessorio a pagamento: 552 euro. Il comfort è buono, ma sui viadotti si sentono le traverse. Il fio della sportività.Vita a bordo: è stato fatto di tutto per sedurreCome sono cambiati i tedeschi… Da forte e rude popolo di guerrieri a romantici seduttori: i sedili di questa Golf giocano la carta dell’amarcord, con il tessuto scozzese della prima generazione GTD, quella che con teutonica ingegneria ha cambiato il modo di progettare e guidare le compatte a gasolio.E sono tanti gli ammiccamenti al passato per far scoccare la scintilla della passione: il logo GTD nel frontale, il filetto grigio che corre tra i fari e il volante dal taglio sportivo.Ma la Golf resta una Golf: razionale, spaziosa e funzionale. I sedili, in questo caso, sono anche avvolgenti per abbracciare il corpo in curva e tenerlo ben appoggiato allo schienale, per una maggiore concentrazione nella guida. Alti o bassi, tutti trovano il giusto assetto, sfruttando le ampie possibilità di regolazione.Per gestire meglio il vano di carico, di serie, il pianale può essere fissato in più posizioni: una flessibilità che varia, facilmente, con le necessità di stivaggio.Prezzo e costi: non è una vera auto del popoloMettere mano al listino può essere doloroso, perché la Golf GTD 5p è una gran macchina, ma ha anche un gran prezzo: 34.250 euro per la versione DSG (32.350 la manuale).Rispetto alla più ricca delle 2.0 TDI DSG da 150 CV ballano 4.900 euro, non pochi visti i tempi che stiamo vivendo. Però questa cifra è inferiore a quella della Mercedes A200 CDI Sport, diretta concorrente da 35.470 euro, meno dotata quanto a cavalleria (170 CV) ma simile nella vocazione sportiva. Tornando alla Golf, bisogna considerare che la dotazione prevede molto di più dell’indispensabile. Insomma, senza accessori a richiesta potrebbe essere già completa.Ma poi è difficile resistere a dotazioni utili come il cruise control attivo, i fari allo Xeno, il navigatore, il sistema di parcheggio e il selettore di guida: gadget che spingono il prezzo verso la soglia dei 40.000 euro. La garanzia, infine, è solo quella di legge: per avere tre anni in più (150.000 km) occorrono altri 806 euro.Sicurezza: ciò che serve di più è di serieLa dotazione di sicurezza della Golf GTD comprende tutto quello che serve: sette airbag (incluso quello che protegge le ginocchia del conducente), l’ESP con assistenza alla controsterzata (aiuta a girare il volante nella direzione ideale), il sistema di frenata automatica anticollisione multipla e il sensore della stanchezza del guidatore.A richiesta ci sono il cruise control attivo con radar anticollisione, l’assistente al mantenimento della carreggiata abbinato ai fari abbaglianti automatici e al lettore di segnali stradali (588 euro), la videocamera posteriore (218 euro), il sistema di sicurezza proattivo che prepara l’auto ad affrontare un sinistro e i comandi vocali (288 euro).Tanta elettronica rende più sicura la guida: non a caso, nei crash test Euro NCAP la compatta tedesca è stata premiata con 5 stelle (il top). Ma la Golf è anche un’auto facile da controllare e molto confortevole, per non offuscare la reattività del guidatore nei lunghi viaggi.

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Hyundai i30: è più grintosa ma senza eccessi

Spesso si afferma che le auto coreane sono un prodotto maturo. Vero, ma solo in parte. Fino a pochi mesi fa, non nascondiamocelo, i modelli “made in Seoul” erano brutti anatroccoli, da tenere nascosti nel box. Ora invece sono come adolescenti che iniziano a scoprire l’arte della seduzione.Da un paio di anni c’è stata, infatti, la svolta: anche le vetture che provengono a sud del 38° parallelo indossano lamiere disegnate e piegate con stile. Il prossimo traguardo che devono raggiungere è la sportività nella guida di tutti i giorni. Anche in questo caso, per la verità, Hyundai un po’ di passi li ha compiuti.Linee più aggressive, ma comfort invariatoPrima con le coupé Genesis e Veloster e, adesso, con la i30 Sport. Grazie al differente taglio del tetto e del padiglione, questa variante della berlina coreana sfoggia una linea più aggressiva, ma resta un’auto comoda e funzionale, con spazio per cinque passeggeri. Se il piglio è sportivo, la i30 a tre porte si rivolge pur sempre a un pubblico più ampio di quello interessato alle coupé dure e pure.Coniugare dinamismo, piacere di guida e praticità non è facile: l’auto, oltre ad essere coinvolgente sul piano estetico, deve saper danzare tra le curve come una ballerina provetta. La compatta Hyundai sfoggia un frontale aggressivo con luci a led diurne, fianchi larghi e cerchi cromati da 17” (a richiesta), che impreziosiscono lo stile senza eccedere nel pacchiano.È spinta da un 1.6 sovralimentato da 128 CVDentro, invece, c’è una scenografica luce ambiente di colore blu, anche nella zona dei piedi. Per avviare il motore basta premere il tasto start con le chiavi in tasca: il quattro cilindri si anima e gira abbastanza silenzioso per essere un diesel. Si tratta di un 1.6 sovralimentato da 128 CV (tra i più potenti della categoria), caratterizzato da una buona erogazione della coppia motrice (260 Nm).Le sensazioni di guidaSu strada, questa unità consente di guidare fluidi senza ricorrere a un continuo uso del cambio, nonostante i rapporti molto lunghi che penalizzano la ripresa in sesta marcia. In curva l’assetto è equilibrato. Il volante può essere regolato su tre differenti livelli di assistenza, da morbido a duro, per seguire meglio le esigenze della guida.L’avantreno è abbastanza preciso nel “fiutare” il grip dell’asfalto verso il punto di corda ma, se si tiene un ritmo alto e il gas aperto, il sottosterzo è evidente. In rilascio, invece, la i30 resta ben appoggiata. La coda è aggrappata all’asfalto e difficilmente chiama in causa l’ESP. La sportività è adeguata? Azzardiamo un sì, perché, come nell’estetica, i miglioramenti si vedono, ma non si tratta di un’auto con cui esagerare.Del resto, non perde la vocazione stradista con una percorrenza media rilevata di 17,8 km/l. Il listino è concorrenziale? Non come un tempo, visto che occorre staccare un assegno di 21.000 euro. Però la dotazione è completa, la qualità degli interni è cresciuta più dei costi e ci sono cinque anni di garanzia.E la tenuta dell’usato potrebbe sorprendere.

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Opel Cascada: l’hanno pensata in grande ed è pronta a viziarti

Crisi, recessione, borse con lo spettro del crollo, anzi della madre di tutti i crolli. In un clima da Wall Street 1929 c’è ancora, per fortuna, chi pensa che proprio nei momenti difficili bisogna investire di più e concentrarsi sul proprio prodotto.Una Casa che opera così e che è risorta dalle sue ceneri è Opel: continua a sfornare nuovi modelli, anche ambiziosi come la Cascada, la protagonista di questo servizio. Una grande cabriolet a quattro posti con dimensioni, valori e comfort studiati per entrare in concorrenza con i marchi premium e nel settore più alto, quello che Mercedes presidia con la classe E cabrio.Un azzardo? Forse, ma anche l’Insignia, nel lontano 2008, al momento del lancio, era considerata un rischio e invece è stata l’auto che ha salvato la Casa tedesca, ha permesso a General Motors di tenerla nel suo gruppo e addirittura di trovare le risorse per i nuovi modelli. Certo, la Opel Cascada non può fare grandi numeri, tipo profitti a nove zeri, ma rappresenta un manifesto per il marchio di Rüsselsheim, che vuole crescere e farsi riconoscere come qualcosa di più di un affidabile costruttore teutonico.Opel, zitta zitta, vuole avvicinarsi alle Case premium. La Cascada ha tante risorse: un nuovo motore a benzina iniezione diretta figlio della tecnologia downsizing, le sospensioni a controllo elettronico, sicurezza a go-go e un prezzo concorrenziale.Inoltre, gioca a fare la “grande” con dispositivi che di solito sono offerti su vetture di fascia alta come i sedili ventilati, il volante riscaldato e la capote a isolamento acustico e termico.Città: il passo lungo aumenta il comfortD’estate, in città, viaggiare scoperti non è poi così appagante: il sole batte sulla testa e, alla fine, si soffre il caldo. Meglio allora tenere la capote tesa sulla vettura e godersi il piacere del clima automatico (di serie) molto efficiente e, soprattutto, dei sedili ventilati che mantengono la schiena asciutta anche a contatto con la pelle dei rivestimenti. Una nappa riflettente di qualità offerta insieme alle regolazioni elettriche e al raffrescamento a 3.000 euro. Ci sono anche la regolazione lombare e la parte anteriore della seduta estendibile.Nel traffico urbano, lo sterzo pronto aiuta a gestire la marcia, nonostante le dimensioni della vettura. Le sospensioni regolabili FlexRide (1.000 euro), settate su Tour, rispondono con dolcezza sulle sconnessioni, incrementando il comfort. Quando protegge i passeggeri, la capote offre un ottimo taglio termico e un buon isolamento acustico.Al semaforo l’auto risponde sempre con prontezza: il sistema stop&start non si fa prendere in contropiede, anche quando il guidatore ha fretta e la partenza è rapida. Quando arriva il momento di parcheggiare, i sensori (di serie) aiutano parecchio.Fuori città: l’assetto attivo fa la differenzaLe dimensioni farebbero pensare a una cabriolet comoda ma poco reattiva. Invece, la Cascada piace per la verve del motore 1.6 da 170 CV che, grazie al turbo, offre una bella spinta con una coppia vigorosa. Si possono usare le marce alte già alle basse velocità per tenere sotto controllo i consumi che, con un’andatura dolce e regolare, si assestano sui 16,1 km/l. Il telaio, poi, fa la sua parte, permettendo di sfruttare tutti i cavalli del motore: basta settare su Sport gli ammortizzatori per ottenere reazioni più rapide ai comandi.L’auto è più frenata sulle ruote, rolla meno e diventa rapida nei cambi di direzione. Ma sempre con stile: forzando, un po’ di sottosterzo si sente, ma la coda si muove con educazione e difficilmente l’ESP deve lavorare. Abbassando la capote, i passeggeri anteriori sono ben protetti: basta tenere alzati i vetri laterali.Se si vuole ulteriore tranquillità all’altezza della testa, è meglio installare il frangivento a due posizioni (300 euro). A chi, infine, avesse dei dubbi sull’utilizzo invernale delle cabrio, ricordiamo che, nel pacchetto degli interni in pelle, è incluso il riscaldamento delle poltrone su tre livelli di calore. Così l’auto si può sempre “scoprire”.Autostrada: la capote insonorizzata piaceSul veloce le cabrio si usano più chiuse che aperte. La Cascada, in questo caso, è anche molto silenziosa (68 dB a 130 km/h). Come sulle vetture alto di gamma si può avere la capote ad alto isolamento acustico (presente nell’esemplare in prova) per soli 300 euro: con uno strato aggiuntivo di fonoassorbente sembra di viaggiare con un tetto metallico.La tela, inoltre, è molto tesa, così viene quasi del tutto eliminato il fenomeno del rigonfiamento ad alta velocità. L’auto è più silenziosa e soprattutto consuma meno. La percorrenza media rilevata di 13,8 km/l conferma la sensazione di scorrevolezza che si avverte alla guida. L’assetto passa su sconnessioni e traversine senza fare un plissé e la frenata è sempre potente e composta.Vita a bordo: il comfort è l’obiettivo primarioNell’Assia, a Rüsselsheim, cuore della Germania e sede di Opel, dicevamo, hanno puntato alto con la Cascada. Bene, un’auto con questi obiettivi deve essere soprattutto comoda.Della protezione dal vento abbiamo già detto, ma non abbiamo ancora parlato di centimetri e funzionalità. Iniziamo dall’abitabilità: questa cabriolet è una vera quattro posti e raggiungere il divanetto posteriore è facile sia per l’ampia porta sia per la poltrona anteriore che avanza per agevolare l’operazione.La zona anteriore è molto larga, all’altezza dei gomiti sono disponibili ben 146 cm e le poltrone avvolgono con cura. Poi non dimentichiamoci del bagagliaio che, pur non puntando a un record di capacità, è molto versatile: si può ampliarlo in altezza con la capote in posizione estesa e c’è la possibilità di abbattere una parte o tutto lo schienale posteriore: così si crea un piano di carico lungo 193 cm.Alti e bassi, invece, alla voce elettronica di bordo. La connessione Bluetooth per il telefono e le prese multimediali sono di serie, mentre il navigatore si paga a parte (da 900 euro). Lo stesso dicasi per l’utile telecamera posteriore (1.200 euro).Prezzo e costi: il listino parte basso, ma…Quando la Cascada è stata presentata, gli strateghi Opel non si sono nascosti e hanno fatto capire che con questa cabriolet puntano a rubare clienti persino a Mercedes: rispetto alla E200 Executive Cabrio (che costa 47.110 euro) la Cascada ne fa risparmiare ben 15.000. Anche attingendo dagli accessori, la convenienza resta. La sfida verrà vinta? Lo deciderà il mercato.Di suo, la Opel Cascada ha il prezzo giusto. La vettura della nostra prova, dotata di navigatore, Opel Eye, Acustic Roof, FlexRide, cerchi da 19” e sedili in pelle, riscaldati e ventilati con regolazioni elettriche, costa 41.450 euro. Una bella cifra per un’auto che, per quanto versatile e utilizzabile tutto l’anno, richiede un po’ di attenzioni in più (di solito le “scoperte” sono ricoverate in box).Inoltre le cabrio sono meno sfruttabili delle berline. Insomma, la Cascada rischia di essere un’auto da affiancare ad un’altra vettura e di questi tempi… Però la qualità è proporzionata al listino.Sicurezza: l’Opel eye è un plus ma si paga a parteLe ruote della Cascada si aggrappano alla strada: la tenuta è elevata e la stabilità del posteriore non costringe a manovre difficili. È una cabrio sicura con uno sterzo che ti fa sentire abbastanza la situazione.Il merito è anche della geometria delle sospensioni con avantreno con bracci rinforzati per gestire i trasferimenti di coppia (HiPerStrut) e ponte posteriore con braccia torcenti e parallelogramma di Watt (entrambe le soluzioni arrivano dalla sportivissima Insignia OPC).La dotazione di serie prevede sei airbag, l’assetto sportivo e l’ESP. A richiesta ci sono gli ammortizzatori attivi ( 1.000 euro), i fari allo xeno adattivi (1.250 euro) e l’Opel Eye che rileva i segnali stradali, lancia l’allarme anti invasione carreggiata opposta, segnala la distanza di sicurezza minima e avvisa del rischio di collisione (800 euro).Il vivavoce Bluetooth è, invece, di serie ed è molto utile per limitare le distrazioni durante la guida.

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Peugeot 208 XY: fiocco purple, ma il leone è maschio

X e Y non sono due lettere a caso: rappresentano i cromosomi maschili nel patrimonio genetico umano. E la 208 XY, bisogna ammetterlo, è parecchio “maschia”. A renderla testosteronica concorrono i cerchi in lega da 17” montati su carreggiate allargate di 10 millimetri davanti e 20 dietro, le minigonne e la griglia cromata a tre barre orizzontali a sbalzo sul fascione centrale laccato nero.Non mancano l’estrattore posteriore in tinta carrozzeria con profilo cromato e i proiettori specifici con indicatori di direzione a led. Una personalità a tinte forti, la più caratteristica delle quali è la Purple del nostro esemplare: una tonalità ripresa anche nei cerchi in lega e nelle finiture interne.La 208, ormai è chiaro, non ci sta a interpretare il ruolo della tranquilla seconda auto di famiglia, tutta casascuola- supermercato. Non solo, almeno. In questa declinazione molto fashion vuole essere un’alternativa alla Mini (da qui la decisione di proporla solo a tre porte) e alla cugina Citroën DS3. Rivali agguerrite non solo dal punto di vista dell’immagine, ma anche per quanto riguarda le qualità stradali.Meglio chiarirlo subito: il go-kart feeling dell’inglese resta irraggiungibile. Reattività nei cambi di direzione, precisione e sensibilità di sterzo restano ancora appannaggio della Mini. Ma la 208 XY, grazie anche alle modifiche alle sospensioni di cui sopra, regala parecchie soddisfazioni.Piatta sulle quattro ruote, la francese aggredisce le curve con piglio sportivo e ad andature insospettabili; tra le mani, un volante di diametro taglia XS, ma dalla corona XL, a cui bastano pochissimi movimenti per imprimere alla vettura decisi cambi di direzione. Un filo di sensibilità in più all’approssimarsi del limite non avrebbe guastato: quando le ruote anteriori stanno per cedere al sottosterzo, il feeling con i pneumatici viene leggermente a mancare.Dettagli, in ogni caso. Anche perché l’eventualità che l’avantreno perda aderenza è alquanto remota: succede solo quando si valuta (molto) male il raggio di curva e si entra a velocità eccessiva. Per contro, da buona Peugeot, anche la 208 XY mostra una certa vivacità del treno al rilascio del gas in curva.Un’attitudine che nulla toglie alla sicurezza (garantita tra l’altro dall’ESP, di serie), ma che molto aggiunge al piacere di guida: si passa da una curva all’altra con una reattività da sportiva, mentre il retrotreno “arrotonda” le linee e aiuta a chiudere le traiettorie. Detto questo, si comprenderà come il comfort non sia tra i punti di forza della 208 XY.Se gli avvallamenti autostradali non costituiscono un problema, le irregolarità più secche della città sollecitano non poco la schiena. In compenso, la gamba sinistra può riposare: il turbodiesel 1.6 da 115 CV, brillante e dotato di un buon allungo se usato in modo sportivo, riprende deciso e senza vibrazioni già da 1.000 giri.

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Vespa Primavera, la nostra prova su strada

A distanza di 45 anni dal debutto del primo modello, il Gruppo Piaggio lancia sul mercato la nuova Vespa Primavera.Un prodotto completamente nuovo, aggiornato e modernissimo. Ma che allo stesso tempo conserva l’anima, lo stile e l’eleganza che hanno fatto della Primavera un vero e proprio mito negli anni 70’/80’.Linee morbide e coda allungata. Che stile!Erano proprio quelli gli anni in cui le giovani generazioni urlavano al mondo la loro voglia di libertà e cambiamento. E l’arrivo della prima Vespa Primavera rappresentò una ventata di novità capace di entusiasmare ed emozionare.Ebbene, nonostante sia passato un po’ di tempo da allora e il prodotto si sia aggiornato, le sensazioni che la nuova Primavera regala sono rimaste invariate.Il design, che nasce sulla base dell’esperienza maturata nel progetto di Vespa 946, è molto elegante e richiama lo stile classico del marchio. Le linee sono morbide, senza spigoli. La coda (compreso il faro posteriore, realizzato con tecnologia a LED) torna a essere allungata e leggermente appuntita, proprio come quella del primo modello.Il faro tondo davanti recupera la ghiera cromata sul bordo. I comandi al manubrio sono separati rispetto alla struttura principale da veri e propri bracciali cromati; una vera e propria citazione alla struttura che caratterizzava il gruppo cambio/frizione del vecchio modello.La Vespa Primavera ha le dimensioni della LX, ma alcune quote sono state aumentate per ottimizzare il comfort e l’abitabilità. La parte centrale caratterizzata dalla “storica” forma a omega migliora sensibilmente la posizione di guida.La pedana è ora più stretta lateralmente e permette anche ai meno alti di poggiare i piedi a terra con molta facilità. La sella piatta e biposto è in circondata posteriormente da un comodo maniglione per il passeggero. Scocca rigida e nuova sospensione anterioreLa scocca della Vespa Primavera è completamente nuova. È costituita da parti in lamiera stampata saldate che garantiscono elevati livelli di rigidezza senza compromettere il peso complessivo.Il motore è collegato alla scocca con un sistema a due gradi di libertà con uno scontro con doppio tampone in gomma che consente una importante riduzione delle vibrazioni.Nuova la sospensioni anteriore, che conserva il classico schema monobraccio ma che adotta un nuovo sistema che riduce gli attriti di scorrimento: l’ammortizzatore è ora fissato al supporto in alluminio che lo collega alla ruota tramite un perno di incernieramento (prima c’erano due viti). Il nuovo posizionamento della batteria (ora nel longherone centrale, della pedana poggiapiedi) garantisce un aumento della capienza del vano sottosella: 16,6 litri contro i 14.3 della precedente generazione. Sotto il vestito? C’è il monocilindrico da 125 e 150cc a 3VIl cuore della Vespa Primavera è il modernissimo monocilindrico da 125 e 150cc a quattro tempi raffreddato ad aria con distribuzione monoalbero a camme in tesa a 3 valvole e alimentazione a iniezione elettronica.Le performance sono state ulteriormente migliorate grazie a uno scrupoloso lavoro che ha permesso di ridurre gli attriti migliorando la fluodinamica.L’albero motore di nuovo disegno con bottone di biella e portate di banco ridotte, l’asse a camme infulcrato su cuscinetti e i bilancieri a rullo hanno apportato un notevole miglioramento degli attriti di funzionamento, beneficiando le prestazioni e diminuendo i consumi.Nella ricerca del miglior rapporto tra prestazioni e consumi, la soluzione della distribuzione a 3 valvole, oltre ad essere la più leggera, è la più efficace, poiché migliora l’aspirazione, aumentando l’efficienza del motore rispetto ai convenzionali motori a 2 valvole.Rivisto il sistema di raffreddamento grazie alle simulazioni termofluidodinamiche. Non poteva mancare il nuovo avviamento elettrico a ruota libera, più silenzioso ed efficiente.Quanto ai consumi, parliamo di cifre da record: alla velocità di 50 km/h si possono percorrere fino a 64 km con un litro di carburante. Per i più piccoli, infine, ci sono le due versioni da 50cc, una a due e una a quattro tempi (4,35 CV e distribuzione a 4 valvole).Vespa Primavera, la nostra provaGià a vederla lì, ferma sul cavalletto, emoziona. La guardi e pensi che dietro quel prodotto ci sono decenni e decenni di storia e straordinari successi.Se poi a questo ci aggiungi che stai per provarla tra le strade di una magnifica città come Barcellona, allora l’entusiasmo sale ancor di più. Alle ore 14.30 si torna con i piedi per terra, o meglio con il sedere sulla nuova sella della Vespa Primavera. Si parte per il test-ride. La seduta è comoda, c’è tanto spazio anche per chi ha le gambe lunghe, nonostante le dimensioni complessive restino comunque contenute.Anche la distanza sella-manubrio è a dir poco perfetta: garantisce una posizione di guida comoda e rilassata. L’avviamento elettrico è molto silenzioso, così come il motore da 150cc che equipaggia il nostro esemplare. I primi metri ci consentono di constatare l’estrema agilità e maneggevolezza del mezzo.La nuova Primavera è molto leggera, gira in un fazzoletto e s’infila ovunque. Il propulsore ha un’erogazione fluida e molto lineare. Non strappa mai pur assicurando un’ottima spinta.Anche l’allungo è entusiasmante ed è probabilmente l’unico elemento che rende diverse (ma neanche troppo) le performance della 150cc rispetto a quelle della 125cc (che abbiamo avuto il piacere di provare per una manciata di km).Non si avvertono vibrazioni su manubrio, sella e pedane; e il merito va al nuovo sistema di collegamento tra motore e scocca. Il comfort assicurato è, dunque, davvero elevato. Sgusciare nel traffico cittadino è un vero piacere.La frenata è decisa ma non mette mai in crisi il guidatore. Il sistema integrale funziona in modo impeccabile: a tal punto da rendere in parte inutile la presenza della leva del freno anteriore (un po’ spugnoso). Manca l’ABS, ma arriverà – ci assicurano – presto.E poi al semaforo nessuna paura: la nuova forma della pedana, stretta e sagomata nella parte centrale, garantisce anche ai meno alti un facilissimo appoggio dei piedi a terra.Altro punto di forza è la nuova sospensione anteriore. È ovviamente tarata sul morbido ed è caratterizzata da un’eccellente scorrevolezza. Grazie anche ai nuovi cerchi da 11 pollici, copia perfettamente le asperità dell’asfalto e garantisce un elevato livello di stabilità anche alle andature più sostenute.Insomma, lavora molto bene sia sul pavè che sulle strade a scorrimento veloce. Insomma, la nuova Vespa Primavera è una perfetta compagna di viaggio per chi vuole un mezzo che sia allo stesso tempo bello ed esclusivo – a tal punto da attirare l’attenzione dei passanti –, ma anche facile e comodo da usare tutti i giorni. Peccato solo doversene separare. La nostra prova è finita.Commercializzazione e prezziVespa Primavera è già disponibile presso tutte le concessionarie italiane nelle colorazioni MonteBianco, Blu Midnight, Rosso Dragon, Marrone Crete Senesi, Azzurro Marechiaro e Nero Vulcano.I prezzi partono dai 2.720 euro della versione 50cc a due tempi e salgono fino ai 2.820 della versione 4t, mentre la 125cc viene proposta a 3.700 euro e la 150cc a 3.900 euro.

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Audi Q5: Q5 dopata, è una vera dura

L’ossimoro è una figura retorica che contrappone due termini in netto contrasto tra di loro, suscitando nel lettore una piacevole sensazione di sgomento. Qualche esempio? Ghiaccio bollente, silenzio assordante. Che c’entra con l’auto? Beh, l’ultima sportiva di casa Audi è un ossimoro a quattro ruote: i tecnici di Ingolstadt, infatti, hanno preso l’ambita “S” dei modelli sportivi e l’hanno appiccicata sulla Q5, la SUV media della gamma, non senza renderla degna di questa griffe per assetto e prestazioni.E il contrasto viene dal motore: un diesel, pensato per essere parco, è stato trasformato in una belva da scatenare negli allunghi, senza badare troppo al livello dell’indicatore del gasolio. Aggressiva nella linea, ma allo stesso tempo sobria (un altro ossimoro…), non disdegna gli sguardi indiscreti, calamitati dai loghi “S”, dai quattro terminali di scarico e dai mastodontici cerchi da 21” (optional a 1.795 euro). L’abitacolo è in puro stile Audi, ricco e con finiture di alto livello, con una buona abitabilità anche per chi siede dietro (lo spazio per le ginocchia va da un minimo di 14 a un massimo di 49 cm).Ogni comando è facilmente raggiungibile e l’insonorizzazione dai fastidiosi fruscii aerodinamici e dal rotolamento delle gomme è davvero sorprendente. Un po’ meno quella dal motore ma, per i veri appassionati, non esiste melodia migliore di quella scatenata da un V8 a benzina. Sì, avete capito: nonostante sotto il cofano si celi un 3.0 V6 TDI biturbo da 313 CV, i “fonici” tedeschi hanno lavorato duro sull’impianto audio per simulare all’interno della SQ5 un sound in stile muscle car. Il motore, aldilà degli effetti pirotecnici, sorprende per la progressione a qualsiasi regime, grazie anche alla presenza del Tiptronic a 8 rapporti.La conferma arriva dai rilevamenti cronometrici, che evidenziano una ripresa da 80 a 120 km/h in soli 3,8 secondi e da 90 a 130 in 4,2, sempre con il cambio in posizione “DS”. La Casa dichiara una percorrenza di 14,7 km/l, ma il potenziale disponibile sotto il cofano mette spesso in discussione ogni tentativo di guida con il piede di velluto (rilevati 11,8 km/l), riducendo considerevolmente il dato ufficiale; soprattutto se si sceglie la modalità “Dynamic” proposta dal dispositivo Audi Drive Select (355 euro), che interviene direttamente su motore, cambio, sospensioni e sterzo in modo da regalare emozioni forti a chi guida.Ma, se avete appena spremuto il potente V6 costringendo l’indicatore del carburante a un crollo vertiginoso, niente paura: selezionate l’opzione “Efficiency” per ridurre gli sprechi di carburante. In “Comfort”, invece, si viaggia dimenticandosi, o quasi, delle sconnessioni stradali.C’è, infine, la modalità “Individual”, che offre un ampio margine di personalizzazione dei singoli settaggi. Un neo? Il prezzo, pari a 63.300 euro, è davvero elevato e in più la tassa di proprietà sfiora i 1.500 euro.  

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Toyota GT 86, in edicola la prova su pista: ti seduce ondeggiando con la coda

Una sportiva che seduce già dallo sguardo: il gioiello del brand giapponese piace e diverte. L’abbiamo messo alla prova.


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Skoda Citigo: fa risparmiare col metano ma è avara nella dotazione

Con la Citigo, Skoda è entrata nel mercato delle piccole utilitarie, affiancando la VW up! e la Seat Mii, modelli del gruppo VW sviluppati sulla stessa piattaforma.La Citigo si rivela, come dice il nome stesso, una compagna ideale nella vita cittadina, è più curata della Seat, è meno glam della VW up!, ma è sempre parsimoniosa specie se, nelle vicinanze, sono disponibili dei distributori di metano.Perché questa Citigo è spinta da un propulsore bi-fuel. La versione in prova, con allestimento Ambition e 5 porte, è equipaggiata infatti con un 3 cilindri aspirato da 1.0 litri e 68 CV di potenza, alimentato sia a metano sia a benzina. Attenzione: il serbatoio della verde ha una capienza limitata a soli 10 litri, mentre le bombole caricano 12 kg di gas.La Citigo è molto tranquilla: le prestazioni non sono da velocista.Nei sorpassi si devono, infatti, tirare le marce. Di contro, alle normali velocità autostradali o nella marcia cittadina, l’auto ha una risposta fluida e la rumorosità è contenuta, tanto che nelle soste ai semafori non ci si accorge dello spegnimento automatico del motore da parte dal sistema stop&start.La piccola Skoda non è nemmeno una montanara, soffre un po’ troppo le salite e i tornanti stretti dove bisogna spesso ricorrere al cambio.In pianura, invece, sulle strade extraurbane scorrevoli si apprezzano la stabilità e il basso rollio in curva grazie al passo lungo (per la tipologia di auto), alla larghezza delle carreggiate e al buon lavoro delle sospensioni.La vettura ha un comportamento sicuro e quando viene impegnata in manovre di emergenza non mette in difficoltà: scivola un po’ di muso, ma l’ESP entra subito in funzione e rimette in linea l’utilitaria.Un grande plauso va alla parsimonia.Un pieno di metano costa tra i 10 e i 12 euro e si percorrono oltre 300/320 km.Rendimento inavvicinabile a benzina.Compatta nelle dimensioni esterne, l’abitabilità risulta molto buona per quattro persone adulte. Ottimo il lavoro dei progettisti, che hanno sfruttato ogni decimo dei 3,56 metri di lunghezza.Inoltre, le 5 porte rendono facile l’accesso a bordo.L’ambiente non spicca per personalità, ma è funzionale.La dotazione è purtroppo risicata: bisogna spendere pure 800 euro per il climatizzatore.Tra gli optional suggeriamo l’utile City Safe Drive, presente nell’esemplare in prova, che frena in automatico se il guidatore si distrae e c’è il rischio di un sinistro.Costa soltanto 130 euro.

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Subaru Outback: la sw tuttofare che va per la sua strada

Ci sono costruttori che impongono nuove mode. Alcuni sono “specializzati” nell’inventarsi segmenti di mercato (vedi Nissan con Qashqai e Juke o BMW con X1, X3 e X6).Altri lanciano tecnologie inedite, poi imitate da quasi tutti i competitor, come Toyota con l’ibrido. Altri marchi ancora, invece, i trend li inseguono, magari anche con successo.E poi c’è Subaru, un marchio fuori dagli schemi, dalle tendenze e talvolta – almeno apparentemente – anche dalle logiche industriali che governano il mondo dell’automobile.Emblema di questa specificità è lo schema meccanico: salvo rare eccezioni, l’azienda delle Pleiadi non rinuncerebbe mai all’abbinata fra il motore boxer e la trazione integrale simmetrica (se si traccia una linea immaginaria che divide la vettura in due, gli elementi che si trovano alla destra di essa sono gli stessi che si trovano alla sua sinistra).Questa simmetria, insieme al baricentro bassissimo del motore a cilindri contrapposti, conferisce un equilibrio di cui in Subaru vanno molto fieri. Non ultimo il design: al di là dei gusti, le linee delle auto delle Pleiadi sono tra le meno legate alle mode del momento.La Outback lo dimostra alla perfezione, con il suo frontale alto, il cofano motore quasi orizzontale e la linea di cintura bassa. Forme che a distanza di anni potrebbero avere il vantaggio di invecchiare meno.Città: perfetta sul pavé, ma è grande e si senteCi sono auto che fanno cambiare punto di vista; capaci, cioè, di modificare la percezione del più classico tragitto casa-ufficio. La Outback è una di queste.I tratti di pavé? Se non ci si fa caso, si rischia di non sentirli nemmeno. Stesso discorso quando si incrociano i binari del tram o si deve parcheggiare in uno di quei viali di città per cui è obbligatorio scavalcare un marciapiede.In queste situazioni, il mix tra l’assetto morbido, l’ampia escursione delle sospensioni e la spalla alta dei pneumatici (225/60-17) fa della giapponese la cittadina perfetta. L’Outback passa sul velluto dove mastodontiche SUV con ruote pronto pista fanno battere i denti per gli scuotimenti che generano.E poi c’è il capitolo motore, che con i suoi 150 CV e 350 Nm di coppia non si pone ai vertici della categoria, ma assicura un’elasticità esemplare, unita a un’assenza di vibrazioni che solo un boxer può vantare.Il tutto, insieme al moderno CVT, scongiura l’effetto sonoro da scooter che penalizza questo tipo di trasmissione. Infine, il capitolo parcheggi: piazzare 478 cm di carrozzeria non è mai facile.Fuori città: tenuta di strada ok, ma in curvaOutback significa aria aperta. Un nome che più calzante non potrebbe essere per la Legacy in variante country. A differenziarla dalla versione “civile” ci sono i profili protettivi sulla carrozzeria e, dal punto di vista tecnico, l’assetto rialzato.Una modifica, quest’ultima, che non pregiudica la tenuta di strada, ma che inevitabilmente si ripercuote sull’agilità fra le curve. Se già la Legacy non è un fulmine nei cambi di direzione, la Outback lo è ancor meno.Il coricamento laterale è sensibile, lo sterzo non è dei più rapidi e i pneumatici specifici (non solo dalla spalla più alta, ma anche M+S, ovvero con mescola e disegno studiati per tutti i tipi di terreno) fanno intuire ben presto che non è il caso di esagerare.In compenso, la Outback potrebbe far sfigurare parecchie SUV quando la strada si fa accidentata, grazie al già citato assetto rialzato e all’efficacia della trazione integrale. Quanto al motore, ancora una volta si apprezza più per la prontezza a tutti i regimi che per le prestazioni assolute.Autostrada: isolata da tutto, ma senza ausiliiLa curiosità più grande era legata al nuovo (per la Outback diesel) cambio a variazione continua: una soluzione che è sempre stata criticata per le poco piacevoli sonorità da scooter che genera.Non sulla Subaru: grazie all’elasticità del motore che tollera senza battere ciglio i bassi regimi, sembra di viaggiare con un classico automatico. Anche quando si accelera a fondo per effettuare un sorpasso, la lancetta sale fino a circa 3.500 giri per poi riportarsi immediatamente più in basso non appena si regolarizza la velocità.A proposito di rumore, non si avvertono fruscii aerodinamici, nonostante l’altezza della carrozzeria e l’importante sezione frontale. Avvallamenti e traversine autostradali? Non pervenute. Nel senso che, come in città, il lavoro svolto dalle sospensioni isola dalle irregolarità del manto stradale.Unico neo, di non secondaria importanza, è dunque l’assenza – anche fra gli optional – di sistemi di assistenza alla guida.Vita a bordo: spazio, solidità e pochi guizziSi accennava, in apertura, alle linee senza tempo delle Subaru. Lo stesso discorso vale per l’abitacolo: la Outback non stupisce con gli effetti speciali.Niente schermi tipo tablet, nessuna luce soffusa che cambia di tonalità, né sedili massaggianti o altro. In compenso, nel solco della tradizione della Casa, la robustezza è indiscutibile.I materiali non sono il meglio che la produzione automobilistica oggi offra, ma danno l’impressione di durare alle insidie del tempo, sia per quello che riguarda le plastiche utilizzate per la plancia e per il tunnel centrale, sia per i rivestimenti dei sedili e del bagagliaio.Generosa l’abitabilità: la Outback è uno dei rari esempi di auto con 5 posti veri: anche chi siede in mezzo ha uno spazio “vitale” più che sufficiente per ginocchia, piedi, testa e spalle.I posti anteriori? Volante e sedile godono di ampie regolazioni, mentre l’abilità giapponese di ricavare spazi in ogni dove trova conferma nelle numerose tasche disseminate fra console, tunnel fra i sedili e portiere.Certo, i più hi-tech addicted potrebbero volere qualcosa di più dal sistema multimediale; magari uno schermo più grande e un navigatore con grafica 3D.Prezzo e costi: dotazione full optionalLe auto del marchio delle Pleiadi non sono mai state economiche. Non fa eccezione la Outback Executive diesel, che costa 41.470 euro, più i circa 2.000 euro (al momento di andare in stampa il listino non era disponibile) del CVT.Una cifra elevata, allineata a quella dell’Audi A4 Allroad 2.0 TDI da 150 CV, forte di un marchio il cui prestigio è senza dubbio più elevato. Rispetto alla tedesca, però, nel prezzo di listino della Outback c’è tutto ciò che la Subaru può offrire, vernice metallizzata a parte: 580 euro.Di serie ci sono, tra gli altri, climatizzatore bizona, navigatore con vivavoce Bluetooth, apertura keyless (non c’è bisogno di estrarre la chiave dalla tasca), telecamera posteriore, ingressi aux e usb, fari allo xeno, sedili anteriori riscaldabili e cerchi in lega da 17”.Una dotazione ricchissima che potrebbe aiutare a conservare alto il valore dell’usato, mercato nel quale le Subaru se la cavano bene: se è vero che sono poco diffuse, è anche vero che gli esemplari circolanti (che godono tra l’altro di buona fama in tema di affidabilità) hanno alte quotazioni.I consumi? Durante la nostra prova abbiamo ottenuto 12 km/l.Sicurezza: fondamentali ok, niente prevenzioneFrena bene, la Outback, nonostante i pneumatici non siano dei più larghi (se paragonati a quelli XXL di alcune tedesche) e l’assetto rialzato sia più soggetto al beccheggio: il muso affonda, con conseguente alleggerimento delle ruote posteriori.Non è mai un problema la stabilità: la giapponese ha un telaio sano e le reazioni del retrotreno sono sempre progressive e tenute a bada da un ESP puntuale, però mai invasivo.La dotazione di sistemi protettivi è completa con 6 airbag e gli attacchi Isofix. Non si può dire altrettanto dei dispositivi preventivi: mancano l’ausilio al sorpasso, il lane assist e il sistema che evita i tamponamenti.

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